Animatori nell’opera d’integrazione tra cristianesimo e società

Quella dell’animatore della co­municazione e della cultura non è una figura passata di moda.

«Ci sono persone già pronte per l’o­pera di integrazione tra cristianesimo e società. E che potranno essere snodi im­portanti perché il Vangelo parli il lin­guaggio della rete senza il quale è ormai impossibile entrare in contatto con le generazioni di oggi», osserva monsignor Domenico Pompili, sottosegretario del­la Cei e direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, tirando le fila della sessione residenziale del corso Anicec che si è tenuta a Roma dal 9 all’11 novembre.

Una tre giorni intensa che ha privilegiato lo scambio e ha pun­tato i riflettori su quanto bolle in pento­la a livello locale:

«L’officina digitale è il luogo che ha scompaginato il modo di tradizionale di fare i convegni: in catte­dra sono saliti loro, gli studenti, per pre­sentarci le loro esperienze», sottolinea Pompili evidenziando come si sia passati «dal broadcasting allo sharing, ossia dal­la trasmissione alla condivisione».

È l’e­sperienza a dimostrare che «gli anima­tori sono protagonisti sul campo e con la loro creatività e competenza sono in grado di colmare il gap tra Vangelo e cul­tura ».

I progetti presentati – dai percor­si multimediali per l’apprendimento del­la Divina Commedia fino alla preven­zione nella scuola con il coinvolgimen­to della polizia postale, ai supporti digi­tali interattivi per ambienti ecclesiali e ai profili Facebook delle parrocchie – sono la testimonianza concreta «dell’atteg­giamento proattivo» dell’animatore.

Che sa, spiega Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e antropologia dei media al­l’Università Cattolica di Milano, «antici­pare gli scenari, ridurre i danni, operare una verifica continua, non proibire ma riorientare le tecnologie nello loro forme più conviviali, volte cioè alla comunio­ne». Per padre Antonio Spadaro, diret­tore de La Civiltà Cattolica, è essenziale «avere una esperienza diretta dei social network e sulla base di essa articolare u­na riflessione che porti prima all’azione e poi alla valutazione di ciò che è stato realizzato».

All’animatore è richiesta dunque «una sensibilità per i cambia­menti in atto» e allo stesso tempo «un o­recchio attento alla realtà concreta de­gli ambienti ecclesiali».E loro sono pronti. «Il Signore è stato fan­tasioso e mi ha fatto scoprire questa via», confida Ida Marengo di Cuneo, ‘volon­taria per l’arte’ al Museo diocesano San Sebastiano.

«Creare un sito di cui non ci si dimentichi in breve tempo» è ciò che Laura Foglino proporrà alla parrocchia della Resurrezione di Torino. Maria Chia­ra di Parma lavorerà invece per «creare una sinergia tra i media diocesani, in vi­sta di un percorso comune».

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Avvenire

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