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L’uomo religioso assume nel mondo un modo specifico di esistenza, che si esprime nelle numerose forme religiose, che la storia ci mostra.
Egli si riconosce dal suo stile di vita; «crede sempre all’esistenza di una realtà assoluta, il sacro, che trascende questo mondo ma che in esso si manifesta e che quindi lo santifica e lo rende reale» (Eliade, Le sacré et le profane, 171).
L’uomo religioso vive un’esperienza religiosa; si trova in una serie di situazioni esistenziali che lo mettono il rapporto con il Trascendente.
Attraverso le diverse situazioni che egli assume, riusciamo a penetrare nel suo universo spirituale.
Queste situazioni hanno lasciato delle tracce.
In definitiva, la storia delle religioni è la storia dell’homo religiosus colto nella realtà esistenziale delle sue credenze, delle sue esperienze e del suo comportamento.
Quest’uomo crede all’origine sacra della vita e al senso dell’esistenza umana come partecipazione a una Realtà che va al di là di questa esistenza.
Così, l’homo religiosus è l’uomo che «prende coscienza del sacro, perché questo si mostra, si manifesta come qualcosa di totalmente differente dal profano» (Le sacré…, 14).
Il sacro si manifesta come una potenza di un ordine completamente diverso da quello delle forze naturali.
Per designare questa manifestazione del sacro percepita dall’homo religiosus, Eliade usa un termine: ierofania.
Dal punto di vista della struttura, l’atto di manifestazione del sacro è sempre identico: un atto misterioso, la manifestazione di qualcosa «totalmente altra».
Questa manifestazione è l’elemento misterioso che costituisce la natura sui generis di ogni ierofania.
La storia delle religioni ci mostra che la struttura e la dialettica della ierofania sono sempre identiche.
Ciò è di importanza fondamentale: nella vita religiosa non ci sono rotture, l’esperienza religiosa ha la stessa specificità in tempi e luoghi diversi.
Essa è l’esperienza esistenziale dell’homo religiosus.
Anche se tutte le ierofanie hanno la stessa struttura e si presentano, quindi, come omogenee, esse sono, tuttavia, eterogenee dal punto di vista della forma: riti, miti, forme divine, oggetti, simboli, animali, piante, uomini.
Il sacro si manifesta, dunque, per l’homo religiosus a livelli diversi, il che spiega la grande varietà dell’esperienza religiosa, da una ierofania che ha luogo in una pietra fino alla teofania suprema, l’Incarnazione di Dio in Gesù Cristo.
L’homo religiosus è insieme.
testimone e messaggero.
Il fenomenologo vede il testimone, l’ermeneuta cerca di comprendere il messaggero e il suo messaggio.
Si può affermare che attraverso lo studio dell’homo religiosus la storia delle religioni identifica il trascendente nell’esperienza religiosa.
Nella vita dell’uomo religioso il linguaggio delle ierofanie è costituito dal simbolo, attraverso il quale il mondo parla e rivela le modalità del reale che non sono evidenti di per sé stesse.
I simboli religiosi che toccano le strutture della vita mettono in rilievo una dimensione che trascende la dimensione umana, e rendono possibile una comprensione diretta della Realtà ultima.
II pensiero simbolico precede il linguaggio e costituisce la sostanza della vita religiosa.
L’homo religiosus è un homo symbolicus.
L’esperienza del mito è anch’essa un’esperienza del sacro poiché mette l’uomo in contatto con il mondo soprannaturale.
Il mito si presenta come una storia vera, sacra ed esemplare, che fornisce all’uomo religioso dei modelli di condotta.
I miti cosmogonici, i miti d’origine, i miti di rinnovamento, i miti escatologici orientano l’attività dell’homo religiosus dandogli un messaggio normativo.
II mito, andando a sfociare nell’imitazione di un modello trascendente, sulla ripetizione di una storia esemplare, mantiene nell’uomo la coscienza del divino: grazie al mito il mondo diviene trasparente.
Nel mito è presente il riferimento a un archetipo che conferisce potenza ed efficacia all’azione umana.
L’archetipo si presenta come un modello primordiale che ha origine nel mondo soprannaturale.
L’uomo religioso realizza questo modello sulla terra.
Per far questo egli ha bisogno di un rituale che dia forza ed efficacia alla sua realizzazione, mettendola in perfetto accordo con l’archetipo.
L’effetto del rituale consiste nel conferire una dimensione di realtà all’azione dell’uomo religioso.
I riti di passaggio rappresentano il passaggio dalla condizione profana a un’esistenza nuova segnata dal sacro.
L’ iniziazione equivale a una mutazione ontologica del regime esistenziale.
È dunque per mezzo dei simboli, dei miti e dei riti che il sacro esercita la sua funzione di Mediazione nella vita dell’homo religioso, al quale dà la possibilità di entrare in contatto con la fonte stessa del sacro, cioè sacro in quanto Realtà trascendente.
homo religiosus è in definitiva un lettore e un messaggero del sacro.
Se l’uomo religioso appare nello specchio della storia delle religioni come homo insieme storico e transtorico, in quanto uomo nella totalità delle sue dimensioni, cosa significa quell’altro tipo umano che è l’uomo areligioso? Per Eliade è l’uomo che «rifiuta la trascendenza, accetta la relatività della “realtà” e arriva fino a dubitare del senso dell’esistenza» (Le sacré et le profane, 172).
Questo tipo d’uomo è andato fiorendo soprattutto nelle società moderne occidentali.
Costruisce se stesso desacralizzando il mondo.
«Il sacro è l’ostacolo per eccellenza alla sua libertà» (op.
cit., 172).
Egli discende dall’homo religiosus per via di un processo di desacralizzazione, ma conserva numerose tracce del comportamento dell’uomo religioso di cui è l’erede.
È portatore di una mitologia camuffata e di ritualismi deteriorati.
Il processo di desacralizzazione ha portato inoltre alla nascita delle ideologie, delle mistiche politiche, di certi movimenti laici che fanno gran caso al soggetto iniziatico e alla nostalgia delle origini. Julien Ries
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