In questi ultimi trent’anni è cambiata la società italiana, si è rinnovato il sistema scolastico con una serie di riforme, ma soprattutto è intervenuta la legislazione sulla parità scolastica che, nonostante i ben noti limiti, ha integrato le scuole cattoliche nell’unico sistema nazionale di istruzione.
Ci troviamo inoltre nel pieno del decennio dedicato dalla Chiesa italiana all’educazione e dunque era necessario soffermarsi sulla speciale realtà educativa della scuola cattolica. Per farlo, come è possibile notare fin dal titolo della Nota, è stata scelta la categoria della «risorsa».
Già negli Orientamenti pastorali per il decennio in corso si era parlato della scuola cattolica come «grande risorsa per il Paese» (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 48). Oggi si ribadisce questo aspetto, qualificando la risorsa come «educativa» e assegnandole una specifica paternità: la scuola cattolica è una risorsa «della Chiesa locale».
Questo radicamento nella comunità cristiana locale vuole essere una sottolineatura della natura intimamente ecclesiale della scuola cattolica e suscitare quindi un duplice richiamo: alle scuole cattoliche, perché conservino e valorizzino la loro appartenenza ecclesiale, e alle comunità cristiane, affinché guardino con responsabilità e simpatia al ruolo educativo che la scuola cattolica svolge sul territorio.
Nel 1977 la Sacra Congregazione per l’educazione cattolica, per sottolineare il servizio educativo che ognuna doveva assicurare, aveva ricordato che una scuola cattolica deve essere anzitutto una scuola (La scuola cattolica¸ n. 25); e questa affermazione è puntualmente riportata nella Nota odierna. Ma si ha l’impressione che tutte le strutture scolastiche, per il fatto di appartenere a un gigantesco sistema nazionale (quasi nove milioni di alunni), siano oggi percepite come espressione di un unico organismo e perdano facilmente la loro identità particolare. E il paradigma statalista facilita enormemente questo processo. Le scuole cattoliche, invece, in quanto frutto di azione sussidiaria, cioè dell’iniziativa libera dei soggetti che vivono e animano il territorio, possono dare la prova di come ciascuna scuola abbia una sua specifica identità e sia il risultato dell’impegno educativo di una comunità.
Sul versante opposto, le Chiese locali tendono talvolta a trascurare le scuole cattoliche (o a non avvertirle come “proprie”), in quanto lo sguardo si sofferma quasi solo sul servizio scolastico offerto. La Nota intende riportare l’attenzione sul legame costitutivo e vitale tra la Chiesa locale e le singole scuole cattoliche che operano sul suo territorio. In una fase storica in cui, anche e soprattutto nel caso delle scuole statali, la scuola è vista principalmente come fonte di spesa su cui operare dolorosi ma indispensabili risparmi, si vuole ribadire che la scuola è una risorsa preziosa: una risorsa educativa e, nel caso delle scuole cattoliche, una risorsa offerta dalle Chiese locali all’intera società.
Dopo un lungo processo di riflessione ed elaborazione, conclusosi con l’approvazione del Consiglio Episcopale Permanente nel marzo scorso, la Nota pastorale viene oggi offerta a tutti, anche per rilanciare l’immagine della scuola cattolica in un momento di diffuse difficoltà.
Il documento si articola sostanzialmente in tre parti. Dopo una breve introduzione, la prima parte ha carattere descrittivo e presenta la complessa posizione della scuola cattolica oggi in Italia, nel contesto di un sistema educativo di istruzione e formazione che negli ultimi anni ha subito importanti trasformazioni. Non si può infatti comprendere la realtà della scuola cattolica se la si separa dalle dinamiche del sistema scolastico nazionale, cui la natura di scuola paritaria l’ha sempre più decisamente legata.
La seconda parte è quella di maggiore impegno teorico, pur nella sua estrema sinteticità. A partire dall’emergenza educativa, evidenziata con particolare lucidità da Benedetto XVI, si cerca di collegare la proposta culturale della scuola cattolica alla questione antropologica: non può esserci un progetto educativo senza un’idea di persona umana. Alle scuole cattoliche spetta da sempre il compito, impegnativo ma esaltante, di coniugare la cultura con la fede, assegnando alla testimonianza vissuta nella quotidiana relazione educativa un ruolo decisivo nella vita scolastica. È qui che si colloca l’identità ecclesiale e la dimensione comunitaria che ogni scuola cattolica è chiamata a sviluppare in maniera originale.
Il richiamo è molto forte per ogni comunità cristiana, dal suo vescovo ai singoli fedeli: «La scuola cattolica – dichiara la Nota – è inserita nel tessuto della Chiesa locale in modo così organico da potersi pensare che una Chiesa locale priva di scuole cattoliche abbia di che sentirsi più povera e più carente nella propria azione evangelizzatrice» (n. 13). Purtroppo l’esperienza ci dice che talvolta si verifica in alcuni ambienti della comunità cristiana «una incomprensibile disattenzione verso la scuola cattolica» (n. 22). Già trent’anni fa i vescovi avevano rilevato lo stesso problema e a maggior ragione sembra oggi necessario tornare a chiedere attenzione e condivisione per l’impegno – umano, spirituale, organizzativo, economico – che le Chiese locali assolvono in questo settore.
Purtroppo, sono note le difficoltà economiche in cui si dibattono le scuole cattoliche. La Nota torna più volte a denunciare l’ingiustizia di condizioni materiali che ostacolano l’esercizio di quella elementare libertà di scelta educativa che tutte le famiglie dovrebbero poter esercitare e che in particolare le più povere non hanno la possibilità di praticare. Più che ottenere semplici ma essenziali provvedimenti economici, appare indispensabile promuovere una cultura della parità e del pluralismo scolastico che attribuisca il corretto significato al principio costituzionale di sussidiarietà.
È sicuramente riduttivo impostare il problema in termini meramente economici, ricordando il cospicuo risparmio che deriva allo Stato dall’esistenza delle scuole paritarie: ciò che si auspica è un cambiamento di mentalità, che faccia riconoscere il valore di civiltà legato alla pluralità dell’offerta formativa e alla concreta libertà di scelta educativa delle famiglie. Una volta compreso questo valore, i sussidi economici verranno da sé.
È però fondamentale ricordare, come fa la Nota al n. 21, che una corretta impostazione del problema non può vedere la Chiesa – a livello locale e nazionale – preoccuparsi solo delle proprie scuole. Papa Francesco ce lo ha detto con la consueta semplicità e incisività nel grande incontro con la scuola italiana il 10 maggio scorso: «Io amo la scuola», tutta la scuola. È l’intero mondo della scuola che deve stare a cuore alla comunità cristiana per le infinite potenzialità educative in esso racchiuse. Anche le legittime rivendicazioni di equità nel trattamento delle scuole paritarie sono finalizzate sempre alla costituzione di un sistema nazionale di istruzione che assicuri realmente le stesse condizioni a tutti gli alunni.
Queste indicazioni trovano attuazione negli orientamenti pastorali contenuti nella terza parte del documento, in cui si chiede di attivare tutte le iniziative, anche di carattere meramente organizzativo, per rendere concreta l’attenzione per la scuola. Un aspetto sempre qualificante la scuola cattolica è la preparazione degli insegnanti: essi rimangono i primi testimoni e gli artefici immediati del progetto educativo di una scuola. Altro aspetto qualificante è l’insegnamento della religione cattolica, che meriterebbe di essere specificamente valorizzato e potenziato.
È forte poi l’esigenza di un’attenzione privilegiata ai più deboli. Le scuole cattoliche nascono proprio come scuole popolari per chi non poteva permettersi altre forme di istruzione e di emancipazione; erano un esercizio di carità e un’insostituibile occasione di recupero umano e sociale per le categorie più svantaggiate. Oggi, purtroppo e contraddittoriamente, sono percepite come scuole di élite, in quanto la loro frequenza è subordinata alla possibilità di pagare rette sempre più elevate. Nasce da qui l’invito a non disperdere una preziosa eredità dando luogo a tutte le possibili forme di sostegno affinché queste scuole siano aperte anche e soprattutto alle nuove forme di povertà e debolezza: disabili, immigrati, emarginati.
Con specifico riferimento a questo fondamentale aspetto viene ricordato infine il prezioso contributo della formazione professionale, che costituisce il necessario complemento del sistema di scuola cattolica. Gran parte degli enti che operano nel settore sono di ispirazione cristiana e forniscono un servizio in enorme espansione, che di fatto si rivolge ai giovani in maggiore difficoltà (alcuni centri, per esempio, arrivano ad avere oltre due terzi di allievi stranieri) offrendo loro una efficace occasione di crescita umana e di inserimento lavorativo. Pregiudizi di vario genere fanno considerare la formazione professionale un mondo a parte, anche amministrativamente separato dalla scuola tradizionale, ma le ultime riforme ne hanno integrato la realtà in quello che, proprio per questo motivo, ha assunto il nome di sistema educativo di istruzione e di formazione. È per questo che la Nota dedica il giusto spazio anche alla formazione professionale di ispirazione cristiana, integrandola nel più ampio sistema di scuola cattolica.
Nelle conclusioni la Nota si sofferma sulla qualità che ogni scuola cattolica deve perseguire. Le difficoltà economiche non devono far adottare soluzioni che riducano in qualche modo il livello del servizio educativo. Non si parla di efficientismo o di affanno per raggiungere i punteggi più alti negli indicatori oggi in uso per misurare la qualità delle scuole: la qualità di una scuola cattolica si misura anche, e soprattutto, per la sua capacità di accendere «la passione per la verità, l’amore, la giustizia, la solidarietà, la libertà, la legalità» (n. 37).
Con questa fiducia affidiamo le nostre riflessioni alla comunità cristiana e a tutte le scuole cattoliche italiane, nella speranza di ravvivare una sincera e costruttiva attenzione verso l’opera preziosa che le nostre scuole svolgono nella società italiana.
(presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università)