Lo Stato non deve educare la coscienza morale

La sentenza del Tribunale supremo spagnolo sui ricorsi presentati dai genitori contro la materia scolastica “Educazione alla cittadinanza” è stato uno dei principali argomenti affrontati dalla ccxii riunione della Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola (Cee) svoltasi a Madrid.
I vescovi hanno anche cercato di individuare la strategia adeguata per impedire che un viaggio della speranza si trasformi in tragedia.
Come è avvenuto martedì scorso a largo della costa di Lanzarote, nelle Canarie, dove hanno perso la vita venticinque immigrati.
Inoltre, si è discusso del cinquantesimo anniversario di Mani Unite (Manos Unidas), della protezione della domenica come giorno di riposo settimanale, nonché della preparazione e dell’approvazione del programma della xciii assemblea plenaria che si celebrerà dal 20 al 24 aprile prossimo, durante la quale si offrirà un tributo a “Mani Unite”.
L’organizzazione non governativa, in seno alla Chiesa cattolica, formata da volontari, ha come principale finalità la lotta contro la fame, la povertà e il sottosviluppo nonché la comprensione delle cause che li provocano.
) Sulle sentenze riguardanti l'”Educazione alla cittadinanza” l’episcopato spagnolo, oltre a volerle approfondire per un’eventuale dichiarazione, ha ricordato che i criteri fondamentali stabiliti nelle dichiarazioni della Commissione permanente nel febbraio e nel giugno del 2007 sulla questione sono assolutamente attuali.
In particolare, richiamando la dichiarazione del giugno 2007, i vescovi hanno sottolineato che: “lo Stato non può soppiantare la società come educatore della coscienza morale, ma è suo compito promuovere e garantire l’esercizio del diritto all’educazione a quei soggetti a cui spettano tali funzioni, nell’ambito di un ordinamento democratico rispettoso della libertà di coscienza e del pluralismo sociale.
Al contrario, con l’Educazione alla cittadinanza lo Stato si arroga un ruolo di educatore morale che non è proprio di un Stato democratico di diritto.
La materia sarebbe stata accettabile, perfino auspicabile – hanno proseguito i presuli – se il Governo si fosse limitato a spiegare l’ordinamento costituzionale e la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Invece introduce riferimenti all’omosessualità e nuove definizioni – come la nozione di “genere” al posto di uomo o donna – non accettabili dalla morale cattolica e dal diritto naturale”.
In merito alle sentenze del Tribunale supremo che hanno negato la possibilità di fare l’obiezione di coscienza è intervenuto anche il presidente del gruppo laico “Professionisti per l’etica”, Jaime Urcelay, il quale ha dichiarato che: “la battaglia giuridica a favore della libertà educativa non è finita perché l’obiezione di coscienza non è un fine ma un mezzo.
Infatti – ha precisato – le sentenze lasciano aperta la possibilità di sollecitare l’annullamento delle norme che regolano una materia obbligatoria se questa invadesse il diritto dei genitori a decidere l’insegnamento che devono ricevere i figli in materia religiosa o morale.
Non solo: se si dimostrasse che attraverso il progetto educativo e i testi si realizza un indottrinamento si può chiedere al Tribunale amministrativo la sospensione immediata dell’attività, inoltre le amministrazioni educative, i centri scolastici e i professori non sono autorizzati a inculcare punti di vista determinanti su questioni morali che sono controverse nella società spagnola.
I Professionisti per l’etica – ha concluso Urcelay – continueranno ad essere a fianco dei genitori che vogliano proseguire la battaglia “in difesa dei loro diritti fondamentali”.
Secondo il Forum spagnolo della famiglia, le sentenze del Tribunale supremo confermano l’obbligo di neutralità dello Stato per ciò che concerne la formazione morale.
Insomma, “lo Stato e le amministrazioni educative devono limitarsi a istruire gli alunni senza pretendere che condividano i loro punti di vista su questioni controverse nella società o che debbano esporre le loro convinzioni”.
Anche il Centro giuridico “Tommaso Moro”, intervenendo sulla questione, ha evidenziato come le stesse sentenze del Tribunale supremo mettano in luce come l’Educazione alla cittadinanza abbia creato divisioni nella società spagnola.
Inoltre, “l’interpretazione restrittiva dell’obiezione di coscienza pone un pericolo per la democrazia spagnola perché di fronte agli arbitrii dei poteri pubblici, il Tribunale supremo lascia indifesa la cittadinanza, mentre la sua missione principale è la tutela dei diritti dei cittadini”.
Perciò, il Centro “Tommaso Moro” considera “un dovere morale e civile continuare a sostenere, incoraggiare e incentivare l’obiezione di coscienza alla materia Educazione alla cittadinanza e ad approfondire nuovi modi di libertà per i genitori che si rifiutino di fronte alla manipolazione ideologica dei figli”.
Per quanto riguarda, invece, il cinquantesimo anniversario di “Mani Unite” fervono in Spagna i preparativi per celebrare questo importante evento.
Proprio nei giorni scorsi, l’Ong ha presentato la sua ultima campagna, dal titolo: “Combattere la fame, progetto di tutti”.
L’iniziativa si adopererà per il conseguimento del primo degli obiettivi di sviluppo del millennio: “Sradicare la povertà estrema e la fame” in un mondo nel quale circa un miliardo di persone patiscono la fame cronica e quasi un miliardo e mezzo non ha i mezzi per far fronte alle necessità più elementari.
Rispetto all’iniziativa presentata al Parlamento europeo per la protezione della domenica come giorno non lavorativo, la commissione permanente spagnola ha appoggiato, come ha già fatto in precedenza la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), la petizione agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione europea perché “le domeniche non lavorative costituiscono un pilastro fondamentale del modello sociale europeo e fanno parte del patrimonio culturale comune”.
Negli ultimi anni la tutela della domenica è stata erosa in molti Stati membri dell’Unione europea con lo scopo di aumentare la produzione e il consumo.
I lavoratori hanno sperimentato la frammentazione della loro vita privata, mentre le piccole e medie imprese, che non possono permettersi orari di apertura ininterrotta, hanno perso terreno nel mercato.
Infine, sulla tragedia dell’immigrazione in Spagna avvenuta martedì scorso al largo delle Canarie, i vescovi hanno espresso il desiderio che si realizzi “un aiuto più efficace” allo sviluppo nei loro Paesi di origine per evitare questi viaggi disperati.
L’arcipelago delle Canarie è diventato un punto di passaggio per chi, lasciatosi alle spalle un Paese dell’Africa subsahariana o equatoriale, intende raggiungere l’Europa.
Nel 2008, il numero di migranti che sono transitati nelle Canarie si è ridotto sensibilmente rispetto all’anno precedente.
(©L’Osservatore Romano – 21 febbraio 2009

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