Con nota del 2 marzo scorso il Ministero dell’istruzione ha rettificato il modello (allegato alla circolare per le iscrizioni n.
4/2010) per la scelta delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica.
Tale modello, come aveva segnalato anche la Cgil-scuola, prevedeva soltanto due opzioni, mentre la stessa circolare ne riportava correttamente tre: – attività didattiche e formative – attività individuali o di gruppo con assistenza di personale docente; – non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica”.
La nota ministeriale invita i dirigenti scolastici ad integrare, pertanto, il modello già trasmesso, riportando le tre opzioni possibili.
Da notare che il modello, allegato ogni anno alla circolare delle iscrizioni, non viene utilizzato subito, bensì prima dell’inizio delle lezioni.
Categoria: Didattica
José Carreras
La porta non l’ha chiusa definitivamente.
«Potrei ripensarci solo se mi offrissero il titolo giusto nell’ambito di un progetto artistico serio» dice.
Aggiungendo, però, che «per ora titoli e progetti all’orizzonte proprio non se ne vedono».
José Carreras ha detto addio all’opera.
Quella che negli anni Settanta e Ottanta lo ha visto trionfare nei teatri di tutto il mondo, conteso da direttori come Karajan e Abbado.
E non se ne pente.
«Perché, guardando indietro, posso dire di aver fatto molto di più di quello che progettavo all’inizio della mia carriera» confida il tenore spagnolo.
Ma anche perché gli impegni musicali non gli mancano.
L’altra sera era a Brescia.
«Uno dei tanti recital che faccio in giro per il mondo per far conoscere e sostenere la mia Fondazione per la lotta alla leucemia».
Scusi, Carreras, ma chi glielo fa fare? A 63 anni, dopo tutti i successi raccolti, non avrebbe voglia di un po’ di riposo? «Sento che devo assolvere a un dovere.
Cantare, impegnarmi per raccogliere fondi da destinare alla ricerca è il mio modo per sdebitarmi.
Per dire grazie alla vita.
Per dare a chi oggi combatte contro la malattia quello che a suo tempo ho ricevuto gratuitamente.
Una speranza.
Il coraggio di andare avanti.
Quando mi sono ammalato di leucemia, nel 1987, i medici mi avevano detto che avevo una possibilità su dieci di guarire.
Mi crollò il mondo addosso.
Roba da chiudersi in casa e non uscire più».
Invece cosa le ha dato la forza di non arrendersi? «La famiglia e gli amici.
Le tante persone che in molti modi mi facevano sentire il loro affetto, senza il quale non so davvero se ce l’avrei fatta.
È stato fondamentale essere circondato da gente che era sicura che avrei sconfitto la leucemia.
Mi ha dato la forza di lottare.
Un’esperienza che cerco di trasmettere alle persone malate che incontro: se vi hanno detto che avete una possibilità su un milione dovete credere che quella sarà la vostra possibilità».
Detta così sembra facile.
«Naturalmente non ce l’avrei fatta senza la straordinaria équipe medica che mi ha seguito.
Anche perché i momenti di sconforto sono stati tanti.
Ma mi hanno temprato, hanno lasciato in me un segno indelebile.
E mi hanno aiutato a trovare il lato positivo del dolore: ho modificato la scala delle priorità della mia vita, sono diventato più aperto al dialogo, alla comprensione, a sentimenti di solidarietà e di fratellanza».
Possiamo sintetizzare usando la parola fede? «La malattia mi ha fatto riscoprire la dimensione spirituale dell’esistenza.
Una presenza che da allora è diventata costante nella mia vita.
Ogni anno con la mia Fondazione organizziamo un pellegrinaggio a Lourdes: una grande gioia per me, un’esperienza unica a contatto con la sofferenza e la fede».
E la musica l’ha aiutata? O in quei frangenti anche un musicista vorrebbe solo silenzio intorno a sé? «Mi sono aggrappato in ogni istante alla musica.
L’ho sempre considerata un conforto spirituale.
E nella mia lotta contro la leucemia mi ha sostenuto il desiderio di poter un giorno tornare a cantare.
Anche nei momenti peggiori non ho mai smesso di studiare musica.
Ma soprattutto di ascoltarla.
Le mie giornate avevano sempre la musica in sottofondo.
E non era necessariamente classica.
Anche se ascoltavo e riascoltavo il Concerto n.2 per pianoforte e orchestra di Rachmaninov.
Non saprei dire il perché, ma avvertivo una malinconia, un misticismo che mi confortavano e mi davano speranza».
E oggi, in un mondo dove il dolore – quello provocato dalla malattia, ma anche dalle catastrofi naturali – mette molti alla prova, che speranza intravede? «Nei momenti difficili ho sempre guardato ai più piccoli, ai bambini.
Penso che dobbiamo combattere per loro, sforzarci di dialogare tra popoli di fedi e culture diverse, intraprendere la via della pace per garantire loro un futuro.
Penso che la musica in questo possa giocare un ruolo fondamentale».
In che senso? «Può essere uno strumento di dialogo che fa incontrare le persone.
Può aiutare gli uomini a riflettere sulla vita.
Anche per questo, quando canto, spero sempre di arrivare al cuore degli ascoltatori.
Per comunicare emozioni.
Per trasmettere quella speranza che per me è stata fondamentale».
Pierachille Dolfini
I social network e la nuova organizzazione della conoscenza
È Pierre Lèvy a parlare di un nuovo spazio antropologico, lo “spazio del sapere”.
Dice Lèvy: “Il sapere della comunità pensante non è più un sapere comune, perché ormai è impossibile che un solo essere umano, o anche un gruppo, domini tutte le conoscenze, tutte le competenze (…) è un sapere essenzialmente collettivo, impossibile da riunire in un solo corpo (…) tutti i saperi dell’intellettuale collettivo esprimono divenire singoli, e questi ultimi formano dei mondi”. Il “collettivo intelligente”, il soggetto dello spazio del sapere, non è identificabile dai “legami di sangue”, o dalla trasmissione dei racconti, ma, essendo aperto ad altri membri, ad altri collettivi, a nuove conoscenze, esso è “errante” nello spazio del sapere.
Il “soggetto della conoscenza” dice Lèvy “si costituisce grazie alla propria enciclopedia”.
Il termine enciclopedia richiama l’originaria oscillazione di “moventesi in circolo”, “circolare” da cui “complessivo, globale” (www.treccani.it).
Infatti, il ruolo dell’enciclopedia è la messa in circolo del sapere o dell’istruzione.
E la sua implicita circolarità connota proprio l’operazione di rinvio indefinito, caratteristica dell’enciclopedia.
La circonferenza che delimita il cerchio, richiamato dal significato di enciclopedia, tuttavia, è pur sempre una linea, una figura a una dimensione, sebbene evochi un’immagine dell’infinito.
La linea rispecchia proprio l’immagine di un sapere che si esprime principalmente sotto forma di testo il quale, seppur complesso, comunque è fisicamente lineare.
Lèvy, e Michel Authier, hanno chiamato “cosmopedia” un nuovo tipo di organizzazione dei saperi, aperta dalle scienze dell’informazione e dei calcolatori, basata sulla rappresentazione e gestione dinamica della conoscenza.
Nella visione dei due filosofi, il cosmo connota uno spazio di rappresentazioni dinamiche e interattive che, a differenza dell’immagine fissa del testo, caratteristica dell’enciclopedia, contempla un numero elevato di forme di espressione come le immagini, fisse e animate, i suoni, le simulazioni interattive, le mappe interattive, le realtà virtuali, le vite artificiali e così via.
Caratteristica principale della cosmopedia è l’eliminazione delle differenze tra le discipline, dove trovano spazio, invece, solo alcuni concetti che, anche se composti, sono in continua ridefinizione.
E i suoi soggetti, i membri del collettivo intelligente, materializzano il proprio sapere, proustianamente, in un’immagine digitale in continua metamorfosi, cercando, consultando ed esplorando.
Una visione della teoria della conoscenza, o epistemologia, vede il soggetto costruire il proprio oggetto di conoscenza, imponendogli le categorie, conosciute come “forme a priori”, attraverso le quali lo coglie e lo interpreta.
Un esempio è lo scienziato, un soggetto che sottomette l’oggetto alle proprie misure, ai propri concetti, alla propria teoria, usando categorie come tempo, spazio o causalità.
Un’altra visione epistemologica, l’empirismo, al contrario, descrive gli oggetti così come si imprimono nel soggetto, considerando l’intelligenza come il prodotto delle proprie esperienze.
Né queste due visioni contrapposte né una serie di posizioni intermedie sembrano offrire, tuttavia, un modello interpretativo valido per lo spazio del sapere.
Secondo Lèvy e Authier queste visioni partono tutte dal soggetto, oppure dall’oggetto, o dalla loro interazione.
I due termini, soggetto e oggetto, sono, tuttavia, “sempre pensati dall’esterno”.
L’intellettuale collettivo, il soggetto dello spazio del sapere, invece, riunisce le proprie pratiche, siano esse speranze, interessi, negoziazioni e così via, in un sapere in rete, non gerarchizzato.
Quale, dunque, può essere un modello conoscitivo e, in generale, interpretativo? Facebook, Linkedin, MySpace o Twitter sono solo alcuni esempi di successo, non solo commerciale, delle diffusissime reti sociali, o social networks.
Esse permettono ai loro utenti di parlare, organizzare eventi, condividere opinioni, fare annunci, incontrare persone e così via.
L’analisi di queste reti indaga le relazioni fra i soggetti che le compongono, mostrando come il comportamento del singolo individuo sia influenzato dai vicini con cui è in contatto.
In altre parole, l’oggetto dell’analisi non è l’individuo ma un’entità che consiste di persone e collegamenti fra esse.
Per le scienze sociali la natura digitale di queste comunità rappresenta un’opportunità senza precedenti per studiare, dettagliatamente e su grande scala, comportamenti collettivi in modelli a rete, appunto non gerarchizzati.
Lo scienziato sociale, infatti, ha la possibilità di formulare e verificare ipotesi in ambienti virtuali simulati in modo da ottenere riscontri dai quali può elaborare teorie riguardanti i fenomeni indagati.
Uno di questi, ad esempio, il fenomeno dei piccoli mondi, o small worlds, ipotizza che la catena delle conoscenze sociali richieste per collegare persone, apparentemente lontane nella rete sociale, è molto corta.
L’ipotesi prende spunto dal noto esperimento dello psicologo americano Stanley Milgram il quale, nel 1967, ha scoperto che due persone, senza alcun contatto, potevano trasmettersi l’un l’altra messaggi attraverso una rete di conoscenze composta, al massimo, di sei persone.
(©L’Osservatore Romano – 21 febbraio 2010 )
Annuario Pontificio 2010
Tra il 2007 e il 2008 il numero dei Vescovi è aumentato globalmente dell’1,13%, passando da 4.946 a 5.002.
L’incremento è stato significativo in Africa (+ 1,83%) e nelle Americhe (+1,57%), mentre in Asia (+1,09%) e in Europa (+0,70%) i valori si collocano sotto la media complessiva.
L’Oceania registra nello stesso periodo un tasso di variazione di –3%.
La situazione dei sacerdoti, sia diocesani che religiosi, continua a mostrare, a livello aggregato, un’evoluzione positiva, ma moderata e comunque attorno all’1% nel periodo 2000/2008.
I sacerdoti, diocesani e religiosi, infatti, sono aumentati nel corso degli ultimi nove anni, passando da 405.178 nel 2000 a 408.024 nel 2007 e a 409.166 nel 2008.
La distribuzione del clero tra i continenti, nel 2008, è caratterizzata da una forte prevalenza di sacerdoti europei (47,1%), quelli americani sono il 30%; il clero asiatico incide per il 13,2%, quello africano per l’8,7% e quello nell’Oceania per l’1,2%.
Tra il 2000 e il 2008 non è variata l’incidenza relativa dei sacerdoti in Oceania; è invece cresciuto il peso sia del clero africano, sia di quello asiatico e dei sacerdoti americani, mentre il clero europeo è vistosamente sceso dal 51,5 al 47,1%.
Le religiose, che nel mondo erano 801.185 nell’anno 2000, diminuiscono progressivamente, tanto che nel 2008 se ne contavano 739.067 (con una diminuzione relativa nel periodo del 7,8%).
Va rilevato che i gruppi più numerosi di religiose professe si trovano in Europa (40,9%) e in America (27,5%) e che le contrazioni di maggior rilievo si sono manifestate ugualmente in Europa (- 17,6%) e in America (-12,9%), oltre che in Oceania (-14,9%), mentre in Africa e in Asia si hanno dei notevoli aumenti (+21,2% per l’Africa e +16,4 per l’Asia), che controbilanciano l’anzidetta diminuzione, ma non sino al punto di annullarla.
A livello globale, il numero dei candidati al sacerdozio è aumentato, passando da 115.919 nel 2007 a 117.024 nel 2008.
Complessivamente nel biennio si è avuto un tasso di aumento di circa l’1%.
Tale variazione relativa è stata positiva in Africa (3,6%), in Asia (4,4%) e in Oceania (6,5%), mentre l’Europa ha fatto registrare un calo del 4,3%.
L’America presenta invece una situazione di quasi stazionarietà.
(SL) (Agenzia Fides 20/02/2010) Città del Vaticano (Agenzia Fides) – L’Annuario Pontificio 2010 è stato presentato al Santo Padre Benedetto XVI questa mattina, 20 febbraio.
Dalla lettura del volume si possono desumere alcune novità relative alla vita della Chiesa cattolica nel mondo, a partire dal 2009.
Nel periodo che va dal 2007 al 2008 i fedeli battezzati nel mondo sono complessivamente passati da quasi 1.147 a 1.166 milioni, con un incremento assoluto di 19 milioni di fedeli e percentuale pari all’1,7%.
Confrontando questi dati con l’evoluzione della popolazione mondiale nello stesso periodo, passata da 6,62 a 6,70 miliardi, si osserva che l’incidenza dei cattolici a livello planetario è lievemente aumentata, dal 17,33 al 17,40 per cento.
Sant’Antonio
È la quarta volta in otto secoli che sant’Antonio si mostra.
Alle nove e venti di sera, nel buio della basilica chiusa, davanti ai suoi frati che lo salutano commossi con un applauso.
Il teschio lascia immaginare zigomi alti, mento sporgente, occhi infossati.
Lo scheletro, tenuto insieme da un filo trasparente, rivela – secondo gli studi anatomici del professor Meneghelli – che il santo più ritratto e scolpito al mondo era alto un metro e 70, molto per l’epoca.
Ha rotule ampie e appiattite, segno delle tante ore trascorse in ginocchio.
Ha tibie e peroni robusti, segno delle tante ore trascorse in cammino.
Non manca nulla: prova che le innumerevoli reliquie di sant’Antonio sparse in molte chiese tra Italia e Francia sono false.
L’argano ha sollevato la lastra di marmo, gli operai hanno aperto la cassa di rovere.
Ora i frati estraggono l’urna di vetro e, all’apparire del santo, innalzano l’inno «O gloriosa Domina», l’ultimo che Antonio cantò prima di spirare, sul carro che lo portava da Camposanpiero a Padova: «O gloriosa tra le vergini, splendente più che stella…».
Non ci sono giornalisti, tranne gli inviati del Corriere e di Avvenire; testimone dell’avvenimento è il notaio Marco Silva, che scrive l’atto di traslazione.
Sei frati portano la teca in spalla, verso l’abside: Giovanni Voltan, vicario provinciale, Giuseppe Casarin, rettore del seminario, Alberto Fanton, direttore della biblioteca, due teologi romeni, Eugen Blajut e Joan Butacu, e Ugo Sartorio, direttore del Messaggero di Sant’Antonio, 520 mila abbonati in Italia e nove edizioni in tutte le lingue della cristianità.
La cristianità è rappresentata in ogni sfaccettatura, sul sagrato.
L’ostensione comincia stamane all’alba, ma fin da ieri Padova è piena di pellegrini.
Bambini con le maschere di carnevale.
Suore arrivate in bicicletta.
Parrocchiani scesi dai bus che riempiono il Prato della Valle.
Portoghesi ansiosi di ricordare che il santo si chiamava in realtà Fernando Martim de Bulhoes ed era di Lisbona.
Zingari, molto devoti ad Antonio, che considerano il patrono delle cause impossibili.
Quando, il 10 ottobre 1991, tre uomini mascherati rubarono il reliquiario con la mandibola, le indagini puntarono sui rom, che reagirono indignati: come avrebbero potuto profanare le spoglie del loro santo? Due mesi dopo, la reliquia fu ritrovata in un campo presso l’aeroporto di Fiumicino.
Una voce, mai verificata, volle che fossero stati proprio gli zingari a mettere gli inquirenti sulla pista giusta.
L’urna traballa appena sulle spalle dei frati, seguiti dai ceri accesi e dalle telecamere del Tg1.
Rito medievale e tecnologia, latino e foto con i telefonini.
I confratelli intonano le litanie: «Sant’Antonio, gloria del Portogallo, prega per noi; amico di Cristo, prega per noi; entusiasta seguace di Francesco, prega per noi…».
Il corpo percorre il deambulatorio, sale gli scalini della cappella delle reliquie, viene adagiato su una semplice grata di ferro battuto, coperta da un drappo rosso e uno giallo.
Sono le dieci di sera, i frati recitano la compieta: «Gesù, luce da luce/ sole senza tramonto/ tu rischiari le tenebre/ nella notte del mondo…».
Da fuori arriva il suono delle campane.
A Padova sono attesi almeno 200 mila fedeli in una settimana.
L’avanguardia è già pronta a passare i quattro metal-detector ed entrare in basilica.
Molti sono venuti con gli ex-voto — fotografie di auto accartocciate, con il superstite che vi appoggia la mano come su un trofeo — o con suppliche a volte molto specifiche.
Chi invoca la guarigione dal fuoco di sant’Antonio, e non sa di aver sbagliato santo (quello del fuoco è l’altro, Antonio abate ed eremita).
Chi cerca la fede nuziale, chi un assegno perduto, chi uno sposo (i frati conservano la lettera giunta vent’anni fa dal Sud America e scritta da una signora che, indispettita con il santo che non trovava marito alla figlia, gettò la sua statuetta per strada.
Un passante ne fu colpito in testa.
Era il futuro genero).
Sant’Antonio, com’è noto, fa trovare le cose.
Una credenza nata dall’invocazione con cui nella notte i frati chiudono il rito: «Si quaeris miracula, mors, error, calamitas….» «Si quaeris» significa appunto «se cerchi»: nella tradizione popolare, Antonio divenne il santo delle cose perdute.
Quando fu ritrovata la mandibola, si parlò anche di un furto ordinato da Felice Maniero, il boss del Brenta, e di un suo successivo ravvedimento.
I frati considerarono che fosse stato Antonio a ritrovare la sua stessa reliquia.
Il ministro provinciale Giovanni Cappelletto ricorda che la prima volta fu san Bonaventura da Bagnoregio ad aprire la cassa, l’8 aprile 1263, e a trovare miracolosamente incorrotta la lingua con cui Antonio, grande oratore, pronunciava i suoi leggendari sermoni.
Nel 1350 il legato pontificio Guy de Boulogne collocò il corpo nella Cappella dell’Arca, e per oltre sei secoli nessuno lo toccò più.
Nel 1981, a 750 anni dalla morte, l’ostensione partì in sordina.
Il primo giorno si creò un flusso continuo di visitatori, ma l’attesa non superava la mezz’ora.
Poi i pellegrini aumentarono, e il portale sinistro venne riservato a loro; l’attesa era già di due ore.
Quindi i frati dovettero costruire un labirinto di transenne di legno, per regolare un flusso del tutto inatteso.
Dopo due settimane si doveva attendere una notte intera per avvicinare il santo.
L’ostensione fu prolungata di altri 15 giorni; alla fine a Padova giunsero un milione di fedeli.
È un pezzo d’Italia poco raccontato, che torna a mobilitarsi in queste ore.
Meno ardente rumoroso di quello che si rivolge a padre Pio (San Giovanni Rotondo contende a Padova lo status di terzo luogo più visitato della cristianità, dopo San Pietro e Lourdes); diverso anche da quello che va ad Assisi per san Francesco che non fa miracoli.
Antonio, uomo di cultura, dottore della Chiesa, è divenuto il santo degli umili, che ne hanno reinventato la figura.
«Come taumaturgo, come rifugio della fantasia e della mente, sant’Antonio è una creazione del popolo – ha scritto 29 anni fa Ferdinando Camon -.
Perciò l’esplosione del caso san’Antonio è uno dei momenti in cui si può calare un colpo di sonda nel popolo, fin dentro al suo cuore».
Per assistere i fedeli sono già arrivati 500 volontari: la milizia dell’Immacolata, la Pia Confraternita dei macellai, la Gioventù francescana, e pure 120 uomini della Protezione civile, molto congratulati da tutti.
La bandiera pontificia sventola accanto al tricolore, a ricordare che la basilica appartiene al Vaticano; il che acconsentì all’allora direttore del Messaggero padre Placido Cortese, di salvare molti ebrei – prima che la Gestapo lo portasse via a morire sotto le torture nella Risiera di San Saba -, e più di recente agli spacciatori di penetrare indisturbati nel chiostro, fino quando i frati hanno ottenuto di poter comunicare con la polizia.
Folla pure al Pedrocchi, dove si offre il caffé a tutti gli Antonio e le Antonietta, e senza chiedere la carta di identità.
Sono quasi le undici quando i frati salutano il loro santo, accarezzando e baciando l’urna: «Il Signore ci conceda una notte serena e un riposo tranquillo, vengano i santi angeli a custodirci nella pace»- Il corpo resterà visibile sino a sabato sera.
quando sarà ricollocato definitivamente nella Cappella dell’Arca, tra i marmi abbaccinanti di Tullio Lombardo e Sansovino appena restaurati.
Fino ad allora una web-cam lo mostrerà 24 ore su 24 a chi non può venire di persona.
«Si è squarciato il velo della storia, ed è apparso un corpo» disse nell’81 il ministro provinciale.
«Antonio è uscito dalle pagine dei libri per diventare una presenza vera, viva in mezzo a noi» commenta ora padre Ugo.
«Ostentazione» l’ha chiamate per sbaglio un tg locale.
Un lapsus che i frati hanno trovato indicativo: Stanotte sant’Antonio ci mostra la differenza tra farsi vedere ed essere visti».
in “Corriere della Sera” del 15 febbraio 2010
Riforma dell’Istruzione tecnica e professionale
Riforma dell’Istruzione tecnica e professionale Allegati Roma, 4 febbraio 2010 La riforma dell’Istruzione Tecnica e Professionale era attesa da quasi 80 anni.
Le norme introdotte con i nuovi Regolamenti riorganizzano e potenziano questi istituti a partire dall’anno scolastico 2010-2011 come scuole dell’innovazione.
Ecco i punti principali dei due regolamenti: Riordino degli istituti tecnici Attualmente in Italia gli istituti tecnici sono 1.800, suddivisi in 10 settori e 39 indirizzi.
Le classi dei tecnici sono 39.283, frequentate da 863.169 alunni.
Il riordino punta a limitare la frammentazione degli indirizzi, rafforzando il riferimento ad ampie aree scientifiche e tecniche di rilevanza nazionale.
Nuovi istituti tecnici: 2 settori e 11 indirizzi I nuovi istituti tecnici si divideranno in 2 Settori: economico e tecnologico.
Avranno un orario settimanale corrispondente a 32 ore di lezione.
Saranno ore effettive al contrario delle attuali 36 virtuali (della durata media di 50 minuti).
Nel Settore economico sono stati definiti 2 indirizzi: 1.
amministrativo, finanza e marketing; 2.
turismo.
Nel Settore tecnologico sono stati definiti 9 indirizzi: 1.
meccanica, meccatronica ed energia; 2.
trasporti e logistica; 3.
elettronica ed elettrotecnica; 4.
informatica e telecomunicazioni; 5.
grafica e comunicazione; 6.
chimica, materiali e biotecnologie; 7.
sistema moda; 8.
agraria, agroalimentare e agroindustria; 9.
costruzioni, ambiente e territorio.
Tutti gli attuali corsi di ordinamento e le relative sperimentazioni degli istituti tecnici confluiranno gradualmente nel nuovo ordinamento.
Centralità delle attività di laboratorio Il Regolamento prevede, inoltre, lo sviluppo di metodologie innovative basate sulla didattica di laboratorio, considerata uno strumento efficace in tutti gli ambiti disciplinari, compresi gli insegnamenti di cultura generale (per esempio, italiano e storia).
Relativamente agli indirizzi del settore tecnologico è prevista inoltre la presenza degli insegnanti tecnico-pratici nella misura oraria crescente dal primo al quinto anno: 264 ore nel biennio; 891 ore nel triennio (561 ore in terza e quarta, 330 ore in quinta) Ulteriori risorse di personale saranno assegnate alle scuole per potenziare le attività didattiche di laboratorio.
Più autonomia e flessibilità dell’offerta formativa I nuovi istituti tecnici sono caratterizzati da un’area di istruzione generale comune e in distinte aree di indirizzo che possono essere articolate, sulla base di un elenco nazionale continuamente aggiornato nel confronto con le Regioni e le Parti sociali, in un numero definito di opzioni legate al mondo del lavoro, delle professioni e del territorio.
Per questo, gli istituti tecnici avranno a disposizione ampi spazi di flessibilità (30% nel secondo biennio e 35% nel quinto anno) all’interno dell’orario annuale delle lezioni dell’area di indirizzo.
Questi spazi di flessibilità si aggiungono alla quota del 20% di autonomia rispetto al monte ore complessivo delle lezioni di cui già godono le scuole.
In questo modo possono essere recuperati e valorizzati settori produttivi strategici per l’economia del Paese come, ad esempio, la plasturgia, la metallurgia, il cartario, le costruzioni aereonautiche ecc..
Ore dedicate alle 2 aree: AREA ISTRUZIONE GENERALE AREA INDIRIZZO Primo biennio 660 ore 396 ore Secondo biennio e quinto anno 495 ore 561 ore Struttura del percorso didattico Il percorso didattico degli istituti tecnici è strutturato in: un primo biennio, dedicato all’acquisizione dei saperi e delle competenze previsti per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione e di apprendimenti che introducono progressivamente agli indirizzi; un secondo biennio e un quinto anno, che costituiscono un complessivo triennio in cui gli indirizzi possono articolarsi nelle opzioni richieste dal territorio e dal mondo del lavoro e delle professioni; il quinto anno si conclude con l’Esame di Stato.
Le commissioni giudicatrici possono avvalersi anche di esperti.
Più inglese Sono state incrementate le ore di studio della lingua inglese ed è stata prevista la possibilità di introdurre lo studio di altre lingue straniere.
Insegnamento di scienze integrate E’ previsto l’insegnamento di scienze integrate, al quale concorrono, nella loro autonomia, le discipline di “Scienze della terra e biologia”, di “Fisica” e di “Chimica”, per potenziare la cultura scientifica.
Rafforzato rapporto con il mondo del lavoro e delle professioni Le norme introdotte hanno l’obiettivo di creare un rapporto più stretto con il mondo del lavoro e delle professioni, compreso il volontariato e il privato sociale, attraverso la più ampia diffusione di stage, tirocini e l’alternanza scuola-lavoro.
Riordino istituti professionali In Italia, in questo anno scolastico, studiano, in 1.425 istituti professionali, 547.826 alunni suddivisi in 25.445 classi.
Attualmente sono 5 i settori di istruzione professionale, con 27 indirizzi.
Con il riordino dell’istruzione professionale sarà riaffermata l’identità di questo tipo di scuola nell’ambito dell’istruzione superiore e i giovani acquisiranno le conoscenze e le competenze necessarie per ricoprire ruoli tecnici operativi nei settori produttivi di riferimento.
Gli studenti e le loro famiglie avranno immediatamente risposte chiare sulle possibilità d’inserimento nel mondo del lavoro e per il proseguimento degli studi all’università.
Verrà superata la sovrapposizione con l’istruzione tecnica, si pongono le basi per un raccordo organico con il sistema d’istruzione e formazione professionale, di competenza delle Regioni.
I servizi d’istruzione saranno più efficaci e le risorse verranno utilizzate nel modo più adeguato.
I nuovi istituti professionali Si articolano in 2 macrosettori: istituti professionali per il settore dei servizi; istituti professionali per il settore industria e artigianato.
Ai 2 settori corrispondono 6 indirizzi: Settore dei servizi: Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale; Servizi socio-sanitari; Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera; Servizi commerciali.
Settore industria e artigianato: Produzioni artigianali e industriali Servizi per la manutenzione e l’assistenza tecnica.
Tutti gli attuali corsi di ordinamento e le relative sperimentazioni degli istituti professionali confluiranno gradualmente nel nuovo ordinamento.
Ore di insegnamento Gli istituti professionali avranno un orario settimanale corrispondente a 32 ore di lezione.
Saranno ore effettive al contrario delle attuali 36 virtuali (della durata media di 50 minuti).
Più flessibilità dell’offerta formativa Gli istituti professionali avranno maggiore flessibilità rispetto agli istituti tecnici.
In particolare gli spazi di flessibilità nell’area di indirizzo riservati agli istituti professionali, aggiuntivi alla quota già prevista del 20% di autonomia, ammonteranno al 25% in prima e seconda, al 35% in terza e quarta, per arrivare al 40% in quinta.
Le quote di flessibilità consentono: di svolgere un ruolo integrativo o complementare con il sistema di formazione professionale regionale per la realizzare percorsi di qualifica professionale; di articolare le aree di indirizzo in opzioni (secondo biennio e ultimo anno); di introdurre insegnamenti alternativi inclusi in un apposito elenco nazionale, definito con decreto ministeriale, per rispondere a particolari esigenze del mondo del lavoro e delle professioni, senza incorrere in una dispendiosa proliferazione e frammentazione di indirizzi.
La struttura del percorso quinquennale AREA ISTRUZIONE GENERALE AREA INDIRIZZO Primo biennio 660 ore 396 ore Secondo biennio e quinto anno 495 ore 561 ore La struttura del percorso quinquennale Il percorso è articolato in: 2 bienni e 1 quinto anno Offerta coordinata con la formazione professionale regionale Gli istituti professionali potranno utilizzare le quote di flessibilità per organizzare percorsi per il conseguimento di qualifiche di durata triennale e di diplomi professionali di durata quadriennale nell’ambito dell’offerta coordinata di istruzione e formazione professionale programmata dalle Regioni nella loro autonomia, sulla base di accordi con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Centralità delle attività di laboratorio e tirocini Potenziamento delle attività di didattica laboratoriale; Stage, tirocini e alternanza scuola-lavoro per apprendere, specie nel secondo biennio e nel quinto anno, attraverso un’esperienza diretta.
Allegati Schema riforma superiori
Cattolici in politica
Nella sua prolusione al recente Consiglio permanente della Cei il cardinale Bagnasco, rivolgendosi ai suoi confratelli nell’episcopato, evocava «un sogno, di quelli che si fanno ad occhi aperti, e che dicono una direzione verso cui preme andare.
Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani, vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici.
I quali, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni».
Parole urgenti e decisive per la polis: nessuna intrusione nella politica, ma la richiesta ai fedeli cattolici a ripensare il loro impegno politico come un servizio, superando l’attuale fase di profonda disaffezione.
Almeno dalla nascita della repubblica, la politica nel nostro Paese ha conosciuto la presenza attiva di cittadini cattolici che, ispirati dalla loro fede e accompagnati dalla dottrina sociale della chiesa, hanno saputo offrire un contributo determinante alla costruzione della democrazia.
L’idea di un’Europa unita, la difesa dei diritti della persona, la lotta per la libertà, l’affermarsi della solidarietà sociale hanno avuto tra i loro ispiratori e propulsori convinti i laici cristiani.
Soprattutto i cattolici italiani avevano la consapevolezza che la politica potesse essere «l’espressione più alta della carità», secondo la parola di Pio XI e che, quindi, fare politica fosse per loro non solo un diritto, ma soprattutto un dovere.
Una consapevolezza, questa, che nasceva dall’essere cittadini, appartenenti alla societas, intesa soprattutto come communitas: in questa ottica la politica appare per il cristiano una vocazione che esclude evasioni dalla storia e propugna uno sforzo arduo e costante per calarsi sul terreno delle realtà concrete e compiere azioni che siano nello stesso tempo, come ricordava Zaccagnini, «coerenti con le ispirazioni e gli ideali e compatibili con la realtà».
Forte di questa appartenenza alla polis e distinguendo tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, il cristiano opera nella società assieme agli altri cittadini, non imponendo la propria fede, ma animato e guidato da essa.
All’origine dell’impegno sociale deve essere presente un autentico interesse per la persona e la comunità, in modo che siano armonizzate autorità e libertà, iniziativa personale e solidarietà di tutto il corpo sociale, la necessaria convergenza e la feconda diversità.
«Merita il potere solo chi ogni giorno lo rende giusto», ha scritto Dag Hammarskjöld, un cristiano divenuto segretario generale dell’Onu.
In questo senso, la politica per un cristiano è innanzitutto servizio alla giustizia e alla collettività: è questa la parola più eloquente per indicare il rapporto del cristiano con gli altri, a livello personale come a livello sociale.
Servizio, cioè rinuncia al dominio, all’oppressione, per un atteggiamento che sa vivere il rispetto della persona e l’affermazione dei suoi diritti inalienabili fino a volere, scegliere e operare per il bene dell’altro e della comunità.
Per un cristiano in politica vale il monito rivolto da Gesù ai suoi discepoli nel metterli in guardia dal comportarsi come «i dominatori delle nazioni»: «Non sic in vobis! Non così tra voi!».
Rinuncia, quindi, a comportamenti mondani che schiacciano gli altri, li strumentalizzano e in nome di una egolatria che genera solo alienazioni e schiavitù.
Ma oggi, occorre riconoscerlo con franchezza, i «cattolici» in politica – a parte qualcuno che resiste in una solitudine non sempre riconosciuta – sembrano afoni, incapaci di mostrare la loro ispirazione e di avere la fede e il vangelo come motivazione profonda del loro operare, mentre assistiamo addirittura al fenomeno di non credenti che urlano a nome dei cattolici.
Gli ultimi due decenni, soprattutto, hanno visto una sempre minor influenza dei cristiani e una crescita dell’afasia fino quasi all’irrilevanza di quanti, pur presenti nei vari partiti, non sanno farsi ascoltare.
Si tratta di una perdita per tutta la società: mancando il contributo dei cattolici si rischia di leggere la politica, anche dopo la fine delle ideologie e a prescindere da qualsiasi degenerazione, soltanto come amministrazione tecnico-economica.
Come procedere in questo difficile frangente? Negli anni passati non sono mancati tentativi di creare scuole di educazione e iniziazione politica in molte chiese locali, ma queste non si sono rivelate feconde come auspicato.
Da parte mia oso riproporre quanto suggerii già una ventina d’anni fa, all’inizio della diaspora politica dei cattolici con la fine del partito che li aveva a lungo rappresentati.
Penso a un forum da attivarsi nelle chiese locali, a dimensione regionale, teso a favorire il formarsi e l’emergere dell’ispirazione cristiana della politica: uno spazio assembleare in cui i laici cattolici possano trovarsi per confrontarsi regolarmente, dibattere e cercare il principio evangelico da affermare nelle diverse circostanze e nei diversi momenti in cui è richiesta una decisione politica.
Un luogo di ascolto reciproco e di dibattito a livello pre-politico e pre-economico: non una lobby di pressione, ma una ricerca condivisa di ciò che è principio irrinunciabile per il credente, pronta a lasciare alla responsabilità del singolo la traduzione in opzioni politiche ed economiche di queste istanze cristiane.
Questa successiva operazione, il cristiano impegnato in politica la farà assieme agli altri cittadini, indipendentemente dalla loro fede, all’interno del partito in cui si trova, sempre restando fedele al principio condiviso ed emerso in ambito ecclesiale.
Questo preserverebbe chi nella Chiesa ha responsabilità pastorali di comunione dall’ingerirsi in ambiti che non gli competono, salvaguarderebbe la possibilità per i laici cristiani di essere presenti in formazioni politiche diverse, secondo le sensibilità e gli orientamenti di ciascuno, e nel contempo assicurerebbe anche la visibilità e l’autorevolezza di una convergenza sui principi ispiratori ai quali un cristiano non può rinunciare.
Sì, il sogno del cardinal Bagnasco è condiviso da molti: si avverte l’urgenza di avere cristiani che nella polis sappiano dire una parola efficace ispirata dalla fede e tesa al bene comune.
Perché, se la polis è una comunità, allora occorre discernere un orizzonte condiviso e intraprendere un’azione responsabile conseguente perché siano praticabili cammini di umanizzazione.
Ispirati dalla loro fede, a questo nobile compito – e non all’afonia o alla maldicenza – i cristiani sono chiamati, cittadini tra i cittadini.
in “La Stampa” del 7 febbraio 2010
La Riforma dei licei
Riforma dei licei Allegati Roma, 4 febbraio 2010 La riforma dei licei ha ricevuto il via libera definitivo da parte del Consiglio dei Ministri.
Si tratta di una riforma epocale che partirà dal 2010 e che segna un passo fondamentale verso la modernizzazione del sistema scolastico italiano.
L’impianto complessivo dei licei, infatti, risale alla legge Gentile del 1923.
Con questa riforma si vuole: fornire maggiore sistematicità e rigore e coniugare tradizione e innovazione; razionalizzare i piani di studio, privilegiando la qualità e l’approfondimento delle materie; caratterizzare accuratamente ciascun percorso liceale e articolare il primo biennio in alcune discipline comuni, anche al fine di facilitare l’adempimento dell’obbligo di istruzione e il passaggio tra i vari percorsi; riconoscere ampio spazio all’autonomia delle istituzioni scolastiche; consentire una più ampia personalizzazione, grazie a quadri orari ridotti che danno allo studente la possibilità di approfondire e recuperare le carenze.
Le novità della riforma: Per cancellare la frammentazione e consentire alle famiglie e agli studenti di compiere scelte chiare, i 396 indirizzi sperimentali, i 51 progetti assistiti dal Miur e le tantissime sperimentazioni attivate saranno ricondotti a 6 licei.
Rispetto al vecchio impianto che prevedeva solo il liceo classico, il liceo artistico e lo scientifico, oltre all’istituto magistrale quadriennale e a percorsi sperimentali linguistici, con la riforma avremo: Liceo artistico Articolato in prima lettura in tre indirizzi, sarà articolato in 6 indirizzi distinti, anche per facilitare la confluenza degli attuali istituti d’arte e garantire la continuità ad alcuni percorsi di eccellenza arti figurative; architettura e ambiente; audiovisivo e multimedia; design; grafica; scenografia Liceo classico Con la riforma sarà finalmente introdotto l’insegnamento di una lingua straniera per l’intero quinquennio.
E’ stata potenziata anche l’area scientifica e matematica.
Liceo scientifico Nel liceo scientifico tradizionale è aumentato il peso della matematica e delle discipline scientifiche.
La nuova opzione delle “scienze applicate” raccoglie l’eredità della sperimentazione “scientifico-tecnologica”.
Liceo linguistico Il liceo linguistico prevedrà, sin dal primo anno, l’insegnamento di 3 lingue straniere.
Dalla terzo anno un insegnamento non linguistico sarà impartito in lingua straniera e dal quarto un secondo insegnamento sarà impartito in lingua straniera. Liceo musicale e coreutico E’ una delle novità della riforma.
Il liceo musicale sarà articolato nelle due sezioni: musicale e coreutica.
Inizialmente saranno istituite 40 sezioni musicali e 10 coreutiche e potranno essere attivate in convenzione con i conservatori e le accademie di danza per le materie di loro competenza.
Gli studenti, a conclusione del percorso di studio, devono essere in grado di: raggiungere un grado di competenza tecnica nella danza o nello strumento musicale tale da consentire la prosecuzione degli studi nel sistema dell’alta formazione musicale e coreutica; cogliere i valori estetici delle opere musicali; conoscere repertori significativi del patrimonio musicale e coreutico nazionale e internazionale, analizzandoli mediante l’ascolto, la visione e la decodifica dei testi; individuare le ragioni e i contesti storici relativi ad opere, autori, personaggi, artisti, movimenti, correnti musicali e allestimenti coreutici; conoscere ed analizzare gli elementi strutturali del linguaggio musicale e coreutico sotto gli aspetti della composizione, dell’interpretazione, dell’esecuzione e dell’improvvisazione.
Liceo delle scienze umane Altra novità della riforma è il liceo delle scienze umane.
Sostituisce il liceo sociopsicopedagogico portando a regime le sperimentazioni avviate negli anni scorsi.
Il piano di studi di questo indirizzo si basa sull’approfondimento dei principali campi di indagine delle scienze umane, della ricerca pedagogica, psicologica e socio-antropologico-storica.
Rispetto alla prima lettura, sono state potenziate le materie di indirizzo.
Potrà essere attivata una opzione economico-sociale in cui saranno approfonditi i nessi e le interazioni fra le scienze giuridiche, economiche, sociali e storiche.
Si tratta di un indirizzo liceale che guarda alle migliori esperienze europee, a partire da quella francese.
Altre novità complessivamente introdotte dalla riforma: incremento orario dell’asse matematico-scientifico per irrobustire la componente scientifica nella preparazione liceale degli studenti; potenziamento delle lingue straniere con la presenza obbligatoria dell’insegnamento di una lingua straniera nei cinque anni con un monte ore di almeno 99 ore annuali ed eventualmente di una seconda lingua straniera usando la quota di autonomia; presenza delle discipline giuridiche ed economiche nel liceo delle scienze umane e nell’opzione economico-sociale; è possibile inoltre attraverso la quota dell’autonomia tali discipline anche negli altri percorsi liceali; insegnamento nel quinto anno di una disciplina non linguistica in lingua straniera, che ci allinea alle migliori esperienze del resto d’Europa (CLIL); valorizzazione della lingua latina.
Il latino è presente come insegnamento obbligatorio nel liceo classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane.
Negli altri licei è previsto come opzione; Sarà valorizzata la qualità degli apprendimenti piuttosto che la quantità delle materie.
I quadri orari saranno adeguati a quelli dei Paesi che hanno raggiunto i migliori risultati nelle classifiche Ocse Pisa come la Finlandia (856 ore all’anno).
Il quadro orario sarà annuale e non più settimanale, in modo da assegnare alle istituzioni scolastiche una ulteriore possibilità di flessibilità; Tutti i licei prevedranno 27 ore settimanali nel primo biennio e 30 nel secondo biennio e nel 5° anno con le seguenti eccezioni: nel liceo classico negli ultimi 3 anni sono previste 31 ore, per rafforzare la lingua straniera; nell’artistico fino a 35 ore e nel musicale e coreutico fino a 32, poiché in questi due percorsi sono previste materie pratiche ed esercitazioni; Entrano a regime le sperimentazioni che hanno coinvolto gli istituti d’arte, i percorsi musicali, i vecchi istituti magistrali e le sperimentazioni scientifico-tecnologiche e linguistiche, queste ultime nate dall’esperienza delle scuole non statali, private o degli enti locali.
Nuova organizzazione La nuova organizzazione dei licei prevede: Maggiore autonomia scolastica Possibilità per le istituzioni scolastiche di usufruire di una quota di flessibilità degli orari del 20% nel primo biennio e nell’ultimo anno e del 30% nel secondo biennio.
Attraverso questa quota, ogni scuola può decidere di diversificare le proprie sezioni, di ridurre (sino a un terzo nell’arco dei 5 anni) o aumentare gli orari delle discipline, anche attivando ulteriori insegnamenti previsti in un apposito elenco; Possibilità di attivare ulteriori insegnamenti opzionali attraverso un contingente di insegnanti messo a disposizione degli Uffici scolastici regionali o anche assumendo esperti qualificati attraverso il proprio bilancio.
Un rapporto più forte scuola-mondo del lavoro-università Possibilità, a partire dal secondo biennio, di svolgere parte del percorso attraverso l’alternanza scuola-lavoro e stages o in collegamento con il mondo dell’alta formazione (università, istituti tecnici superiori, conservatori, accademie).
Il metodo Dopo la prima lettura e il primo via libera del Consiglio dei Ministri alla Riforma dei licei, il Ministrero ha aperto uno spazio di discussione per perfezionare il testo e continuare ad ascoltare il mondo della scuola (sono stati coinvolti oltre 10mila tra insegnanti e dirigenti scolastici) e della cultura, le famiglie e i ragazzi.
La riforma sul web Per la prima volta un provvedimento è stato sottoposto, prima della sua adozione, al confronto attraverso il mondo del web grazie al sito http://nuovilicei.indire.it, da cui è stato possibile scaricare i documenti approvati in prima lettura, commentarli on line articolo per articolo, seguire il “cantiere del cambiamento” passo dopo passo attraverso la rassegna stampa, gli appuntamenti di confronto e di comunicazione e i relativi video, relazioni o abstract, i documenti e gli “appunti di viaggio” che via via sono stati messi on line.
I commenti hanno segnalato la correttezza di alcune ipotesi già allo studio della Cabina di regia (i cui membri dialogano on line), come il perfezionamento dei quadri orari relativi alle “Scienze Umane” e il rafforzamento ulteriore dell’asse scientifico matematico e della lingua straniera.
Allegati Schema riforma superiori
In classe nei nuovi licei
Licei classici.
Meno Italiano e Storia nei prossimi licei classici.
Ma anche più Lingua straniera, Matematica, Fisica e Storia dell’Arte.
Al biennio si studierà per 27 ore a settimana.
Al triennio saranno invece 31 le ore di studio settimanali.
Il prossimo anno, chi sceglierà il classico studierà 4 ore a settimana di Italiano (una in meno rispetto al vecchio ordinamento), 5 di Latino e 4 di Greco.
Tre sole ore di Storia e Geografia (materia unica), 3 di Matematica e 2 di Scienze.
Restano due le ore settimanali di Scienze motorie (un tempo Educazione fisica) e una alla settimana quella di religione.
Licei scientifici.
Quello della Gelmini è un liceo decisamente più “scientifico”, ma non troppo: meno ore di Latino e Storia, più ore di matematica, Fisica e Scienze.
Ma anche meno ore di Lingua straniera.
Al primo anno si studieranno 4 ore settimanali di Italiano e 3 di Storia/Geografia (materia unica).
Le ore di latino diventeranno “appena” 3, come quelle di Inglese.
Saranno invece sette le ore di Matematica (5 settimanali) e Fisica (2 a settimana).
Due ore a settimana per Scienze, Storia dell’Arte e scinze motorie e una di religione.
E nell’opzione “scienze applicate” salta completamente il Latino, entra l’Informatica e diventerà Scienze la materia più studiata.
Svanisce anche il sogno dei corsi bilingue, molto richiesti dai genitori.
Saranno poi le scuole, col 20 per cento di flessibilità oraria, ad adeguare i curricula alle esigenze del territorio.
Licei artistici.
Saranno i licei dove si studierà di più: 34 ore settimanali al biennio e 35 al triennio.
E sei gli indirizzi su cui esercitare la scelta: arti figurative; architettura e ambiente; audiovisivo e multimedia; design; grafica; scenografia.
Il biennio sarà comune a tutti gli indirizzi, mentre al terzo anno le strade si dividono: 23 ore settimanali restano comuni a tutti gli indirizzi e 12 di laboratorio.
Licei delle scienze umane.
Ereditano gli alunni degli ex istituti magistrali e dei licei socio-psicopedagogici.
Rispetto alla prima lettura, per raggranellare qualche ora di Diritto è stata sacrificata una lingua straniera.
Me viene potenziato lo studio delle Scienze umane.
Al primo anno le 27 ore settimanali saranno così suddivise: 4 di Italiano, 3 di latino e 3 di Storia/Geografia.
E ancora: 4 ore settimanali di Scienze umane (Antropologia, Pedagogia, Psicologia e Sociologia), 3 di Lingua straniera e 2 di Diritto ed economia.
L’area scientifica comprende 3 ore di Matematica (con Informatica) e 2 di Scienze naturali (Biologia, Chimica, Scienze della Terra).
E si conclude con Scienze motorie (2 ore) e Religione.
Nell’opzione “economico-sociale” sparisce il Latino subentra un’altra Lingua straniera e si incrementano le ore di Diritto ed economia, ma calano quelle di Scienze umane.
Liceo linguistico.
E’ una mezza novità per l’ordinamento scolastico italiano.
Finora, infatti, il liceo linguistico è stato attivato come sperimentazione nei socio-psicopedagogici.
Da adesso avrà una sua autonomia e dignità.
Anche questo liceo, rispetto alla prima lettura del Regolamento, subisce delle variazioni.
Si riducono le ore di Latino e si incrementano quelle di Lingua straniera.
Al primo anno, si studieranno 4 ore di Italiano, 2 di Latino e 10 ore di ben 3 Lingue straniere.
Saranno 3 le ore di Storia/Geografia e altrettante di Matematica.
Due ore settimanali di Scienze, due di attività motoria e una di religione.
In totale, 27 ore.
Liceo musicale/coreutico.
E’ la vera novità della riforma, ma anche la cenerentola: saranno soltanto 40 le sezioni di liceo musicale il prossimo anno in Italia.
E appena 10 quelle di liceo coreutico.
In tutti e 5 gli anni si studierà per 32 ore a settimana.
Ma i due indirizzi, al primo anno, avranno in comune soltanto 18 ore: 4 di Italiano, 3 di Lingua straniera, 3 di Matematica, 2 di Scienze, 2 di Storia dell’arte e una di religione.
La restante parte dell’orario sarà destinato a materie di indirizzo.
Repubblica (05 febbraio 2010) Ecco dunque tutte le materie e gli orari dei nuovi licei varati dal Consiglio dei ministri.
Confermato l’ingresso del Diritto in tutti e due gli indirizzi del liceo delle Scienze umane, l’introduzione delle Scienze in tutti e 5 gli anni del liceo classico.
Ma anche più Fisica, Matematica e Scienze allo scientifico.
Tutti gli studenti che sono orientati verso uno dei 6 nuovi licei gelminiani hanno tempo fino al 26 febbraio per studiare i nuovi piani-orario.
Poi occorrerà scegliere, anche in base alle variazioni apportate dalle singole scuole, entro il 26 marzo.
Le nuove Indicazioni didattiche per la religione cattolica
Il Consiglio dei ministri ha approvato su proposta del ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini un decreto presidenziale che recepisce l’intesa intercorsa fra il ministero e la Conferenza episcopale italiana ai fini dell’individuazione dei criteri didattici per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione, come previsto nella normativa concordataria.
L’annuncio arriva dal comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, diramato dopo la riunione del governo.
Insomma, per effetto di questo provvedimento sono mutate le Indicazioni didattiche risalenti al precedente dicastero Moratti.