ll 2 febbraio del 1962 Giovanni XXIII fissava la data di apertura del Concilio. La dolorosa “circostanza” della malattia, i cui sintomi aveva avvertito ben prima dell’apertura, non consentirono al Papa Buono di portare a termine la celebrazione del Concilio.
Ma la “macchina” da lui avviata andò avanti ugualmente fino a destino nel segno della continuità di Pietro e della sua Chiesa.
“Una storia di popolo e di volti. Il territorio, le analisi, le letture, l’informazione”
Sono iniziate analisi, riflessioni e valutazioni sui cinquant’anni vissuti dall’inizio del Concilio Vaticano II e certamente nel corso dell’anno ci sarà un crescendo d’interventi da parte di storici, pastoralisti, teologi ed esperti di varie discipline.
Si prospetta una bella rilettura di un evento straordinario che ha posto un supplemento di responsabilità e di speranza nella storia della Chiesa e nella storia del mondo.
Il soffio del Concilio, come ogni soffio che viene da un’esperienza di fede e da un evento di Chiesa, non è mai un vento impetuoso che sradica alberi e scoperchia tetti.
È il proseguire di una brezza che ha accompagno l’umanità fin “dal principio” preferendo il linguaggio del silenzio, delle parole essenziali, dei gesti e dei volti. La Bibbia offre immagini stupende al riguardo.
La Chiesa ha amato da sempre questa comunicazione che anche oggi attraversa l’esperienza dell’uomo come un fiume carsico che scompare e improvvisamente appare là dove nessuno se lo aspetta.
Per cogliere questo scorrere nel tempo è necessario un ascolto intenso e umile perché due voci, quella di Dio e quella dell’uomo, entrano in dialogo tra di loro, in dialogo in una comunità credente, in dialogo con il mondo.
Allora, anche se indispensabile, non basta una grande professionalità giornalistica per capire e per raccontare cosa è accaduto dall’inizio del Concilio a oggi. Anche noi non abbiamo questa presunzione.
Vorremmo solo dire che accanto ai documenti del Concilio, che verranno ripresi in mano dagli esperti alla luce dei grandi cambiamenti che a tutti sono noti, c’è un popolo, ci sono i volti.
Non un popolo e dei volti generici ma un popolo e dei volti illuminati dalla luce di quella fede di cui il Concilio è stato e rimane una primizia, cioè un annunciatore e un anticipatore di nuovi frutti.
È davvero bello rivedere il percorso di cinquant’anni del Concilio nelle comunità parrocchiali e diocesane, nelle aggregazioni laicali, nelle testimonianze di speranza nei luoghi della sofferenza, dell’angoscia, dell’impegno e della festa.
Una storia di fragilità e umiltà rispetto a quella gridata del potere, una storia che potrebbe far sorridere qualcuno ma è la storia che rimane nel tempo, che origina nuova storia, che prende il sapore dell’eternità.
È qui che anche l’informazione religiosa, il giornalismo vaticanista vengono con grande rispetto interrogati dalla vita e dal pensiero di un popolo credente.
Ci sono le strade e le piazze che non sono meno importanti dei palazzi.
C’è un popolo la cui capacità di leggere e interpretare la storia e di pensare in grande si esprime nella concretezza del territorio dove i concetti e le parole trovano la loro giusta misura anche nella fatica e nella speranza quotidiane dei laici.
Il Concilio vive in questa presenza che sta con ancor più amore e responsabilità in un Paese che attraversa una crisi di fiducia e di futuro. Il Concilio vive in una comunità credente in cui il laicato “si declina” con l’inno alla carità di Paolo: paziente, benigno, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto ma si compiace della verità…
Sono parole intrise di vita che il Concilio ha ripreso e coniugato con i tempi moderni, parole che anche oggi illuminano la strada.
Paolo Bustaffa in SIR del 3-02-12
vedi anche: 50° del Concilio Vaticano II: il grande annuncio in Frontiera del 2-2-12