Halloween, la notte dei relativisti «Un rito che non ci appartiene»

 

L’anatema di due cardinali: snatura le feste della Chiesa.

 

Halloween nemica delle feste cattoliche di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti? Il dilemma si ripresenta da anni ad ogni fine ottobre.
Ma nel 2011 una differenza c’è. Riguarda la durezza con cui l’Arcidiocesi di Bologna del cardinale Carlo Caffarra ha  parlato di «brutta resa al relativismo dilagante», con tanto di nota sull’edizione bolognese di Avvenire, per la  manifestazione organizzata in piazza Re Enzo a base di zucche da intarsiare per Halloween dalla Coldiretti, associazione  di area cattolica. La curia invita a usare le zucche «per la vellutata o il ripieno dei tortelli». A Torino l’arcivescovo  Cesare Nosiglia rincara la dose: «La prossima festa dei Santi e la commemorazione dei fedeli defunti, tanto care alla tradizione anche familiare del popolo cristiano, da anni sono contaminate da Halloween. Tale festa non ha nulla a che  vedere con la visione cristiana della vita e della morte e il fatto che si tenga in prossimità delle feste dei santi e del  suffragio ai defunti rischia sul piano educativo di snaturarne il messaggio spirituale, religioso, umano e sociale che  questi momenti forti della fede cristiana portano con sé. Halloween fa dello spiritismo e del senso del macabro il suo  centro ispiratore».
Vincenzo Pace, docente di Sociologia della religione all’università di Padova, replica con una riflessione ottimista ma  che consegna un dubbio alla Chiesa: «Halloween non ha affatto soppiantato quella di Tutti i Santi. Il culto che la base  cattolica riserva proprio ai Santi è tuttora solidissimo. Io vivo a Padova e vedo cosa avviene ogni giorno alla Basilica di  ant’Antonio. La tradizione del pellegrinaggio perdura così come, ripeto, non conosce crisi il culto dei Santi. Direi  che resiste più della figura dello stesso Papa…». Affermazione interessante, visto che viene da un sociologo della religione. Pace respinge anche il nodo del relativismo: «Ricordo che le stesse figure dei santi sono relative, ciascuno ha il proprio “ambito” in cui esercita, secondo i credenti, una influenza».
Pippo Corigliano, scrittore (il suo «Preferisco il Paradiso» edito da Mondadori ha superato le 20 mila copie), per  uarant’anni responsabile delle relazioni esterne dell’Opus Dei, si schiera con i vescovi: «Hanno ragione, Halloween è  una moda importata dall’America che, come tutte le mode, inducono alla superficialità. La bonomia buongustaia  bolognese fa capolino anche in questo caso perché la nota della Curia invita a usare le zucche per i tortellini o per la  “vellutata”…». Detto questo, aggiunge Corigliano, «le feste di Tutti i Santi e della Commemorazione dei defunti sono comunque momenti sanamente inquietanti perché inducono a riflettere sull’aldilà. È bene ricordare che Gesù è stato  chiaro: esiste la vita eterna e l’immagine che usa più di frequente per illustrarla è quella del banchetto, cioè una  riunione di famiglia e di amici in cui si mangia e si sta bene assieme». Dunque una festa… «Un modo per far capire che  in Dio staremo bene e non ci mancherà nulla. Sarà come mangiare dei tortellini di zucca e anche meglio. In tutta Italia  si confezionano i dolci dei morti sotto forme molto svariate. L’importante è imitare Gesù nel suo amare tutti, altrimenti  ci sarebbe anche l’inferno col suo “pianto e stridore di denti”. Ma speriamo che l’argomento non ci riguardi».
Più problematico Brunetto Salvarani, teologo e critico letterario, impegnato nel dialogo interreligioso, direttore della  collana Emi «Parole delle fedi»: «Ritengo che il problema sia più ampio della questione legata ad Halloween e a una  possibile accusa di relativismo. C’è una questione di omologazione del tempo. Fino agli anni immediatamente  successivi alla Seconda guerra mondiale, in Italia gran parte dei credenti erano anche praticanti e, attorno alle  parrocchie, scandivano il tempo della propria vita con le festività». E ora, professor Salvarani? «Tutto diverso.
La pratica nelle chiese è quella che vediamo. Assistiamo a una sorta di nomadismo culturale, religioso e spirituale che  denota una trasformazione complessiva. Occorre porsi il problema se talune festività cattoliche abbiano perso la forza  di “parlare” ai fedeli».
Cosa dovrebbe fare il mondo cattolico? «Ci viene offerta un’occasione per stare dentro questa trasformazione, per  intercettarne i dati eventualmente positivi. La mutazione non dovrebbe vedere la Chiesa cattolica come semplice  spettatrice, se non addirittura come parte ostile. In una contingenza simile, non si può stare l’un contro l’altro armati».

in “Corriere della Sera” del 31 ottobre 2011