Credere in… Giuda e Pietro

Il credente non ha gli occhi bendati.
I suoi sono solo occhi più penetranti, profondi.
Il cumulo delle cose che vede, dei gesti, delle vicende sono un groviglio che va dipanato.
Alcune tracce si intravedono e si possono perseguire.
E lui le persegue con tenacia.
Portano ad una conclusione: il mondo che fermenta dentro di me, che si muove attorno a me, la ridda concitata degli avvenimenti che segnano la storia è indecifrabile.
Ma c’è; e offre straordinari richiami di umana dignità, di superba razionalità, di cui il caos o il caso non sono spiegazione.
La tradizione occidentale vi ha presagito e argomentato il riferimento a Dio, vi ha percepito un’eco persuasiva; vi ha scorto tracce profonde e visibili della sua presenza, che pure resta avvolta di mistero.
Ha legittimato la fede in lui e la vive nella trepidazione.
Sa che Dio non intende uscire allo scoperto perché gli si battano le mani, e tuttavia non cessa di bussare con tocco leggero al cuore di ciascuno; non scende a patti con nessuno, e tuttavia parla con voce persuasiva a chi sta in ascolto, veglia in attesa, attende con amore.
La fiducia ha una gamma vasta di gradualità.
La fiducia religiosa può pervenire al vertice; si porta dal fidarsi di, dal credere a …
al credere in…
rilevato già nell’analisi di Agostino.
Un rapido confronto fra la figura di Pietro e di Giuda può illuminare aspetti apparentemente sottili; in realtà profondi e decisivi.
Giuda è colui che crede a…
perde la fede, tradisce.
Come interpretarlo? coltivava un’utopia; contava sul ‘regno di Israele’ e vedeva in Gesù il banditore dal fascino singolare e appassionante.
Gesù che instaura il Regno, interpreta la sua utopia.
Giuda crede in se stesso; Gesù è l’occasione per dare realizzazione al proprio sogno.
Pietro è colui che crede in…
Anche Pietro tradisce, ma non perde la sua fede in Gesù Forse pure Pietro e gli altri hanno seguito Gesù perché rispondeva ad una loro segreta aspirazione, come banditore del Regno, di una causa che li appassionava.
Ma progressivamente sono passati dalla passione per la causa che egli impersonava all’amore per lui.
Perciò il caso di Pietro è diverso: tradisce – rinnega, ma crede in Gesù.
Sa che potrà ricuperarlo, accoglierlo , perdonarlo.
Ha capito chi era – “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente!” (Matteo 16, 16) Nella passione e nel rinnegamento non ha perduta un’utopia: ha perduto Lui, il Maestro.
Però non ha cessato di amarlo, di sentire che la sua vita era centrata su di lui.
Non anela che a ritrovarlo; a sentirsi perdonato; a mostragli che un momento di debolezza non aveva scosso la fiducia; che la sua dichiarazione di amore era vera: darei la mia vita per Te…
Pietro a differenza di Giuda è passato da una fede data a Gesù per una speranza ambita, ad una fede in Gesù come colui di cui fidarsi, anzi a cui affidarsi, fino all’abbandono e alla dedizione incondizionata! Resta una fiducia esemplare; esposta alla provocazione e al tradimento, mai dimentica di un’incontro che ha cambiato la vita, l’ha affidata all’unico in grado di accoglierla e di celebrarla.
Allora le due figure si differenziano.
Pietro crede in Gesù oltre la proposta di Gesù.
L’esito della proposta lo sconcerta, la figura di Gesù lo appassiona: quella passione lo salva.
Giuda crede a Gesù ma resta attaccato alla propria ambizione, segue Gesù per realizzarla, lo abbandona quando si ritrova deluso, forse ‘tradito’.
Non ama Gesù, ama se stesso.
L’esito della straordinaria avventura nell’abbandono e nella passione segna il fallimento della sua utopia, rende ragione dei gesti che spiegano la sua rovina.
Qual è allora il salto, il rischio della fede? La prova di cui la fede si avvale risulta in definiva poca cosa: riguarda fatti e situazioni, segni talora evidenti, magari riconosciuti: anche i rappresentanti del Sinedrio ammettono: “un miracolo evidente, non possiamo negarlo…”( Atti 4) e tuttavia la constatazione non li porta alla fede in Gesù.
La fede si gioca sulla fiducia, che interpreta i fatti e la stessa proposta, li oltrepassa per attingere la persona e decidere l’adesione, l’amore, l’abbandono.
La fede non si gioca sull’efficienza, si gioca sull’adesione: solo quando questa diventa piena e totalizzante realizza le condizioni che la possono spiegare; dà la misura della gratuità insita nella risposta.
II credere raccoglie dunque in un singolare evento l’iniziativa gratuita di Dio, la risposta gratuita dell’uomo.
Interpreta la verità e la vocazione dell’uomo: è invocazione.
Da: TRENTI Z., La secolarità nell’orizzonte della creazione, Leumann, Elledici 2009, pp.
53-55.
Un rapido confronto fra la figura di Pietro e di Giuda può illuminare aspetti apparentemente sottili; in realtà profondi e decisivi.
Giuda è colui che crede a…
perde la fede, tradisce.
Come interpretarlo? coltivava un’utopia; contava sul ‘regno di Israele’ e vedeva in Gesù il banditore dal fascino singolare e appassionante.
Gesù che instaura il Regno, interpreta la sua utopia.
Giuda crede in se stesso; Gesù è l’occasione per dare realizzazione al proprio sogno.
Pietro è colui che crede in…
Anche Pietro tradisce, ma non perde la sua fede in Gesù Forse pure Pietro e gli altri hanno seguito Gesù perché rispondeva ad una loro segreta aspirazione, come banditore del Regno, di una causa che li appassionava.
Ma progressivamente sono passati dalla passione per la causa che egli impersonava all’amore per lui.
Perciò il caso di Pietro è diverso: tradisce – rinnega, ma crede in Gesù.
Sa che potrà ricuperarlo, accoglierlo , perdonarlo.
Ha capito chi era – “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente!” (Matteo 16, 16) Nella passione e nel rinnegamento non ha perduta un’utopia: ha perduto Lui, il Maestro.
Però non ha cessato di amarlo, di sentire che la sua vita era centrata su di lui.
Non anela che a ritrovarlo; a sentirsi perdonato; a mostragli che un momento di debolezza non aveva scosso la fiducia; che la sua dichiarazione di amore era vera: darei la mia vita per Te…
Pietro a differenza di Giuda è passato da una fede data a Gesù per una speranza ambita, ad una fede in Gesù come colui di cui fidarsi, anzi a cui affidarsi, fino all’abbandono e alla dedizione incondizionata! Resta una fiducia esemplare; esposta alla provocazione e al tradimento, mai dimentica di un’incontro che ha cambiato la vita, l’ha affidata all’unico in grado di accoglierla e di celebrarla.
Allora le due figure si differenziano.
Pietro crede in Gesù oltre la proposta di Gesù.
L’esito della proposta lo sconcerta, la figura di Gesù lo appassiona: quella passione lo salva.
Giuda crede a Gesù ma resta attaccato alla propria ambizione, segue Gesù per realizzarla, lo abbandona quando si ritrova deluso, forse ‘tradito’.
Non ama Gesù, ama se stesso.
L’esito della straordinaria avventura nell’abbandono e nella passione segna il fallimento della sua utopia, rende ragione dei gesti che spiegano la sua rovina.
Qual è allora il salto, il rischio della fede? La prova di cui la fede si avvale risulta in definiva poca cosa: riguarda fatti e situazioni, segni talora evidenti, magari riconosciuti: anche i rappresentanti del Sinedrio ammettono: “un miracolo evidente, non possiamo negarlo…”( Atti 4) e tuttavia la constatazione non li porta alla fede in Gesù.
La fede si gioca sulla fiducia, che interpreta i fatti e la stessa proposta, li oltrepassa per attingere la persona e decidere l’adesione, l’amore, l’abbandono.
La fede non si gioca sull’efficienza, si gioca sull’adesione: solo quando questa diventa piena e totalizzante realizza le condizioni che la possono spiegare; dà la misura della gratuità insita nella risposta.
II credere raccoglie dunque in un singolare evento l’iniziativa gratuita di Dio, la risposta gratuita dell’uomo.
Interpreta la verità e la vocazione dell’uomo: è invocazione.
Da: TRENTI Z., La secolarità nell’orizzonte della creazione, Leumann, Elledici 2009, pp.
53-55.
La Pasqua è occasione propizia per rivisitare anche l’atteggiamento di alcuni protagonisti.
Offrono l’occasione di riflettere su una fondamentale esperienza di fede che ha accompagnato la vicenda unica di Gesù.
Credere è fidarsi…
Alla cieca? Da un certo punto di vista, sì, alla cieca! Questo significa fidarsi.
È il dono incomparabile dell’amicizia.
So che mi posso fidare, ed è naturale che mi fidi.
Ma la fiducia non è infondata; ha percorso una lunga strada, spesso accidentata; è approdata ad una considerazione conclusiva: mi posso fidare, mi fido! Dunque alla cieca relativamente, sulla base di una lunga e assodata esperienza…

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