In occasione della giornata della Memoria esce in Italia il graphic novel dell’olandese Eric Heuvel, realizzato dalla Casa di Anna Frank Un fumetto per spiegare l’Olocausto.
Arriva in Italia “La Stella di Esther”, graphic novel del disegnatore olandese Eric Heuvel, che racconta la Shoah pensando ai ragazzi.
Partendo dalla storia di Esther, giovane ebrea tedesca vittima della persecuzione nazista, che, ormai nonna, ricorda la sua vita parlandone al nipote e, con il suo aiuto, riesce a rimettersi sulle tracce del suo pesante passato e ad affrontarlo.
Pubblicato da De Agostini con il patrocinio della Ucei (Unione comunità ebraiche italiane) e realizzato dalla Casa di Anna Frank, il fumetto esce da noi in occasione della Giornata della Memoria.
Dall’originale olandese è già stato tradotto in tedesco, polacco, ungherese e inglese ed ha già fatto parlare di sé, prima di tutto in Germania, dove è usato nelle scuole come ausilio didattico nell’insegnamento dell’Olocausto ai ragazzi.
Le vicende di Esther prendono vita nello stile dolce di Heuvel, ex insegnante di storia, che è un omaggio dichiarato a Hergé, il papà di Tintin, con la stessa linea chiara, semplice e colorata; nulla a che vedere, per intenderci, con quel bianco e nero claustrofobico usato da Art Spiegelman in “Maus”, altro graphic novel, questa volta per adulti, che trattatava il tema della Memoria.
Una scelta studiata con molta attenzione, per compensare la durezza dei fatti narrati con un segno morbido, che non vuole traumatizzare.
“La Stella di Esther” è infatti pensato per far conoscere la storia della persecuzione ebraica ad adolescenti e preadolescenti, sfruttando un medium cui sono immediatamente attratti e per loro immediato, ma allo stesso tempo sempre più diffuso per trattare temi alti e complessi.
Esther è già in copertina, quando, ragazzina, fugge dai camion dei soldati nazisti.
Nelle pagine interne, è diventata nonna e ricorda tra lo stupore di suo nipote e di quello della sua amica Helena di quando lasciò la Germania per l’Olanda, costretta a nascondersi per non finire con la famiglia ai campi di concentramento.
Una vita che cambia rapidamente, i vicini di casa che diventano estranei o nemici, il compagno con cui giocava ogni pomeriggio che non si fa più trovare perché il padre non approva che veda un’ebrea.
Un passato lontano, che riaffiora tavola dopo tavola.
Senza tralasciare i fatti storici, il fumetto punta decisamente sulle esistenze dei singoli, che subiscono sulla loro pelle l’ascesa di Hitler e le persecuzioni in un crescendo che invade la loro quotidianità e li priva del lavoro, degli amici, del rispetto degli altri, fino ad ostracizzarli per poi arrivare alle deportazioni di massa.
Dialoghi e disegni con cui Heuvel racconta sofferenze ed umiliazioni sono stati studiati con particolare cura.
“Usare un tratto classico, rassicurante, è una scelta ben precisa, come quella di evitare tutto il brutale e l’inenarrabile della Shoah, perfettamente in linea con la didattica della memoria oggi”, spiega Odelia Liberanome Bedarida, coordinatrice del centro pedagogico della Ucei, che ha patrocinato il libro-fumetto.
“Se si mostrano scene terribili si tende a rimuoverle.
Perché la memoria abbia un senso, ci si deve concentrare su messaggi attuali e comprensibili”.
Anche il colore è stato preferito al tradizionale bianco e nero, comune per le opere che trattano visivamente dell’Olocausto, per non incorrere in un eccesso di melodrammaticità.
Questo understatement di trama e stile non nasconde però nulla, e riporta la realtà della tragedia in tutta la sua complessità.
“Oggi che i sopravvissuti stanno invecchiando, ci si ricorderà di questa terribile pagina della storia solo se i ragazzi si abitueranno a pensare a quali sono stati i valori morali, e a riflettere sui diversi atteggiamenti tenuti dalla gente, sul valore della scelta: da chi è rimasto indifferente a chi ha scelto di aiutare o di diventare a sua volta persecutore” dice ancora Liberanome Bedarida.
Perché “tutto può accadere di nuovo se non si è ben attenti a monitorare i valori dell’uguaglianza e ad impegnarsi a ricordare”.
Partendo, magari, da un fumetto.
da Repubblica.it
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