Vangelo fede e politica: don Enzo Mazzi

La storia gira le sue pagine inesorabile e lenta. Ieri la storia di Firenze e della Chiesa italiana ne ha girata un’altra: s’è chiusa la vita terrena di don Enzo Mazzi. Uno spirito indomito e contestatario che  lo portò a più riprese ad entrare in  antagonismo con i suoi arcivescovi. Un nome che fa tutt’uno con «l’Isolotto», in una vicenda che il semplicismo  ideologico – subito o prodotto – chiamerà «dissenso».
Quello che accade attorno a un parroco (nominato nel 1954, a 27 anni) e alla sua parrocchia prima del 1968 è qualcosa  di ben più complesso ed emblematico. L’Isolotto diventa il mito di un cattolicesimo ribelle perché lì è cresciuta prima  una esperienza di comunione, un segno di fraternità popolare che testimonia della fecondità del Vangelo nel tempo.  Era questo che La Pira, inascoltato mediatore nel momento topico del conflitto voleva forse salvare, senza riuscire, in  mesi — quelli fra il ’68 e il ’69 — nei quali la prepotente vitalità della primissima ricezione del Valicano II in Italia vira. Perché anche in Italia, come in tutto il mondo, il post-Concilio rafforza l’idea che si possa e si debba anticipare il tempo  che verrà: e che dunque sia necessario trascinare nell’oggi, con la distruzione dei sistemi di potere, un domani quasi  escatologico. Ma, a differenza di altri Paesi, in Italia il post- Concilio naufraga sulla politicizzazione della fede  (politicizzata da sinistra, anziché dal collateralismo), come se solo l’organizzazione di un contropotere potesse  «inverare» la fraternità attesa.
Di questo percorso don Enzo Mazzi è un protagonista che trova nella rigidità del cardinale Florit più d’una occasione di  scontro. Dapprima insieme ad altri preti nella solidarietà con i ragazzi della Cattolica sgombrati dalla polizia dalla  cattedrale di Parma, che avevano occupato per protesta contro i doni della banca locale per le nuove chiese. Poi nel  momento in cui Florit – lo aveva già fatto per le elezioni del 1966 – lancia quell’ultimatum all’Isolotto che fa assurgere il  caso alla ribalta nazionale.
Infine, subita la condanna della rimozione comminata nel dicembre 1968 e perfino un processo penale, nel  superamento della forma parrocchiale e nella nascita della comunità di base.
Una comunità che alla fin fine — al netto di un linguaggio autocelebrativo e di un lessico politico patinato dal tempo –  ha fatto della polemica con l’autorità la propria cifra. Con don Mazzi se ne va un pezzo di quella Firenze di cui egli  interpretava un’anima più protestataria e che era stata per quindici anni il chiostro, per usare una espressione russa,  dei «folli Dio»: una Firenze che aveva saputo dare al Paese il senso che ad alcuni, governati col solo sguardo  dall’austero prestigio di Dalla Costa, premeva solo la fede. Cosette: di cui forse ci sarebbe bisogno anche oggi, se  Firenze volesse averle.

 

di Alberto Melloni
in “Corriere Fiorentino” del 23 ottobre 2011

 

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Continuiamo a presentare materiali su don Enzo Mazzi, con l’intervento di Giovanni Gennari, che fa una lettura forse più ecclesiastica che evangelica: “A differenza del suo grande confratello, don Milani, e di altri pionieri della fede nella chiesa fiorentina, forse don Mazzi si è lasciato strumentalizzare anche da chi con la Chiesa fiorentina non aveva e non voleva avere alcuna prossimità, e fu autore di dichiarazioni e azioni di rottura vera e propria anche in materie importanti come i sacramenti e la dottrina morale di fondo…”
“fino all’ultimo è stato punto di riferimento non solo per le prese di posizioni pubbliche che facevano rumore sui giornali (come quella a favore di papà Englaro) ma soprattutto per un’azione concreta, silenziosa e quotidiana di aiuto a chi aveva bisogno.” “Quello che appassionava molti cattolici (e li appassiona) di don Mazzi era che non faceva politica per sé, per fare carriera o per arricchirsi. O per difendere il posto di lavoro, come molti politici italiani attuali. Ma semplicemente per stare dalla parte degli ultimi. Questo dice il Vangelo. Altro che nuovo partito dei cattolici.”
“Guardando all’indietro, l’esperienza della Comunità di Base dell’Isolotto… potrà sembrare datata, legata come fu, al suo nascere, a una ben precisa temperie storica e di vita della Chiesa. Ma di sicuro le “rotture” che l’hanno contraddistinta… restano… prove sincere di un progetto di «chiesa di popolo» di cui il mondo cattolico sembra oggi avvertire di nuovo l’urgenza”
“è un saluto corale, fatto di abbracci e lacrime, di ricordi e testimonianze personali del sacerdote rimosso dalla parrocchia dell’Isolotto nel 1968 dal cardinale Florit. E diventato poi pioniere del dissenso cattolico”
“Mazzi questo rischio (quello di restare fermo alla nostalgia del ’68) l’ha corso, però credo che abbia sempre cercato di limitarne le conseguenze. Si è sempre misurato con l’attualità, la globalizzazione, con la dimensione di sacro e laicità nei nostri tempi. Sempre coerente alla sua radicalità, alla limpidezza di intenti. Una qualità che mai come in questi giorni è apprezzabile”
“«Vuoi andare in Africa? Ti mando in un posto forse più pericoloso, l’Isolotto». Così l’Arcivescovo Elia Dalla Costa rispose al giovane sacerdote Enzo Mazzi che voleva partire come missionario. Dalla Costa scelse un altro futuro per quel 27enne. Comincia così la storia del «prete eretico». Un simbolo di una generazione, quella dei preti «contro» di Firenze. Mazzi è scomparso venerdì no
“Nonostante la sua età, 84 anni passati, Enzo Mazzi conservava nel cuore tutte le caratteristiche della gioventù… Sulle nostre pagine ha tracciato un sentiero unico, spesso in assoluta solitudine. Per un cammino che veniva da lontano, dagli stessi giorni del ’68 che portarono alla nascita della Comunità dell’Isolotto a Firenze e all’esperienza in tutta Italia delle Comunità cristiane di base.”
“Come ogni domenica, anche oggi l’appuntamento della Comunità dell’Isolotto è alle 10.30… «socializzeremo l’assenza di Enzo, e la continuità della sua presenza». Nel solco di quella esperienza comunitaria che Enzo Mazzi considerava essenziale… Di cui ha fatto dono, non solo metaforico, alle donne e agli uomini della comunità… Grazie a loro, e ai tantissimi che… anno dopo anno hanno socializzato negli appuntamenti comunitari della domenica, Enzo Mazzi continuerà ad esserci”

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