La riconoscenza della Chiesa italiana

Un inserto speciale allegato domenica 24 febbraio ad «Avvenire» esprime la gratitudine più profonda al Papa nel giorno del suo ultimo Angelus in piazza San Pietro. Nelle pagine, l’analisi dei temi centrali del pontificato affidati a grandi firme.
Ad aprire la carrellata, l’editoriale del Card. Bagnasco, che riproduciamo.
 
“Dopo l’inattesa rinuncia di Benedetto XVI che ha commosso la Chiesa e il mondo, affiorano d’impulso ricordi e sen­timenti. Anche nel mio animo si affollano pensieri e immagini, gesti e parole che han­no segnato il mio servizio alla Chiesa e, in­nanzitutto, la mia vita di credente. In quan­to cardinale e come presidente della Cei, ho avuto la grazia e la gioia di poterlo in­contrare più volte. Ogni volta, sentivo che il carisma petrino di confermare la fede mi aveva segnato. E quanto più l’attenzione affettuosa sulla Chiesa che è in Italia, e la mitezza della sua parola erano visibili, tan­to più la conferma era chiara e vigorosa. Rincuorava il cammino con il calore della sua paternità universale e sollecitava nel­la verità del Vangelo da vivere con radica­lità e da annunciare con gioia. Se posso o­sare, mi ha da subito colpito la libertà in­teriore di quest’uomo venuto dal nord, che Cristo aveva scelto come Successore di Pie­tro. Una libertà – pensavo – possibile solo quando il cuore batte con quello di Dio e non si ha nulla da affermare di sé. La di­screzione del tratto, la naturale riservatez­za sembravano il desiderio di distogliere l’attenzione dell’interlocutore dalla sua persona: come un dito puntato su Cristo. L’urgenza di annunciare che Gesù è il Si­gnore della vita e della speranza, infatti, è l’urgenza che ha ispirato tutto il suo pon­tificato. L’annuncio in un mondo che cam­bia vorticosamente, fino a voler ridefinire i fondamenti dell’umano, richiede una fe­de pensata capace di parlare alla moder­nità con serena chiarezza. I suoi interven­ti – dalle omelie ai discorsi, dalle encicliche ai libri – sono un esempio di amore, di lu­cidità di pensiero e di metodo, a cui guar­dare come luminoso riferimento per con­tinuare nel dialogo con l’uomo contempo­raneo. Egli è alla ricerca – magari incon­scia – del senso ultimo del vivere e delle ragioni del credere con le sue implicazioni morali.
L’emozione con cui viviamo la decisione u­mile e ferma di Benedetto XVI si associa a un profondo senso di riconoscenza per il suo ministero a servizio della Chiesa e del mondo. Vorremmo che il Santo Padre sen­tisse ora, più forte che mai, l’abbraccio dei Vescovi italiani. Insieme alle loro comunità, si stringono a lui con affettuosa gratitudi­ne per l’esempio, e per la parola segnata dall’autorità di Pietro e dalla dolcezza di Benedetto”.