Nessuno progredisce da solo, far spazio all’altro significa ricevere una luce nuova e diversa su ciò che siamo, sulle nostre intenzioni e sulle nostre disposizioni. Il cammino stesso, a quel punto, assume un altro ritmo e si trova anche la forza e la modalità per fermarsi e servire”. Mons. Nunzio Galantino è intervenuto martedì 10 febbraio nella Cattedrale di Trani, nel contesto del Convegno Nazionale di pastorale giovanile in corso a Brindisi.
Il Segretario generale ha tracciato un profilo del responsabile e dell’animatore di pastorale giovanile, nella responsabilità della progettazione educativa, che richiede un chiaro radicamento nel Vangelo e nell’esperienza ecclesiale.
“È davvero finito il tempo – ammesso che ci sia mai stato – in cui muoversi da soli, al di fuori di un orizzonte comune e di una progettualità – ha detto –. Quante volte un simile modo di operare ha portato a una pastorale di navigatori solitari, con le conseguenze che conosciamo bene: basta che se ne vada quel giovane sacerdote o quell’animatore e il gruppo giovanile si squama, rivelando che tante iniziative poggiavano soltanto sull’abilità del singolo, sulla sua intraprendenza, sul suo bisogno di costruire attorno a se stesso, derubando così i ragazzi della possibilità di un’appartenenza autentica, libera e solida…”.
La figura di Maria, nell’episodio della visitazione alla cugina Elisabetta, ha fatto da sfondo alla riflessione offerta da Mons. Gantino (in allegato).
Il Segretario generale ha tracciato un profilo del responsabile e dell’animatore di pastorale giovanile, nella responsabilità della progettazione educativa, che richiede un chiaro radicamento nel Vangelo e nell’esperienza ecclesiale.
“È davvero finito il tempo – ammesso che ci sia mai stato – in cui muoversi da soli, al di fuori di un orizzonte comune e di una progettualità – ha detto –. Quante volte un simile modo di operare ha portato a una pastorale di navigatori solitari, con le conseguenze che conosciamo bene: basta che se ne vada quel giovane sacerdote o quell’animatore e il gruppo giovanile si squama, rivelando che tante iniziative poggiavano soltanto sull’abilità del singolo, sulla sua intraprendenza, sul suo bisogno di costruire attorno a se stesso, derubando così i ragazzi della possibilità di un’appartenenza autentica, libera e solida…”.
La figura di Maria, nell’episodio della visitazione alla cugina Elisabetta, ha fatto da sfondo alla riflessione offerta da Mons. Gantino (in allegato).