MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 46° GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
DOMENICA 20 MAGGIO 2012
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“Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora (...) Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all’altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena”…
COMMENTO di Antonio Spadaro Cyberteologia
Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione. Il titolo del messaggio per XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2012 tiene unite due parole che nella accezione comune sono opposte: quando non si parla c’è silenzio; appena si parla sparisce il silenzio. Sembra ovvio, chiaro, banale persino. Spesso, quando si parla dei media, si dice come per un automatismo, che essi fanno “rumore”, frastuono dal quale ripararsi, “ritirarsi”.
Il Papa in questo suo messaggio capovolge la prospettiva e ci propone un modo differente di vedere le cose e di leggere il significato del silenzio e della parola.
1. Parola e silenzio si integrano e non si oppongono –– Il messaggio del Papa scardina l’opposizione tra silenzio e parola, che ha la sua verità, ma solamente in casi estremi. Il Papa in questo suo messaggio chiaramente che il silenzio è parte integrante della comunicazione, parte della parola, della capacità dell’uomo di parlare, non il suo opposto. Parola e Silenzio sono due elementi imprescindibili e integranti del processo comunicativo. E tra di loro si integrano e non si oppongono. Si deve sperare che da oggi in poi non si debba più assistere ad elogi del silenzio in sé e per sé, al di fuori dii un tessuto comunicativo. Chi prega sta in silenzio, ma in realtà non è di per sé vero. Chi prega elabora un linguaggio di comunicazione con Dio ed è proprio per elaborare questa parola, questo discorso, che tace esteriormente.
2. Comunicare non significa trasmettere messaggi –– Il messaggio del Papa scardina anche un’altra errata convinzione. Infatti noi, bombardati da messaggi, pensiamo troppo spesso che comunicare significhi semplicemente trasmettere, parlare, riversare contenuti e informazioni. Invece il Papa ci ricorda che oggi si fa troppa attenzione a chi parla e si dimentica che la comunicazione vera è fatta di ascolto, di dialogo, che è fatto di ritmi di parola e silenzio. IL silenzio inoltre non è solamente ascolto degli altri, ma anche ascolto di sé. Non è una semplice “pausa” perché gli altri possano parlare, ma anche pausa perché la mia stessa comunicazione sia comprensibile: senza virgole, punti, punti e virgole (cioè silenzi) nel discorso non c’è vera espressione, non si creano le condizioni per intendersi. Il silenzio è “ordinato” alla comunicazione.
3. Il silenzio non è un “vuoto” –– Il messaggio del Papa scardina il pregiudizio per il quale il silenzio significa assenza di linguaggio, cioè “assenza”, vuoto puro. Il silenzio in realtà non è “nulla”, ma è uno spazio aperto, una dimensione di vita, un ambiente nel quale la parola può fiorire. Il silenzio permette alla parola di diventare davvero luogo di esperienza e luogo di incontro, al di là del meccanisimo della information overload.
4. Il silenzio è parte di un ecosistema comunicativo –– Ma c’è un passo avanti ulteriore: acutamente il Papa scrive: “è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di “ecosistema” che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni”.Attenzione! Il Papa non dice che il silenzio è l’ecosistema della parola, ma che la comunicazione è questo ecosistema nel quale l’ecologia implica un equilibrio tra silenzio e parola. E aggiunge anche immagini e suoni. In questo modo il binomio tra silenzio e parola veine infranto dalla presenza dell’immagine e del suono, parte integrante della comunicazione umana.
5. La comunicazione oggi è guidata da risposte che cercando buone domande –– Il Papa, quindi passa a enucleare il nocciolo duro della comunicazione contemporanea, soprattutto legata alla Rete, considerando ciò che la muove come motore interno. Il Papa riconosce questo motore nel fatto che l’uomo è bombardato da risposte delle quali però non conosce le domande. Spesso sono risposte a domande che lui non si è mai posto. Il silenzio dunque permette di fare un discernimento tra le tante risposte che noi riceviamo per riconoscere le domande veramente importanti. Il capovolgimento di prospettiva operato dalle parole del Papa consiste nel fatto che in genere si dice che l’uomo si pone domande e poi cerca risposte. Oggi è invece vero il contrario. E in questo senso l’uomo di conferma come assetato di senso.
6. L’uomo esprime anche in Rete il suo bisogno di silenzio –– Cade un altro pregiudizio: che in Rete ci sia solo rumore. Il Papa nota che “sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a […] trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio”. L’uomo in Rete esprime il bisogno di silenzio e in Rete si aprono spazi di silenzio comunicativo. Senza citare nessuna piattaforma o applicazione particolare, il Papa parla di “essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico” capaci di esprimere “pensieri profondi”. Come non pensare a Twitter o alla dimensione concentrata dei “messaggi di stato”? Come non pensare alle tante “apps dello spirito” che possono aiutare a pregare “se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità”, scrive il Papa.
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Ma forse c’è una pagina di Romano Guardini che può aiutare a meditare le parole di Benedetto XVI: “E’ proprio dell’essenza di ogni forma di linguaggio l’essere rapportata al silenzio. Solo dal confluire di queste due componenti risulta il fenomeno nella sua interezza. Esse si determinano reciprocamente, poiché solo chi sa tacere può veramente parlare nello stesso modo che l’autentico silenzio è possibile solamente a chi sa parlare. Il vero silenzio non significa una mera entità negativa, tale da rimanere inespressa, ma un comportamento attivo, una commozione fervida della vita interiore, commozione nella quale tale silenzio diviene padrone di sé stesso. Solo da questa commossa serenità proviene alla parola quella forza silenziosa che la rende compiuta.
Il silenzio, inoltre, è un manifestarsi di quell’immagine percepita dai sensi che si rivela allo sguardo interiore. Solo in tale manifestarsi se ne può esperimentare la potenza di significato, e solo da questa esperienza la parola trae tutta la sua energia di espressione. Priva di questo rapporto col silenzio, la parola diviene vaniloquio; senza questo rapporto con la parola, il silenzio diviene mutismo. Questi due elementi – insieme – formano un tutto, ed è un fatto che induce a riflettere la circostanza che per questo tutto non esista alcun concetto. In esso esiste l’uomo” (da Linguaggio – Poesia – Interpretazione, Brescia, Morcelliana, 2000, 15).