Messaggio del Cardinal Bagnasco in occasione della 46° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, celebrata ieri a Roma nella basilica di Santa Maria sopra Minerva.
Il silenzio è ‘‘il grembo fecondo da cui soltanto può sbocciare la parola”
“Il silenzio non è il contrario della parola, ma ne costituisce l’altro volto, è il grembo fecondo da cui soltanto può sbocciare la parola”. Così il card.Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, si è rivolto questa mattina ai presenti nell’omelia della messa per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, celebrata a Roma nella basilica di Santa Maria sopra Minerva. Dopo l’omelia, nella preghiera dei fedeli, sono stati ricordati l’attentato alla scuola “Morvillo-Falcone” di Brindisi e il terremoto di questa notte in Emilia, di cui al momento si contano 6 morti e circa 50 feriti.
Il dovere dell’evangelizzazione. Partendo dall’“apparente contraddizione” di Cristo che “viene sottratto ai nostri occhi” e al tempo stesso “comincia a essere annunciato a ogni creatura, sino ai confini del mondo”, nel giorno in cui la Chiesa celebra l’Ascensione del Signore, il cardinale ha osservato che “Gesù non cessa di essere in mezzo a noi, anzi per mezzo di noi vuol essere ancor più presente nella storia. Di qui il dovere della missione, della testimonianza, della predicazione”. In una parola, “evangelizzazione”, “forma che rende possibile l’esperienza della salvezza che cambia radicalmente l’esperienza dell’uomo”. “Si tratta di un dovere”, ha aggiunto, “ma ancor più di un bisogno dell’anima, che non può trattenere la gioia solo per sé, ma desidera condividerla con il mondo. Ciò esige che ciascun discepolo senta rivolta soprattutto a sé la domanda radicale della fede”; “diversamente non si avranno degli annunciatori, ma solo dei propagandisti, che non suscitano interesse per nessuno”.
Continua vigilanza. “L’evangelizzazione – ha annotato il presidente della Cei – è una forma di comunicazione, dove s’impara ad ascoltare prima anche che a parlare, e dove si tratta di trovare sempre un nuovo equilibrio tra silenzio, parola, immagini, suoni, come suggerisce il Santo Padre Benedetto XVI nel suo messaggio”. Anche nella comunicazione sociale, ha precisato, “è necessario rinvenire un tale ecosistema: il silenzio infatti è condizione dell’ascolto di sé, della contemplazione, del discernimento, senza i quali non esiste libertà vera, ma si resta risucchiati dall’ambiente e quasi anestetizzati dalle sue sollecitazioni caotiche”. Il card. Bagnasco ha riconosciuto che “soprattutto oggi il flusso informativo sempre più incalzante rischia di disorientare e di creare una sorta di saturazione del giudizio critico, che è come sopraffatto dalla mole di dati in nostro possesso”. Il problema, ha ammesso, “non è l’informazione, ma la capacità di rielaborare un senso e quindi cogliere una direzione di marcia rispetto a quello che sta accadendo. Per questo si chiede un esercizio continuo di vigilanza e di critica che non abdichi alla nostra libertà, che sappia farsi carico della complessità del reale. A ciò si aggiunga un altro elemento, che è la capacità del silenzio di rendere corposa la parola che utilizziamo”.
Un desiderio e un’esigenza. Rivolto ai comunicatori – giornalisti, webmaster, ma non solo – presenti alla celebrazione eucaristica, il porporato ha riconosciuto “i ritmi obbligati e incalzanti del vostro lavoro, che certamente non favoriscono tempi prolungati di silenzio e di meditazione”. Silenzio e meditazione, però, “restano comunque un’esigenza, e sono certo un desiderio per ciascuno di noi”. Senza di essi “sappiamo tutti quanto sia difficile mantenere diritta la barra del nostro agire senza cedere alla dittatura delle opinioni”. “La capacità di esercitare un sano discernimento, la libertà interiore rispetto ai condizionamenti esterni, nonché l’amore alla verità, rispettosa di tutti nell’orizzonte deontologico che vi specifica, sono fra le qualità più necessarie per una comunicazione – ha concluso – che sia un vero servizio alla crescita della comunità e dell’anima di un popolo”.
ARTICOLI CORRELATI:
Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali.
In silenzio, per capire ciò che vale. La comunicazione, secondo mons. Celli, spesso è “ostacolata dall’impostazione del contesto comunicativo, costretto nella griglia domanda/risposta: a volte facciamo fatica a trovare una risposta, altre siamo sommersi da risposte a domande che non ci poniamo. Così come siamo sommersi da una valanga di messaggi e informazioni”. In quest’ottica, spiega, “dimentichiamo il silenzio. Dobbiamo, invece, abituarci al discernimento: serve a capire ciò che realmente vale, e a trovare momenti per scoprire il senso delle cose. Il silenzio non è la parte negativa della comunicazione, ne è un momento non solo integrante ma necessario. Le parole acquisiscono spessore solo se viene dato valore al silenzio”.
Dire “parole che pesano”. Con i Social Network e Internet, osserva ancora mons. Celli, “pensiamo di ‘esserci’ solo quando mandiamo messaggi e siamo connessi. Invece servono contenuti che diano autenticità alle parole, non forme. E non dobbiamo dimenticare che, quando comunichiamo, anche nella Rete, comunichiamo noi stessi”. “Non è nella valanga delle parole che dite, che risiede la ricchezza di quello che state trasmettendo”, spiega l’arcivescovo rivolgendosi agli operatori della comunicazione. E aggiunge: “Solo la ricerca della verità eleva la dignità dell’uomo. Cercate quindi di pronunziare e scrivere parole che pesano. E non dimenticate che la comunicazione è da uomo a uomo, sempre. Non producete solo parole, ma comunicate idee e pensieri rivolti al cuore e all’intelligenza di un altro uomo”.
La bella rivincita
L’esperienza del silenzio davanti al dolore oppure alla gioia
La riflessione di Benedetto XVI è magnifica. Se non si trattasse del Santo Padre, si potrebbe dire provocatoria. Nel caos delle voci che si sovrappongono, nell’ansia delle pause e in un flusso continuo, inarrestabile, l’invito a comunicare con i silenzi ha una carica dirompente. Non quel silenzio ispirato dalla rinuncia o dall’omertà, ma la nuvola dei pensieri, che vuole cercare il suo senso, come nelle tags cloud virtuali, contro la banalità delle parole-comunque. Prima il bisogno di capire, con il tempo che serve, senza paura del vuoto, poi la scelta di comunicare. Certo, se si applicasse al sistema della multimedialità quanto il Papa suggerisce, sarebbe quasi il black out. Si svuoterebbero i social network, ci sarebbe il problema di riempire la pagina politica, i talk show sarebbero cancellati, i tabloid chiuderebbero, la radio continuerebbe a trasmettere musica classica. In tanti, perderebbero il posto di lavoro. Vale per il mondo dei media, dove oramai impera la bulimia della parola, scritta o orale che sia, ma è uguale nella vita quotidiana di ciascuno. Se non parli è come se non esisti; se non replichi, hai torto; se sei un affabulatore, vinci. Il fatto è che non se ne esce, che non c’è una via di mezzo, dovrebbe cambiare tutto. Eppure, quando scoppia la tragedia o prevalgono il dolore oppure la gioia, il silenzio si prende la rivincita. Anche la bellezza porta il silenzio. È lo stupore, in sostanza, che fa la differenza. Per l’immensità e per i sentimenti non si trovano le parole. Che vita viviamo, allora? Se si ripercorre una qualsiasi giornata, se ne può buttare via una gran parte, se non cancellarla del tutto, a volte. Sono pochi i momenti nell’arco delle 24 ore, che restano per la vita. Dovremmo probabilmente soffermarci più spesso su questo: sul valore del nostro tempo per noi e per gli altri. E viverlo in modo consapevole, maturo. Seguendo l’invito del Papa, forse così potremmo avvicinarci a un maggiore equilibrio tra la parola e il silenzio: cominciando dall’ascolto di noi stessi.
Carmen Lasorella – direttore generale di “San Marino Rtv”
L’intelligenza del cuore
Il mare di Internet come il lago di Tiberiade in burrasca
Nel silenzio nasce l’intelligenza del cuore e da questa nascita prendono respiro l’intelligenza delle parole e l’intelligenza delle immagini. Benedetto XVI consegna un pensiero di fiducia e di responsabilità con il messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali 2012. L’intelligenza del cuore, impercettibile palpito di ogni essere umano, si nutre di silenzio per diventare comunicazione tra volti. Nel silenzio prende sostanza l’ascolto di se stessi, degli altri, dell’Altro. È la scuola dell’essenziale dove si apprende a “discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio”. È la passione educativa che ama anche le antiche e nuove strade del comunicare dove, nonostante i rumori, risuonano i passi della Parola attesa. Nella Rete che “sta diventando sempre di più il luogo delle domande e delle risposte”, è importante e bello fare del silenzio il momento aurorale dell’ascolto.
Non è un’impresa facile. “L’educazione – ricorda il teologo e mistico svizzero Maurice Zundel – passa da anima ad anima con l’aiuto del silenzio. Prosegue tutta la vita, attraverso le conversazioni di ogni giorno benché gli uomini che han qualcosa da dire siano pochi e quelli che sanno ascoltare ancor meno”. Quanta verità in questa battuta di Zundel! Le conversazioni, tuttavia, corrono nelle connessioni e così nel mare di Internet la fede, con le parole e le immagini dei testimoni digitali, è lieta di prendere il largo con i moderni navigatori. Come sul lago di Tiberiade in burrasca, diventa domanda e risposta “nell’essenzialità di brevi messaggi spesso non più lunghi di un versetto biblico”. Si apre una grande avventura dove, tra l’altro, si sperimenta che la solitudine non è l’isolamento. Il silenzio, anche nel digitale, nutre un “essere soli” che accoglie gli altri e li ascolta. L’isolamento, al contrario, è un “essere staccati” che diffida degli altri e, alla fine, di se stessi: rimane acceso il video e si spegne il volto. All’intelligenza del cuore il compito di scegliere.
Paolo Bustaffa