Solo la merenda e un paio di quaderni per i compiti: lo zaino ha un peso piuma alla scuola primaria di Classe dell’Emilia Romagna. La mattina, quando si arriva, ci si siede nell’agorà e si discute di quello che si farà durante la giornata. La cattedra, nelle aule, non c’è. E nemmeno i banchi. Ci sono i tavoli, isole per gruppi di alunni. Qui, infatti, la condivisione è tutto. E il lavoro di gruppo è di casa. Ma perché un progetto così innovativo attecchisce in una scuola del forese, nella minuscola Classe a pochi chilometri da Ravenna?
Merito di Rita Gentili, un’insegnante illuminata che dopo essersi innamorata, aver proposto ed essere riuscita ad ottenere di aderire alla rete nazionale “Senza Zaino” – partita da Marco Orsi, dirigente scolastico di Lucca – non tornerebbe più indietro: no, la scuola tradizionale mai più.
La storia che l’insegnante racconta a ROMAGNAMAMMA.IT inizia sei anni fa, quando in attesa della realizzazione del nuovo plesso scolastico, Rita partecipa ad un corso di formazione dedicato all’organizzazione degli spazi. Ed è lì, a Bologna, che conosce Orsi, venendo a conoscenza del metodo da lui lanciato sull’onda di alcune esperienze scolastiche in Nord Europa. Quando torna a casa, si catapulta dalle colleghe: “Chiesi loro se fossero disposte a cambiare approccio, a studiare, a mettersi in gioco. E loro non esitarono a dirmi di sì. Così partì la nostra avventura”. Complessa, visto che il primo anno dopo l’avvio del progetto viene dedicato per intero alla formazione del corpo insegnanti. Le maestre di Classe si appassionano a tal punto da dare indicazioni precise al Comune per la costruzione e l’arredamento della aule.
Sì, perché Senza Zaino significa anche arredi molto diversi da quelli che vediamo normalmente in una scuola. Significa i tappeti con le sedute che caratterizzano l’agorà dove ci si dà il buongiorno, significa pareti colorati come se le classi fossero camerette, significa una cartellonistica particolare per fissare gli apprendimenti. Significa, anche, laboratori: di italiano, di matematica.
Il tutto per agevolare un metodo didattico alternativo, diverso: “Senza Zaino considera il bambino nella sua globalità e cerca di attivare tutte le intelligenze possibili affinché ognuno trovi la sua strada per crescere. Senza Zaino è una scuola accogliente e condivisa: i materiali sono tutti a disposizione e lo spirito è quello di una comunità”. Le regole, infatti, non vengono decise e imposte dall’alto ma discusse e poi scritte insieme ai bambini. Nel caso non funzionino, vengono ritrattate e cambiate. Dietro, c’è uno stile pedagogico montessoriano: “Per andare in bagno, non c’è bisogno di chiederlo. I bambini, senza disturbare, si alzano e ci vanno in tutta autonomia”.
L’autonomia è infatti il risultato più importante del metodo adottato da Classe: “I bambini imparano ad organizzarsi, a fare da soli. Diventano responsabili. Un esempio? Se un alunno ha difficoltà con le ‘c’ e le ‘q’, prende una scheda di auto-verifica e si esercita. Ha tutta la libertà per farlo”. L’insegnante, dal canto suo, gira tra i tavoli su una sedia a ruote, non giudica i bambini con un voto numerico se non sul registro, e con la classe costruisce giochi didattici unici, che poi passeranno in eredità alle classi successive.
Al momento, a Classe, sono sei le sezioni “Senza zaino”: le prime, le seconde e le terze. Tra due anni, la scuola sarà interamente a regime. Tutta “Senza zaino”. E i genitori? “Alcuni obiettano che lavorare sempre insieme non aiuta i bambini a fare da soli. Noi rispondiamo che innanzitutto non sempre il lavoro è collettivo, capita anche che sia individuale. E poi vedessero come i bambini imparano dal compagno. E alle medie avranno una marcia in più, capaci come saranno di cooperare”.