Colloquio all”’Académie Catholique de France” su crisi e avvenire del continente.
Una crisi cristiana dell’Europa? L’urgenza europea”. È il tema del Colloquio annuale promosso a Parigi, dal 16 al 17 novembre, dall’“Académie Catholique de France”.
Diversi gli interventi in programma. Tra i relatori: Philippe Capelle-Dumont, presidente dell’“Académie”; Jean-Arnold de Clermont, presidente emerito della Kek (Conferenza delle Chiese europee); card. Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della cultura; Andrea Riccardi, ministro italiano per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, presidente del “College des Bernardins” per il biennio 2012-2014.
Alla vigilia dei lavori, Sarah Numico, per Sir Europa, ha posto alcune domande a Jean-Dominique Durand, docente di storia contemporanea all’Università di Lione.
Perché si parlerà di crisi?
“Il nostro intento è avviare una riflessione sull’avvenire dell’Europa, partendo dalla situazione di oggi, che è di crisi economica, finanziaria, istituzionale, ma anche cristiana. I cristiani non sono più presenti e militanti: sono stati dei motori nella storia dell’Europa, basta pensare ai padri fondatori. Poi l’entusiasmo si è perso e i cristiani non sono più impegnati come in passato e non sono più molto visibili. Certo, personalità come il presidente Van Rompuy appartengono alla tradizione cristiana, ma qual è il suo ruolo? Chi è il rappresentante dell’Europa? Nelle mani di chi precisamente verrà consegnato il premio Nobel recentemente assegnato? Dove sono oggi la tradizione e l’impegno cristiani? La crisi cristiana dell’Europa è anche crisi della mobilitazione e della fede. Quindi riflettere e capire i perché di questa situazione sarà oggetto del Colloquio”.
Che cosa s’intende con l’espressione “dare un’anima all’Europa”?
“Questa famosa frase fu coniata da Jacques Delors. Il card. Martini la riprese parlando di ‘Europa dello spirito’. Vale a dire che l’Europa non è solo economia, moneta, diritto, ma anche nuovo slancio ideale. L’appello del 9 maggio 1950 di Robert Schuman proponeva una scelta economica, ma in realtà si trattava di un passo politico e ancora più spirituale: un passo nel segno del perdono e della solidarietà tra le nazioni. Ora questo slancio spirituale si è perso, manca la motivazione per andare oltre i problemi e creare uno spirito nuovo per l’Europa. Manca una cultura dell’essere europeo”.
Per “dare un’anima” non sono sufficienti le istituzioni, forse. Occorrono persone…
“Non si può dire nello specifico a chi spetti il compito. Ritengo però che le Chiese e i cristiani abbiano una responsabilità particolare nel dover riprendere questa idea. Mi sembra ci sia anche la necessità di unire i cristiani attorno al tema delle radici: se l’Europa rinuncia a riconoscere le proprie origini, nasce un vero problema per il suo avvenire”.
Dialogo ecumenico e dialogo interreligioso: quale ruolo hanno nella vostra riflessione queste due importanti presenze in Europa?
“Questi temi saranno oggetto di un momento specifico di riflessione al Colloquio. Una prima questione è certamente quella dell’unità dei cristiani. Occorre far maturare ulteriormente e far emergere la visione comune sui valori che fondano l’Europa e che sono cristiani. La seconda questione è legata alla presenza dell’islam, tema che fa paura agli europei perché vedono una religione nuova in Europa e questa presenza rappresenta un problema innanzitutto psicologico. I populisti e i nazionalisti usano questa paura anche per fomentare timori verso l’Europa. Il dialogo interreligioso è, perciò, una necessità assoluta per conoscerci meglio ed è una sfida importante per l’avvenire dell’Europa, perché la faremo insieme”.
Avete identificato la famiglia, la bioetica, le migrazioni e le politiche sociali e di mercato come le sfide centrali per i cristiani…
“Famiglia e bioetica sono due ambiti in cui sta avvenendo una rivoluzione antropologica. Le legislazioni sulle unioni omosessuali già adottate o in discussione in alcuni Paesi europei, come in Francia in queste settimane, c’indicano che le basi della società sono in questione e ciò rappresenta un vero e grosso problema su cui è necessaria una riflessione. Parlare di economia oggi significa cercare le strade per tornare su principi di saggezza e di responsabilità in un’Europa che è diventata una zona ‘pazza’ dal punto di vista dell’economia e soprattutto della finanza. L’immigrazione oggi implica l’islam in Europa e, quindi, accoglienza, vale a dire una grande sfida innanzitutto per i cristiani chiamati a vivere il Vangelo”.
da SIR del 13/11/12