Riflessioni su…”Preti sul lettino: agio e disagio del servizio pastorale del clero”

Questo pomeriggio presso l’Università Pontificia Salesiana si è tenuto uno stuzzicante seminario dal titolo: Preti sul lettino: agio e disagio del servizio pastorale del clero. Imparare riconoscere e gestire i problemi psico-affettivi nella vita dei preti“, promosso dall’Istituto di Psicologia UPS.

Gli interventi hanno offerto spunti interessanti per riflettere sul tema della formazione permanente del clero. Il seminario ha messo in luce l’importanza di riconoscere gli stati di disagio e stress che subentrano nell’esercizio delle professioni di aiuto e che sono inevitabilmente collegati ai vissuti delle persone, al fine di garantire una sana prevenzione dei fenomeni disfunzionali.  Riconoscere e gestire la difficoltà è un modo per rimanere in contatto con se stessi e approdare a condizioni personali di maggiore benessere, ma anche e soprattutto un atto di responsabilità verso coloro che richiedono aiuto.

Al seminario sono intervenuti il prof. Alberto Oliverio, ordinario di psicobiologia all’Università La Sapienza di Roma, sul tema della natura del disagio personale e l’importanza della psicologia nella crescita e maturazione nello svolgimento del ministero sacerdotale;

il prof. Leslie Francis, ordinario di psicologia della Religione e dell’Educazione presso l’Università di Warwick (Galles, Regno Unito), che ha sottolineato l’importanza delle caratteristiche e differenze individuali nell’esercizio delle professioni di cura, aprendo nuove prospettive a quanti si dedicano alla cura pastorale.

Sono successivamente intervenuti nella tavola rotonda:

il Prof. Hans Zollner, Vice Rettore Accademico della Pontificia Università Gregoriana, sul tema: “Sacerdozio e psicologia”

il Prof. Giuseppe Crea, docente presso l’Università Urbaniana, sul tema: “quando il disagio diventa patologia nella vita del prete”

il Dott Fabrizio Mastrofini, giornalista e caporedattore di Radio Vaticana, sul tema: “vita da sacerdote in prospettiva, nel contesto della Chiesa italiana”

e la Dott.ssa Scaraffia, giornalista dell’Osservatore Romano, docente di Storia contemporanea alla Sapienza, sul tema: “il ruolo della donna nella formazione presbiteriale”

 

Ci sembra interessante riproporre l’intervista di M. Michela Nicolais, per il Sir, a padre Giuseppe Crea, missionario comboniano e psicoterapeuta, intervenuto al seminario.

Il “disagio” dei sacerdoti è una realtà?

“Molte volte è così, e non riguarda soltanto situazioni patologiche. La situazione di disagio può verificarsi anche nel lavoro quotidiano di chi opera nella pastorale, e soprattutto per quanto riguarda i sacerdoti è sempre più urgente affrontarla in maniera esplicita e diretta: quando si temporeggia, pensando di fronte ad un problema di poterlo risolvere da soli, magari cercando qualche scappatoia, le ferite si amplificano e diventa poi più difficile e doloroso intervenire in maniera adeguata”.

Come traccerebbe, in sintesi, l’identikit del sacerdote oggi?

A mio avviso, oggi il prete è chiamato ad essere operatore della misericordia di Dio, rifuggendo la tentazione dell’onnipotenza. Più che un ‘tuttologo’, abituato a fare tutto da solo, ad affrontare e gestire in solitudine le tante sfide della pastorale, il sacerdote deve essere uno specialista, un esperto di misericordia, da vivere in prima persona a partire dalla chiarezza sulla propria identità e vocazione”.

Quali le cause principali del disagio?

“Oggi non è semplice lavorare nella pastorale, e i pastori sono i primi ad essere attenti alle sfide sempre nuove che li interpellano. Ci sono, poi, le fragilità intrapsichiche: basti pensare alle fragilità nella struttura pastorale degli operatori delle nuove generazioni. Per questo è urgente trovare nuove forme di collaborazione, a partire da quella tra i sacerdoti: non è facile che i preti collaborino tra di loro, soprattutto in campi vari e disparati come quelli in cui ci si trova concretamente a svolgere la propria azione pastorale. Eppure, queste forme di collaborazione sono sempre più necessarie oggi, altrimenti il rischio per i sacerdoti è il sovraccarico, lo stress o, nella peggiore delle ipotesi, il burn out”.

Cosa deve fare un prete quando avverte segnali di disagio o è alle prese con forme di fragilità interiore che rischiano di incidere sul suo lavoro pastorale?

“Quando la persona avverte il peso delle proprie inconsistenze deve imparare a individuare i tanti segnali di un malessere che si sta accumulando dentro di sé, senza negare le problematiche ma al contrario riconoscendole come parte della propria storia. Decidere di prendere sul serio la sofferenza psichica di chi opera nella pastorale, allora, non può più essere un optional, ma deve essere parte di una responsabilità comune, che coinvolge anche i laici”.

Si fa abbastanza, nei nostri seminari, per cercare di prevenire il disagio dei futuri preti?

“Sicuramente è urgente trovare nuove vie per la formazione dei sacerdoti. Esistono già buoni segnali operativi, perché si sono ormai intrapresi nuovi percorsi come quello di facilitare la formazione psicologica e spirituale, non solo intellettuale, dei candidati al sacerdozio. Tuttavia, resta ancora molta strada da fare, ad esempio, prestando più attenzione a percorsi formativi individuali, attenti alle esigenze del singolo”.

Quanto può incidere, nel tentativo di scongiurare o superare il disagio, la collaborazione tra sacerdoti e laici?

“Ce n’è tanto bisogno. Già il Concilio, 50 anni fa, raccomandava di incentivare questo tipo di collaborazione, a partire dalla concezione di una Chiesa come ‘popolo di Dio’ che concorre allo stesso obiettivo: rendere visibili nel mondo i valori del Regno. La collaborazione tra sacerdoti e laici è certamente la strada maestra, sia perché il sacerdote non può fare tutto da solo, sia perché i laici nel loro ministero hanno un grosso contributo di cui assumersi la responsabilità. Riscoprire, rispettivamente, il ruolo del sacerdote e il ruolo del laico significa scoprirsi compenti, e non onnipotenti. La logica è quella evangelica che consiste nel valorizzare i reciproci talenti, all’insegna della competenza e della responsabilità, ognuno nel proprio ambito”.

Da: SIR del 12/03/2012

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