La scuola elementare Carlo Pisacane nel quartiere Torpignattara di Roma è stata sotto l’attenzione mediatica per il sovraffollamento di bambini “stranieri” in un quartiere che è stato uno dei primi ad accogliere le comunità straniere a Roma. Giulio Cederna e Angelo Loy raccontano le conseguenze di quest’attenzione con partecipazione e spontanea vivacità
I fatti hanno destato una larga attenzione mediatica. La scuola elementare “Carlo Pisacane” di Torpignattara, quartiere popolare di Roma, ha un’alta densità di popolazione scolastica di bambini non figli di italiani. Il quartiere ha una larga tradizione di accoglienza essendo stato il primo di Roma a dare ospitalità alle comunità di stranieri che arrivavano nella capitale. Davanti a questi fatti il tentativo degli insegnanti è quello di lavorare sulle diversità culturali in direzione di una integrazione con ogni conseguente beneficio sociale. Va detto che, nonostante possa apparire assurdo, bambini nati in Italia, sia pure da genitori stranieri, non vengono considerati italiani nonostante si esprimano in corretto italiano, e, all’occasione, in perfetto dialetto locale.
La protesta di una minoranza di genitori dei bambini alunni dell’istituto ha fatto scoppiare il caso del “Pisacane”. La ragione di questa protesta è che sono troppi i bambini stranieri nella scuola.
L’associazione Asinitas è stata chiamata a collaborare con le insegnanti. È nato un singolare esperimento di integrazione che coinvolge i bambini, le insegnanti e i genitori. Si dovrà mettere in scena il Mago di Oz, una storia che – non casualmente – presenta personaggi nei quali vibrano i sentimenti anche sotto le spoglie di un uomo di latta e capaci di risolvere i problemi anche se spaventapasseri senza cervello.
Il film di Giulio Cederna e Angelo Loy, nato con la collaborazione di Cecilia Batoli dell’associazione Asinitas, è la cronaca di questo percorso, è il racconto delle difficoltà della scuola davanti a queste proteste, ma anche quello delle storie che si incrociano frequentando la scuola “Pisacane” che appare un vero fortino sotto assedio nel quale emerge il coraggio e la determinazione del corpo insegnante.
Cederna e Loy raccontano con partecipazione la difficile realtà posta all’attenzione della cronaca e con altrettanta spontanea vivacità la messa in scena del racconto di Lyman Frank Baum. Una scuola italiana valorizza, attraverso i primi piani, i volti dei bambini, il racconto delle relazioni che i piccoli protagonisti sanno creare tra di loro o con gli adulti. Il film di Cederna e Loy si aggiunge, in positivo, al novero degli altri titoli che in questi ultimi due anni hanno esplorato i luoghi primari della cultura in Italia. Non vi è dubbio che dietro questa urgenza di raccontare la scuola esista un disagio da una parte, avvertito dalla sensibilità autoriale e la voglia, dall’altra, di rendere pubblica ogni vicenda, ma perfino la quotidianità come si è visto anche in questa edizione del festival. Non sarebbe altrimenti spiegabile la disponibilità dimostrata dall’intero corpo scolastico nei confronti di Marco Santarelli e anche degli stessi genitori nei confronti di Giulio Cederna e Angelo Loy. Ma soprattutto Una scuola italiana racconta un pezzo d’Italia che si riflette nelle aule scolastiche. Per questa ragione questo non è soltanto un film sulla scuola, ma soprattutto un lavoro che con straordinario equilibrio riporta la cronaca dentro il cinema. Cederna e Loy mostrano la vita dentro quella scuola e la vita non ha nazionalità.