Helder Câmara profeta di giustizia e di pace

Si sono aperte ufficialmente in Brasile le celebrazioni per il centenario della nascita di dom Helder Câmara (1909-1999), l’arcivescovo universalmente conosciuto per il suo impegno a favore dei poveri e per lo sforzo di sensibilizzare le coscienze all’uso della non violenza per il superamento delle ingiustizie.
Nato il 7 febbraio 1909 a Fortaleza, capitale dello Stato del Cearà, è considerato il fondatore della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), di cui fu segretario generale per dodici anni.
E proprio il presidente dei vescovi brasiliani, dom Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana, ha aperto l’anniversario con una messa celebrata sabato 7 a Recife, la città di cui Câmara è stato arcivescovo.
Ma iniziative e celebrazioni si stanno susseguendo in questi giorni un po’ in tutto il Paese.
E un francobollo commemorativo è stato emesso dalle poste brasiliane.
Una messa è stata celebrata a Belo Horizonte, in una delle zone più povere del Paese.
Presieduta dall’arcivescovo, Walmor Oliveira de Azevedo, la celebrazione eucaristica ha visto la partecipazione di diverse centinaia di persone, tra cui i parenti del presule scomparso, e studenti e insegnanti della scuola, fondata nel 2002, e intitolata proprio a dom Helder Câmara.
“Belo Horizonte – ha sottolineato nell’occasione padre Paolo Stumpf Humberto, direttore del collegio – è stato il terreno fertile in cui il messaggio di pace di dom Helder ha portato frutti e continua ancora a portarne.
Egli figura tra i grandi leader che più hanno lottato per la libertà di espressione e per i diritti umani.
È stato la finestra del Brasile sul mondo per denunciare le ingiustizie”.
Particolarmente significativa è stata, soprattutto, l’omelia pronunciata dal presidente della Conferenza episcopale brasiliana, il quale ringraziando Dio per la vita di dom Helder Câmara, lo ha definito come un “profeta” e come un “dono” speciale per la Chiesa e per i fratelli.
L’arcivescovo Geraldo Lyrio Rocha ha ricordato come tutta la vita di dom Helder sia stata segnata dall’affidarsi docile nelle mani del Padre, atteggiamento ben sintetizzato nel motto episcopale che lo stesso dom Helder volle scegliersi: “Nelle Sue mani”.
Una fede salda e operosa ha caratterizzato, dunque, tutto il suo ministero.
“Dom Helder era solito ricordare – ha detto l’arcivescovo presidente della Cnbb – che quando informò la sua famiglia dell’intenzione di diventare sacerdote il padre lo mise in guardia: “Figlio mio, essere sacerdote è molto impegnativo: il sacerdote e l’egoismo non possono vivere insieme””.
Così dopo essersi dedicato per anni all’educazione dei giovani, alla formazione di un laicato maturo come assistente dell’Azione cattolica, diede vita a Rio de Janeiro – di cui dal 1952 è diventato vescovo ausiliare – alla “Crociata di San Sebastiano”, per dare casa e dignità umana alle folle di baraccati della capitale.
Nel 1955, durante il Congresso eucaristico internazionale, a Rio de Janeiro, partecipò attivamente alla creazione del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam).
“Il suo ministero episcopale – ha sottolineato monsignor Lyrio Rocha – è stato caratterizzato dagli stessi sentimenti di Gesù che vedendo la gran folla ha avuto compassione, perché erano come pecore senza pastore (cfr.
Marco, 6, 30-34)”.
Ma gli anni più impegnativi dovevano ancora arrivare.
Sia sul fronte strettamente ecclesiale, con il concilio Vaticano ii, che sul versante interno al Brasile.
Nominato nel 1964, da Paolo vi, arcivescovo di Olinda e Recife, nel nord-est del Brasile, una delle zone più povere del pianeta, quasi contemporaneamente un colpo di Stato militare impose la dittatura.
Al regime erano note le sue posizioni a difesa dei diritti dei poveri, la promozione della giustizia, della democrazia e della libertà di espressione.
Per il nuovo arcivescovo iniziarono anni di sofferenze e persecuzioni, con minacce di morte, accuse, insulti e denigrazioni.
Molti dei suoi collaboratori, sacerdoti e laici, accusati di attività sovversive vennero arrestati, torturati e persino uccisi.
E tra la popolazione si diffuse un clima di paura.
Di fronte a questi fatti – ricorda monsignor Lyrio Rocha – il suo “messaggio è stato intriso del sapore e del contenuto della missione profetica.
Si è presentato come il vescovo di tutti: “Il mio cuore e la mia porta – dirà – sono aperti a tutti, assolutamente tutti.
Cristo è morto per tutti””.
Una posizione non tollerabile dal regime, che nel 1970 – ricorda ancora il presidente della Cnbb – finì per imporre ai mass media il divieto di parlare, a favore o contro, di dom Câmara.
“Se da un lato l’atteggiamento dei militari ha limitato la sua azione di pastore diocesano – ha rilevato monsignor Lyrio Rocha – dall’altro ha lanciato la sua azione profetica al di là dei confini del Brasile, con continui inviti a conferenze in molte parti del mondo.
La sua presenza ha irradiato la fiducia nell’impegno evangelico.
È stato segno di contraddizione e segno di speranza, soprattutto per i più poveri e tutti coloro che lottano per la speranza e la pace”.
Anche la celebrazione del concilio ha offerto a dom Helder la possibilità di diventare un “missionario”, un “pellegrino della giustizia e della pace”.
E infatti – ha ricordato monsignor Lyrio Rocha – “uno speciale rapporto di amicizia si formò con i vescovi più sensibili al tema del Terzo Mondo.
In questo contesto è nato il famoso gruppo di vescovi che si riuniva ogni venerdì sulla missione della Chiesa con i poveri e che, sul finire del concilio si riunì in una catacomba di Roma per firmare il Patto delle Catacombe, in cui ciascuno si impegnava a vivere povero, a respingere emblemi e simboli del potere, in modo da rendere evidente l’opzione evangelica per i poveri”.
Come un san Paolo dei tempi moderni – ha concluso monsignor Lyrio Rocha – si è impegnato nella sua attività missionaria “sperando contro ogni speranza”, come Abramo (cfr.
Lettera ai Romani, 4, 18), incoraggiando le “minoranze abramitiche” alle quali ha insegnato che una società giusta e fraterna si costruisce con la non violenza.
(©L’Osservatore Romano – 9-10 febbraio 2009)

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