“Camminava con loro”
In primo luogo, dunque, il Documento finale del Sinodo guarda al contesto in cui vivono i giovani, evidenziandone punti di forza e sfide. Tutto parte da un ascolto empatico che, con umiltà, pazienza e disponibilità, permetta di dialogare veramente con la gioventù, evitando “risposte preconfezionate e ricette pronte”. I giovani, intatti, vogliono essere “ascoltati, riconosciuti, accompagnati” e desiderano che la loro voce sia “ritenuta interessane e utile in campo sociale ed ecclesiale”. Non sempre la Chiesa ha avuto questo atteggiamento, riconosce il Sinodo: spesso sacerdoti e vescovi, oberati da molti impegni, faticano a trovare tempo per il servizio dell’ascolto. Di qui, la necessità di preparare adeguatamente anche laici, uomini e donne, che siano in grado di accompagnare le giovani generazioni. Di fronte a fenomeni come la globalizzazione e la secolarizzazione, inoltre, i ragazzi si muovono verso una riscoperta di Dio e della spiritualità e ciò deve essere uno stimolo, per la Chiesa, a recuperare l’importanza del dinamismo della fede.
La scuola e la parrocchia
Un’altra risposta della Chiesa alle domande dei giovani arriva dal settore educativo: le scuole, le università, i collegi, gli oratori permettono una formazione integrale dei ragazzi, offrendo al contempo una testimonianza evangelica di promozione umana. In un mondo in cui tutto è connesso- famiglia, lavoro, tecnologia, difesa dell’embrione e del migrante- i vescovi definiscono insostituibile il ruolo svolto da scuole ed università dove i giovani trascorrono molto tempo. Le istituzioni educative cattoliche in particolare sono chiamate ad affrontare il rapporto tra la fede e le domande del mondo contemporaneo, le diverse prospettive antropologiche, le sfide scientifico-tecniche, i cambiamenti del costume sociale e l’impegno per la giustizia. Anche la parrocchia ha il suo ruolo: “Chiesa nel territorio”, essa necessita di un ripensamento nella sua vocazione missionaria, poiché spesso risulta poco significativa e poco dinamica, soprattutto nell’ambito della catechesi.
I migranti, paradigma del nostro tempo
Il Documento sinodale si sofferma, poi, sul tema dei migranti, “paradigma del nostro tempo” in quanto fenomeno strutturale, e non emergenza transitoria. Molti migranti sono giovani o minori non accompagnati, in fuga da guerre, violenze, persecuzioni politiche o religiose, disastri naturali, povertà, e finiscono per diventare vittime di tratta, droga, abusi psicologici e fisici. La preoccupazione della Chiesa è soprattutto per loro – dice il Sinodo – nell’ottica di un’autentica promozione umana che passi attraverso l’accoglienza di rifugiati e profughi, e sia punto di riferimento per i tanti giovani separati dalle loro famiglie d’origine. Ma non solo: i migranti – ricorda il Documento – sono anche un’opportunità di arricchimento per le comunità e le società in cui arrivano e che possono essere rivitalizzate da essi. Risuonano, quindi, i verbi sinodali “accogliere, proteggere, promuovere, integrare” indicate da Papa Francesco per una cultura che superi diffidenze e paure. I vescovi chiedono anche più impegno nel garantire a chi non vorrebbe migrare il diritto effettivo di rimanere nel proprio Paese. L’attenzione del Sinodo va inoltre a quelle Chiese che sono minacciate, nello loro esistenza, dalle emigrazioni forzate e dalle persecuzioni subite dai fedeli.
Fermo impegno contro tutti i tipi di abuso. Fare verità e chiedere perdono
Ampia, poi, la riflessione sui “diversi tipi di abuso” (di potere, economici, di coscienza, sessuali) compiuti da alcuni vescovi, sacerdoti, religiosi e laici: nelle vittime – si legge nel testo – essi provocano sofferenze che “possono durare tutta la vita e a cui nessun pentimento può porre rimedio”. Di qui, il richiamo del Sinodo al “fermo impegno per l’adozione di rigorose misure di prevenzione che ne impediscano il ripetersi, a partire dalla selezione e dalla formazione di coloro a cui saranno affidati compiti di responsabilità ed educativi”. Bisognerà, dunque, sradicare quelle forme – come la corruzione o il clericalismo – su cui tali tipi di abusi si innestano, contrastando anche la mancanza di responsabilità e trasparenza con cui molti casi sono stati gestiti. Al contempo, il Sinodo si dice grato a tutti coloro che “hanno il coraggio di denunciare il male subito”, perché aiutano la Chiesa a “prendere coscienza di quanto avvenuto e della necessità di reagire con decisione”. “La misericordia, infatti, esige la giustizia”. Non vanno però dimenticati i tanti laici, sacerdoti, consacrati e vescovi che ogni giorno si dedicano, con onestà, al servizio dei giovani, i quali possono davvero offrire “un prezioso aiuto” per una “riforma di portata epocale” in questo ambito.
La famiglia “Chiesa domestica”
Ulteriori temi presenti nel Documenti riguardano la famiglia, principale punto di riferimento per i giovani, prima comunità di fede, “Chiesa domestica”: il Sinodo richiama, in particolare, il ruolo dei nonni nell’educazione religiosa e nella trasmissione della fede, e mette in guardia dall’indebolimento della figura paterna e da quegli adulti che assumono stili di vita “giovanilistici”. Oltre alla famiglia, per i giovani conta molto l’amicizia con i loro coetanei, perché permette la condivisione della fede e l’aiuto reciproco nella testimonianza.
Promozione della giustizia contro la “cultura dello scarto”
Il Sinodo si sofferma, poi, su alcune forme di vulnerabilità vissute dai giovani in diversi settori: nel lavoro, dove la disoccupazione rende povere le giovani generazioni, minandone la capacità di sognare; le persecuzioni fino alla morte; l’esclusione sociale per ragioni religiose, etniche o economiche; la disabilità. Di fronte a questa “cultura dello scarto”, la Chiesa deve lanciare un appello alla conversione ed alla solidarietà, divenendo un’alternativa concreta alle situazioni di disagio. Sul fronte opposto, non mancano invece i settori in cui l’impegno dei giovani riesce ad esprimersi con originalità e specificità: ad esempio, il volontariato, l’attenzione ai temi ecologici, l’impegno in politica per la costruzione del bene comune, la promozione della giustizia, per la quale i ragazzi chiedono alla Chiesa “un impegno deciso e coerente”.
Arte, musica e sport, “risorse pastorali”
Anche il mondo dello sport e della musica offre ai giovani la possibilità di esprimersi al meglio: nel primo caso, la Chiesa invita a non sottovalutare le potenzialità educative, formative ed inclusive, dell’attività sportiva; nel caso della musica, invece, il Sinodo punta sul suo essere “risorsa pastorale” che interpella anche ad un rinnovamento liturgico, perché i giovani hanno il desiderio di una “liturgia viva”, autentica e gioiosa, momento di incontro con Dio e con la comunità. I giovani apprezzano celebrazioni autentiche in cui la bellezza dei segni, la cura della predicazione e il coinvolgimento comunitario parlano realmente di Dio”: vanno aiutati quindi a scoprire il valore dell’adorazione eucaristica e a comprendere che “la liturgia non è puramente espressione di sé, ma azione di Cristo e della Chiesa”. Le giovani generazioni, inoltre, vogliono essere protagoniste della vita ecclesiale, mettendo frutto i propri talenti, assumendosi responsabilità. Soggetti attivi dell’azione pastorale, essi sono il presente della Chiesa, vanno incoraggiati a partecipare alla vita ecclesiale, e non ostacolati con autoritarismo. In una Chiesa capace di dialogare in modo meno paternalistico e più schietto, infatti, i ragazzi sanno essere molto attivi nell’evangelizzazione dei loro coetanei, esercitando un vero apostolato che va sostenuto e integrato nella vita delle comunità.
“Si aprirono i loro occhi”
Dio parla alla Chiesa e al mondo attraverso i giovani, che sono uno dei “luoghi teologici” in cui il Signore si fa presente. Portatrice di una sana inquietudine che la rende dinamica – si legge nella seconda parte del Documento – la gioventù può essere “più avanti dei pastori” e per questo va accolta, rispettata, accompagnata. Grazie ad essa, infatti, la Chiesa può rinnovarsi, scrollandosi di dosso “pesantezze e lentezze”. Di qui, il richiamo del Sinodo al modello di “Gesù giovane tra i giovani” e alla testimonianza dei santi, tra i quali si annoverano tanti ragazzi, profeti di cambiamento.
Missione e vocazione
Un’altra “bussola sicura” per la gioventù è la missione, dono di sé che porta ad una felicità autentica e duratura: Gesù, infatti, non toglie la libertà, ma la libera, perché la vera libertà è possibile solo in relazione alla verità e alla carità. Strettamente legato al concetto di missione, c’è quello di vocazione: ogni vita è vocazione in rapporto a Dio, non è frutto del caso o un bene privato da gestire in proprio – afferma il Sinodo – ed ogni vocazione battesimale è una chiamata per tutti alla santità. Per questo, ciascuno deve vivere la propria vocazione specifica in ogni ambito: la professione, la famiglia, la vita consacrata, il ministero ordinato e il diaconato permanente, che rappresenta “una risorsa” da sviluppare ancora pienamente.
L’accompagnamento
Accompagnare è una missione per la Chiesa da svolgere a livello personale e di gruppo: in un mondo “caratterizzato da un pluralismo sempre più evidente e da una disponibilità di opzioni sempre più ampia”, ricercare insieme ai giovani un percorso mirato a compiere scelte definitive è un servizio necessario. Destinatari sono tutti i giovani: seminaristi, sacerdoti o religiosi in formazione, fidanzati e giovani sposi. La comunità ecclesiale è luogo di relazioni e ambito in cui nella celebrazione eucaristica si viene toccati, istruiti e guariti da Gesù stesso. Il Documento Finale evidenza l’importanza del sacramento della Riconciliazione nella vita di fede e sprona genitori, insegnanti, animatori, sacerdoti ed educatori ad aiutare i giovani, attraverso la Dottrina sociale della Chiesa, ad assumersi responsabilità in ambito professionale e sociopolitico. La sfida in società sempre più interculturali e multireligiose, è indicare nel rapporto con la diversità un’occasione di arricchimento reciproco e comunione fraterna.
No a moralismi e false indulgenze, sì a correzione fraterna
Il Sinodo quindi promuove un accompagnamento integrale centrato su preghiera e lavoro interiore che valorizzi anche l’apporto della psicologia e della psicoterapia, quando aperte alla trascendenza. “Il celibato per il Regno” – si raccomanda – dovrebbe essere inteso come “dono da riconoscere e verificare nella libertà, gioia, gratuità e umiltà”, prima della scelta definitiva. Si punti ad accompagnatori di qualità: persone equilibrate, di ascolto, fede, preghiera, che si siano misurate con le proprie debolezze e fragilità e siano per questo accoglienti “senza moralismi e false indulgenze”, sapendo correggere fraternamente, lontani da atteggiamenti possessivi e manipolatori. “Questo profondo rispetto – si legge nel testo – sarà la migliore garanzia contro i rischi di plagio e abusi di ogni genere”.
L’arte di discernere
“La Chiesa è l’ambiente per discernere e la coscienza – scrivono i Padri Sinodali – è il luogo nel quale si coglie il frutto dell’incontro e della comunione con Cristo”: il discernimento, attraverso “un regolare confronto con una guida spirituale”, si presenta quindi come il sincero lavoro della coscienza”, “può essere compreso solo come autentica forma di preghiera” e “richiede il coraggio di impegnarsi nella lotta spirituale”. Banco di prova delle decisioni assunte sono la vita fraterna e il servizio ai poveri. I giovani sono, infatti, sensibili alla dimensione della diakonia.
“Partirono senza indugio”
Maria Maddalena, prima discepola missionaria, guarita dalle ferite, testimone della Resurrezione è l’icona di una Chiesa giovane. Fatiche e fragilità dei giovani “ci aiutano ad essere migliori, le loro domande – si legge – ci sfidano, le critiche ci sono necessarie perché non di rado attraverso di esse la voce del Signore ci chiede conversione e rinnovamento”. Tutti i giovani, anche quelli con diverse visioni di vita, nessuno escluso, sono nel cuore di Dio. I Padri mettono in luce il dinamismo costitutivo della sinodalità, ovvero il camminare insieme: il termine dell’Assemblea e il documento finale sono solo una tappa perché le condizioni concrete e le necessità urgenti sono diverse tra Paesi e continenti. Di qui l’invito alle Conferenze Episcopali e alle Chiese particolari a proseguire il processo di discernimento con lo scopo di elaborare soluzioni pastorali specifiche.
Sinodalità, stile missionario
“Sinodalità” è uno stile per la missione che sprona a passare dall’io al noi e a considerare la molteplicità di volti, sensibilità, provenienze e culture diverse. In questo orizzonte vanno valorizzati i carismi che lo Spirito dona a tutti evitando il clericalismo che esclude molti dai processi decisionali e la clericalizzazione dei laici che frena lo slancio missionario. L’autorità – è l’auspicio – sia vissuta in un’ottica di servizio. Sinodali siano anche l’approccio al dialogo interreligioso ed ecumenico mirato alla conoscenza reciproca e all’abbattimento di pregiudizi e stereotipi, e il rinnovamento della vita comunitaria e parrocchiale perché accorci le distanze giovani-Chiesa e mostri l’intima connessione tra fede ed esperienza concreta di vita. Formalizzata la richiesta più volte avanzata in Aula di istituire, a livello di Conferenze Episcopali, un “Direttorio di pastorale giovanile in chiave vocazionale” che possa aiutare i responsabili diocesani e gli operatori locali a qualificare la loro formazione ed azione con e per i giovani”, contribuendo a superare una certa frammentazione della pastorale della Chiesa. Ribadita l’importanza delle Gmg così come quella di centri giovanili ed oratori che però necessitano di essere ripensati.
La sfida digitale
Ci sono alcune sfide urgenti che la Chiesa è chiamata a cogliere. Il Documento Finale del Sinodo affronta la missione nell’ambiente digitale: parte integrante della realtà quotidiana dei giovani, “piazza” in cui essi trascorrono molto tempo e si incontrano facilmente, luogo irrinunciabile per raggiungere e coinvolgere i ragazzi anche nelle attività pastorali, il web presenta luci ed ombre. Se da una parte, infatti, permette l’accesso all’informazione, attiva la partecipazione sociopolitica e la cittadinanza attiva, dall’altra presenta un lato oscuro – il così detto dark web – in cui si riscontrano solitudine, manipolazione, sfruttamento, violenze, cyberbullismo, pornografia. Di qui, l’invito del Sinodo ad abitare il mondo digitale, promuovendone le potenzialità comunicative in vista dell’annuncio cristiano, e ad “impregnare” di Vangelo le sue culture e dinamiche. Si auspica la creazione di Uffici e organismi per la cultura e l’evangelizzazione digitale che, oltre a “favorire lo scambio e la diffusione di buone pratiche, possano gestire sistemi di certificazione dei siti cattolici, per contrastare la diffusione di fake news riguardanti la Chiesa”, emblema di una cultura che “ha smarrito il senso della verità”, incoraggiando la promozione di “politiche e strumenti per la protezione dei minori sul web”.
Riconoscere e valorizzare donne nella società e nella Chiesa
Il Documento evidenzia anche la necessità di un maggiore riconoscimento e valorizzazione delle donne nella società e nella Chiesa, perché la loro assenza impoverisce il dibattito ed il cammino ecclesiale: urge un cambiamento da parte di tutti – si legge – anche a partire da una riflessione sulla reciprocità tra i sessi. Si auspicano “una presenza femminile negli organi ecclesiali a tutti i livelli, anche in funzioni di responsabilità” ed una “partecipazione femminile ai processi decisionali ecclesiali nel rispetto del ruolo del ministero ordinato”. “Si tratta di un dovere di giustizia” – afferma il documento – che trova ispirazione in Gesù e nella Bibbia.
Corpo, sessualità e affettività
Quindi, il Documento si sofferma sul tema del corpo, dell’affettività, della sessualità: di fronte a sviluppi scientifici che sollevano interrogativi etici, a fenomeni come la pornografica digitale, il turismo sessuale, la promiscuità, l’esibizionismo on line, il Sinodo ricorda alle famiglie e alle comunità cristiane l’importanza di far scoprire ai giovani che la sessualità è un dono. Spesso la morale sessuale della Chiesa è percepita come “uno spazio di giudizio e di condanna”, mentre i ragazzi cercano “una parola chiara, umana ed empatica” ed “esprimono un esplicito desiderio di confronto sulle questioni relative alla differenza tra identità maschile e femminile, alla reciprocità tra uomini e donne, all’omosessualità”. I vescovi riconoscono la fatica della Chiesa nel trasmettere nell’attuale contesto culturale “la bellezza della visione cristiana della corporeità e della sessualità”: è urgente ricercare “modalità più adeguate, che si traducano concretamente nell’elaborazione di cammini formativi rinnovati”. “Occorre proporre ai giovani un’antropologia dell’affettività e della sessualità capace di dare il giusto valore alla castità” per la crescita della persona, “in tutti gli stati di vita”. In tal senso si chiede di prestare attenzione alla formazione di operatori pastorali che risultino credibili e maturi da un punto di vista affettivo-sessuale. Il Sinodo constata inoltre l’esistenza di “questioni relative al corpo, all’affettività e alla sessualità che hanno bisogno di una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale, da realizzare nelle modalità e ai livelli più convenienti, da quelli locali a quello universale. Tra queste emergono quelle relative alla differenza e armonia tra identità maschile e femminile e alle inclinazioni sessuali”. “Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa rinnovando il suo impegno contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale”. Ugualmente – prosegue il documento – il Sinodo “riafferma la determinante rilevanza antropologica della differenza e reciprocità uomo-donna e ritiene riduttivo definire l’identità delle persone a partire unicamente dal loro orientamento sessuale”. Allo stesso tempo si raccomanda di “favorire” i “percorsi di accompagnamento nella fede, già esistenti in molte comunità cristiane”, di “persone omosessuali”. In questi cammini le persone sono aiutate a leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo. In questo modo si aiuta ogni giovane, nessuno escluso, a integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé”.
Accompagnamento vocazionale
Tra le altre sfide segnalate dal Sinodo c’è anche quella economica: l’invito dei Padri è ad investire tempo e risorse sui giovani con la proposta di offrire loro un periodo destinato alla maturazione della vita cristiana adulta che “dovrebbe prevedere un distacco prolungato dagli ambienti e delle relazioni abituali”. Inoltre, mentre si auspica un accompagnamento prima e dopo il matrimonio, si incoraggia la costituzione di equipe educative, che includano figure femminili e coppie cristiane, per la formazione di seminaristi e consacrati anche al fine di superare tendenze al clericalismo. Speciale attenzione viene chiesta nell’accoglienza dei candidati al sacerdozio che a volte avviene “senza una conoscenza adeguata e rilettura approfondita della loro storia”: “l’instabilità relazionale e affettiva, e la mancanza di radicamento ecclesiali sono segnali pericolosi. Trascurare la normativa ecclesiale a questo riguardo – scrivono i Padri Sinodali – costituisce un comportamento irresponsabile, che può avere conseguenze molto gravi per la comunità cristiana”.
Chiamati alla santità
“Le diversità vocazionali – conclude il Documento Finale del Sinodo sui giovani – si raccolgono nell’unica e universale chiamata alla santità. Purtroppo il mondo è indignato dagli abusi di alcune persone della Chiesa piuttosto che ravvivato dalla santità dei suoi membri”, per questo la Chiesa è chiamata ad “un cambio di prospettiva”: attraverso la santità di tanti giovani disposti a rinunciare alla vita in mezzo alle persecuzioni pur di mantenersi fedeli al Vangelo, può rinnovare il suo ardore spirituale e il suo vigore apostolico.
Il dono del Papa ai partecipanti al Sinodo
Infine, come ricordo del Sinodo dei Giovani, il Santo Padre ha fatto dono a tutti i partecipanti di una formella in bronzo in bassorilievo, raffigurante Gesù e il giovane discepolo amato. Si tratta di un’opera dell’artista italiano Gino Giannetti, coniata dalla Zecca dello Stato della Città del Vaticano, emessa in soli 460 esemplari.
Paolo Ondarza e Isabella Piro – Città del Vaticano