Famiglie inesistenti, videogiochi violenti, mancanza di regole.
Così si diventa bulli.
A tracciare l’identikit è Paola Vinciguerra, psicologa, presidente dell’Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), in base a un’indagine condotta su un gruppo di 600 persone sul fenomeno bullismo.
TRASGRESSIONE ADOLESCENZIALE «Il dato più interessante e allo stesso tempo preoccupante – spiega la Vinciguerra – è che il 70 per cento delle persone che hanno risposto al nostro sondaggio online, quelle con un’età compresa tra i 18 e i 45 anni, considerano il bullismo unicamente come comportamento di trasgressione sociale, come può essere quello di vestirsi in maniera appariscente riempiendosi di piercing, per esempio».
Questo, in sostanza, significa che gli stessi adolescenti e i loro genitori non considerano il bullismo come un problema sul quale porre particolare attenzione.
La psicoterapeuta, anche direttore dell’Unità italiana attacchi di panico (Uiap) presso la Clinica Paiedia di Roma, aggiunge che «il 50 per cento di coloro che hanno risposto al sondaggio, e che hanno un’età compresa tra i 45 e i 55 anni, riconosce il fenomeno come realmente esistente ed allarmante, riconducendone la responsabilità primaria alle istituzioni e in modo particolare alla scuola».
Più si è adulti, dunque, e più ci si rende conto della grandezza e gravità del fenomeno.
Il 70 per cento degli over 55 che hanno partecipato al questionario online, infatti, considerano il bullismo un fenomeno esistente e addebitano la responsabilità in primo luogo alla famiglia, e poi alle istituzioni.
TROPPO POCO TEMPO DEDICATO AI FIGLI Ma cosa si nasconde dietro il bullismo? «Le cause degli atteggiamenti aggressivi tipici di questo fenomeno – continua la Vinciguerra in una nota – sono da ricercare nella sfera familiare innanzitutto, poi in quella scolastica e istituzionale.
La nuova struttura familiare non è più un solido riferimento indistruttibile: le separazioni dei genitori sono in aumento e gli equilibri relazionali e gli schemi educativi, che vanno a determinarsi dopo la separazione, sono precari e lontani dalle esigenze dei bambini e degli adolescenti», avverte.
«Inoltre si passa troppo poco tempo con i figli per spiegare e trasmettere codici morali di stile di vita e per capire i loro disagi cercando di rassicurarli».
Secondo l’esperta, è necessario mettere in discussione lo stile di vita che ci viene proposto.
«Il fare frenetico – afferma – svuota le azioni del loro significato primario che dovrebbe essere quello emotivo.
Le leggi che regolano la nostra cultura consumistica sono la transitorietà e l’appagamento immediato del desiderio a discapito della durevolezza e quindi della stabilità e della conquista del desiderio, con il conseguente atteggiamento di emarginazione di coloro che non riescono a stare al passo».
INTERNET E VIDEOGIOCHI «Per non parlare dell’uso smodato di tv, Internet e videogiochi: tutti e tre elementi assolutamente dannosi per i bambini e gli adolescenti», prosegue la psicologa, secondo la quale le istituzioni dovrebbero vigilare su tutto ciò che, in maniera così libera e senza controllo, gira in Rete, nonchè sulla commercializzazione dei videogiochi dai contenuti aggressivi.
«Ma ciò che risulta preoccupante – aggiunge – è come sia cambiato il ruolo del vincente.
Il vincente, infatti, non è come per le generazioni precedenti il buono e il coraggioso che mette a repentaglio la sua vita per difendere la vittima dal cattivo.
Il vincente, oggi, è colui il quale uccide di più, ruba di più».
«Inoltre – sottolinea la Vinciguerra – i ragazzi sono particolarmente stimolati dalle immagini violente che si trovano facilmente su Internet.
Immagini che mostrano comportamenti violenti e molto aggressivi che agli adolescenti possono risultare normali.
Non possiamo quindi meravigliarci se i nostri ragazzi siano aggressivi e contrari a qualsiasi forma di regola: forse non abbiamo vigilato sull’insegnamento di validi modelli di riferimento da proporre loro e i giovani, con questa nuova idea di come si deve essere vincenti, costruiranno la futura società».
AUTOREVOLEZZA NECESSARIA, BASTA COI GENITORI «AMICI» Per quanto concerne poi la famiglia, «sicuramente – suggerisce la psicologa – dobbiamo cominciare a fare un lavoro di educazione con i nostri figli, che non è solo quello di impartire regole sommarie di buona educazione.
Il problema è che i nostri ragazzi non sono abituati alla comunicazione del loro vissuto emotivo ed affettivo: questo dobbiamo insegnarglielo noi.
Li dobbiamo osservare, cercando si intuire i loro disagi, parlarne e rassicurarli.
I ragazzi hanno bisogno di regole, da soli non riescono ad orientarsi.
Ma noi adulti dove siamo? – chiede critica l’esperta – Controlliamo quanto stanno davanti alla tv o quanto tempo passano attaccati a Internet o ai loro videogames? L’era del genitore amico, visti i risultati, è tramontata.
L’autoritarismo ha creato stuoli di depressi e aggressivi? Dobbiamo allora percorrere la strada del dialogo, della spiegazione, ma non dobbiamo perdere la nostra autorevolezza.
Che scuola ed istituzioni – conclude la Vinciguerra con un appello – affianchino i genitori con corsi di supporto per far sì che svolgano al meglio il loro delicato compito, che intervengano dove è di loro competenza consultandosi con professionisti del settore».
Corriere della sera 19 gennaio 2009
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