Benedetto XVI dedica l’Udienza generale del mercoledì alla vita spirituale di san Domenico Guzman per rimarcare l’importanza della preghiera anche nei suoi aspetti esteriori
All’origine della testimonianza di fede che ogni cristiano deve dare in famiglia, nel lavoro, nell’impegno sociale e nei momenti di distensione, c’è la preghiera, contatto personale con Dio.
È questo l’insegnamento di san Domenico di Guzman, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, sul quale Benedetto XVI ha incentrato la sua catechesi durante l’Udienza Generale di questa mattina, nella Piazza della Libertà antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.
In particolare, il Santo Padre ha posto in luce la vita spirituale del santo Sacerdote e Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, “uomo di preghiera, innamorato di Dio, imitatore di Cristo”.
San Domenico “incarnò radicalmente i tre consigli evangelici unendo alla proclamazione della Parola una testimonianza di una vita povera” ha detto il Papa, e progredì “sulla via della perfezione cristiana”, grazie alla forza della preghiera che “rese sempre più feconde le sue opere apostoliche”.
Soprattutto, caratteristica del Santo era l’incessante orazione notturna: “Il giorno lo dedicava al prossimo, ma la notte la dava a Dio” scriveva, infatti, il Beato Giordano di Sassonia, suo successore alla guida dell’Ordine.
“Egli parlava sempre con Dio o di Dio” ha osservato il Pontefice ricordando le testimonianze delle persone a lui più vicine, e tutto ciò “indica la sua comunione profonda con il Signore e, allo stesso tempo, il costante impegno di condurre gli altri ad essa”.
A tal proposito, Papa Benedetto si è soffermato a lungo su Le nove maniere di pregare di San Domenico, libro scritto da un frate domenicano tra il 1260 e il 1288, che “ci aiuta a capire qualcosa della vita interiore del Santo” e soprattutto “a imparare qualcosa su come pregare”.
Secondo san Domenico, infatti, sono nove le maniere di pregare e ciascuna di queste “esprime un atteggiamento corporale e uno spirituale che, intimamente compenetrati, favoriscono il raccoglimento e il fervore”.
“I primi sette modi – ha evidenziato il Papa – seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità”. San Domenico “prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio”.
Gli ultimi due modi, invece, ha spiegato Papa Benedetto, “corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo”: la meditazione personale e la preghiera durante i viaggi.
Nella meditazione personale “la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante”. San Domenico, infatti, al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, prolungava questo colloquio intimo con Dio, “senza porsi limiti di tempo, seduto tranquillamente, raccolto in se stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso”.
La comunione con Dio in questi momenti era così intensa, che “anche esteriormente si potevano cogliere le sue reazioni di gioia o di pianto”. A volte, raccontano dei testimoni, “entrava in una sorta di estasi con il volto trasfigurato, ma subito dopo riprendeva umilmente le sue attività quotidiane ricaricato dalla forza che viene dall’Alto”.
La seconda forma di preghiera il Santo la praticava durante i viaggi tra un convento e l’altro. In quei momenti, egli “recitava le Lodi, l’Ora Media, il Vespro con i compagni”, e, attraversando le valli o le colline, “contemplava la bellezza della creazione. Allora, dal suo cuore sgorgava un canto di lode e di ringraziamento a Dio per tanti doni, soprattutto per la più grande meraviglia: la redenzione operata da Cristo”.
Una grande testimonianza di fede e di amore al Signore quella di San Domenico, dunque, che “ci ricorda che solo questo rapporto reale con Dio ci dà la forza per vivere intensamente ogni avvenimento, specie i momenti più sofferti”.
Non solo: “questo Santo ci ricorda l’importanza degli atteggiamenti esteriori nella nostra preghiera” ha rimarcato Benedetto XVI. Inginocchiarsi, stare in piedi davanti al Signore, fissare lo sguardo sul Crocifisso, fermarsi e raccogliersi in silenzio, sono tutti aspetti che sembrano secondari, ma che in realtà “ci aiutano a porci interiormente, con tutta la persona, in relazione con Dio”.
Alla luce di tutto questo, l’esortazione del Papa è “di trovare quotidianamente momenti per pregare con tranquillità”, specialmente nei periodi di vacanze. “Sarà un modo – ha concluso – per aiutare chi ci sta vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza di Dio, che porta la pace e l’amore di cui abbiamo tutti bisogno”.