L’approvazione dello schema di regolamento per la riforma dei licei consegna al sistema nazionale di istruzione sei licei, riordinati completamente nei piani di studio, negli orari e nella struttura.
I licei nuovi in assoluto sono il musicale-coreutico e il linguistico.
Nei commenti delle prime ore è stato ritenuto nuovo liceo quello delle scienze umane, ma non è proprio così, perché l’ex-liceo socio pedagogico cambia nome, come l’aveva già cambiato in va sperimentale quando era istituto magistrale.
La vera novità nel sistema statale è il linguistico, assente completamente dall’attuale “vecchio” ordinamento.
Il linguistico aveva fatto la sua apparizione per la prima volta nell’ambito di istituti non statali e aveva poi trovato accoglienza in istituti statali soltanto in via sperimentale, ad esempio, all’interno degli ex-istituti magistrali che, dopo la loro cessazione nel 2001 si erano ristrutturati in diversi rami sperimentali (liceo socio-pedagogico, scienze sociali, linguistico, ecc.).
Dal 2010-11, all’avvio della riforma della secondaria superiore, avranno finalmente piena legittimazione ordinamentale con significativa presenza anche nelle scuole statali.
Per il musicale-coreutico, invece, sarà il 2010 l’anno zero con un avvio graduale che interesserà un sessantina di istituti in tutta Italia.
Tutto da scoprire.
tuttoscuola.com Gelmini: ”Quella dei licei è riforma epocale” Primi commenti all’insegna della soddisfazione da parte del ministro dell’Istruzione Mariastella, circa la riforma dei licei approvata oggi dal Consiglio dei ministri.
Per il titolare dell’Istruzione si tratta di “una riforma epocale”: non se ne faceva una dal “1923, eravamo fermi a Gentile”.
Nella consueta conferenza stampa successiva alla riunione a Palazzo Chigi, il ministro ha chiarito che la riforma partirà dal 2010, “per dare alle scuole il tempo di adeguarsi alle novità’ e per avviare un dialogo con le famiglie e un periodo di 5-6 mesi di orientamento che consenta a genitori e ragazzi di fare scelte consapevoli”.
La Gelmini ha anche chiarito come “la ratio del regolamento sta nel tentativo di coniugare la tradizione con l’innovazione privilegiando la qualità” per avere “una scuola che guardi al futuro, recuperando al meglio la tradizione ma senza essere autoreferenziale e comunque legata al mondo del lavoro”.
Il ministro ha infine ricordato che questa “è solo un’approvazione in prima lettura.
Seguirà una concertazione e una seconda lettura”.
Aprea e Meloni: scuola più moderna, rispettando la tradizione “Il Ministro Gelmini con l’approvazione della riforma dei licei dà il via alle innovazioni più significative emerse dal dibattito politico istituzionale degli ultimi anni, attraverso un calendario certo di attuazione”.
E’ la valutazione del presidente della Commissione Cultura della Camera, Valentina Aprea (Pdl), a cui giudizio “le scuole avranno così la possibilità di inaugurare una nuova stagione di opportunità di studio e di formazione degli studenti potendo contare su piani di studio più moderni ed europei, valorizzando le sperimentazioni più riuscite in questi anni, ma senza perdere di vista la tradizione.
Su questo punto insiste anche il ministro della gioventù, Giorgia Meloni, a cui parere la riforma Gelmini “consegna alla storia il 1968, poiché incrocia la grande tradizione scolastica italiana con gli strumenti didattici e gli obiettivi che definiscono la modernità.
Affronta la sfida educativa della nostra epoca senza accantonare quanto di buono è stato fatto negli anni precedenti, ma facendo giustizia delle molte aberrazioni che hanno affossato la scuola in Italia”.
Tra le aberrazioni la Meloni colloca le “innumerevoli sperimentazioni, figlie della cultura sessantottina, introdotte all’interno del sistema educativo a discapito di nozioni basilari per la crescita culturale e civile degli studenti italiani”.
Per il Pd, la riforma dei licei è ritorno al passato, a ”insegnamento classista” Tra le prime reazioni critiche alla riforma dei licei, giunge quello della responsabile Scuola del Partito Democratico senatrice Mariangela Bastico, che ironizza sulla “epocalità” vantata dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per il provvedimento approvato stamattina in prima lettura dal Consiglio dei Ministri.
“La ‘riforma’ Gelmini per i licei – spiega la Bastico – non è altro che un ritorno al passato e ad un’idea che credevamo superata, quella dell’insegnamento classista voluto da Gentile nel 1923 e basato solo sugli apprendimenti teorici”.
La senatrice del Pd articola il proprio giudizio, trovando “condivisibile la riduzione, per i licei come per gli istituti tecnici e professionali, della frammentazione degli indirizzi e delle specializzazioni.
Ma – continua la parlamentare – è profondamente sbagliato che questo determini la cancellazione delle buone sperimentazioni e delle innovazioni che sono state realizzate in questi anni nelle scuole e che al contrario avrebbero dovuto costituire il fondamento della riforma”.
E quindi domanda: “Ma il ministro Gelmini ha idea di quante elaborazioni e quanto lavoro di ricerca e di applicazione ci sia in queste esperienze? Come può il ministro cestinarle con tanta indifferenza?” Per la Bastico, le scelte operate dalla Gelmini sono nel segno del classismo, con la valorizzazione, come unica vera scuola di qualità, di quella liceale, a discapito de gli istituti superiori, e del risparmio a tutti i costi: “Per risparmiare, le nuove norme si applicheranno nelle prime e seconde classi, così gli studenti che salgono sul treno dell’istruzione liceale quest’anno ne dovranno scendere il prossimo, un fatto assolutamente scorretto e che infrange il patto educativo tra scuola, studenti e famiglie”.
La possibile subalternità dell’istruzione tecnica si ritrova nell’ambiguità del rapporto di questa con il liceo tecnologico.
Su tutti questi punti, l’ex viceministro del governo Prodi promette il Partito Democratico sarà in prima fila nel dibattito parlamentare e nel Paese.
Per i sindacati della scuola Scrima (Cisl): la riforma dà più certezze I sindacati confederali della scuola danno giudizi diversi sulla riforma dei licei presentata dal ministro Gelmini.
Nettamente negativo quello della Flc-Cgil, articolato quella della Uil scuola, come abbiamo già riferito, complessivamente positivo invece quello della Cisl scuola.
Per il segretario di quest’ultimo sindacato, Francesco Scrima,”la filiera liceale era quella che richiedeva interventi meno incisivi rispetto ai tecnici e professionali: è stato però fatto un lavoro di chiarezza e, nello stesso tempo, sono state elevate ad ordinamento le diverse sperimentazioni in atto”.
Le vere novità, prosegue Scrima, “sono i due licei Musicale-coreutico e delle Scienze umane ed il mantenimento del tecnologico tramite l’opzione.
Il riordino che c’è stato in questo senso fa un po’ di chiarezza e dà più certezze”.
Per la Cisl quindi “il giudizio è sufficentemente positivo, fermo restando che non condividiamo il fatto che si parta in prima e seconda: i processi devono essere graduali, bisogna partire dalla prima, altrimenti il buon lavoro fatto rischia di essere disperso”.
Su quest’ultimo punto i tre sindacati confederali hanno la stessa posizione.
Non sarà facile, per il ministro Gelmini, tener duro su una decisione – quella di applicare la riforma anche nelle classi successive alla prima – che non ha precedenti nella scuola italiana.
Flc Cgil e Uil Scuola: ”Almeno la riforma dei licei parta dalle sole classi prime” Sono queste le preoccupazioni maggiormente riprese da due dei principali sindacati della scuola, Flc Cgil e Uil scuola, che ipotizzano il rischio “caos” connesso all’idea di far partire la riforma nel 2010 sia per la prima che per la seconda classe.
Le due organizzazioni fanno gli esempi di chi si iscrive quest’anno all’istituto d’arte, e in seconda, l’anno prossimo, dovrà sostanzialmente cambiare scuola, dato che l’istituto confluirà nel liceo artistico, e di coloro che si iscrivono in percorsi sperimentali molti dei quali saranno cancellati per confluire nei sei indirizzi decisi dal Ministero.
Mimmo Pantaleo, segretario della Flc Cgil, spiega che “far partire la riforma in prima e in seconda significa costringere gli alunni di prima del 2009 a cambiare indirizzo e percorso di studi nel 2010; questo perché cambieranno molti indirizzi, percorsi e materie con la riforma”.
Anche Massimo di Menna, segretario generale della Uil Scuola invita il ministro Mariastella Gelmini a ripensarci: “L’unico motivo di questa operazione é di carattere economico: la riforma riduce materie, indirizzi e organico.
Ma per i ragazzi sarà il caos.
Ormai quasi tutti scelgono le sperimentazioni, chi parte quest’anno con un programma rischia di vederselo cambiato l’anno dopo.
Va bene la razionalizzazione delle sperimentazioni, ma é meglio partire solo con le prime”.
tuttoscuola.com Oltre al provvedimento sulla riforma dei licei e sulle classi di concorso degli insegnanti, è stato approvato anche un terzo provvedimento, relativo alla riorganizzazione dei centri territoriali permanenti e dei corsi serali.
Si tratta di uno schema di regolamento, finalizzato ad ottimizzare le risorse disponibili, ad assicurare una maggiore qualità del servizio per innalzare i livelli di istruzione della popolazione adulta, potenziarne le competenze, favorire l’inclusione sociale, anche degli immigrati, e contribuire al recupero della dispersione scolastica dei giovani con più di 16 anni che non hanno assolto l’obbligo di istruzione.
tuttoscuola.com Assieme al provvedimento sulla riforma dei licei il Consiglio dei ministri ha approvato anche il regolamento che rivede le classi di concorso degli insegnanti.
Il provvedimento non era all’ordine del giorno, ma fonti ministeriali spiegano che è stato portato fuori sacco al Consiglio di oggi perché la prossima settimana non ci sarà il Cdm.
“Un regolamento – ha spiegato il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini – improntato a criteri di flessibilità e che consentirà anche un risparmio”.
L’amministrazione scolastica aveva già da tempo previsto di razionalizzare le classi di concorso, e il provvedimento si è reso urgente perché direttamente collegato alla riforma del sistema scolastico che la Gelmini sta mettendo in atto, soprattutto alla riforma dei licei dove si passa da 400 sperimentazioni a 6 indirizzi.
Per effetto del provvedimento, alcune classi di concorso saranno soppresse, e altre accorpate.
Le fusioni riguarderanno soprattutto le discipline del settore artistico vista la confluenza degli istituti d’arte, con la riforma, nei licei artistici.
Verranno anche istituite nuove classi di concorso come quella di storia della danza o di laboratorio musicale, connesse alla nascita del liceo musicale e coreutico.
tuttoscuola.com Il governo approva la riforma dei licei Due new entry e latino obbligatorio Oltre a classico, scientifico, artistico e linguistico, ci saranno il liceo musicale e quello delle scienze umane Via libera alla riforma dei licei.
Il consiglio dei ministri ha approvato, in prima lettura, il riordino di questo ramo della scuola secondaria superiore.
Da 400 indirizzi si passa a 6 licei con 10 opzioni per gli studenti.
Due le new entry: il liceo musicale e coreutico e il liceo delle scienze umane.
Il latino sarò presente come insegnamento obbligatorio nel liceo classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane.
Il nuovo modello partirà gradualmente, coinvolgendo dall’anno scolastico 2010-2011 le prime e le seconde classi; entrerà a regime nel 2013.
Soddisfatta Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione: il tentativo ha spiegato, è quello di «coniugare la tradizione con l’innovazione privilegiando la qualità».
«È una riforma epocale – ha aggiunto la Gelmini – che modifica un impianto che risale alla legge Gentile del ’23» SEI LICEI – La riforma spazza via gli attuali 396 indirizzi sperimentali, i 51 progetti assistiti dal ministero e le tantissime sperimentazioni attivate e propone sei licei: il liceo artistico, articolato in tre indirizzi (arti figurative, architettura-design-ambiente, audiovisivo-multimedia-scenografia); il liceo classico (sarà introdotto l’insegnamento di una lingua straniera per l’intero quinquennio); il liceo scientifico (oltre al normale indirizzo le scuole potranno attivare l’opzione scientifico-tecnologica, dove salta il latino); il liceo linguistico (tre lingue straniere, dalla terza liceo un insegnamento non linguistico sarà impartito in lingua straniera e dalla quarta liceo un secondo insegnamento sarà impartito in lingua straniera); il liceo musicale e coreutico, articolato appunto nelle due sezioni musicale e coreutica (inizialmente saranno istituite 40 sezioni musicali e 10 coreutiche); infine, il liceo delle scienze umane che sostituisce il liceo sociopsicopedagogico portando a regime le sperimentazioni avviate negli anni scorsi (le scuole potranno attivare un’opzione sezione economico-sociale, dove non è previsto lo studio del latino).
IL LATINO – Il latino è presente come insegnamento obbligatorio nel liceo classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane e come opzione negli altri licei.
È previsto un incremento orario della matematica, della fisica e delle scienze «per irrobustire – spiega il ministero – la componente scientifica nella preparazione liceale» degli studenti (gli insegnamenti di fisica e scienze possono essere attivati dalle istituzioni scolastiche anche nel biennio del liceo classico).
C’è un potenziamento delle lingue straniere con la presenza obbligatoria dell’insegnamento di una lingua straniera nei cinque anni ed eventualmente di una seconda lingua straniera usando la quota di autonomia.
Le discipline giuridiche ed economiche si studieranno sia nel liceo scientifico (opzione tecnologica), sia nel liceo delle scienze sociali (opzione economico-sociale) mentre negli altri licei potranno essere introdotte attraverso la quota di autonomia.
Infine, «per essere al passo con l’Europa», è previsto l’insegnamento, nel quinto anno, di una disciplina non linguistica in lingua straniera.
Tutti i licei prevedranno 27 ore settimanali nel primo biennio e 30 nel secondo biennio e nel 5ø anno, ad eccezione del classico (31 ore negli ultimi tre anni), dell’artistico (massimo 35), musicale e coreutico (32).
Corriere della sera 12 giugno 200 La Gelmini ridisegna i licei Meno ore e meno indirizzi Per poter tagliare il numero dei professori le sperimentazioni verranno ridimensionate.
Al biennio solo 27 ore settimanali, alle medie se ne fanno 30 di Salvo Intravaia Ecco i nuovi licei.
Questa mattina il Consiglio dei ministri ha approvato, in prima lettura, il Regolamento che ridisegna “l’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei”.
Meno ore di lezione per buona parte degli studenti, meno indirizzi e qualche novità all’orizzonte.
Ma quella più interessante riguarda senz’altro l’entrata in vigore della riforma che partirà dal 2010/2011con le prime e le seconde classi.
E varrà quindi anche per coloro che hanno scelto quest’anno come proseguire gli studi dopo la secondaria di primo grado.
In sostanza, i 500 mila ragazzini che si accingono quest’anno a sostenere gli esami di terza media frequenteranno a settembre il primo anno della scuola superiore secondo il vecchio sistema (licei e relative sperimentazioni, ma anche istituti tecnici e professionali vecchio stile) per ritrovarsi l’anno successivo con orari, materie e organizzazione nuovi.
I nuovi licei saranno sei: classico, scientifico, delle scienze umane, artistico, linguistico, musicale e coreutico.
Gli ultimi due rappresentano per la scuola statale delle autentiche new entry.
Saranno tre gli indirizzi per il liceo artistico, due le opzioni per il liceo scientifico e per il liceo delle scienze umane.
In tutto tra, indirizzi e opzioni, i ragazzini della terza media potranno scegliere tra 10 differenti “strade”.
Tutte le sperimentazioni del liceo classico e scientifico (oltre 400 tra sperimentazioni e progetti assistiti) subiranno un calo di ore, a volte drastico.
Un effetto che colpirà la maggior parte degli studenti, visto che i corsi sperimentali oggi sono i più gettonati.
Per avere un’idea del calo dell’offerta formativa basta spendere qualche cifra.
Del resto, che si tratti di un provvedimento volto al taglio di un consistente numero di cattedre non è un segreto.
I nuovi licei sono ispirati “a una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, recita l’articolo 1 del provvedimento.
Oggi, il 70 per cento dei ragazzi iscritti al liceo classico e il 60 per cento di quelli in forza allo scientifico seguono un corso sperimentale.
La sperimentazione più seguita al classico è quella in Lingua straniera che da 4.983 ore di studio nei cinque anni passerà a 4.851.
Stesso discorso per il Piano nazionale informatica (ad indirizzo matematico) dallo scientifico: 5.049 ore contro le 4.752 della riforma Gelmini.
Per contro i corsi di ordinamento, frequentati da una minoranza di studenti, vedranno incrementate le ore di lezione.
Tutti i licei, eccetto l’artistico e il musicale, prevedono 27 ore settimanali al biennio.
Meno, cioè, che in terza media, dove si studia per 30 ore settimanali.
Al triennio le ore aumentano: 30 allo scientifico, al liceo delle scienze umane e al linguistico, 31 al classico.
Meno Latino, rispetto ai corsi di ordinamento, e più Matematica allo scientifico che perde anche alcune ora di Lingua straniera.
Più Matematica e Lingua straniera al classico.
Le scuole potranno modificare il piano di studi ministeriale, ritagliando al massimo il 20 per cento del monte ore annuo al biennio e all’ultimo anno e per il 30 per cento nel secondo biennio.
Ma nessuna disciplina potrà subire un taglio di ore superiore al 30 per cento.
Inoltre, le scuole potranno attivare insegnamenti opzionali ma soltanto nei limiti di organico assegnato dal ministero.
Insomma: autonomia sì ma nei limiti delle risorse disponibili.
Tra gli insegnamenti opzionali figurano Diritto ed economia, Informatica, Storia dell’arte, Latino, Greco, Musica e Legislazione sociale, Psicologia, Pedagogia.
All’ultimo anno è anche previsto l’insegnamento di una disciplina in lingua straniera.
Novità in vista anche per gli organismi che governano la scuola.
Il collegio dei docenti potrà essere articolato in Dipartimenti alla progettazione formativa.
Gli istituti costituiranno un Comitato tecnico-scientifico in cui saranno presenti esperti esterni del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca e dell’università.
Repubblica (12 giugno 2009) Un anno fa, quando con le prime dichiarazioni il neo-ministro Gelmini lasciava intendere che il suo sarebbe stato un incarico di messa a punto dell’esistente, quasi in continuità con il metodo “cacciavite” del suo predecessore per l’assestamento del sistema, nulla faceva certamente presagire che vi sarebbe stata invece quasi una rivoluzione del sistema di istruzione.
Si tratta di un cambiamento sostanziale che si può sintetizzare in un numero: nove.
Nove sono infatti i regolamenti di riordino del sistema che il Consiglio dei Ministri, con quelli di ieri, ha messo in cantiere su proposta del ministro Gelmini in qeusti mesi.
Due regolamenti, approvati in via definitiva e firmati dal Capo dello Stato, sono al vaglio della Corte dei Conti per la registrazione finale e la successiva pubblicazione in Gazzetta ufficiale: sono quello del riordino del primo ciclo e l’altro della rete scolastica.
Due altri regolamenti sono stati approvati definitivamente dal Consiglio dei ministri e attendono la firma del Capo dello Stato, la registrazione della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta: sono il regolamento sulla valutazione degli alunni e quello sugli organici del personale Ata.
Altri due regolamenti,varati due settimane fa, (istruzione tecnica e istruzione professionale) sono stati approvati soltanto in prima lettura dal Consiglio dei ministri e devono percorrere l’intera procedura consultiva che richiederà diversi mesi.
Analogamente, i tre schemi di regolamento approvati ieri (nuovi licei, revisione delle classi di concorso ed istruzione degli adulti) cominciano ora il loro non breve percorso consultivo.
Nessuno regolamento, come si vede, ha concluso l’intera procedura di approvazione con la definitiva entrata in vigore, ma tutti sono stati approvati entro i dodici mesi di tempo richiesti dall’articolo 64 decreto legge 112 del 25 giugno 2008.
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Categoria: Didattica
la riforma dei licei
Dopo il varo dei due regolamenti sull’istruzione tecnica e professionale, approvati in prima lettura dal Consiglio dei Ministri a fine maggio, è oggi la volta del regolamento dei licei, che completa il progetto di riforma della scuola secondaria superiore.
Prima dell’approvazione finale saranno necessari i pareri della Conferenza unificata, delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato.
Dopo il ritorno al Consiglio dei ministri per l’ok definitivo, occorreranno ancora la firma del Capo dello Stato, la registrazione alla Corte dei Conti e, infine, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, attesa per l’inizio dell’autunno.
Se i tempi saranno rispettati, gli ultimi mesi dell’anno serviranno per informare le famiglie in vita delle iscrizioni scolastiche per il 2010-2011.
L’avvio della riforma, salvo imprevisti, è per il 1° settembre 2010.
I licei saranno sei e faranno piazza pulita di quasi 500 indirizzi e sperimentazioni attualmente esistenti.
Le ultime bozze del provvedimento prevedono 27 ore settimanali per il biennio iniziale e 31 (in media) per il triennio successivo.
Tra le novità dell’ultima ora il liceo scientifico ad indirizzo tecnologico, senza il latino, come opzione del liceo scientifico ordinario, e il liceo economico-sociale, sempre senza il latino, come opzione del liceo delle scienze umane.
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«Fare mondi»
I lavori artistici provengono da circa settanta nazioni e si avvalgono di tutti i linguaggi: installazioni, video e film, sculture, pittura e disegno, performance.
Nelle intenzioni della mostra c’è quest’anno la volontà di creare “nuove realtà artistiche” e questo serve a spiegare in parte l’enfasi data al processo creativo e all’opera nel suo divenire.
Molti artisti appartengono a differenti generazioni.
Tra loro sono stati riproposti personaggi come André Cadere, Öyvind Fahlström, Gordon Matta-Clark, Yoko Ono, Blinky Palermo e Lygia Pape.
In qualche modo alcuni di loro difendono ancora la propria avanguardia.
Come nel caso eclatante delle sale di specchi in cornici barocche con cui Michelangelo Pistoletto ha rinnovato il violento impatto visivo del suo debutto giovanile.
Molte delle presenze citate dimostrano quanto sia necessario il confronto tra generazioni e quanto, per gli artisti più giovani, sia utile riflettere sulle radici della propria ricerca.
Secondo i comunicati stampa, la cinquantatreesima edizione si avvarrebbe di importanti miglioramenti “strutturali” che riguardano i siti sparsi tra i padiglioni delle varie nazioni ai Giardini, all’Arsenale e in giro per Venezia.
Ma la tentazione del mugugno per quanto riguarda il Padiglione Italia, trasferito all’interno dell’Arsenale dalla sua sede storica situata al centro dei Giardini, appare motivata.
Il Padiglione Italia è stato ricreato in periferia.
Per raggiungerlo bisogna conquistarsi un moto-taxi perché, come si sa, la struttura dell’Arsenale è di 14.000 metri quadrati, faticosissima da percorrere.
Certo, se si riesce a visitarlo a mente fresca e gambe riposate, l’impatto può essere emozionante.
Un po’ come ritrovarsi all’improvviso tra le quinte di un grande teatro o sul set di un regista pazzo che stia giocando tutte le proprie carte in un film senza copione e senza attori.
Come riferisce il presidente della Biennale Paolo Baratta: “Fino a pochi mesi fa l’edificio chiamato Padiglione Italia altro non era che un grande contenitore che la Biennale restituiva vuoto al termine di ogni mostra.
Grazie a un accordo col Comune di Venezia la Biennale ha acquisito in concessione l’edificio con parte dei giardini e ne potrà così disporre continuativamente.
Per la prima volta la Biennale ha finalmente una sede dove poter sviluppare le attività permanenti al lato dei festival e delle grandi mostre”.
La nuova destinazione dell’ex Padiglione Italia, avrà motivazioni rispettabili, ma la domanda resta: gli spazi ai Giardini sono o non sono da considerarsi privilegiati? Come sanno bene i visitatori abituali della kermesse, alla Biennale i luoghi da visitare non sono soltanto ai Giardini o all’Arsenale, ma anche in molti altri spazi in giro per tutta Venezia.
Da Palazzo Grassi al Guggenheim, alla Fondazione Bevilacqua La Masa, dove quest’anno si è rivista Rebecca Horn con una suggestiva e metafisica installazione intitolata Fata Morgana, o persino al Caffè Florian, riarredato dalle eleganti opere di Marco Tirelli.
Dopo aver visitato installazioni e video, chilometri di quadri e sculture monumentali (come l’omaggio a Pietro Cascella) opere dissacranti di artisti che rimestano nel torbido per esorcizzare i propri fantasmi, viene spontaneo chiedersi quale potrebbe essere il comune denominatore di questa Biennale.
Sembra quasi che in ogni parte del mondo l’artista più che “fare”, abbia vissuto il mutamento in atto.
Il divenire delle cose “nel fare mondi” appare in pochi, preziosi istanti della metamorfosi.
Non tutti sono consapevoli che si sta tornando a un tempo che vive l’inganno e il disinganno in cui sinonimi del “mondo” sono la fantasia e il nulla.
Si sta tornando all’epoca delle “vanità”, alla consapevolezza di quanto illusoria sia la cosa dipinta.
Forse non è un caso che i temi rappresentati dall’estetica barocca in cui la figurazione della morte è sempre presente nelle vanitates, siano più o meno consapevolmente rappresentati nei linguaggi artistici, in varie parti del mondo.
Forse questo particolare sentimento dell’arte nasce dall’incertezza di tutte le cose, dall’instabilità del reale, dalla relatività dei rapporti.
E pare singolare che il tema svolto con diligenza da tanti artisti diversi sia così pieno di sfumature contrastanti, di dialettiche cariche di luci e ombre, che accolgono in sé il senso della trasformazione.
Ciò che appare più evidente nell’arte di oggi è quella forza che tende a frantumare le forme, al di là dei limiti del tempo e dello spazio, in attesa di ricomporle, con furore, in un nuovo significato.
Quanti esempi si possono fare per questa sorta di “post barocco”? A cominciare dal Palazzo delle Esposizioni con l’installazione di Nathalie Djurberg, The experiment, in cui lo spettatore attraversa una vegetazione mostruosa che introduce alla visione di un video inutilmente provocatorio e che fa scadere l’invenzione gioiosa dell’installazione.
Per non parlare di quella sorta di “vita e passione di Cristo” rivisitata e corretta da colori ammiccanti e violenti che sanno impastare velleità e false buone intenzioni con una spiritualità d’accatto.
Ciò nonostante tra un padiglione e l’altro risaltano alcuni nomi attraverso la forte presenza delle loro opere, come Tomas Saraceno che con Galaxy forming along filaments “crea mondi” graffiati nell’aria, in assoluto contrasto con la pittura dello spagnolo Miquel Barceló, che in una mostra antologica presenta opere materiche dal forte impatto espressionista, sempre oscillante tra una volontà di astrazione – come quelle sul tema del mare – e la tentazione di immagini figurative, come il ciclo legato all’Africa.
Più elegante e raffinata appare la presenza dell’olandese Fiona Tan, che con il video A lapse of memory propone immagini che alludono ai resoconti di Marco Polo assieme a ritratti fissati sullo schermo del video, come foto incorniciate, che a distanza di tempo si muovono impercettibilmente, creando nello spettatore un effetto di spaesamento.
Altrettanto forte la presenza di Grazia Toderi, che proietta su schermi giganti stralunati notturni di città che sembrano in attesa dell’Apocalisse.
Apocalisse di cui si può avere un assaggio durante i primi giorni della Biennale, in cui Venezia è ostaggio del frenetico rincorrersi degli eventi mondani.
La speranza torna quando si incontra un artista come Gerry Fox che ci regala un’emozione visitando Palazzo Donà delle Rose.
Nell’atrio buio del palazzo si assiste a una multivisione proiettata su sei schermi giganti.
Il titolo Venice in Venice preannuncia una sequenza di luoghi e situazioni contrastanti.
In soli otto minuti veniamo circondati da maschere di carnevale, dai superbi personaggi del ballo del Doge, dallo splendore sontuoso della regata storica, dalle immagini familiari dei divi del festival del cinema, dal popolo dei mercati della frutta e del pesce a Rialto, dall’alternarsi delle maree che impongono ai veneziani di muoversi al rallentatore con le gambe nell’acqua.
Tre anni ci sono voluti per realizzare questo filmato che ci mostra l’illusorietà del tempo, dando allo spettatore la percezione della morte nella massima pienezza della vita.
Forse non è un caso che Gerry Fox non è solo un artista ma è soprattutto un regista che conosce gli umili segreti del proprio mestiere.
Qualcuno ha detto che l’arte del nostro tempo è contaminata dai nonsense e dal gusto del gioco e del divertimento, ma forse basterebbe fermarsi un po’ più a lungo di fronte all’opera per scoprire cosa nasconda quest’apparente fiera delle vanità.
(©L’Osservatore Romano – 10 giugno 2009) Una Biennale di Venezia finalmente pensata dalla parte degli artisti, perché un’opera deve considerarsi qualcosa di più di un oggetto mercificabile.
A idearla è stato Daniel Birnbaum, uno dei più giovani e preparati curatori oggi sulla piazza.
Nato nel 1963 a Stoccolma, Birnbaum è, dal 2001, rettore dell’Accademia di Francoforte sul Meno in cui riesce a conciliare l’insegnamento dell’arte contemporanea con la sperimentazione e la ricerca di aspiranti artisti.
Secondo Birnbaum l’opera può essere vista come un modo di “costruire un mondo”.
Il titolo a cui i novanta artisti invitati si sono ispirati per costruire le proprie opere è infatti, non a caso, “Fare mondi/Making wolds”.
Alla ri-scoperta della didattica laboratoriale
Il perché di un viaggio: ri-scoprire i laboratori La didattica laboratoriale in ogni ordine di scuola, soprattutto in quella primaria, potrebbe a prima vista apparire come un dato scontato, un punto fermo ed inamovibile della vita scolastica quotidiana.
Tuttavia, a livello nazionale, colpiscono i continui richiami al “Laboratorium” presenti nei documenti della Riforma Moratti, ma anche nelle nuove Indicazioni per il curricolo Se la laboratorialità rappresenta una dimensione strategica della didattica, come si possono spiegare i molti richiami al suo valore ed alla sua applicazione? siamo di fronte… – ad un “evergreen”, cioè ad una modalità didattica sempre attuale? – ad un “revival” di esperienze passate (forse un po’ nostalgico)? – ad un qualcosa di cui non è mai stata sperimentata a pieno l’efficacia ? – ad un valore aggiunto (per efficacia, coerenza con le esigenze di apprendimento degli alunni..) nella didattica? A livello invece maggiormente “locale”, può capitare che un intero Collegio di settore (scuola primaria) si interroghi alla ricerca di linee comuni di azione, di chiarimenti circa dubbi ben circostanziati e didatticamente fondati (es.
modalità di valutazione nei laboratori, modalità di attuazione dei LARSA…) afferenti alla didattica laboratoriale.
Da tutto questo è scaturita una ricerca-azione supportata dalla figura della Funzione strumentale al POF e all’Autovalutazione di Istituto che, analizzata la situazione, ha individuato alcuni possibili obiettivi dell’attività di ricerca stessa: – creare una raccolta ragionata, ordinata e completa di tutti i laboratori attivati nell’Istituto, in vista di una socializzazione e di un confronto sulle esperienze svolte nei diversi plessi (fase della ricerca).
Non sempre tutti i docenti sono al corrente di quanto viene svolto begli altri plessi scolastici, soprattutto nel caso (quale il nostro) di istituzioni scolastiche che operano su un territorio piuttosto esteso e comprendono quindi diverse realtà al suo interno; – creare un’occasione per riflettere sui laboratori, facendo emergere le ricchezze presenti nell’Istituto e le domande irrisolte, dal punto di vista sia pedagogico che didattico (fase dell’azione).
Per la consultazione dell’intero contributo vedi gli allegati
Per la valutazione degli alunni
Lo scorso 28 maggio 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, insieme ai Regolamenti per la nuova Istruzione tecnica e professionale (in prima lettura), l’atteso Regolamento sulla valutazione degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado.
In attesa che il Regolamento venga promulgato dal Capo dello Stato, registrato dalla Corte dei Conti e infine pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Tuttoscuola ha redatto una Guida breve alla valutazione degli alunni, a beneficio di tutti gli operatori scolastici e i soggetti interessati a capire che cosa cambierà a seguito del provvedimento.
E’ bene notare che alcuni degli aspetti contenuti nel Regolamento sono già stati definiti dalla legge 169/2008 e dal decreto ministeriale n.
5/2009 e sono quindi operativi fin da subito, mentre altri per essere applicabili attendono la conclusione dell’iter del Regolamento, e ciò sta alimentando tra operatori scolastici, genitori e studenti molti dubbi.
Per chiarirli, la Guida esamina, in una forma semplice e divulgativa, le vecchie disposizioni normative in tema di valutazione e le nuove, con riferimento a tutti i gradi di scuola (primaria, secondaria di I grado e secondaria di II grado), la certificazione delle competenze e gli strumenti della valutazione.
I voti invece dei giudizi, il cinque in condotta, le nuove modalità di ammissione agli esami di terza media e di maturità, il “sei rosso” per evitare le bocciature in massa, la certificazione delle competenze e tutte le altre novità in materia di valutazione degli alunni sono ora reperibili nella Guida online pubblicata dalla nostra rivista.
Basta cliccare sul banner qui sopra.
Molte di queste novità, come i voti al posto dei giudizi, entrano in vigore già dal corrente anno scolastico 2008-2009 perché sono direttamente contenute nella legge n.
169/2008.
Altre sono state invece inserite in un regolamento di coordinamento di tutte le norme sulla valutazione, varato il 28 maggio 2009, che tuttavia non ha ancora completato il suo iter di approvazione e potrà entrare in vigore solo con il prossimo anno scolastico 2009-2010.
Tra norme già in vigore e norme di prossima attuazione si è venuto a determinare un quadro nel quale si sovrappongono il vecchio con il nuovo ordinamento, il certo con l’incerto, ciò che è rimesso all’autonomia decisionale delle scuole e degli insegnanti e ciò che non lo è.
Tutto ciò ha generato incertezza e disorientamento.
La Guida rapida di Tuttoscuola intende fare chiarezza e dare certezza del diritto agli insegnanti, alle famiglie e a chi ha interesse a conoscere il nuovo sistema di valutazione.
La Guida contiene anche alcuni suggerimenti e criteri applicativi nei casi in cui le disposizioni lasciano alle scuole potere discrezionale di intervento.
La Guida è divisa in due parti: la prima presenta gli aspetti generali delle novità argomento per argomento (i voti invece dei giudizi, l’ammissione alla classe successiva e agli esami, le nuove regole per gli esami di licenza e di maturità, la validità dell’anno scolastico, la certificazione delle competenze e altro); la seconda ripercorre le norme per livello di scuola (primaria, secondaria di I grado e secondaria di II grado), in modo da agevolare la consultazione.
Per la consultazione http://www.tuttoscuola.com/speciali/valutazione_alunni.pdf
autoaggiornamento e formazione der i docenti
Ai molti lettori che lo stanno chiedendo, Tuttoscuola conferma che è stata prorogata anche a quest’anno la detraibilità dalle imposte sul reddito delle persone fisiche, delle spese sostenute dai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, a fini di autoaggiornamento e formazione.
La misura della detraibilità è del 19% fino ad un massimo di 500 euro spesi e documentati (quindi la detraibilità massima è di 95 euro).
Il riferimento normativo è quello della Legge 22 dicembre 2008, n.
203 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) – art.
2 (il cui titolo è “Proroghe fiscali, misure per l’agricoltura e per l’autotrasporto, gestioni previdenziali, risorse destinate ai rinnovi contrattuali e ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico, ammortizzatori sociali e patto di stabilità interno”).
Al comma 5 di questo articolo, si legge testualmente: “Per l’anno 2009, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, spetta una detrazione dall’imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 500 euro, per l’autoaggiornamento e per la formazione”.
I lettori di Tuttoscuola sanno che le spese di abbonamento alla rivista o al sito appartengono alla categoria oggetto della detraibilità, ma materialmente come devono fare? Lo scorso 21 aprile l’Agenzia delle Entrate, ha diffuso una Circolare con cui spiega come fare per accedere alle agevolazioni fiscali per i docenti previste dalla Finanziaria del 2008 (ed è del tutto verosimile che la procedura si applichi anche quest’anno).
Il punto 3 della Circolare si intitola “Documentazione per la richiesta della detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti” e consta di una domanda e di una risposta.
La domanda è: “Con riferimento alla detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado anche non di ruolo con incarico annuale, tenuto conto che il Caf non è in grado di sapere se una determinata spesa è finalizzata all’autoaggiornamento o alla formazione, si chiede se è possibile attribuire la detrazione previa autocertificazione del contribuente che oltre ad indicare lo status di docente dichiarerà la finalità dell’acquisto”.
La risposta è “L’articolo 1, comma 207, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, ha previsto che, per l’anno 2008, i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, possono detrarre dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, fino a capienza dell’imposta lorda, un importo pari al 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, per l’autoaggiornamento e la formazione.
La detrazione spetta fino a un importo massimo di spesa di 500 euro.
La norma non definisce il significato di autoaggiornamento e formazione.
Al riguardo, si ritiene che diano diritto alla detrazione le spese relative a beni e servizi che secondo l’accezione comune favoriscono lo sviluppo della professionalità del docente, quali libri, riviste, software didattici, corsi di aggiornamento e seminari.
La riferibilità alla professione svolta dei beni e dei servizi acquistati e la qualità di docente di ruolo o di docente con incarico annuale devono essere oggetto di dichiarazione da parte del contribuente.
Le spese sostenute devono essere documentate con fattura o ricevuta fiscale dalle quali risulti la tipologia del servizio o del bene acquistato”.
tuttoscuola.com Il riferimento normativo è quello della Legge 22 dicembre 2008, n.
203 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) – art.
2 (il cui titolo è “Proroghe fiscali, misure per l’agricoltura e per l’autotrasporto, gestioni previdenziali, risorse destinate ai rinnovi contrattuali e ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico, ammortizzatori sociali e patto di stabilità interno”).
Al comma 5 di questo articolo, si legge testualmente: “Per l’anno 2009, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, spetta una detrazione dall’imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 500 euro, per l’autoaggiornamento e per la formazione”.
I lettori di Tuttoscuola sanno che le spese di abbonamento alla rivista o al sito appartengono alla categoria oggetto della detraibilità, ma materialmente come devono fare? Lo scorso 21 aprile l’Agenzia delle Entrate, ha diffuso una Circolare con cui spiega come fare per accedere alle agevolazioni fiscali per i docenti previste dalla Finanziaria del 2008 (ed è del tutto verosimile che la procedura si applichi anche quest’anno).
Il punto 3 della Circolare si intitola “Documentazione per la richiesta della detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti” e consta di una domanda e di una risposta.
La domanda è: “Con riferimento alla detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado anche non di ruolo con incarico annuale, tenuto conto che il Caf non è in grado di sapere se una determinata spesa è finalizzata all’autoaggiornamento o alla formazione, si chiede se è possibile attribuire la detrazione previa autocertificazione del contribuente che oltre ad indicare lo status di docente dichiarerà la finalità dell’acquisto”.
La risposta è “L’articolo 1, comma 207, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, ha previsto che, per l’anno 2008, i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, possono detrarre dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, fino a capienza dell’imposta lorda, un importo pari al 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, per l’autoaggiornamento e la formazione.
La detrazione spetta fino a un importo massimo di spesa di 500 euro.
La norma non definisce il significato di autoaggiornamento e formazione.
Al riguardo, si ritiene che diano diritto alla detrazione le spese relative a beni e servizi che secondo l’accezione comune favoriscono lo sviluppo della professionalità del docente, quali libri, riviste, software didattici, corsi di aggiornamento e seminari.
La riferibilità alla professione svolta dei beni e dei servizi acquistati e la qualità di docente di ruolo o di docente con incarico annuale devono essere oggetto di dichiarazione da parte del contribuente.
Le spese sostenute devono essere documentate con fattura o ricevuta fiscale dalle quali risulti la tipologia del servizio o del bene acquistato”.
tuttoscuola.com
valutazione degli studenti
Alle scuole superiori la valutazione intermedia e finale degli apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe.
Nello scrutinio finale il consiglio di classe sospenderà il giudizio degli alunni che non hanno conseguito la sufficienza in una o più materie, senza decidere immediatamente la non promozione, ma comunicando i risultati conseguiti nelle altre materie.
A conclusione dei corsi di recupero per le carenze dimostrate il consiglio di classe, dopo aver accertato il recupero delle lacune formative entro la fine dello stesso anno scolastico, non oltre la data di inizio delle lezioni dell’anno successivo, formulerà il giudizio finale e l’ammissione alla classe successiva.
Secondo quanto indicato dall’ordinanza ministeriale n.
40 dell’8 aprile 2009, relativa all’anno scolastico 2008/09, per l’ammissione all’esame di Stato sarà necessaria la media del 6.
Il voto in condotta concorrerà alla formazione della media.
A partire dall’anno scolastico 2009/10 saranno ammessi all’esame di Stato tutti gli studenti che conseguiranno la sufficienza in tutte le materie e in condotta.
Saranno ammessi direttamente agli esami di Stato gli studenti che in quarta avranno conseguito almeno 8 decimi in ciascuna materia (e anche nel comportamento) e che hanno riportato una votazione non inferiore al 7 in ciascuna disciplina, 8 per la condotta, nelle classi seconda e terza.
L’educazione fisica concorre come ogni altra disciplina alla determinazione della media dei voti.
Con il Regolamento approvato oggi dal Consiglio dei Ministri il voto sul comportamento concorrerà alla determinazione dei crediti scolastici.
Il 5 in condotta sarà attribuito dal consiglio di classe per gravi violazioni dei doveri degli studenti definiti dallo Statuto delle studentesse e degli studenti, purchè prima sia stata irrogata allo studente una sanzione disciplinare.
Inoltre, l’insufficienza in condotta dovrà essere motivata con un giudizio e verbalizzata in sede di scrutinio intermedio e finale.
La valutazione del comportamento è peraltro già partita nel primo quadrimestre dell’anno scolastico in corso ed ha registrato circa 34 mila insufficienze.
Per la valutazione degli alunni con disabilità si dovrà tener conto, oltre che del comportamento, anche delle discipline e delle attività svolte sulla base del piano educativo individualizzato.
Inoltre si prevede per gli alunni disabili, come in passato, la predisposizione di prove di esame differenziate, corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonei a valutare il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.
Per gli alunni in situazione di difficoltà specifica di apprendimento debitamente certificate, infine, interviene per la prima volta una disciplina organica, con la quale si prevede che, in sede di svolgimento delle attività didattiche, siano attivate adeguate misure dispensative e compensative e che la relativa valutazione sia effettuata tenendo conto delle particolari situazioni ed esigenze personali degli alunni.
——————————————————————————– tuttoscuola.com Questa mattina il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, insieme ai Regolamenti per la nuova Istruzione tecnica e professionale (in prima lettura) anche l’atteso Regolamento sulla valutazione degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado.
Non ci sono novità rispetto alla versione iniziale del provvedimento.
Nella scuola primaria gli alunni saranno valutati dall’insegnante unico di riferimento.
La valutazione terrà conto del livello di conoscenza e del rendimento scolastico complessivo degli alunni nelle singole materie.
La valutazione nelle singole materie sarà espressa in voti numerici, solo per l’insegnamento della religione cattolica resta la valutazione attraverso un giudizio sintetico formulato dal docente.
I docenti di sostegno parteciperanno alla valutazione di tutti gli alunni.
Nella scuola elementare gli alunni potranno essere non ammessi alla classe successiva solo in casi eccezionali e motivati.
Il voto in condotta nella scuola elementare sarà espresso attraverso un giudizio del docente o dei docenti contitolari.
Nella scuola secondaria di primo grado gli studenti saranno valutati nelle singole materie con voti numerici.
Anche a questo livello di scuola l’insegnamento della religione cattolica continuerà ad essere valutato attraverso un giudizio sintetico del docente.
Per essere ammessi all’anno successivo, comunque, sarà necessario avere almeno 6 in ogni materia, compreso il comportamento (condotta).
Anche per la ammissione all’esame di Stato di terza media gli alunni dovranno conseguire la sufficienza in tutte le materie, compreso il comportamento.
In sede d’esame finale agli alunni particolarmente meritevoli che conseguiranno il punteggio di 10 decimi potrà essere assegnata la lode dalla commissione che deciderà all’unanimità, ma questa norma entrerà in vigore solo l’anno prossimo (2009-2010), insieme a quelle riguardanti il voto d’ammissione (in decimi) e i criteri di calcolo del voto finale.
Meticciato e dialogo tra culture
L’intento è mostrare alcuni concetti fondamentali che hanno caratterizzato la riflessione sul “culturalmente altro” (molte le sorprese per il lettore non specialista: dal Kant precursore di Hitler nel teorizzare la superiorità delle razze pure a un Voltaire affascinato dalla Sacra Scrittura) per superare lo stallo di una sterile retorica delle differenze, che celebra acriticamente la fine delle identità e un “miscuglio culturale, che, non si capisce per quale motivo, dovrebbe essere per tutti automaticamente liberante”.
“Questo fatto non deve essere equivocato.
Da processo in atto – scrive Gomarasca – il meticciato non può in alcun modo diventare una strategia politica paragonabile a quella peraltro rivelatasi fallimentare del multiculturalismo; oltre tutto, il fenomeno della mescolanza non sempre avviene in modo pacifico.
Ciò che è umanamente decisivo non è che le persone e le culture si mescolino – cosa del tutto contingente – bensì il fatto che tra persone e culture si stabiliscano relazioni di riconoscimento reciproco.
Riconoscimento che, quando manca, disumanizza persone e culture.
Si tratta allora di capire se i luoghi dove concretamente si genera il bene del riconoscimento sono in grado di ospitare processi di meticciato che ne arricchiscono l’intrinseco potenziale relazionale”.
Se le culture sono in contatto (e, storicamente, lo sono sempre state, anche se con diverse modalità di interazione e integrazione) ciò significa che il meticciato è una metafora che tocca un punto antropologico fondamentale: l’essere del soggetto umano non è chiuso in se stesso ma costitutivamente aperto al legame con l’altro.
È a questo punto che l’autore introduce il concetto di “filiazione”, “una questione troppo delicata per essere lasciata totalmente nelle nostre mani”.
Per questo “vale la pena di lasciarsi istruire dal testo biblico, il racconto della torre di Babele”.
Abitualmente citato come metafora della fiera delle differenze culturali, l’episodio biblico di Babele va visto – come spiega bene Derrida – come una questione paterna.
Del resto già Voltaire si chiese, con un certo stupore, come mai nessuno si fosse accorto che Babele non vuole soltanto dire confusione, ma anche padre, più precisamente il nome di Dio come nome di padre.
“Se questo è vero, allora dobbiamo dire che quando Dio punisce gli uomini imponendo a tutti la confusione, impone anche il suo nome di padre”.
Che significa? Derrida sembra cogliere la finezza del racconto e, infatti, si chiede: perché Dio punisce i costruttori della torre? Per aver voluto costruire fino all’altezza dei cieli? È molto probabile, ma anche “per aver voluto “farsi un nome”, scegliersi il proprio nome, costruirlo da sé”.
L'”auto-nominazione” di Derrida assomiglia all’auto-riconoscimento dello spirito assoluto descritto da Hegel; è insomma la pretesa di mettersi al posto dell’origine per non dover dipendere, per non dover riconoscere che esistiamo in relazione agli altri.
“Ciò equivale – continua Gomarasca – al colonialismo: in fondo i costruttori delle terre vogliono riunire tutti gli uomini in un solo nome, in una lingua universale perché univoca, perfettamente trasparente.
Quando Dio impone e oppone loro il proprio nome, rompe la trasparenza razionale, ma interrompe anche la violenza colonialista o l’imperialismo linguistico.
Li destina alla traduzione”.
La proibizione dell’univocità è dunque un gesto paterno di protezione che ci ripara dalla violenza dell’auto-nominazione, senza però lasciarci in balìa dell’equivoco: l’universale c’è, ma, fortunatamente, non è esclusiva proprietà di nessuno.
La traduzione è allora l’unica strada per essere autenticamente figli, eredi di un nome che è proprio per ciascuno solo in quanto è ricevuto.
“È quindi facile immaginare che, traducendosi, i mondi di vita particolari – fatti di persone, lingue, culture – potrebbero anche “meticciarsi” scoprendo inaspettate zone di contatto e di sovrapposizione.
Del resto niente di ciò che è proprio, secondo una dinamica di filiazione, può mai equivalere all’esclusivo, nel senso dell’escludere l’altro”.
L’auspicio, conclude Gomarasca, è che questi possibili esiti “esproprianti” ci ricordino con maggiore evidenza la nostra origine comune e la convenienza umana di continuare a tradurre; con Babele Dio, sembra suggerire l’autore, ha regalato all’uomo la bellezza complessa e dialogica di un mondo polifonico per salvarlo da uno sterile (e alla lunga noioso) ruolo da solista.
(©L’Osservatore Romano – 22-23 maggio 2009) Attenzione al vuoto che si nasconde dietro gli slogan, alla retorica di una tolleranza che, come l’etimologia del termine stesso suggerisce, implica il rischio di tollerare l’altro senza un reale desiderio di incontrarlo; lo scopo del libro Meticciato: convivenza o confusione di Paolo Gomarasca (Venezia, Marcianum press, 2009, pagine 216, euro 20) è ripensare il processo di incontro e fusione di culture diverse – tema centrale del progetto Oasis lanciato nel settembre 2004 dal patriarca di Venezia Angelo Scola – non limitandosi a descrivere a livello storiografico la genesi di un fenomeno che ha cambiato il volto a interi continenti (l’esempio più significativo resta sempre il métissage del Nuovo Mondo) ma individuando le categorie antropologiche che possono contribuire a rivelarne le reali potenzialità.
La competenza linguistica dei 15enni europei ed italiani
Nel 2000 si era convenuto che per la competenza degli adolescenti europei nell’interpretazione dei testi linguistici (literacy) fosse tollerabile avere non più del 17% di quindicenni fermi ai livelli minimi, cioè a quello che le ricerche PISA fissano alla capacità inferiore, livello 1.
Nel 2000 la media dell’Unione era attestata al 21,3%.
Si trattava di scendere di poco più di quattro punti con l’apporto, s’intende, di tutti i Paesi membri.
L’Italia nel 2000 era a poco meno di due punti dal benchmark 2010 del 17%.
Ma le cose in questi sette anni (2000-2007) sono andate ben diversamente dal previsto e molti Paesi, anziché migliorare i propri livelli medi di competenza linguistica dei 15enni, hanno elevato i livelli di incompetenza, tanto che la media europea, anziché scendere, è salita di 2,8 punti, passando dal 21,3% del 2000 al 24,1% del 2006.
Hanno peggiorato i precedenti livelli di competenza linguistica del 2000 la Francia (salita da un buon 15,2% ad un mediocre 21,7%), la Gran Bretagna (salita dal 12,8% al 19%), l’Olanda (peggiorata anch’essa risalendo da un buonissimo 9,5% al 15,1%) e la Spagna (risalita addirittura dal 16,3% al 25,5).
E l’Italia che nel 2000 era così vicina alla meta finale? Male anch’essa, perché è risalita al 26,4%: un livello che registra una diffusa scarsa competenza linguistica tra i nostri quindicenni per un ragazzo ogni quattro: un peggioramento di 7,5 punti.
Un livello tra i peggiori in ambito europeo (26,4%): peggio di noi soltanto la Grecia, la Bulgaria e la Romania.
Tuttoscuola avanza un’ipotesi interpretativa del dato Rispetto all’obiettivo fissato a Lisbona per contenere al 2010 il deficit di competenza linguistica dei quindicenni al 17%, nella rilevazione intermedia del 2007 è emerso che hanno migliorato il proprio livello, anche senza raggiungere l’obiettivo fissato del 17%, la Polonia, la Germania, l’Ungheria, il Lussemburgo, la Lettonia, la Danimarca e la solita Finlandia.
Proprio il Paese scandinavo, ormai noto per le sue performances in campo formativo e scolastico, ha fatto registrare, oltre all’abbassamento di oltre due punti di quel già buon livello del 7% raggiunto nel 2000, la miglior posizione in assoluto tra i Paesi Europei, attestandosi sul 4,8% di scarsa competenza linguistica tra i suoi quindicenni, che è come dire che più del 95% di quei ragazzi ha una buona o buonissima competenza linguistica: una condizione di base per conseguire ulteriori elevati traguardi in campo scolastico e formativo.
L’Italia, peggiorando la sua situazione del 2000, si è attestata al 26,4%.
C’è da chiedersi quale è la ragione per un diffuso peggioramento delle competenze linguistiche registrato tra tanti quindicenni europei nell’arco di sei anni o poco più.
Un peggioramento che non si registra in termini così generalizzati per altri indicatori sui livelli di istruzione rilevati dall’Unione.
Non è facile trovare risposte, ma si possono avanzare alcune ipotesi per cercare di capire un fenomeno “strano” che vede molti Paesi peggiorare la propria situazione o, comunque, faticare più del previsto, per avvicinarsi all’obiettivo prefissato.
Se la competenza linguistica dei nostri (e di tanti altri) quindicenni è peggiorata, è causa soltanto del sistema di istruzione oppure ha altri fattori agenti esterni fortemente incidenti nei cui confronti la scuola non ha capacità di contrasto? Ci sentiamo di avanzare l’ipotesi che il crescente e diffuso ricorso a strumentazione telematica e tecnologica nella comunicazione quotidiana di cui si avvalgono i giovanissimi (internet, cellulari, blog, ecc.) stia inducendo semplificazioni del linguaggio comunicativo che risulta alla fine più funzionale e immediato, ma lessicalmente impoverito e ridotto.
E la scuola sembra subire la situazione in atto senza efficaci interventi di contrasto che richiedono un’azione di formazione linguistica strutturale che affonda le radici nella scuola primaria e che ha bisogno di essere mantenuta e integrata in modo sistematico nella scuola secondaria di I grado.
Droga e minori
RELAZIONE 2008 La droga continua ad uccidere, nonostante l’impegno delle forze dell’ordine.
E l’Italia resta tra i principali poli europei sia come area di transito che di consumo.
Il nostro è un Paese dove domanda e offerta restano elevate e dove operano le mafie che non solo controllano i traffici internazionali, ma hanno cominciato a produrre la droga in proprio.
È l’allarme che arriva dalla la Direzione centrale dei servizi antidroga (Dcsa) del Viminale, nella sua relazione annuale.
Dal 1973, quasi 22mila vittime.
Nel 2008 è morta per droga più di una persona al giorno.
Vittime che si vanno a sommare ai quasi 22mila morti dal 1973 (l’anno in cui cominciarono le rilevazioni) ad oggi.
Le vittime, 502 nel 2008, sono comunque meno rispetto alle 606 del 2007, con un calo del 17%.
La droga che uccide di più resta l’eroina: 209 vittime contro le 37 attribuite alla cocaina.
I più colpiti sono gli uomini (450, l’89% del totale) a partire dai 25 anni per raggiungere i picchi massimi nella fascia superiore ai 40.
Nella relazione si segnala però che anche tra i giovanissimi si sono registrate vittime: 14 ragazzi tra i 15 e i 19 anni e un adolescente sotto i 15.
Aumentano i minori coinvolti.
E proprio quello sui i minori è uno dei dati che preoccupa di più gli investigatori: nel 2008, infatti, è salito il numero di quelli coinvolti nei traffici di droga.
L’anno scorso ne sono stati denunciati 1.124 (76 arrestati), con un incremento rispetto al 2007 dell’8%.
Quanto alle donne, ne sono state denunciate 3.054, con un calo del 4% dal 2007.
Oltre 28mila le persone arrestateIl contrasto messo in atto dalle forze di polizia ha comunque prodotto risultati importanti.
Delle 35.097 segnalazioni all’autorità giudiziaria, che hanno portato a 28.522 arresti (il 3,18% in più rispetto al 2007), la maggioranza riguarda cittadini italiani (23.691 persone, pari al 67%).
Vi è anche un consistente numero di stranieri: 11.406, il 32% del totale con un incremento del 6% rispetto al 2007.
Boom dei sequestri di hashish.
Nel complesso sono stati sequestrati nel 2008 42.196 chili di droga e le operazioni antidroga sono state 22.470 (+ 1,63 rispetto al 2007).
A fronte di un calo dei sequestri di eroina (-30,22%) e marijuana (-47,69%) si è però registrato un forte aumento di quelli di hashish (70,24%).
Anche i sequestri di cocaina crescono, anche se in misura meno rilevante (4,66%).
Le mafie ora producono in proprio.
È la novità accertata dalle inchieste: la coltivazione diretta «garantisce guadagni maggiori e meno rischi per il trasporto» tanto che, dice la relazione, la produzione di cannabis sta diventando «l’oro verde del capitalismo criminale».
Per il resto la ’Ndrangheta si conferma «una delle grandi holding della droga», capace di far diventare l’Italia negli ultimi 20 anni «il centro strategico del mercato globale della cocaina, instaurando contatti diretti con i narcos della Colombia e detenendo il monopolio del traffico in Europa».