Religione e cultura: prove di epistemologia per l’IRC

Dicembre, 2024. Il nuovo numero della rivista online dell’Istituto di Catechetica


Editoriale

L’Insegnamento della religione cattolica (IRC) è per definizione, per statuto e per convinzione dei docenti una disciplina scolastica. Senza negare la necessità di un aggiornamento continuo delle abilità metodologico-didattiche degli Insegnanti di religione (IdR), l’attenzione dei contributi raccolti nel presente numero di “Catechetica ed Educazione” è volutamente spostata sulla dimensione epistemologica dell’IRC, recuperando una vecchia tradizione dell’Istituto di Catechetica (ICa) che già nel secolo scorso ha promosso un ampio dibattitto sull’identità dell’IRC e sulle modalità della sua attuazione didattica.

L’intenzione è di calarsi nell’area fondativa della disciplina, in quel territorio di retrovia, in quei punti di appoggio che, sebbene celati alla vista, sono determinanti per reggere il peso dell’intera struttura. Fuor di metafora, si vuole analizzare quel tessuto connettivo che a ben vedere permette di collocare in un orizzonte di significato, costruire motivazioni, sorreggere e purificare intenzioni, dare garanzia di
radici affondate in un terreno solido e condiviso, da cui muovere per affrontare la quotidianità del presente e immaginare un futuro appropriato e significativo.
Si parla di prove di epistemologia e non di itinerari o percorsi, proprio per lasciare il campo aperto e non indicare un tragitto definito. In effetti, viviamo un momento storico-culturale che ci chiama a riconsiderare le certezze, magari a metterle in discussione, a vagliare le auctoritates del nostro ambito di studio e di
lavoro e riformulare, aggiornandole, le convinzioni di base. Per questo non è un caso che i due poli della riflessione proposta siano precisamente religione e cultura, considerati non come nuclei tematici assoluti bensì come energie sorgive dal cui intreccio scaturisce l’IRC che – in quanto disciplina scolastica – è una mediazione didattica di approccio a un aspetto della realtà e a una dimensione della cultura, la religione per l’appunto.
Sia da un punto di vista istituzionale che da un punto di vista pratico, l’IRC è di fatto l’unico presidio di cultura religiosa negli ambienti scolastici italiani. Ne deriva una grande responsabilità sia per rispettare i parametri concordatari che per assicurare una legittimità scientifica e pedagogica. Pensiamo perciò a una epistemologia non solo astrattamente teorica ma messa a confronto con l’attuale ordinamento ministeriale in Italia, per verificare quanto sia presente o quanto sia assente un taglio culturale nell’IRC concretamente vissuto nelle aule scolastiche. Su questa tematica si è svolto un seminario di studio nel gennaio 2024, i cui interventi (Cicatelli, Montagnini, Zini, Padula e Carnevale), revisionati e ampliati, sono riprodotti in questo fascicolo.

Un ulteriore contributo di riflessione è offerto dall’articolo di Giuliana Migliorini e dalla presentazione di un’indagine sugli IdR di Anna Peron, entrambe partecipanti al Seminario. Il saggio di Sergio Cicatelli introduce e fonda la riflessione sull’epistemologia dell’IRC, volendo riaprire una discussione che ha conosciuto una stagione di confronto assai ricco e vivace negli scorsi anni Settanta e Ottanta. L’Autore
propone che l’IRC possa essere inteso principalmente come cultura religiosa, perché la dimensione religiosa della cultura è oggetto di attenzione e mediazione scolastica accanto e a prescindere dalle singole appartenenze confessionali. Dai concetti di cultura (come mondo vitale) e di religione (come costruzione umana) può scaturire una rivisitazione della natura dell’IRC (capace di parlare alla coscienza
di ogni alunno proprio perché culturale e capace di rimanere fedele al religioso perché fedele all’umano), che lo colloca tra gli strumenti privilegiati di conoscenza scolastica trasversale e di alfabetizzazione dei cittadini.
L’intervento di Flavia Montagnini rilegge il rapporto Vangelo-educazione culturale, legandolo a questioni specifiche che possono interessare l’IdR (risonanza pedagogica e antropologico-esistenziale della cultura religiosa cristiana a scuola). La riflessione sull’epistemologia di una disciplina corre sempre il rischio di essere relegata nell’ambito accademico, se l’insegnante non è capace di immaginare che diventi pratica quotidiana nelle aule. La domanda se l’IRC possa realmente essere offerto agli alunni come cultura religiosa secondo i principi della didattica disciplinare trova risposta affermativa ancorandosi alla professionalità dell’IdR. Il rispetto per l’epistemologia dell’IRC implica un’azione di insegnamento che fa propri alcuni assunti pedagogici e li traduce in un’azione didattica coerente, che vive come risorsa la diversità dei singoli docenti nella gestione dell’aula, dal punto di vista relazionale, didattico ed organizzativo.
La sezione dedicata agli Approfondimenti prende corpo grazie a diversi contributi, che mettono in evidenza aspetti filosofici, sociologici e didattici della cultura religiosa calata nella mediazione didattica dell’IRC. Paolo Zini considera possibilità e ambivalenze della cultura come via alla religione e inserisce l’IRC in tale analisi. Il mediatore di senso del quale la religione sembra aver bisogno per rendersi accostabile nello spazio pubblico è la cultura. E la formalità culturale è necessaria per fondare, giustificare, accreditare la legittimità curricolare dell’Insegnamento della Religione perché, a prescindere dalla logica che attraversa ciascuna espressione religiosa ad intra, l’Occidente è ancora vincolato alle prescrizioni illuministiche. Sotto questa luce, l’IRC forse vivrebbe l’imbarazzante situazione di una disciplina dall’oggetto formale che contrasta quello materiale e viceversa, perché la pretesa religiosa del Cristianesimo collide con i parametri dell’Occidente contemporaneo, che decidono cosa sia cultura e
quale sia la sua legittima espressione. L’IRC sembra qualificarsi come evento didattico indispensabile non solo per il rilievo storico del suo oggetto, ma come istanza critica di tutto il sapere che abita e anima in forme diverse ogni perimetro didattico. La domanda religiosa illumina la parzialità del materiale rispetto agli aneliti più profondi dell’animo umano. Davanti alle possibilità culturali la domanda religiosa svela il desiderio escatologico della persona, che azzarda l’approdo alla sfera dell’ultramondano. E considerare la via della speranza – nella sua inaudita incarnazione cristiana – è forse, prima di un’opportunità, un diritto
della coscienza di chi più o meno consapevolmente frequenta la scuola per imparare la vita.
La presa di coscienza che cultura e religione si muovono tra incertezza e complessità è l’assunto su cui si basa l’argomentazione del sociologo Massimiliano Padula. La religione si configura come un fatto sociale e il suo insegnamento rientrerebbe nel novero delle prassi, peraltro garantito e protetto da una struttura
giuridica definita dal Concordato. L’abbinamento dell’IRC alla categoria di “cultura religiosa”, mantenendo il discorso nei termini avalutativi della visione sociologica, riesce a garantire all’insegnamento la prospettiva epistemologica necessaria per consentirgli di posizionarsi efficacemente in uno scenario non solo secolarizzato e plurale, ma oramai di “neo-cristianesimo” o “cristianesimo di ritorno”, per cui l’Europa tende a diventare terreno di sviluppo di pratiche e format ecclesiali d’intonazione evangelico pentecostale.
E dunque, l’IRC può fare cultura religiosa? Cristina Carnevale cerca di mettere a confronto la prospettiva epistemologica proposta con la prassi didattica, con particolare riferimento alla scuola primaria e a quella dell’infanzia, proponendo una serie di esempi desunti dalla pratica didattica pensata in chiave di
cultura religiosa. Ma il punto di partenza è la scelta di considerare la cultura religiosa come incontro col patrimonio letterario-artistico cristiano; come scoperta del patrimonio immateriale legato al Cristianesimo; come condizione personale e religiosa in un contesto di immersione nel digitale; come insieme di conoscenze religiose all’interno di un sapere unitario legato alla vita.

Il metodo ermeneuticoesistenziale e la didattica simbolica risultano traiettorie efficaci non solo in termini
di apprendimento ma anche di definizione di identità, scelta di comportamenti e nascita di atteggiamenti, quindi in termini di configurazione culturale legata al tema religioso.
Quali sono le ragioni educative e culturali, che fanno dell’IRC una disciplina scolastica a pieno titolo? Se il rapporto della religione con la cultura presenta interessanti risvolti sotto il profilo pedagogico e didattico, il Cristianesimo gioca un ruolo decisivo nella configurazione della cultura italiana ed europea.
Giuliana Migliorini, soffermandosi sull’arte come veicolo di espressione dell’esperienza umana e religiosa e come momento qualificante della cultura, evidenzia come proprio il confronto tra produzioni artistiche di differenti ambienti religiosi possa avviare un dialogo costruttivo e aperto con altre esperienze di fede
senza pregiudizi o perdita delle proprie specificità anche per chi non ha alcun legame con la vita religiosa. È altresì importante valorizzare l’accesso artistico alla cultura religiosa, sapendo che la scuola tende ormai a connettersi in modo dinamico all’extrascolastico e a rafforzare le competenze disciplinari in prospettiva
interdisciplinare.
Le prove di epistemologia proposte in questo numero di “Catechetica ed Educazione” si completano con un sondaggio, costruito e realizzato da Anna Peron. Il focus dell’argomentazione circa il rapporto tra religione e cultura si sposta decisamente verso l’IRC, centrando l’attenzione sullo strumento per eccellenza di orientamento della pratica didattica e in cui si evidenziano le scelte culturali e scolastiche in tema di religione, ovvero le Indicazioni Nazionali. Il sondaggio ha voluto mettere in evidenza il livello di conoscenza delle linee-guida da parte di un campione sufficientemente significativo di IdR italiani; trovarne i punti di forza e di debolezza; individuare particolari esigenze formative degli IdR rispetto
alla conoscenza e applicazione delle Indicazioni. Interessanti i suggerimenti per un perfezionamento del documento e l’emergere di un bisogno di formazione, che riguarda non solo la conoscenza delle Indicazioni Nazionali, ma aspetti metodologici, docimologici, pedagogici e il tema biblico in particolare, tra i nuclei tematici.
Certamente emerge la necessità di revisionare una pedagogia condivisa in chiave di progettazione per competenze e un adeguamento ai tempi attuali della visione del fenomeno religioso.


“La dimensione educativa della catechesi”. Le relazioni di fondo del Simposio
Si è voluto dedicare una seconda parte del fascicolo all’evento che ha concluso l’anno dedicato a celebrare i settant’anni di vita dell’ICa (1953-54/2023-24): il Simposio internazionale di catechetica “La dimensione educativa della catechesi”.
L’incontro si è svolto nella sala J.E. Vecchi dell’Università Pontificia Salesiana (Roma) l’8-9 novembre 2024 e ha visto la partecipazione in presenza di un centinaio di catecheti, pastoralisti e pedagogisti, mentre diversi altri studiosi erano collegati online dalle loro sedi nei vari continenti. Dopo aver portato l’attenzione sulla dimensione comunicativa della catechesi, in occasione del 60° anniversario
della sua fondazione, l’ICa ha scelto in questa circostanza di concentrare la riflessione sulla dimensione educativa di questa disciplina, cioè la prospettiva che da sempre ne ha caratterizzato l’approccio.
Del denso programma si riportano qui esclusivamente le relazioni principali che hanno introdotto ciascuno dei tre “sguardi” con cui si è voluto esaminare il rapporto tra catechesi ed educazione: quello storico retrospettivo, quello che si posa sulla situazione attuale e quello che si spinge verso il futuro. Le tre relazioni hanno avuto ciascuna la reazione di diversi discussant e hanno dato vita a un confronto
appassionato e stimolante tra gli esperti. Si spera di raccogliere in un unico volume di prossima pubblicazione l’insieme di contributi scritti e di riflessioni emerse durante il Simposio.
La relazione del catecheta francese Joël Molinario ha approfondito la relazione tra la catechesi e l’educazione così come si è sviluppata nel passato. La ricognizione ha permesso di constatare la differenza tra le epoche storiche in riferimento all’educazione alla fede dei battezzati. L’Autore ha concentrato la sua
riflessione sull’epoca moderna e si è soffermato, in particolare, su tre momenti determinanti: l’affermarsi dello strumento “catechismo” nel XVI secolo, fatto che non può essere compreso appieno se non lo si colloca nel contesto dell’Umanesimo rinascimentale e della sua preoccupazione per l’educazione; la nascita e lo sviluppo del “movimento catechistico” che prende le mosse dalla riflessione
sull’insegnamento catechistico nel XIX secolo con il bisogno sentito di rinnovare i metodi e che deve confrontarsi, al contempo, con l’esigenza in qualche modo contrapposta di precisare i contenuti, anche attraverso la pubblicazione di un catechismo universale; il rinomato intervento del card. Ratzinger a Parigi e Lione del 1983, con le accese polemiche che ne sono seguite. L’Autore conclude ribadendo
l’impossibile separazione tra contenuto e metodo della catechesi e vede nel catecumenato una forma paradigmatica di autentica realizzazione dei processi di educazione nella fede.
L’intervento di Luciano Meddi rivolge lo sguardo sul presente e passa in rassegna le principali “provocazioni” culturali che la catechesi deve oggi fronteggiare sul versante educativo. Il catecheta romano ritiene che il rapporto tra catechesi ed educazione non trovi sufficiente sviluppo nella riflessione catechetica contemporanea. Ciò impedisce la piena valorizzazione di una dimensione che, invece, è connaturale alla catechesi, il cui compito primario è la risposta di fede e la maturazione umano-cristiana del battezzato. Per andare oltre, si impongono dei chiarimenti terminologici, che riguardano soprattutto il significato delle parole socializzazione, educazione e formazione, e vanno operate delle scelte decise:
tra queste ultime la più rilevante e urgente è la necessità di concentrare l’attenzione sulle modalità con cui il battezzato interiorizza il messaggio cristiano e lo testimonia esistenzialmente in maniera consapevole e responsabile. In tutto ciò svolge un ruolo determinante la formazione in vista della maturazione delle competenze per la vita cristiana, che è il compito specifico della catechesi ecclesiale.
Sulla base di tali considerazioni, è possibile riqualificare il curricolo di catechetica.
Il terzo articolo offre una riflessione in chiave prospettica per la catechesi del futuro. Thomas Groome vede nella fedeltà e nella creatività i dinamismi ecclesiali che possono/devono guidare il rinnovamento della catechesi. In particolare, c’è bisogno di una “pratica della sinodalità”, in modo che questa non rimanga una pia intenzione, e la catechesi deve porsi al servizio di questa causa, favorendo la maturazione nei battezzati di una fede viva e di una sensibilità comunionale.
Il compito educativo essenziale della catechesi sarà quello di accompagnare i percorsi di crescita nella fede. Il movimento che ne scaturisce va “dalla vita alla fede alla vita”, dinamismo che è ampiamente illustrato nel contributo e che si basa, sostanzialmente, su una pedagogia partecipativa e conversazionale.


I membri dell’Istituto di Catechetica
catechetica@unisal.it

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ALLEGATO:

CATECHETICA ED EDUCAZIONE
Rivista «online» dell’«Istituto di Catechetica» della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma
«Catechetica ed Educazione» è una testata telematica, iscritta al Tribunale di Roma (registrazione n. 151/16 dicembre 2020), che persegue finalità culturali in ambito pedagogico-catechetico
Anno IX Numero 2 – Agosto 2024