L’emendamento del governo sul pagamento dell’Imu per gli immobili appartenenti alla Chiesa cattolica parla chiaro; anche la Chiesa non è rimasta esente dalla crisi finanziaria che sta investendo l’Italia. Il decreto vede coinvolti gli istituti paritari d’ispirazione cattolica e tutti i supporti sociali ad essa collegati: volontariato, assistenza sanitaria, mense. Ma è soprattutto la scuola il punto nodale da affrontare, considerando che molte di esse pagando L’Imu fallirebbero e sarebbero destinate alla chiusura, sia perché le rette, nella gran parte dei casi, servono semplicemente a coprire il costo di gestione, sia perché molte di esse usano spazi ampi, per esempio ex conventi, per cui secondo il calcolo della tassa si genererebbero cifre altissime da pagare.
Oggi a Palazzo Madama il presidente del Consiglio, Mario Monti, parlando specificamente delle scuole, ha affermato che: «non è corretto chiedersi se le scuole in quanto tali siano esenti» dal pagamento dell’Imu, «bensì quali siano esenti e quali sottoposte alla disciplina» introdotta con l’emendamento. «La risposta è univoca – ha aggiunto Monti – sono esenti quelle che svolgono la propria attività in modo concretamente non commerciale».
Il premier ha anche indicato i «
parametri» per considerare non commerciali le scuole: «l’attività paritaria è valutata positivamente se il servizio è assimilabile a quello pubblico», in particolare sul piano dei programmi scolastici, dell’applicazione dei contratti nazionali e su quello della «rilevanza sociale». Inoltre il bilancio dovrà essere «tale da preservare in modo chiaro la modalità non lucrativa»; e quindi «l’ eventuale avanzo sarà destinato all’attività didattica».
da “Corriere della Sera” del 27/02/12
Il problema ci tocca molto da vicino e dai Salesiani arriva una netta posizione rispetto al decreto che sostiene che l’eventuale applicazione dell’ICI-IMU alle scuole paritarie non sarebbe giusta né equa per i seguenti motivi:
– Perché contrasta con l’art. 1, comma 1 della Legge 62/2000
“Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita”.Esse, dunque, hanno i medesimi doveri e diritti delle scuole statali, poiché svolgono un servizio pubblico e concorrono ai medesimi fini.
– Perché contrasta con l’art. 1, comma 8 della Legge 62/2000
“Alle scuole paritarie, senza fini di lucro, che abbiano i requisiti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, è riconosciuto il trattamento fiscale previsto dallo stesso decreto legislativo n. 460 del 1997, e successive modificazioni”.Per tale decreto “non si considerano commerciali le attivita’ svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali” (art. 5, comma 1 lett.a D.L. 460/1997).Ad esse dunque, si applica il medesimo trattamento fiscale previsto per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, poiché ne hanno i medesimi requisiti.
– Perché contrasta con l’art. 1, comma 3 del Decreto Legislativo 76/2005
“La Repubblica assicura a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, costituite dalle istituzioni scolastiche e dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, anche attraverso l’apprendistato di cui all’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ivi comprese le scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n.62, secondo livelli essenziali di prestazione definiti a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.Non possono essere considerate “commerciali” quelle attività che erogano un servizio che ha rilievo pubblico, è destinato all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione, tende ad assicurare fondamentali diritti di cittadinanza, come il diritto allo studio e il diritto all’istruzione e formazione professionale.
– Perché contrasta con l’art 118, comma 4 della Costituzione
“Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.Si pone, dunque, in contrasto con questo principio costituzionale ogni decisione legislativa che, anziché favorire, abbia l’effetto di rendere ancora più difficili l’attuazione di attività educative che vengono svolte dal privato sociale, nell’interesse generale della collettività e non per fini di lucro, e sono espressione del principio di sussidiarietà.Roma, 24 febbraio 2012 La Conferenza degli Ispettori Salesiani d’Italia.
Sulla stessa scia si pongono altre opinioni secondo cui: “Mettere in crisi tutto questo non sarebbe più uno strumento di giustizia tributaria ma produrrebbe un problema ancora più vasto: la fine di una parte stessa del sistema scolastico italiano. Per troppi anni la vecchia Ici ha ingiustamente esentato le attività economiche della Chiesa: ciò non significa che oggi si debba pareggiare un vecchio conto penalizzando chi istruisce e segue molti dei nostri figli. Benestanti e non, è bene ricordarlo”.