Il tema della religiosità in Italia è uno dei capitoli del volume edito da Vita e Pensiero, «Uscire dalle crisi. I valori degli italiani alla prova», che raccoglie i risultati della ricerca sugli orientamenti di valore dei cittadini europei, condotta dall’European Values Studies (Evs).
Dall’indagine emerge che il 78% degli italiani è cattolico ma la vita dopo la morte crea dubbi
Credono in Dio, si ritengono religiosi, danno importanza alla fede nella loro vita, ma mettono in dubbio l’esistenza dell’inferno, del paradiso e persino di una vita dopo la morte. È una fotografia con diverse contraddizioni quella scattata dalla quarta indagine sui valori degli europei, i cui risultati sono contenuti nel volume «Uscire dalle crisi. I valori degli italiani alla prova» (edito da Vita e Pensiero) curato dal sociologo Giancarlo Rovati docente dell’Università Cattolica. Uno dei capitoli del libro, che sarà al centro del convegno di oggi, nella sede milanese dell’ateneo cattolico, è dedicato alla «realtà religiosa in Italia», affidando al professor Clemente Lanzetti, ordinario di Sociologia della religione all’Università Cattolica, l’analisi dei risultati.
«Attualmente il 78% della popolazione italiana maggiorenne – si legge – si riconosce nella fede cattolica e soltanto due italiani su cento si professano di altra religione». Un dato in leggero calo (-3,1%) rispetto a un’indagine condotta dieci anni prima, ma che farebbe intendere una consistente presenza di cattolici nel nostro Paese. L’uso del condizionale è però d’obbligo, soprattutto quando l’indagine affronta temi dottrinali, etici e morali legati alla fede cattolica. Si scopre, così, che se un confortante 59% degli italiani crede in «Dio personale e creatore che ama l’essere umano» (affermazione in linea con la fede cattolica), c’è un 24,6% per cui Dio è «qualche forma di spirito o forza vitale», mentre un 14,8% addirittura non sa rispondere.
Meno lusinghiero il risultato sul quesito «se esista o meno una sola religione vera», quella cattolica in particolare. Solo il 20,1% risponde sì, a cui va aggiunto un 26% che aggiunge che «anche le altre religioni contengono elementi di verità». A questo 46,1% si contrappone un 40,6% per il quale «non c’è una sola religione vera, ma tutte le grandi religioni contengono alcune verità fondamentali ». Con molta probabilità, sottolinea la ricerca, quest’ultima risposta potrebbe nascere dalla presenza di persone di altre religioni e della necessità di trovare con loro elementi comuni per creare una comunità. Qualche sorpresa arriva anche dalle risposte ai quesiti su alcune verità di fede. Tra chi si definisce genericamente religioso il 67,3% crede nell’esistenza della vita dopo la morte, mentre tra chi si dichiara praticante si arriva al 75,5%. Le cose non vanno meglio per paradiso e inferno: tra i praticanti ci credono rispettivamente il 70,5% e il 58,3%, mentre tra chi si dice religioso scendiamo al 60,6% e al 49,7%. Vi è addirittura un 17,1% di praticanti che crede nella reincarnazione.
Insomma italiani religiosi, cattolici, ma con una fede che spesso diventa quasi individuale. «Questo processo – si sottolinea nella ricerca – non porta necessariamente a posizioni di individualismo in campo religioso, né sta portando a una progressiva irrilevanza della dimensione religiosa, ma a un diverso modo di rapportarsi a essa. Basti pensare che, nonostante si registri un calo in percentuale negli ultimi dieci anni su molti indicatori di religiosità istituzionale, non risulta diminuire l’importanza che le persone danno alla religione nella propria vita»: il 32,8 risponde «molto» e il 38,9» dice «abbastanza» per un totale di 71,7% degli intervistati. E anche sull’idea di una progressiva secolarizzazione dell’Italia, il rapporto invita alla cautela. «Gli italiani sono significativamente al di sotto del livello medio generale di secolarizzazione – si spiega ancora nella ricerca –, posizionandosi al 39° posto in una classifica di 48 Paesi analizzati ». Analoga situazione per quanto riguarda la partecipazione ai riti religiosi. «Una partecipazione che negli ultimi quarant’anni è pressochè stabile, oscillando attorno al 30%».
La stessa ricerca non trae conclusioni, anche se sottolinea come «quando si tratta di argomenti religiosi, oggi molti preferiscono conservare un atteggiamento di ‘ricerca’». Si tratta di «un cambiamento riconducibile al processo crescente di individualizzazione del credere, che ha una pluralità di esiti in ambito religioso, e che non coincide però con un generale deprezzamento dei valori religiosi, spirituali e morali». Con molta probabilità è il terreno da cui ripartire per una nuova evangelizzazione anche in Italia.
da Avvenire 28/02/12