Ferdinando Bonsignore – La chiesa della Gran Madre di Dio Esempio dello stile neoclassico in auge ai primi dell’Ottocento è la chiesa della Gran Madre di Dio, opera di Ferdinando Bonsignore, eretta tra il 1818 e il 1831 per festeggiare il ritorno di Vittorio Emanuele I di Savoia il 20 maggio 1814 dopo la sconfitta di Napoleone: sul timpano della chiesa si legge infatti l’epigrafe Ordo Populusque Taurinus Ob Adventum Regis (La città e i cittadini di Torino per il ritorno del re).
Lo schema dell’edificio si rifà, con spirito deliberatamente archeologico, a una diffusissima tipologia che trova il suo prototipo nel Pantheon, monumento romano del periodo adrianeo; una pianta rotonda sormontata da una cupola, e preceduta da un peristilio a frontone triangolare, il tutto poggiante su un alto zoccolo.
Guarino Guarini – La Cappella della Santa Sindone Il monaco teatino Guarino Guarini (1624-1683), modenese, può senz’altro considerarsi l’architetto più originale del XVII secolo, dopo Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.
Guarini viaggiò molto in Italia e all’estero e lasciò a Torino, dove fu chiamato da Carlo Emanuele II, le più alte affermazioni della sua genialità creativa, tra le quali la Cappella della Santa Sindone, incastonata tra quello che nel 1713 diventerà il Palazzo Reale dei Savoia e il Duomo di San Giovanni, edificato tra il 1491 e il 1498.
L’opera, iniziata nel 1668 e compiuta solo dopo undici anni dalla morte del maestro, trova la sua più suggestiva espressione nella cupola.
Su una base formata da sei grandi finestre, collegate esternamente da una cornice ondulata, parte una raggiera di contrafforti che si intrecciano a cornici sghembe fino a sostenere le cornici concentriche del tamburo della lanterna, quest’ultima illuminata da finestre ovali.
Da questo capolavoro di ingegneria piove all’interno un guizzante e segmentato gioco di luci.
Guarino Guarini – La Chiesa di San Lorenzo Come nella Cappella della Sindone, anche nella chiesa di San Lorenzo Guarino Guarini sviluppa il motivo dell’organismo centrale, di ridotte dimensioni e articolato verso l’alto, già caro al Borromini.
Compiuta nel 1687, la chiesa ha una pianta quadrata con pareti convesse in luogo dei quattro angoli.
La cupola, ornata di costoloni intrecciati, si ispira probabilmente alla Catedral de la Seo di Saragozza, cattedrale gotica costruita nel XIV secolo.
La sensibilità del Guarini per l’arte gotica, specie straniera, era già evidente nella cupola della Sindone, simile a una guglia.
All’adesione, peraltro puramente fantastica, all’architettura gotica, il Guarini aggiunge una straordinaria padronanza tecnica di assoluta modernità.
Nelle sue originali concezioni strutturali si può cogliere, tra l’altro, l’aspetto tipicamente barocco della «meraviglia» come fine dell’arte.
Filippo Juvarra – La Basilica di Superga La basilica, che con la Mole antonelliana può considerarsi uno dei simboli di Torino, fu fatta erigere da Vittorio Amedeo II di Savoia tra il 1715 e il 1731, in adempimento di un voto fatto nel 1706, prima della battaglia per liberare Torino dall’assedio dei francesi.
È forse l’opera più celebre di Filippo Juvarra, architetto messinese che lavorò a Torino per circa un ventennio, lasciandovi numerose testimonianze della sua genialità non solo di costruttore, ma anche di scenografo e urbanista.
In quest’opera i temi rinascimentali e l’amore per le forme michelangiolesche vengono interpretati in chiave scenografica, perfettamente intonata al paesaggio circostante, sull’alto di un colle panoramico.
Come già nel Pantheon, massimo tempio dell’età imperiale romana, il pronao s’innesta a un corpo centrale.
Nei campanili laterali sono evidenti reminiscenze della fantasia borrominiana (già elaborata a Torino, come abbiamo visto, nelle opere del Guarini).
Nei sotterranei della basilica sono raccolte le tombe dei re di Sardegna, da Vittorio Amedeo II a Carlo Alberto, e dei principi sabaudi dal 1700 in poi.
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