Sisto IV fece decorare le pareti della Cappella Sistina da una squadra di pittori toscani guidata dal Perugino.
Essi decorarono ogni parete dividendola in tre registri: in alto osserviamo i Papi Martiri, nel mezzo le storie di Mosè e di Cristo e in basso delle finte tende.
A noi interessa il registro di mezzo dove i pittori hanno illustrato la storia della salvezza sotto la Legge (storie di Mosè sulla parete sinistra, ovvero quella a sud) e la storia della salvezza sotto la Grazia (storie di Cristo sulla parete di destra ovvero quella a nord).
Le due storie sono poste una di fronte all’altra perché Mosè per noi cristiani è una prefigurazione di Cristo e come dice Sant’Agostino “il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, mentre l’Antico è svelato nel Nuovo”. Possiamo dunque leggere queste storie in parallello.
Il ciclo pittorico aveva inizio sulla parete di fondo dove oggi possiamo ammirare il Giudizio Universale di Michelangelo. Qui alla fine del 1400 avremmo potuto vedere sulla sinistra la nascita di Mosè e sulla destra quella di Cristo.
Fermando la nostra attenzione sul primo dipinto di sinistra, opera del Perugino, possiamo vedere un angelo che ferma Mosè, vestito di giallo e di verde, e gli impone di circoncidere suo figlio Eliezer. Del rito si occupa sua moglie Zippora. Sulla parete opposta, sempre ad opera del Perugino, troviamo il Battesimo di Cristo.
Nella parte alta vediamo l’Eterno Padre, attorniato da numerosi angeli, nell’atto di benedire, più in basso scorgiamo la colomba, simbolo dello Spirito Santo, che si posa sul Cristo mentre viene battezzato da Giovanni Battista. Risulta chiaro il parallelismo: il rito ebraico della circoncisione anticipa e prefigura quello cristiano del Battesimo
Tornando sulla parete di sinistra osserviamo le prove di Mosè, opera del Botticelli. In questo dipinto Mosè viene rappresentato per ben 7 volte mentre affronta diverse prove. Sul lato opposto, sempre dello stesso autore, vediamo le prove di Cristo narrate secondo il racconto di Matteo.
In alto a sinistra, il diavolo, vestito da frate, invita Gesù a trasformare le pietre in pane. In alto al centro Satana conduce Gesù sul pinnacolo del Tempio (che ha le sembianze di Santo Spirito in Sassia) e gli dice di gettarsi. Infine, in alto a sinistra, il maligno mostra a Gesù tutti i regni della Terra, ma viene sconfitto e allontanato dal Signore.
Proseguiamo guardando quello che secondo la critica è il dipinto meno bello della Cappella: il passaggio del Mar Rosso. Mosè raduna il popolo ebraico che riceverà il decalogo, mentre i soldati egiziani affogano nel Mar Rosso. Spostando la nostra attenzione sul lato destro possiamo ammirare il dipinto del Ghirlandaio che raffigura la chiamata dei primi discepoli. Analogamente al dipinto che abbiamo visto sulla parete opposta la scena si svolge sul mare (lago di Galilea). Gesù sta radunando il popolo che riceverà le Beatitudini.
Spostandoci di nuovo a sinistra, vediamo Mosè che sale sulla montagna per ricevere da Dio il decalogo, accompagnato da Giosuè, vestito di giallo e blu (i consueti colori dei Della Rovere). Sceso dal monte Mosè scaglia a terra le tavole della legge perché ha visto il suo popolo che adora il vitello d’oro. Sulla sinistra Mosè mostra al popolo ebraico il decalogo che Dio ha riscritto dopo l’episodio del vitello d’oro. Sulla parete opposta anche Gesù è salito su un monte per proclamare ai suoi discepoli le Beatitudini.
Sulla sinistra Botticelli ha dipinto la punizione di Core, Datan ed Abiram. I tre ebrei che si erano ribellati all’autorità di Mosè e di suo fratello Aronne sprofondano nella terra. Sullo sfondo si nota un arco di trionfo sul quale è scritto in latino: “Nessuno si assuma l’onore, se non chi è chiamato da Dio”. Come Mosè ed Aronne sono stati chiamati da Dio nell’Antico Testamento, così gli Apostoli sono stati chiamati da Gesù nel Nuovo Testamento.
È questo il tema dell’opera del Perugino, sicuramente quella di maggior pregio e con maggiore densità teologica. Gesù chiede agli apostoli cosa le persone, rappresentate col cappello, pensino di Lui, poi rivolgendosi di nuovo agli apostoli, dipinti senza cappello, chiede cosa loro pensino di Lui. Solo Pietro risponde “Tu sei il Figlio di Dio” e Gesù gli consegna le chiavi del Paradiso.
Sullo sfondo notiamo il Tempio di Gerusalemme. Da una attenta lettura del brano di Matteo si evince che questo episodio è accaduto durante la festa dello Yom Kippur, durante la quale il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi e pronunciava il nome di Dio (JHWH).
È evidente il parallelismo: mentre il Sommo Sacerdote degli ebrei pronuncia il nome di Dio, Pietro, novello Sommo Sacerdote dei cristiani, dice “Tu sei il Figlio di Dio”. Possiamo quindi dire che questo dipinto del Perugino rappresenta in termini artistici la più straordinaria apologia del Papato.
Tornando per l’ultima volta sulla parete sinistra vediamo un angelo che mostra a Mosè la terra promessa dove però non entrerà. Il vecchio legislatore scende dalla montagna, legge la Torah agli ebrei e ai suoi piedi è posta l’Arca dell’Alleanza nella quale si possono scorgere le tavole della legge, la verga di Aronne e la manna, il pane sceso dal cielo che ha alimentato gli ebrei durante l loro pellegrinaggio nel deserto. Il pane è anche al centro del dipinto opposto dove Gesù sta celebrando l’Ultima Cena insieme agli apostoli.
Il ciclo delle storie di Mosè termina nella controfacciata dove vediamo la sua tomba. Accanto a questa scena, si conclude anche il ciclo delle storie di Gesù, ma in modo ben diverso, con la sua resurrezione.