«CATECHETICA ED EDUCAZIONE»

da oggi puoi scaricare il primo numero del 2022!!!

“From Inclusion to Belonging.
Inclusione, appartenenza e protagonismo ecclesiale
delle persone con disabilità”

 

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Editoriale

Il presente numero di «Catechetica ed educazione» si pone in continuità con il precedente dedicato al mondo delle disabilità (1/2021): se allora si era riflettuto sull’inclusione, intesa come disposizione della società ad accogliere le persone con disabilità (PcD), in una prospettiva dunque centrata sui diritti, ora si vuole prendere in considerazione piuttosto il versante antropologico, che rimanda alla dimensione profonda dell’appartenenza e di una partecipazione attiva delle PcD a una comunità più ampia.

La riflessione ha preso le mosse dall’articolo di John Swinton, From inclusion to belonging. Il teologo scozzese, fondatore dello “University’s Centre for Spirituality, Health and Disability” di Aberdeen, con questo suo studio, una decina di anni fa ha sviluppato il tema dell’appartenenza come evoluzione della semplice inclusione, aprendo nuove prospettive per un approccio più corretto alla problematica. Le sue considerazioni sono particolarmente significative per-ché fanno da orizzonte agli approfondimenti raccolti nel presente fascicolo.
Il dinamismo che porta dall’inclusione all’appartenenza pone diversi interrogativi che obbligano a una riflessione multidimensionale.

Tra le principali domande che chiedono una risposta chiarificatrice assumono particolare rilevanza le seguenti: quale differenza sussiste tra semplice inclusione e autentica appartenenza? Quali sono le condizioni che rendono possibile l’appartenenza e favoriscono la partecipazione attiva, dal punto di vista sociale ed ecclesiale? Quali sono le principali indicazioni che il Diritto canonico e il Magistero universale della Chiesa danno in tal senso ai battezzati? Com’è presente il concetto di appartenenza e partecipazione nel Libro sacro? Quali accorgimenti educativi vanno predisposti per favorire il senso di appartenenza nei soggetti? Quali suggerimenti dare ai responsabili della catechesi per promuovere l’appartenenza e il protagonismo ecclesiale dei battezzati, specie delle PcD? Quali scelte hanno operato i ve-scovi italiani per il coinvolgimento del maggior numero possibile di persone in occasione del Sinodo nazionale? Che cosa pensano le PcD sul concetto di appartenenza e partecipazione?

Tutti i contributi cercano di dare risposta a queste domande, con un’attenzione alla realtà delle PcD. Gianni Carozza prende in esame una situazione ricorrente nella storia della Chiesa quando, nel suo slancio missionario, si trova nella condizione di doversi confrontare con persone di culture e credo differenti, con la difficoltà ad accoglierle incondizionatamente. Il biblista, attraverso l’analisi del noto episodio di Filippo e l’eunuco (At 8,26-40), mette in luce i valori evangelici che portano i primi credenti a includere i “lontani” fino a farne una parte integrante e attiva del popolo di Dio. Si è di fronte a un paradigma di comportamento valido ancora per il tempo presente.
L’esperienza frustrante di una Chiesa che celebra e non include, denunciata da tanti fedeli e non solo disabili, è al centro delle riflessioni di Marco Gallo, liturgista. Nello studio vengono evidenziate quattro situazioni che si pongono come ostacoli per l’appartenenza e la piena partecipazione delle PcD. Se bene intesa e ben celebrata, invece, la liturgia si rivela una risorsa decisiva e non sempre valorizzata per una reale inclusione delle PcD nella vita delle comunità. In tal senso, l’Autore propone quattro movimenti – suggeriti dall’Eucaristia – che favoriscono il superamento delle barriere a vantaggio di tutti nell’assemblea.

La legislazione italiana ha compiuto dei notevoli passi in avanti nell’attenzione alle PcD, difendendo in particolare il loro “diritto a esserci” nella società. Eppure tale prospettiva non è esente da ambiguità, come notano Roberto Franchini e Veronica Donatello, dal momento che non perviene a garantire appieno il dovere di appartenere e di essere artefici del cambiamento nella società. Avendo come orizzonte la riflessione portata avanti dalla teologia della disabilità – di cui si avverte la carenza in ambito italiano – alla luce del modello di E.W. Carter sulla spiritualità, i due autori danno delle indicazioni concrete per degli itinerari pastorali che favoriscano l’appartenenza e il protagonismo delle PcD.

Il contributo di Michele Porcelluzzi esplora le possibilità di partecipazione e le condizioni di appartenenza delle PcD secondo le indicazioni del Codice di Diritto canonico. Ricordato che il Battesimo rimane l’unico requisito per essere in-corporati alla Chiesa, richiamato il diritto per tutti di ascoltare la Parola di Dio e il dovere di annunciare il Vangelo, precisate le condizioni che rendono possibile ricevere i Sacramenti, il canonista afferma il diritto delle PcD di far sentire la loro voce all’interno delle comunità cristiane fino ad assumere anche delle responsabilità ministeriali.

Mons. Erio Castellucci, dal suo osservatorio privilegiato di membro del Gruppo di coordinamento nazionale del Cammino sinodale, offre una schietta disamina dell’importante evento ecclesiale non soffermandosi tanto sulle tappe o gli strumenti predisposti ma sul suo significato riformatore per la vita delle comunità cristiane. La Chiesa italiana, persa la sua connotazione di “eccezione” nel panorama religioso europeo, può trovare nel percorso di avvicinamento al Sinodo una opportunità da non sprecare per riscoprire il suo compito missionario e attuare quella perenne riforma del cuore, della dottrina, delle strutture, sempre necessaria.

In prospettiva psico-educativa, Sara Schietroma e Maurizio Rizzuto esami-nano l’appartenenza considerandola nella sua valenza di qualità e benessere esistenziale. Il bisogno di appartenenza, accanto a quelli di relazione, attaccamento e affiliazione, contraddistingue l’intera esistenza umana. L’articolo esamina approfonditamente i processi che regolano la partecipazione sociale, in contesti capaci di accogliere le diversità insieme al contributo che possono offrire le PcD. In tal senso, sono presentate alcune linee guida atte a favorire la partecipazione, il coinvolgimento e l’investimento degli individui nei contesti comunitari d’appartenenza.

La sezione degli studi termina con il denso contributo specialistico di Pietro Celo. Le persone sorde manifestano un modo differente di stare al mondo, di conoscerlo, di comunicarlo, di tradurlo. L’articolo sviluppa l’idea che la traduzione sia non solo un passaggio comunicativo e cognitivo, ma uno strumento di appartenenza alla comunità degli uomini.
Il presente fascicolo offre, infine, due contributi di taglio più esperienziale soggettivo. Il primo di Fiorenza Pestelli che, a partire dalle competenze acquisite nel campo dell’insegnamento, evidenzia alcune delle condizioni che rendono possibile un intervento formativo efficace nell’ambito delle PcD cognitiva. Il secondo, di Riccardo Benotti, riporta due interviste realizzate dal giornalista con delle persone che vivono quotidianamente la situazione di disabilità.
Recentemente si è svolto a Roma il primo Convegno nazionale organizzato dal Servizio nazionale per la Pastorale delle PcD dal titolo significativo: “Noi” non “loro”. La disabilità nella Chiesa, che ha affrontato esplicitamente il tema dell’appartenenza, della cura reciproca e della partecipazione attiva delle PcD nelle loro comunità.

Ci piace ricordare le parole con cui il teologo scozzese John Swinton ha chiuso il proprio intervento:
Il concetto di inclusione, è spesso limitato a un termine legale: significa che ovunque andiate l’organizzazione deve avere le caratteristiche per permettere l’accesso; ma il problema dell’inclusione, una volta che si entra nell’edificio, è che non ci sia nessuno pronto ad amarti o parlarti. Nei Vangeli, una delle cose che notiamo nell’accoglienza di Gesù è che a volte era lui che ospitava, altre volte era accolto. Nella disabilità, dobbiamo accoglierci l’uno con l’altro, ovunque ci troviamo. Nella Chiesa facciamo accoglienza l’uno dell’altro e non facciamo differenza fra noi e loro. Spero che metteremo in pratica l’accoglienza e attueremo la trasformazione che Dio vuole da noi. Per appartenere e creare una comunità di appartenenza dobbiamo avere “amici speciali” nel senso che ci ha insegnato Gesù: per lui essere amico di qualcuno significa amarlo semplicemente per quello che è. Nella nostra società spesso avere amici serve per avere qualcosa. Il modello di amicizia di Gesù, invece, scompone molte delle barriere che abbiamo per darci un dono.
Sono parole eloquenti, che indicano una direzione da seguire e rappresentano una sfida per tutti gli uomini e le donne di buona volontà impegnati nel mondo della disabilità.

I MEMBRI DELL’ISTITUTO DI CATECHETICA
catechetica@unisal.it

 

ALLEGATO:

CE 7(2022)1