Guardate questo simpatico video di animazione, sarà sicuramente utile a scuola quando dobbiamo parlare di conformismo e appiattimento sugli stessi valori e stereotipi…
Da: Religione 2.0. net
Si tratta del titolo di un dossier inviatoci dall’Associazione Genitori Scuole cattoliche (AGeSC) che mette a confronto i dati di spesa per statale e paritaria tra il 2006 e il 2011.
Il dossier evidenzia i costi della sistema scolastico statale e paritario.
Paragonando le cifre della scuola paritaria con quelle della statale, in media per ogni alunno del sistema paritario risulta un risparmio per lo Stato di circa 6 mila Euro (Euro 5.974); per l’infanzia e la primaria il risparmio per alunno può essere calcolato in Euro 5.741, mentre per la secondaria sale a Euro 6.828. Inoltre, suddividendo la spesa statale per allievo di scuola paritaria sui quattro livelli scolastici, così da poterli confrontare con il 2006, la situazione nel 2009 appare essere la seguente: scuola dell’infanzia Euro 549 per studente (Euro -35 rispetto al 2006), scuola primaria Euro 814 (Euro -52), scuola secondaria di I grado Euro 94 (Euro -12), di II grado Euro 44 (Euro -7). Usando gli stessi criteri di suddivisione dei fi nanziamenti alle paritarie anche per il 2011, questa risulta la spesa dello Stato per ogni studente: nella scuola dell’infanzia Euro 511 (Euro -38 rispetto al 2009), nella primaria Euro 763 (Euro -51), nella secondaria di I grado Euro 89 (Euro -5) e in quella di II grado Euro 44.
Da qui la richiesta dell’AGESC di un adeguamento dei fondi per il sistema scolastico paritario «da realizzarsi gradualmente nel giro di tre anni – 200 milioni di euro in più all’anno – usando un mix di strumenti che comprenda da una parte le convenzioni attualmente in atto e dall’altra una detrazione fiscale alle famiglie, in attesa di poter adottare strumenti più equi ed adeguati all’interno delle norme generali per l’istruzione». A chiederlo, “in attesa che anche l’Italia adotti gli standard europei” di finanziamento alla scuola paritaria.
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L’educazione, ad ogni tappa della crescita, non si compie se la relazione e la proposta educativa non riescono a risvegliare e a mobilitare tutte le risorse migliori che sono nella interiorità personale di ciascuno”. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo oggi al seminario su “Il tempo dell’esame di maturità”, promosso da quattro Uffici Cei.
Per mons. Crociata, “c’è una sorta di paradosso nell’educazione, poiché chi cresce ha tutto e ha niente, nel senso che tutte le potenzialità sono in lui, come dotazione umana e come sostegno della grazia, ma nulla si attiva senza un processo educativo che veda come punto di riferimento figure di adulti e testimoni maturi per umanità e fede”.
“Nessuno sviluppo si mette in moto se non c’è qualcuno che dia occasione a chi cresce di prendere coscienza e di risvegliare il desiderio e la volontà di aprirsi alla vita e all’incontro con gli altri e con l’Altro”, ha ammonito il presule, secondo il quale “ricerca e risposta, desiderio e incontro hanno bisogno di incrociarsi, perché si compia il cammino verso la pienezza e la maturità umana”. In quest’ottica, il passaggio dell’esame di maturità rappresenta “uno snodo rilevante nel passaggio di un giovane alla fase decisiva della sua formazione personale; per questo va compreso con adeguata competenza e accompagnato con senso di responsabilità”.
da SIR Servizio informazione religiosa 3 Febbraio 2012
La scuola media è davvero l’anello debole della scuola italiana. Lo suggeriscono le rilevazioni internazionali, secondo le quali gli studenti italiani sono quelli che patiscono la più profonda flessione dei propri risultati di apprendimento nel passaggio dalle scuole elementari alla media, come pure la cattiva reputazione che la secondaria di primo grado oggi gode presso l’opinione pubblica, le famiglie e nello stesso mondo della scuola. Lo confermano nuove ricerche realizzate dalla Fondazione Agnelli e rese pubbliche nel suo Rapporto sulla scuola in Italia 2011.
Il Rapporto sulla scuola in Italia 2011 è stato presentato oggi a Roma dal direttore della Fondazione, Andrea Gavosto, presso la sede degli Editori Laterza, per i cui tipi il volume sarà in libreria ai primi di dicembre. Alla presentazione hanno partecipato Alessandro Laterza (amministratore delegato Laterza), Maria Sole Agnelli e John Elkann (presidente e vicepresidente della Fondazione Agnelli).
Il Rapporto mette in luce come sia proprio alle scuole medie che esplodono in modo drammatico i divari di apprendimento determinati dall’origine socio-culturale degli studenti, che invece le scuole elementari riescono a contenere con successo. La probabilità di essere in ritardo alla fine delle medie da parte di uno studente figlio di genitori con licenza media è quattro volte superiore a quella del compagno figlio di genitori laureati, quella di uno studente straniero nato all’estero e scolarizzato in Italia è addirittura venti volte superiore a quella di un italiano. I divari sociali di apprendimento che nascono alle medie rischiano di compromettere il percorso scolastico, specialmente degli studenti di origine più svantaggiata. Questi divari e ritardi diventano, infatti, irrecuperabili alle superiori, generando la grave piaga dell’abbandono, mettendo a rischio il futuro di troppi ragazzi e, in definitiva, privando il Paese di risorse umane preziose in una fase storica così difficile e incerta.
Il Rapporto rivela, inoltre, che gli insegnanti della scuola media sono i più anziani (età media, oltre 52 anni, con moltissimi concentrati nella fascia intorno ai 58 anni) e i meno soddisfatti della loro preparazione complessiva, oltre a essere coinvolti nel più vorticoso turnover di cattedre di tutta la scuola italiana: 35 docenti di scuola media su 100 non insegnano l’anno dopo nella stessa scuola, con le prevedibili conseguenze negative per la continuità didattica dei loro allievi.
Occorre affrontare presto e con energia questa profonda crisi della scuola media, che da molti anni ha smarrito la propria identità e il senso della sua missione (non riuscendo a essere efficace, ma nemmeno equa). Occorre ridarle una missione chiara (essere più efficace, innanzitutto perché più equa) aggiornando le sua offerta pedagogica e didattica, attraverso (1) un forte orientamento alla personalizzazione dell’insegnamento da realizzarsi attraverso un’estensione del tempo scuola con una vera “scuola del pomeriggio”; (2) maggiore attenzione alla progettazione comune degli insegnanti; (3) un arricchimento della “cassetta degli attrezzi” dei docenti che permetta loro soluzioni didattiche che integrino o sostituiscano la lezione frontale (ad es. il cooperative learning); (4) una valorizzazione pedagogica del modello dell’istituto comprensivo (e del curricolo verticale), diffusosi e oggi generalizzato quasi esclusivamente per ragioni di contenimento dei costi, ma di cui le ricerche della Fondazione indicano una evidente superiorità dal punto di vista degli apprendimenti; (5) una seria riflessione nazionale sul tema dell’essenzializzazione delle materie. Perseguendo queste priorità, sarà possibile rendere la scuola secondaria di primo grado più adatta alle esigenze di allievi preadolescenti, nel pieno di una delicata transizione dal punto di vista cognitivo, psicologico e relazionale.
Una scuola media rinnovata, più efficace e insieme più equa, deve essere uno degli obiettivi di politica scolastica fondamentali nel prossimo futuro, a cui dedicare attenzione e investimenti. La prima condizione per realizzarlo è approfittare della finestra di opportunità offerta dal prossimo pensionamento di decine di migliaia di insegnanti delle medie per realizzare un serio e profondo rinnovamento del corpo docente, attraverso soluzioni di reclutamento (chiamata diretta o concorso) orientate in modo specifico alla secondaria di primo grado, che permettano di verificarne l’effettiva preparazione sul piano disciplinare come su quello pedagogico-didattico, quest’ultimo in particolare oggi assai carente.
Scarica dal sito la sintesi del Rapporto e una selezione della rassegna stampa.
La Fondazione Agnelli boccia la scuola media
Viene presentato oggi pomeriggio a Roma il nuovo ‘Rapporto sulla scuola in Italia 2011’ della Fondazione Agnelli alla presenza, tra gli altri, del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, di Maria Sole Agnelli e di John Elkann, rispettivamente presidente e vicepresidente della Fondazione Agnelli.
Il Rapporto, curato dal direttore della Fondazione Andrea Gavosto, boccia senza mezzi termini la scuola media italiana. Le comparazioni internazionali mostrano che gli studenti italiani alla fine della scuola media sono quelli che registrano la più profonda flessione dei propri risultati di apprendimento rispetto a quelli conseguiti al termine della scuola elementare.
L’indagine evidenzia che gli insegnanti della scuola media risultano i più anziani (età media oltre 52 anni) e i meno soddisfatti della loro preparazione, oltre a essere coinvolti nel più vorticoso giro di cattedre di tutta la scuola italiana: 35 docenti di scuola media su 100 non insegnano l’anno dopo nella stessa scuola, a scapito della continuità didattica dei loro allievi.
Ed è durante la scuola media che esplodono in modo drammatico i divari di apprendimento determinati dall’origine socio-culturale degli studenti (la probabilità di essere in ritardo alle medie per un ragazzo nato all’estero è quasi 20 volte superiore che per un italiano), e gli effetti di questa profonda crisi della scuola media si ripercuotono in modo preoccupante sul proseguimento degli studi.
Che fare? La Fondazione propone, intanto, di rafforzare il tempo pieno nella scuola media e, in prospettiva, di cogliere “l’opportunità offerta dal prossimo pensionamento di decine di migliaia di insegnanti delle medie per realizzare un serio e profondo rinnovamento del corpo docente, attraverso soluzioni di reclutamento (chiamata diretta o concorso) orientate in modo specifico alla secondaria di primo grado, che permettano di verificarne l’effettiva preparazione sul piano disciplinare come su quello pedagogico-didattico, quest’ultimo in particolare oggi assai carente”.
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Scuola media come anello debole?
Che la scuola media (o, più correttamente, secondaria di prima grado) sia l’anello debole del sistema scolastico, come emerge dal Rapporto monografico della Fondazione Agnelli, è un dato confermato dal Partito Democratico, che, per voce della Responsabile Scuola Segreteria Francesca Puglisi , concentra l’attenzione sul delicato aspetto relativo alla dispersione scolastica: “E’ vero, come denuncia il rapporto della Fondazione Agnelli, la drammatica dispersione scolastica che – come ci chiede l’Europa – dobbiamo dimezzare entro il 2020, inizia nella scuola dei preadolescenti. Quelle teste così veloci, i cosiddetti nativi digitali, che dimostrano bisogni sempre più precoci, che a casa navigano in rete, troppo spesso sono costretti a vivere e a studiare in una scuola che assomiglia a una cartolina dell’800 fatta di cattedre, banchi e lunghe ore di lezione frontale”.
Puglisi ritorna poi sulla scarsità di risorse destinate alla scuola: “La vera riforma epocale che serviva alla scuola italiana l’abbiamo già fatta e si chiama “autonomia scolastica”, che ha bisogno di risorse economiche e umane stabili per poter progettare insieme agli insegnanti, ai dirigenti scolastici le innovazioni didattiche che servono per catturare quelle teste così veloci. Scuole aperte il pomeriggio, come propone la fondazione, è anche una delle nostre proposte. I nostri figli devono poter fare a scuola tutto ciò che oggi a scuola non si può fare: studiare da soli o in compagnia, trovare i libri che a volte a casa non hanno, i computer per fare le ricerche, i laboratori per unire al sapere il saper fare, ma anche fare musica e sport. E’ l’idea di una scuola moderna che può nascere dal basso, diffondendo le buone pratiche didattiche che in alcune scuole autonome c’è già. Servono certamente investimenti nelle infrastrutture tecnologiche per le scuole e nella formazione in servizio degli insegnanti“.
I risultati del Rapporto della Fondazione Agnelli trovano d’accordo anche il generale della Cisl scuola Francesco Scrima: “È vero, la scuola media è l’anello più debole del nostro sistema di istruzione, anche perché rivolta ad una delle fasce di età più critiche. Un suo rilancio richiede un investimento straordinario di risorse e di idee”.
“I tagli al personale e l’assenza di un progetto moderno di istruzione hanno fortemente penalizzato le medie, bruciando quanto di buono fatto alle elementari, sia in termini di apprendimento dei ragazzi che di equità sociale – aggiunge Scrima –. È dimostrato a livello internazionale che dalla crisi economica si esce grazie a investimenti sul capitale umano e dunque sull’istruzione. Ecco perché noi diciamo che è necessario che il governo Monti ridia alla scuola la centralità che merita nell’azione politica. Per la scuola media, in particolare, rilanciamo la nostra proposta di una revisione complessiva del modello didattico e organizzativo che consenta, valorizzando l’autonomia scolastica e la libertà di insegnamento, di creare una scuola accogliente, equa e democratica, motore di sviluppo per i ragazzi e per il Paese”.
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tuttoscuola.com
SCUOLA PRIMARIA – CLASSE SECONDA
DEFINIRE LA DOMANDA:
Si sceglie l’area della relazione intesa come dimensione fondamentale per la crescita del bambino. Inoltre, in questa fase il bambino s’interroga su come sia nato il mondo e su chi abbia dato la vita a tutte le creature e su chi le sostenga nel corso del tempo. Basta poco per stimolare la sua curiosità e far emergere domande riguardo all’esistenza e al mondo, alla vita e all’uomo.
Il processo di apprendimento si svilupperà privilegiando in particolar modo il senso di fiducia. Nelle relazioni quotidiane del bambino sono presenti il padre e/o la madre che si curano di lui, delle sue necessità ogni giorno, lo seguono da vicino e da lontano, gli infondono costantemente fiducia, sono pronti ad incoraggiarlo, a stimolarne un’autonomia sempre maggiore e a mostrargli una nuova possibilità dopo un conflitto o un evento sfavorevole.
3. Definizione delle fasi e dei passaggi del processo di apprendimento
Sono state individuate le seguenti fasi di svolgimento del processo di apprendimento per il raggiungimento della dimensione religiosa a partire dall’esperienza della relazione di fiducia nell’ambito familiare:
– in famiglia il bambino sperimenta la dedizione del papà o della mamma, il tempo che loro dedicano per curare i diversi aspetti della vita della famiglia, l’attenzione verso le necessità non solo materiali dei diversi componenti, l’interesse nei confronti del suo desiderio di crescere, di imparare e di essere guidato all’autonomia (il progetto di una vacanza, di un viaggio o di una giornata insieme), il senso di sicurezza di protezione e di fiducia, la certezza di un consiglio sicuro e di un’altra opportunità, in caso di conflitto o evento negativo;
– Si allargano gli orizzonti, il bambino osserva il mondo, niente è casuale, qualcuno lo ha creato e lo sostiene nel tempo, avverte la presenza di un architetto invisibile, di qualcuno che ha a cuore anche la sua vita, che da sempre lo ha pensato, creato e che gli è e sarà sempre vicino, anche nelle difficoltà o quando si sentirà solo, a cui può affidarsi con fiducia piena;
– individuazione nei racconti della creazione la presenza del trascendente che crea, guida, pianifica ha a cuore la vita delle creature;
– individuazione in alcuni racconti e brani della Bibbia la presenza di un Dio che è Creatore del mondo e della vita, ma soprattutto è Padre e che quindi risponde alle attese di fiducia piena che appartengono al profondo di ogni persona.
Dalle Indicazioni per il Curricolo
La promozione e lo sviluppo di ogni persona.
Elaborare il senso dell’esperienza.
Sviluppo delle capacità necessarie per imparare a leggere le proprie emozioni e a gestirle.
Coesistere, condividere ed essere disponibili a cooperare.
Riflettere sulla dimensione religiosa dell’esistenza umana.
Dal P.O.F.:
Da ricavare dai documenti della scuola di appartenenza.
Dalle Indicazioni per il curricolo di Religione Cattolica
“L’insegnamento della religione cattolica fa sì che gli alunni riflettano e si interrogano sul senso della loro esperienza per elaborare ed esprimere un progetto di vita, che si integri nel mondo reale in modo dinamico, armonico ed evolutivo … ”;
“… il confronto esplicito con la dimensione religiosa dell’esperienza umana svolge un ruolo insostituibile per la piena formazione della persona …”.
Dai Traguardi per lo sviluppo delle competenze di Religione Cattolica
– L’alunno riflette su Dio Creatore e Padre.
– L’alunno riconosce che la Bibbia è il libro sacro per cristiani ed ebrei e documento fondamentale della nostra cultura, sapendola distinguere da altre tipologie di testi, tra cui quelli di altre religioni; identifica le caratteristiche essenziali di un brano biblico, sa farsi accompagnare nell’analisi delle pagine a lui più accessibili, per collegarle alla propria esperienza.
Ambito tematico
Dio e l’uomo, con i principali riferimenti storici e dottrinali del cristianesimo.
La Bibbia e le fonti, per offrire una base documentale alla conoscenza.
Dagli Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza di Religione Cattolica
Dio e l’uomo
· Scoprire che per la religione cristiana Dio è Creatore e Padre e che fin dalle origini ha voluto stabilire un’alleanza con l’uomo.
La Bibbia e le altre fonti
· Ascoltare, leggere e saper riferire circa alcune pagine bibliche fondamentali, tra cui i racconti della
della creazione,
Sono possibili connessioni con le altre discipline della’Area Linguistico – Artistico – Espressiva
– Leggere testi cogliendo l’argomento centrale, le informazioni essenziali, le intenzioni comunicative.
– Interagire nello scambio comunicativo in modo adeguato alla situazione, rispettando le regole stabilite.
– Esprimere sensazioni, emozioni, pensieri in produzioni di vario tipo, utilizzando materiali e tecniche adeguate e integrando diversi linguaggi.
– Usare la voce, gli strumenti, gli oggetti sonori per produrre, riprodurre, creare e improvvisare fatti sonori ed eventi musicali di vario genere.
Muovendo da una riflessione sull’esperienza personale del senso di fiducia in famiglia, il bambino:
scopre l’importanza della fiducia per la propria crescita e apertura al mondo che lo circonda;
si interroga sulla presenza di qualcuno che ha a cuore il mondo e la vita di ogni persona, anche la sua in modo autentico;
intuisce in alcuni racconti mitici l’idea di un dio creatore del mondo e dell’uomo;
si accosta ai racconti biblici della creazione per scoprire che Dio è Creatore e Padre.
COSTRUIRE LA RISPOSTA
Con il contributo di ciascuno, si allestisce una mostra di classe con sei poster che dimostrino il percorso compiuto a livello personale e di gruppo. Possono contenere riflessioni, disegni, fotografie, immagini, idee …:
– IDEE SU DIO …(le idee all’inizio dell’unità)
– NELLA MIA VITA HO SCOPERTO CHE …
– OCCHI APERTI SUL MONDO …
– RACCONTI ANTICHI PER DIRE CHE …
– NELLA BIBBIA: DIO è CREATORE E PADRE!
– ORA PER NOI DIO … (come sono cambiate le nostre idee dopo il percorso)
I poster vanno realizzati nei diversi momenti dell’unità, in modo da poter prevedere un momento finale di confronto sul percorso e verificare se la fruizione delle fonti, il confronto di gruppo e le diverse esperienze hanno modificato le idee di partenza.
Suggeriamo le seguenti esperienze ed attività per sviluppare le diverse fasi del processo di apprendimento.
¨ In famiglia il bambino sperimenta la fiducia, infatti ci sono persone che hanno tempo per lui, predispongono gli aspetti più importanti della sua vita, per ascoltarlo, per parlare …
Suggeriamo alcuni testi, tra i quali scegliere, che :
– possono essere spunti per la riflessione di gruppo, per far emergere vissuti ed esperienze;
– si prestano ad essere illustrati;
– lasciano spazio a attività di rielaborazione personale e collettiva (ne suggeriamo alcune di volta in volta).
Felicità
Felicità è farsi le coccole
e star bene insieme anche con niente.
È un posto dove starcene in pace
a dirci quello che ci piace.
È sederci vicini in un posto caldo e colorato
a goderci tranquilli
un racconto incantato.
Felicità è che ci vogliamo bene,
è tutte le cose che facciamo insieme.
G. Andreae, V. Cabban, Felicità è …, La Margherita
– cartellone di gruppo: PER ME FELICITà è…
– acrostici con la parola FELICITà
Mamma
Mamma,
i miei capelli
che si sciolgono sulle tue ginocchia
sono mille e mille fili di seta
che tu mi hai donato.
Pic Sing
Io e la mamma
Io con la mamma sto moltissimo bene: mi fa sentire un gattino felicissimo.
Le do un dolore quando la faccio arrabbiare, ma poi facciamo la pace perché è lei che mi perdona sempre. Lei mi dà gioia e felicità. La mamma mi chiama “topolino” e io la chiamo “regina”.
Matteo Mussi
I papà sono bravi a …
I papà possono insegnarti ad andare in bicicletta, possono fare un pupazzo di neve con te, e preparare una torta per il tuo compleanno.
I papà possono aiutarti a lavorare in giardino, possono portarti in spalla quando sei stanco e curarti quando sei malato.
I papà possono guardare il tramonto con te, cucire il bottone del tuo orsacchiotto e consolarti quando sei triste. I papà posso mascherarsi ad Halloween, aiutarti a fare il bagno al cane e giocare con te al parco. I papà possono leggerti una storia della buonanotte, rimboccarti le coperte e darti il bacio prima della nanna.
Ma, più di tutto i papà possono darti tanto, tantissimo amore. E le mamme? Le mamme possono fare le stesse cose.
L. Numeroff, I papà sono bravi a …, Fabbri
– Racconto e/o disegno un momento o un’esperienza della mia vita di ogni giorno con papà e/o mamma che ritengo molto importante.
Tu cosa faresti?
C’era una volta un piccolo tucano curioso.
Un giorno chiese alla mamma.
– E se fossi una nuvola, tu cosa faresti?
– Sarei il vento – rispose la mamma – per poterti spettinare.
– E se fossi un serpente?
– Sarei il ramo con cui puoi giocare.
– E se fossi una cascata?
– Sarei la pietra che ti fa cantare.
– E se fossi un albero, tu cosa saresti?
– Sarei la pioggia che grande ti fa diventare.
– E se fossi un frutto?
– Sarei il sole che ti fa maturare.
– E se fossi la pantera nera?
– Sarei la notte per poterti abbracciare.
– E se fossi la mamma tucano?
– Sarei il tuo piccolo che ha tanto sonno e vuol farsi coccolare.
S. Colloredo, P. La Porta, Solo per amore, CARTHUSIA
– Intervista alla mamma e/o al papà con: SE IO FOSSI…TU COSA SARESTI/FARESTI?
Concludiamo questa prima fase con una sintesi:
è bello, perché nella mia vita ci sono persone che pensano a me, ho fiducia in loro,
perché mi ascoltano, mi capiscono e mi aiutano a crescere.
¨ Si allarga lo sguardo sul mondo, il bambino scopre che niente è casuale (l’alternanza delle stagioni, dei momenti della giornata, la bellezza e i frutti della natura …), c’è qualcuno che come un architetto invisibile ha messo ordine e sostiene ogni creatura, ogni persona, come un padre o una madre.
Suggeriamo di esplorare direttamente le bellezze della natura, in qualsiasi stagione dell’anno, con un’osservazione del giardino della scuola o con una passeggiata, magari scattando delle fotografie da commentare in classe per rivivere l’esperienza.
Presentiamo alcuni brani, tra i quali scegliere i più idonei al periodo di svolgimento dell’unità e/o agli interessi dei bambini, che possono essere illustrati, rielaborati, drammatizzati o semplicemente spunto per una riflessione insieme, utilizzando le domande che li accompagnano.
Finestre sul mondo
Apro i miei occhi, finestre sul mondo:
lo guardo bene. Non sembra tondo …
Fiumi, pianure, monti in salita,
la giravolta è presto finita.
Apro le orecchie, lo sento parlare:
soffio di vento, canto di mare.
Provo a toccarlo: che meraviglia!
Ruvido tronco, liscia conchiglia.
Voglio scoprirlo da cima a fondo.
È così bello questo mio mondo!
Tratto da I favolosi quattro, Giunti Scuola, classe seconda, pag. 45
– Anche per voi è bello il mondo? Perché? Che cosa vi piace osservare, ascoltare o toccare? Che cosa vorreste scoprire o vedere?
– Cerchiamo immagini belle del mondo e realizziamo un collage dal titolo: è COSì BELLO QUESTO NOSTRO MONDO!
Di notte tutto è nero:
il cielo, i giardini i prati,
il mare che urla e piange
i boschi profumati.
Ma appena il gallo canta
Il sole torna fuori
A dipingere il mondo
con i suoi mille colori.
– Com’è il cielo di notte? E durante il giorno?
– Quali sono i colori della notte e del giorno?
– Cosa accade quando spunta il sole?
– Ti piace la notte/ il giorno? Perché? Ti fa paura la notte? Quando?
Il cielo tramonta
il cielo tiene un po’
della sua luce
e si fa l’abito di tanti colori.
La terra diventa scura
e il mare prende l’ombra del cielo
e la sprofonda pian piano.
Io mi sento solama penso al sole
che domani verrà.
M. Lodi
– Che cosa succede quando il sole tramonta?
– Quali sono i colori dell’abito che il cielo indossa al tramonto?
– Ti ricordi di aver visto un tramonto molto bello? Quando? Cosa hai provato?
Il tronco è il tuo corpo;
i rami braccia sempre aperte
che a cullare i nidi sono esperte.
Le radici son piedi …
ma tu non cammini,
gli amici li hai sempre vicini:
i passeri, le nuvole, il vento
e me che ti guardo contento.
M. Mortillaro
– A cosa assomiglia un albero? Cosa fanno le sue “braccia”?
– Hai mai visto un nido nascosto fra i rami?
– Chi sono gli amici dell’albero? Tu pensi di essere amico degli alberi?
Era una notte buia, senza luna e tutto era nero intorno a me. Ad un tratto mi parve di sentire un brusio sul fienile e alzai lo sguardo. Vidi un cielo così fitto di stelle come non l’avevo mai visto. Uno spettacolo: c’erano stelline tanto piccoline che parevano granellini di sabbia, altre invece grandi e luminose. E in mezzo al cielo si vedeva una nuvola chiara e sfumata, che non era una nuvola, ma polvere di stelle. Erano tantissime! Provai a contarle: una, due, tre, quattro, dieci … Ma ben presto diventò impossibile; i miei occhi si smarrivano.
M. Lodi
– Anche a voi è capitata un’esperienza simile? Quando? Che cosa avete provato?
– È possibile contare le stelle? Secondo voi qualcuno c’è riuscito?
Il concerto del prato
Vi è capitato di prestare attenzione ai suoni della natura? Quando in un pomeriggio di primavera o d’estate ascoltate il canto degli insetti in un prato, lo sapete che state ascoltando una vera musica? I grilli, le cicale suonano bellissime melodie che solo loro sanno capire. I grilli sembrano violinisti che muovono l’archetto sulle corde del violino. Le cicale, invece, sono tamburine: il loro pancino risuona come un tamburo mentre fanno il loro verso. E questi versi si mescolano agli altri mille suoni che formano il concerto del prato.
Da Panda G, Mondadori
– Con materiale naturale o riciclato e la voce, proviamo a fare un concerto del prato.
Il cielo mi piace così tanto, con la luna, le stelle e tutto il resto. Però mi piacerebbe di più se potessi cambiarlo ogni tanto a modo mio. Una sera, per esempio, vorrei tre lune, non una sola: una luna rotonda, una luna quadrata, una luna triangolare.
Un’altra sera mi piacerebbe disporre le stelle secondo disegni che preparerei io stesso. Disegnerei con tante stelle il mio nome, poi il nome del mio bambino, poi il nome della sua mamma. Metterei una stella ferma in mezzo al cielo, ordinerei a tutte le altre di farle attorno il girotondo. Tutti guarderebbero in su, sarebbe uno spettacolo molto più bello dei fuochi artificiali. Mi piacerebbe anche vedere un corteo di stelle: centomila stelle in fila, e davanti a tutte la luna, come una bandiera bianca.
G. Rodari, Fiabe lunghe un sorriso, E. Riuniti
Spostiamo l’attenzione sulla dimensione religiosa con alcune domande: che senso ha il nostro mondo con tutte le sue meraviglie? Perché esistono il mare, il cielo, gli animali, le piante e tutto quanto il mondo contiene? Chi ha iniziato tutto questo e chi lo sostiene ogni giorno, pensando ad ogni creatura, anche la più piccola e a ciascuno di noi?
¨ Individuazione nei racconti della creazione la presenza del trascendente che crea guida, pianifica a cuore la vita delle creature.
Ci sono moltissimi racconti a riguardo, naturalmente i bambini non dispongono ancora degli strumenti per una comprensione completa e adeguata dei miti, soffermiamoci quindi sugli aspetti che mettono in luce la presenza e l’azione del trascendente che crea e ha a cuore le sue creature.
Qui ne riportiamo un paio.
Un racconto antichissimo
«In un tempo lontanissimo, il mondo era immerso completamente nel silenzio. Non c’erano monti, prati o qualsiasi essere vivente, solo un cielo infinito e buio e un mare immenso e silenzioso. Esistevano solo Gucumatz e Hurakan. Gucumatz era il dio costruttore, avvolto nel manto di piume azzurre e Hurakan.
Gucumatz e Hurakan decisero di incontrarsi e di dare inizio alla vita e alla luce.
– Terra! – dissero gli dei e subito si formarono le colline, le pianure e i monti rivestiti di boschi, spuntarono i fiori a dipingere di colori i prati e fu stabilito il tempo del giorno e della notte.
Dopo aver pensato un po’, gli dei dissero: – Rompiamo il silenzio che riempie la Terra e diamo vita a creature viventi, che ci lodino e ci ringrazino per tutto ciò che abbiamo creato! -.
Così apparvero animali d’ogni specie, bestie grandi e piccole, che popolarono il mare, la terra e il cielo. Gli dei comandarono loro: – Fate sentire le vostri voci e date lode a chi vi ha dato la vita e tutto ciò che vi circonda!-.Ogni animale, quindi, iniziò ad esprimersi e a lodare gli dei, secondo le sue capacità, chi ruggendo o ululando, chi fischiettando o gracidando e la Terra si riempì d’ogni genere di suono. Gli dei erano davvero felici di ciò che avevano fatto, la Terra era piena di vita, di luce e di voci, ma nessun animale era capace di ringraziarli dal profondo del cuore.
Gucumatz e Hurakan, quindi, decisero di donare la vita ad un essere capace di obbedire, di lodare, e di aver cura delle meraviglie della natura e crearono l’uomo. In principio presero della creta, ma erano uomini troppo fragili e non pensavano, perciò gli dei afferrarono i pupazzi di fango, li gettarono in mare e questi si sciolsero subito.
Allora presero del legno, lo intagliarono e fecero degli uomini, ma non avevano cuore e intelligenza e ben presto si dimenticarono degli dei che li avevano creati. Quindi gli dei fecero scatenare delle piogge così forti che gli uomini di legno furono sommersi.
Gucumatz e Hurakan, però, non volevano rinunciare alla loro idea, così presero un po’ di mais e lo mescolarono con una pozione magica, creando quattro uomini maschi, belli, intelligenti e che sapevano parlare. I loro occhi erano straordinari, come quelli degli dei sapevano vedere e capire ogni cosa. Gli dei erano un po’ preoccupati, perché avevano paura che gli uomini diventassero come loro, allora soffiarono tante nuvole, che circondarono la Terra e resero più confusa la vista degli uomini, ma non li lasciarono soli e crearono quattro bellissime donne.
Da quel momento gli uomini iniziarono a popolare la Terra».
Così raccontano gli indiani Yakima
Agli inizi del mondo c’era solo acqua. Il Grande Capo Lassù viveva nel cielo tutto solo. Quando decise di creare il mondo, scese in luoghi dove l’acqua era poco profonda e cominciò a raccogliere grandi manciate di fango che divennero terra. Fece un mucchio di fango altissimo che, per il gelo, divenne duro, dando origine alle montagne.
Quando cadde la pioggia, questa si trasformò in ghiaccio e neve. Il Grande Capo Lassù fece crescere sulla terra alberi, radici e bacche. Con una palla di fango creò un uomo e gli disse di prendere i pesci nell’acqua, i daini e gli animali nelle foreste.
Quando l’uomo divenne malinconico, Grande Capo Lassù creò una donna, affinché fosse la sua compagna, e le insegnò a preparare le pelli, a lavorare cortecce e radici e a fare cesti.
Miti e leggende degli Indiani del Nord America, Demetra
¨ Individuazione nei brani della Bibbia la presenza di un Dio che è Creatore del mondo e della vita, ma soprattutto è Padre e che quindi risponde alle attese di fiducia che sperimenta nel suo vissuto quotidiano.
Leggiamo insieme ai nostri alunni alcuni brani tratti dai primi due capitoli della Genesi: i racconti della Creazione, aiutandoci con immagini, fotografie o una presentazione in Power Point.
Guidiamo i bambini a scoprire alcuni punti importanti, che mettono in luce gli aspetti specifici delle narrazioni bibliche e quindi della prospettiva cristiana: Dio è Creatore e Padre.
Possiamo arricchire la nostra proposta con altri brani biblici e non, che esprimono lode e ringraziamento per i doni quotidiani e le meraviglie della natura, la fiducia in Dio e il riconoscimento della Sua grandezza e della sua presenza nella vita, come un genitore per il proprio figlio.
Ne indichiamo alcuni tra i quali l’insegnante può operare delle scelte.
Salmi adattati per i bambini
Salmo 131
Padre buono,
il mio cuore non diventa orgoglioso,
non cerco di fare cose più grandi di me.
Fa’ che io sia felice con te.
Come un bambino in braccio alla sua mamma,
fa’ che io sia sereno e innocente come lui.
Salmo 139
Signore, tu mi guardi sempre,
mi segui in tutto ciò che faccio
e vedi persino i miei pensieri.
Signore, tu sai dove sto andando
e che cosa dirò ancora prima
che io inizia parlare.
Talvolta è come se sentissi una mano,
la tua mano appoggiata alla testa:
così mi guidi come fa un papà.
Dal Salmo 131
Tu solo sei grande.
Tu solo fai meraviglie.
Tu solo sei Dio.
Dal Salmo 66
Venite, guardate le meraviglie di Dio,
opere stupende che meravigliano l’uomo.
Salmi per piccoli cuori, Elledici
Il più bel nome di Dio
Questa storia accadde nei tempi antichi. Allora gli uomini conoscevano una sola parola per indicare Dio: DIO,appunto.
«E non c’è un altro nome?» domandarono alcuni. Allora gli uomini cominciarono a riflettere. Stabilirono di ritrovarsi dopo una settimana. Ciascuno doveva dire il nome che aveva trovato Avrebbero, poi, scelto il più bello e lo avrebbero dato a Dio.
Ed eccoli riuniti dopo una settimana. Il primo portò un recipiente di terracotta dentro il quale ardeva un fuoco. Disse:«SOLE, questo è il nome di Dio. Egli ci dona la luce e il calore, vince il buio e il freddo della notte».
Avanzò il secondo, anche lui portava un vaso di terracotta con dentro dell’acqua. «ACQUA: questo deve essere il vero nome di Dio. Dall’acqua, infatti, viene la vita».
Il terzo si chinò verso il suolo, raccolse con la mano una manciata di terra e la sciò scorrere tra le dita. Disse:«Così dobbiamo chiamare Dio,TERRA. Essa ci nutre e ci sostiene, è la nostra casa».
Il quarto portò un velo soffice e leggero. Lo gettò per aria e subito il vento lo gonfiò e lo portò in alto. Egli disse:«Questo per me è il vero nome di Dio, ARIA. L’aria spinge le vele delle navi e noi viviamo d’aria, essa ci permette di respirare».
Tra questi c’era anche un quinto uomo. Era zitto, non diceva una sola parola, teneva in braccio un bambino e lo cullava teneramente. «E tu?» chiesero allora, «quale nome hai trovato per Dio?».
L’uomo rimaneva in silenzio, cullava il suo bambino. Tutti erano in silenzio e lo guardavano attenti. All’improvviso uno di loro esclamò:«Adesso ho capito! Il nome più bello che possiamo dare a Dio è PADRE!».
«è davvero così» dissero tutti insieme,«Dio è nostro Padre. Egli è il Padre di tutti.»
Tratto da Raccontami una storia, Ella Di Ci, 1989
Primo o secondo quadrimestre, almeno 10 ore.
IN SINTESI
– Esperienze di riflessione e di confronto.
– Rievocazione di vissuti.
– Lettura di immagini.
– Lettura e lavoro di ricerca, di analisi di racconti, filastrocche, preghiere.
– Attività di sintesi e di condivisione di gruppo.
– Rielaborazione personale e di gruppo con cartelloni, disegni, attività di attualizzazione.
VERIFICA, VALUTAZIONE E
CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZA ACQUISITA
Nell’album sottostante disegna le persone nelle quali hai fiducia e una situazione in cui hai scoperto in famiglia la presenza di persone hanno pensato a te in modo speciale. Racconta con le tue parole.
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Leggi con attenzione il racconto.
Ogni mattino un arabo, che attraversava il deserto con un esploratore francese, si fermava per pregare Dio. Un giorno il francese gli disse:: «PERCHÉ OGNI GIORNO FAI QUESTO? DIO NON ESISTE, TU NON L’HAI MAI VISTO E MAI TOCCATO». L’arabo non rispose.
Poco dopo il francese vide delle belle orme di cammello ed esclamò: «GUARDA, DI QUI É PASSATO UN CAMMELLO!».
E l’arabo: «COME FAI A DIRLO? IL CAMMELLO NON L’HAI VISTO, NÉ TOCCATO».
Il francese rispose: «SI VEDONO LE ORME!».
Allora l’arabo, puntando il dito verso il sole: «ECCO LE ORME DEL CREATORE: DIO C’È».
Adattato da P. Pellegrino, Sorsate. 365 gocce di luce per ogni mattina dell’anno, Elledici
E se tu osservi il mondo e le persone che ti circondano, dove vedi i segni della presenza di Dio? Traccia quattro impronte delle tue mani, disegna all’interno e poi racconta con una breve frase.
Verifica individuale.
Aspetto della prova da valutare |
Descrittori di livello A B C INIZIALE MEDIO ELEVATO |
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Le presenza di persone e situazioni nell’esperienza personale dell’alunno |
Non sono state disegnate persone importanti e/o una situazione significativa. |
È stata disegnata una situazione significativa, ma la spiegazione non è coerente. |
Sono state disegnate persone importanti e una situazione significativa. La spiegazione è coerente. |
I segni della presenza nel mondo di Dio Creatore e Padre |
È stato disegnato e spiegato un solo un segno significativo della presenza di Dio Creatore e Padre. |
Sono stati disegnati e spiegati due o tre segni significativi della presenza di Dio Creatore e Padre. |
Sono stati disegnati e spiegati quattro segni significativi della presenza di Dio Creatore e Padre. |
Si può ipotizzare il seguente modello di certificazione:
LIVELLO COMPETENZA RAGGIUNTO |
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SI CERTIFICA CHE L’ALUNNO ______________________________
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PIENO |
MEDIO |
INIZIALE
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Ha scoperto la presenza nei suoi vissuti quotidiani di persone che hanno a cuore la sua vita, si occupano di lui e in cui ha fiducia. |
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Ha sperimentato che nel mondo e nella natura che lo circonda niente è casuale, che c’è un ordine che rimanda alla presenza di un creatore che ha a cuore le sue creature. |
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Ha intuito nei racconti antichi della creazione appartenenti a varie tradizioni culturali la presenza del trascendente come creatore del mondo e della vita. |
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Ha colto, nei racconti biblici della Creazione, che Dio non è solo Creatore, ma anche Padre di ogni persona. |
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In questa fase, l’insegnante verifica la conformità del percorso con gli obiettivi indicati nella FASE 1 per quanto riguarda:
– i riferimenti al P.O.F. d’Istituto di appartenenza;
– gli obiettivi di apprendimento di Religione Cattolica contenuti nelle Indicazioni per il Curricolo;
– gli obiettivi delle altre aree disciplinari coinvolte.
Avviamo con questo contributo la sperimentazione per la Scuola Primaria.
Abbiamo pensato di iniziare delineando sinteticamente il quadro di riferimento della sperimetazione: La Didattica Ermeneutica Esistenziale (DEE).
Seguiranno nel corso dell’anno alcune Unità di Apprendimento (UdA) costruite, riferendosi a questo modello, da due insegnanti della scuola primaria: Teresa e Sabrina Albertini.
Un gruppo pilota, al quale si può accedere contattando Sabrina e Teresa (sabrinaeteresa@yahoo.it), sperimenterà le UdA e ne verificherà e valuterà i risultati attraverso una opportuna strumentazione che sarà a suo tempo comunicata.
SPERIMENTAZIONE SCUOLA PRIMARIA
1. LA PRASSI DIDATTICA NELLA PROSPETTIVA ERMENEUTICA ESISTENZIALE
La prassi didattica che si rifà alla prospettiva ermeneutica esistenziale nasce da studi, pubblicazioni, corsi, sperimentazioni, che in questi ultimi decenni hanno impegnato la Facoltà di Scienze dell’Educazione ed in particolare l’Istituto di Catechetica della Pontificia Università Salesiana. [1]
I tentativi di applicazione effettuati, hanno evidenziato una positiva accoglienza e disponibilità, ma anche una difficoltà nella concreta applicazione. In particolare le difficoltà nascono dall’abitudine a pratiche che si collegano a prospettive pedagogiche acquisite per tradizione e applicate intuitivamente seguendo i risultati di precedenti esperienze.
1.1 Progettare nella didattica ermeneutica esistenziale (DEE)
Nella didattica ermeneutica esistenziale (DEE) muta profondamente la prospettiva che ha caratterizzato la programmazione educativa e didattica tradizionale. In linea con le scelte della Riforma, la DEE abbandona la programmazione curricolare, che si proponeva di mediare a livello locale e di classe la trasmissione dei contenuti previsti a livello nazionale e pone al centro del processo didattico il soggetto che apprende e l’individualizzazione dei percorsi di apprendimento[2]. La novità nella pianificazione dei processi sta nella progettazione delle esperienze di apprendimento a partire dalla domanda esistenziale del soggetto concreto e non dalla mappa dei contenuti da trasmettere definita dalle discipline di studio. Il pieno successo formativo si raggiunge allora, quando si è data adeguata e proporzionata risposta alle aspettative esistenziali dello studente. Aspettative, attese, domande educative e culturali, spesso inespresse e inconsapevoli, che trovano identificazione e definizione, a partire dal contesto più generale e poi in quello locale e individuale. La progettazione ermeneutica esistenziale fa riferimento ad un quadro che delinea la reale condizione educativa del discente nel particolare momento evolutivo che sta vivendo. Ma non predetermina la successione delle mete educative, didattiche e culturali in modo rigido e simile per tutti gli alunni. Anche se conosce i traguardi e le tappe del processo, essa accoglie la diversità delle situazioni, delle domande, dei percorsi e delle soluzioni in una logica personalizzante per una “crescita e maturazione della persona in tutti i suoi aspetti e dimensioni”. [3]
Al termine del processo si pone la trasformazione della persona mediante l’acquisizione di nuove competenze. Competenze che vengono acquisite attraverso una prassi didattica centrata su compiti autentici di apprendimento.
Le unità di apprendimento (UA), a partire dagli obiettivi formativi (OF), si strutturano attorno ai compiti di apprendimento e propongono un percorso che tenga presente le attese educative e culturali del discente. Le unita didattiche (UD) tradizionali seguono invece un’altra logica: la logica sistematica e coerente della trasmissione dei contenuti delle aree disciplinari.
Nella DEE si tratta quindi di selezionare, calibrare e offrire percorsi, proposte di lavoro e materiali adeguati per l’elaborazione delle risposte alle domande educative proprie degli allievi delle diverse età. [4]
Nell’attuazione concreta del processo di apprendimento si deve:
– individuare la domanda educativa dello studente e portarla a consapevolezza,
– indicare i compiti proporzionati alla condizione e alla domanda del discente,
– accompagnare e sostenere il processo di elaborazione della risposta.
– Verificare, attraverso nuovi compiti, valutare e certificare le competenze raggiunte
Gli elementi strutturali della progettazione ermeneutica sono dunque diversi da quelli della programmazione tradizionale.[5] La progettazione ermeneutica è chiamata ad individuare la domanda ed il possibile percorso di elaborazione della risposta e a scandirla in un processo di apprendimento. In esso troveranno concreta espressione l’OF, le attività, i contenuti, le metodologie, gli strumenti e le modalità di verifica e valutazione adeguati alla situazione del gruppo classe e del singolo alunno.[6]
Se volessimo esplicitare le fasi strutturali della DEE potremmo indicare:
Fase ideativa:
individuazione della domanda educativa a partire dall’esperienza dello studente
definizione delle fasi del processo di apprendimento
formulazione del compito unitario di apprendimento e organizzazione del lavoro
individuazione del compito di verifica e dei criteri di valutazione della competenza attesa.
Fase applicativa:
risoluzione del compito di apprendimento, con il sostegno del docente, lavorando in modo collaborativo, sui materiali proposti dal docente o individuati, attraverso la ricerca, dagli studenti.
Fase valutativa:
soluzione del compito di verifica, dei criteri e della scala di valutazione e certificazione della competenza raggiunta.
1.2 I passaggi qualificanti della fase ideativa
Come abbiamo detto, punto qualificante della DEE è la partenza del processo di apprendimento dalla dimensione esistenziale che caratterizza lo studente nel particolare momento del suo sviluppo. Il tema che qualifica il processo non può dunque nascere dal contenuto da trasmettere, ma deve nascere dalla condizione esistenziale dello studente. Non è comunque facile individuare e precisare un tema che nasce dal vissuto dello studente. Il processo di individuazione sperimentato in queste anni ci ha portato a definire alcuni passaggi che andiamo ad illustrare:
A) individuare e precisare l’area di esperienza
Ogni condizione esistenziale vissuta dallo studente è identificabile in aree di esperienza[7] che la contraddistinguono (Esempio di aree di esperienza: l’identità, la relazionalità, l’orientamento, la generatività, la sessualità, i valori morali, la maturazione fisica, l’emotività, ecc.). Sono aree molto ampie all’interno delle quali si può ricondurre l’enorme mole di esperienze che caratterizzano le diverse fasi di sviluppo di uno studente.
L’area di esperienza individuata deve essere, inoltre, meglio precisata con la scelta di uno degli elementi qualificanti che la compongono (per l’area della relazionalità, ad esempio, possibili elementi qualificanti sono: la relazione di amicizia, nel gruppo dei pari, nelle relazioni familiari, nelle relazioni scolastiche, nelle relazioni istituzionali, ecc.) e che possono meglio identificare la condizione esistenziale vissuta dallo studente.
L’elemento qualificante scelto può essere ulteriormente precisato attraverso la scelta di modalità concrete di attuazione (ad esempio: in classe, o nel gruppo sportivo, o in parrocchia, o nel quartiere, o nel paese, o al muretto, ecc.) Ciò circoscrive ancor di più l’area di intervento e rende più efficace il processo unitario di elaborazione della risposta.
Questa triplice scelta permette di giungere alla individuazione della dimensione antropologica del vissuto del ragazzo più significativa in quel momento del suo sviluppo. A partire da quella dimensione antropologica potrà essere definito il motivo educativo conduttore unitario dell’intervento didattico disciplinare o interdisciplinare che si esprimerà nel titolo dell’UA.
Naturalmente prima di dare un’ultima definizione al motivo conduttore sarà opportuno effettuare un confronto orientativo con i documenti normativi della progettazione definiti dalle Indicazioni nazionali. Il confronto consentirà di verificare la pertinenza dell’area di indagine scelta con il ciclo di studi, l’istituzione educativa (POF) e l’ambito disciplinare (TSC, TC, OA).
B) definire le fasi del processo di apprendimento.
Il compito più impegnativo, ma centrale nella fase di ideazione, consiste nel fissare i passaggi del processo di apprendimento che il docente intende far percorrere allo studente. Attraverso questi passaggi di comprensione lo studente sarà accompagnato nel processo che va dall’esplorazione della dimensione esistenziale dell’esperienza alla acquisizione di una più profonda competenza.
La chiara individuazione e definizione di questi passaggi guiderà la determinazione di tutte le ulteriori fasi del processo di apprendimento: l’obiettivo Formativo, gli obiettivi di fase, il compito, la verifica e la valutazione.
In quadro di sintesi
I passaggi del processo di comprensione individuato dal docente
– saranno formulati sinteticamente nell’ obiettivo formativo (OF)
– verranno indicati analiticamente negli obiettivi di fase che descrivono i successivi passaggi di comprensione necessari per raggiungere l’OF.
– determineranno la scelta del compito autentico e delle attività da svolgere insieme ai compagni, con il sostegno e lo stimolo del docente
– guideranno la scelta dei materiali su cui lavorare
– determineranno la scelta del compito di verifica
– guideranno la scelta dei criteri di verifica e valutazione
– troveranno codificazione nella competenza finale acquisita e certificata.
1.3 I passaggi qualificanti della Fase applicativa nella DEE
La fase preliminare della nascita della domanda
Tutto il processo di ideazione fatto dall’equipe pedagogica e dal docente, in base ai dati in loro possesso, deve ancora diventare consapevole e motivante per lo studente all’avvio del processo di apprendimento. Il passaggio verso la consapevolezza e la motivazione si realizzerà attraverso provocazioni (esperienze dirette, filmati, immagini, interviste, canzoni, conversazioni cliniche, ecc.) che facciano nascere l’interesse e le domande dello studente. L’analisi iniziale di esperienze significative ha l’obiettivo di far emergere gli interrogativi nascosti nella dimensione antropologica di partenza. Questa analisi preliminare introduce al compito che lo studente dovrà svolgere nella vera e propria fase operativa del processo di apprendimento. Il docente, in questo momento preliminare, dovrà aiutate gli studenti ad orientare gli interrogativi e mirarli verso l’ OF, che eventualmente potrà essere ancora ulteriormente rettificato, prima di avviare la ricerca per la costruzione della risposta.
L‘elaborazione della risposta attraverso un compito di lavoro sulle fonti
La fase applicativa riguarda la concreta realizzazione del processo di apprendimento progettato nella fase ideativa. Essa si incentra nell’esecuzione di un compito autentico di apprendimento.
È attraverso l’esecuzione di precise prestazioni indicate dal compito che si può acquisire una competenza. Il compito consiste sempre in una rielaborazione personale, di materiali pertinenti, selezionati dai docenti, in vista della costruzione di una risposta corretta alla domanda formulata nell’OF. È in questa fase che i contenuti disciplinari danno tutto il loro contributo, depositari di verità garantite dal sapere codificato e dalla tradizione culturale e non possedute dallo studente. Verità però velate, da scoprire, induttivamente presenti, nelle fonti più autorevoli della tradizione, ma non enunciate in modo deduttivo, manualistico e sistematico. Lavorando sulle fonti con una metodologia ermeneutica lo studente scoprirà quegli elementi di verità che gli serviranno per costruire la sua risposta.
Le caratteristiche del compito unitario d’apprendimento
L’apprendimento è un processo unitario che si realizza attraverso l’esecuzione di un compito. Il compito deve prevedere una serie di attività attraverso cui si consegue l’apprendimento ed è resa possibile la costruzione della risposta. Le attività di apprendimento si strutturano in diverse fasi e consistono nel lavoro sui materiali selezionati dal docente in funzione dei passaggi di apprendimento previsti per lo studente nella fase di progettazione. Saranno sempre svolte con la guida, il sostegno, il consiglio del docente che affiancherà lo studente in tutte le fasi di svolgimento. Il compito può prevedere momenti di introduzione, spiegazione, ma consisterà fondamentalmente nel lavoro collaborativo, a casa e in classe, degli studenti, non esclusi momenti di lavoro individuale.
L’indicazione chiara e precisa delle prestazioni che gli studenti dovranno dare, permette di porre in relazione la dimensione esistenziale iniziale, con l’OF e la competenza attesa. [8] La finalità del compito, nella fase di apprendimento, è quella di facilitare il percorso di apprendimento, non di verificare ciò che è stato appreso. Ogni errore, in questa prospettiva, diviene una importante risorsa per indicare dove orientare la ricerca e lo sforzo di apprendimento.
Attraverso compiti autentici, tratti da situazioni problematiche tipiche della vita concreta, sarà più immediata la nascita dell’interesse e della motivazione e potranno essere fatte emergere, osservate e valutate quelle prestazioni che permetteranno di inferire il possesso di una competenza.[9] Il compito autentico facilita infatti sia la comprensione che la manifestazione delle prestazioni richieste per la verifica e la valutazione della competenza acquisita dallo studente. [10]
1.4 I passaggi qualificanti della Fase valutativa nella DEE
Il processo di apprendimento nella DEE si chiude solo con l’esecuzione di un nuovo compito che verifichi la reale acquisizione della competenza esercitata nella fase applicativa con l’ausilio ed il sostegno del docente. La fase valutativa della DEE consiste nella esecuzione di un compito di verifica, nella valutazione del prodotto e nella certificazione del grado di competenza accertato. La realizzazione autonoma di un nuovo compito diverso, ma affine al precedente, potrà garantire che lo studente è ora capace di dare risposta all’interrogativo problematico da cui è partito il processo di apprendimento e saprà farlo in futuro.
Le consegne dei compiti nella fase valutativa, per rispondere alle caratteristiche della valutazione autentica, devono coinvolgere gli studenti e avvicinarli al loro mondo reale, più a portata dei loro strumenti interpretativi e delle loro chiavi di lettura.
A differenza di quella tradizionale, la valutazione autentica della DEE, valuta l’utilizzo contemporaneo e coordinato di una pluralità di capacità di base, ma non può mai essere una valutazione globale della persona poiché possono esserci capacità che essa non attualizza nelle prestazioni che compie.[11]
Nella valutazione del compito autentico di verifica verranno naturalmente applicati quegli indicatori selezionati in fase di ideazione. Si dovrà pervenire ad identificare, in base alla scala predeterminata, il livello di competenza raggiunto. Tale livello dovrà, infine, essere certificato in un documento che potrà essere conservato nel portfolio delle competenze.
1.5 Progettare le Unità di Apprendimento nella DEE
La progettazione delle UA nella DEE fa riferimento ad un preciso modello[12] costruito nell’ottica
della flessibilità e dell’adattabilità alla mutevolezza e diversità dei percorsi di apprendimento del singolo studente (vedi allegato A). Il progetto dell’UA può essere formulato in una scheda, con chiarezza e sinteticità, in modo da poter essere facilmente riadattato alle nuove esigenze e condizioni. La scheda di sintesi sarà seguita poi dall’UA operativa che svilupperà in modo dettagliato tutte le indicazioni e conterrà gli allegati dei materiali previsti nella scheda.
Il modello struttura l’UA in tre fasi:
Fase ideativa: Definire la domanda
il dato antropologico guida tutto il processo dell’UA, mentre il confronto con i documenti normativi è solo orientativo. Vanno però ritrovati i nessi con i documenti normativi per evitare sfasamenti, sovrapposizioni e inutili ripetizioni. L’OF, se necessario, potrà essere meglio dettagliato e precisato nelle fasi di realizzazione.[13] Le attività del compito autentico espliciteranno le fasi del processo di apprendimento. La definizione del compito di verifica e della scala di valutazione consentirà di valutare il livello di competenza raggiunto
Fase di applicazione: Costruire la risposta
il cuore del processo sta nella soluzione del compito autentico. Un compito molto preciso, concreto e dettagliato. Vengono anche stabilite le modalità organizzative delle attività previste per la soluzione del compito: tempi, modalità delle prestazioni, metodi, mezzi, strumenti.
Fase di verifica e valutazione: Verifica, valutazione e certificazione della competenza acquisita.
La verifica, consente di valutare e quindi certificare il reale possesso della competenza prevista nell’OF e acquisita con l’aiuto del docente e dei compagni nella fase di applicazione. Sarà una competenza specifica coerente con una delle macrocompetenze previste nel Piano di lavoro Annuale, dalle Indicazioni Nazionali e dall’Istituzione scolastica nel POF.
Allegato n.1
Scheda di progettazione
MODELLO PER LA PROGETTAZIONE DI UA IN PROSPETTIVA ERMENEUTICA ESISTENZIALE Elementi di identificazione: Scuola, anno, disciplina, classe e sezione
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FASE IDEATIVA: definire la domanda |
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FASE DI APPLICAZIONE costruire la risposta |
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FASE DI VALUTAZIONE verifica, valutazione, certificazione della competenza acquisita |
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[1] R.ROMIO–Z. TRENTI, La pedagogia dell’apprendimento nell’orizzonte ermeneutico, Elledici, Torino-Leumann, 2006.
Nel testo sono esposti i fondamenti pedagogici della prospettiva ermeneutica esistenziale e le indicazioni didattiche per una sua concreta applicazione.
[2] G. BERTAGNA, I piani di studio personalizzati,Tecnodid, Napoli, 2003, pp. 240-2,
[3] R.ROMIO–Z. TRENTI, La pedagogia dell’apprendimento, o.c., II parte
[4] R. ROMIO., Un modello pedagogico didattico per l’educazione religiosa, Orientamenti Pedagogici, vol. 56 n.5(335) settembre/ottobre 2009
[5] Gli elementi comunemente più conosciuti tipici della programmazione curricolare sono: le finalità educative; gli obiettivi didattici, i contenuti culturali; le metodologie; gli strumenti ed i mezzi; le modalità di verifica e valutazione.
[6] Il processo didattico nella metodologia ermeneutica si può scandire nelle seguenti fasi: individuazione della situazione problematica, formulazione degli interrogativi, chiarificazione della domanda, ricerca sulle fonti, selezione dei contributi significativi, confronto con le istanze attuali, elaborazione della risposta, interpretazione della soluzione.
[7] Si veda la Tabella dei compiti di sviluppo (UPS, Roma, 2006) elaborata dalla Prof. F. Kannaiser più volte distribuita in numerosi corsi di aggiornamento per docenti.
[8] Spesso si trovano indicazioni di compito molto generiche, del tipo: lettura di documenti forniti dall’insegnante e lavoro di gruppo, realizzazione di un elaborato scritto, costruzione di un cartellone, realizzazione di un ppt o di un cd, risposta al un questionario, ecc. Pur rimanendo quelle le prestazioni finali dovremmo invece indicare le modalità precise che abbiamo previsto per ottenere quelle prestazioni. Se volessimo ad esempio condurre un processo di comprensione dell’esperienza dell’Esodo dovremmo definire precisamente le attività che chiediamo perché lo studente raggiunga quell’apprendimento. Ad esempio:
– suddivisione in gruppi di 5 studenti secondo la modalità … : il gruppo A…, il gruppo B…, il gruppo C…,
– Il gruppo A ricostruisce l’itinerario dell’esodo del popolo di Israele dall’Egitto,
– Attività: esame del filmato…, lettura e riassunto del racconto dell’Esodo…, consultare la descrizione nel sito… ecc
– Identificare le diverse fasi e riassumerle in schede con disegno e didascalia
– Trasferire le schede realizzate nelle slide di un ppt
– Presentare e commentare alla classe il ppt
[9] P. LE BOTERF, De la compétence: essay sur un attracteur étrang, Les Edition d’Organisation, Paris, 2000, p.149
[10] R.TRINCHERO, Valutare l’apprendimento nell’e-learning. Dalle abilità alle competenze, o.c., pp.211-212
[11] R.TRINCHERO, Valutare l’apprendimento nell’e-learning. Dalle abilità alle competenze, o.c., pp.211-212
[12] in seguito alla sperimentazione condotta da diversi anni dall’Istituto di Catechetica sono stati apportati al modello numerosi aggiustamenti e semplificazioni nella prospettiva di una essenzializzazione che lo renda comprensibile e praticabile con facilità anche da coloro che non conoscono bene tutte le dinamiche della DEE.
[13] Alcuni parlano di obiettivi di fase e di standard per la valutazione.
È un mondo popolato da figure che sembrano tratte dai film di esorcismo.
Purtroppo non hanno nulla di fantasioso.
Una realtà la cui filigrana è costituita da satanismo, spiritismo, vampirismo, stregoneria, arti magiche, esoterismo.
Le loro vittime in genere sono persone vulnerabili, rese deboli da fatti luttuosi o esperienze personali toccanti.
Con buone disponibilità economiche, un livello di cultura medio alto e un’età che oscilla tra adolescenza e senilità.
Solo nel 2010 sono stati circa 240 mila gli italiani caduti nella trappola di ottomila sette, secondo la Comunità Papa Giovanni XXIII che per aiutare le famiglie ha da alcuni anni aperto un numero verde (800.228.866).
Il censimento è molto parziale perché riguarda l’attività dell’organizzazione fondata da don Oreste Benzi, basata principalmente sull’accoglienza in case e strutture semi residenziali.
Il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha indicato una strada giudiziaria: «Le vittime potrebbero avvalersi di un nuovo strumento normativo, quello contro lo stalking» che può essere un’arma per difendersi, oltre che da ex mariti ossessionanti, anche da santoni e guru.
«Purtroppo il numero delle persone coinvolte è molto più alto.
Noi abbiamo raccolto i dati attraverso i contatti telefonici e le storie di chi si è rivolto alla comunità per salvarsi», chiarisce bene i limiti dell’indagine don Aldo Buonaiuto, autore di due libri sul fenomeno, sacerdote nella diocesi di Fabriano.
Ieri un convegno organizzato a Roma, titolo «L’esperienza religiosa dell’umanità tra libertà e manipolazione», ha scattato una fotografia sull’occultismo, pratica dilagante «da conoscere e capire» perché provoca danni incommensurabili nella vita pratica e psicologica di chi ne viene accalappiato.
Il mondo delle sette è multiforme e condizionato in parte dalle nuove tecnologie.
Ci sono i culti distruttivi che offrono a giovani tra 14 e 16 anni contatti col sovrannaturale e altre entità malefiche (stregoni, spiriti, vampiri, diavoli) con le quali stringere alleanza per la realizzazione dei propri desideri.
La chiave degli ingannatori è molto spesso la religione.
I guru usano un linguaggio sacrale e, promettendo benefici spirituali, si impossessano dell’animo e dei beni dei loro proseliti, ovviamente benestanti.
E poi ancora sette specializzate in pratiche esoteriche, con finalità criminali, gruppi acido-giovanili (chi ne entra a far parte finisce con l’abusare di droga, riti satanici, messe nere, musiche estreme, sesso).
Attraverso il web vengono reclutate le Wikka, streghe moderne, soprattutto ragazze giovani, convinte di possedere qualità magiche.
Sono gruppi di piccole dimensioni, la media è non più di una decina di «schiavi» che per seguire il guru di turno hanno abbandonato il resto.
Parenti, amici, soldi.
La comunità Giovanni XXIII raccoglie almeno 15 telefonate al giorno e spesso agisce avvalendosi della squadra antisette della polizia, nata nel 2006.
Secondo don Aldo, il 70%di queste bande ha obiettivi criminogeni: «Dunque dobbiamo reprimerle sul nascere e svolgere interventi di prevenzione.
La gente deve sapere cosa rischia e quali sono le tecniche di reclutamento».
Il numero verde riceve la segnalazione di casi disperati.
Su 354 storie trattate nel 2009, il 44%riguardavano psicosette, il 17%sette religiose, il 15%satanismo, 13%esoterismo, 5%magia, 4%spiritismo, 1%stregoneria.
A prescindere dal tipo di pressione esercitata dai capi sui sudditi, il risultato è sempre lo stesso.
Chi cade in stato di schiavitù si trova in una condizione di sudditanza psicologica così severa da impedire il ritorno alla normalità.
L’obiettivo dei gestori di questa rete dell’occulto è isolare i nuovi adepti dal loro ambiente vitale.
All’inizio si presentano come amici e lentamente si introducono negli spazi della preda, conquistandone confidenza e fiducia.
In cambio promettono risultati immediati e si propongono il più delle volte come alternativa alla religione che richiede sacrificio e forza di volontà.
in “Corriere della Sera” del 17 febbraio 2011
Dalla trilogia di Stieg Larsson a La caduta dei giganti di Ken Follett, fino all’atteso Il cimitero di Praga di Umberto Eco.
La lista degli e-book in lingua italiana si allunga e si arricchisce di nomi prestigiosi.
Circa 7 mila, secondo la stima dell’Associazione italiana editori, i titoli digitali disponibili entro Natale (erano 2.500 lo scorso giugno).
A distribuirli i grandi gruppi editoriali, entrati finalmente nel mercato: 1.500 (destinati a diventare almeno 3.500 per la fine dell’anno) gli e-book di Feltrinelli, Gems e Rcs Libri, uniti dallo scorso maggio nella piattaforma Edigita; disponibili già dal 9 ottobre 1.200 libri elettronici Mondadori.
Narrativa e saggistica, novità e classici: i cataloghi elettronici iniziano a replicare quelli cartacei.
Rcs Libri propone i successi del passato e quelli più recenti, come Acciaio di Silvia Avallone (Rizzoli).
Oltre a Eco, numerose le nuove uscite: La manomissione delle parole di Gianrico Carofiglio (Rizzoli), ad esempio, avrà una versione e-book.
Dal romanzo La psichiatra di Wulf Dorn (Corbaccio) ai gialli di Glenn Cooper, agli scritti di Sigmund Freud, l’offerta Gems.
A tutto campo, anche Feltrinelli.
Tra i titoli digitali, Quando la notte di Cristina Comencini e Caino di José Saramago, cui si aggiungono esordienti, come Troppo umana speranza, romanzo risorgimentale di Alessandro Mari.
Novità (400 titoli) e pagine di carta che diventano digitali (800) anche per il gruppo Mondadori.
L’offerta va dai libri di Jane Austen ai bestseller recenti, come Il Codice da Vinci di Dan Brown (Mondadori), fino ai libri di Geronimo Stilton (Piemme).
Titoli che si sommano a quelli distribuiti dalle altre principali piattaforme già sbarcate nel business: Simplicissimus, gruppo pioniere nato nel 2004 che distribuisce circa 1.200 e-book – compresi quelli di Giunti e Apogeo – e BookRepublic, consorzio di editori indipendenti da un migliaio di libri digitali, tra cui i romanzi Voland di Amélie Nothomb.
La maggior parte degli e-book sono disponibili sia in formato pdf (che riproduce esattamente l’impaginazione del libro) sia in e-pub (il formato standard degli e-reader, che meglio si adatta allo schermo).
Per tutte le piattaforme, il prezzo dell’edizione digitale è più basso del 20-30% rispetto a quello del cartaceo e l’acquisto può avvenire su numerosi canali online.
Gli e-book sono scaricabili sui siti delle singole case editrici, come Libreria Rizzoli.it o Il Libraio.it (Gems); dagli store online – quelli ormai tradizionali come Ibs e Bol.it ma anche Webster.it e la nuova Biblestore, nata dall’accordo Telecom-Mondadori – e persino sulla catena di prodotti tecnologici Mediaworld.
Ancora lontano, invece, il sogno di una biblioteca (virtuale) a scaffali aperti.
Questione di diritti.
Sia Mondadori che gli editori di Edigita hanno scelto di proteggere i loro e-book – in pdf e in e-pub – con il cosiddetto Drm (Digital rights management) messo a punto da Adobe: una tecnologia che serve a controllare e gestire i diritti digitali.
Il risultato è che, per ora, gli e-book dei principali gruppi italiani non si possono leggere né sul Kindle né, direttamente, sull’iPad.
Ovvero i due supporti più diffusi.
Per il tablet della Apple, tuttavia, sono già nate alcune applicazioni, come Bluefire Reader, con cui poter superare – certo in maniera poco comoda – l’ostacolo.
Impossibile leggere gli e-book con Drm Adobe anche sul Tab Galaxy, l’anti-iPad prodotto da Samsung.
Via libera invece sugli e-reader Sony e l’iRex.
Accessibili su questi ultimi anche i libri digitali coperti dal cosiddetto Drm «leggero» (o social Drm), come quelli di Book Republic e Simplicissimus, gestiti cioè con un sistema simile all’antico ex libris che consente di identificare l’acquirente.
Gli e-book così contrassegnati si possono leggere anche sull’iPad e sul Kindle.
In quest’ultimo caso, tuttavia, se l’e-book è in e-pub, bisogna prima convertirlo in Mobi, il formato proprietario di Amazon.
L’ennesimo salto dell’ostacolo.
Corriere della sera 19 10 2010
Un’inchiesta americana rivela che Dio è presente con forza nella società e ne spiega le scelte.
Per il 28% è autoritario, per il 22 benevolente; è critico per il 21%, lontano per il 24%.
È apparso ieri su Usa Today un articolo di Cathy Lynn Grossman riguardante le opinioni degli americani su Dio («How America sees God»).
Come lo vedono o immaginano, cosa ne pensano, quali domande si pongono e come talune figure delle Chiese lo testimoniano.
Prima di offrire i dati, varrebbe la pena ricordare che soltanto il 5% si è dichiarato «ateo/agnostico», percentuale che sarebbe stata ben più alta se questa ricerca fosse stata fatta in Russia (una recente statistica dell’Università di Mosca offre indicatori oltre il 20%) o in qualche Paese europeo.
Le domande rivolte erano chiare, e possono essere riassunte in due quesiti.
Quando pregate Dio a chi o a che cosa pensate di rivolgervi? E quando cantate «God bless America» a chi chiedete di benedire la vostra terra? Non si può dimenticare che negli Stati Uniti, Dio — o l’idea di un Dio — permea la vita quotidiana.
Il suo riflesso nelle coscienze è un elemento essenziale per spiegare il passato degli Usa, molti dei conflitti a cui hanno preso parte o si sono trovati coinvolti; anzi, sottolinea l’estensore dell’articolo, «potrebbe offrire un indizio di quanto riserva il futuro».
Insomma, Dio è al nostro fianco, o se ne sta oltre le stelle? È adirato, geloso, vendicativo come in alcuni passi dell’Antico Testamento o misericordioso e capace di confondersi con un amore infinito? Sino a dove il suo occhio scruterà le cose? I sondaggi dicono che nove americani su 10 credono in Dio, ma il modo di immaginarlo rivela — sottolinea la ricerca — anche l’atteggiamento in materia di economia, giustizia, morale sociale, guerra, calamità naturali, scienza, politica, amore e anche altro, come sostengono Paul Froese e Christopher Bader, due sociologi della Baylor University di Waco (Texas).
Il loro nuovo libro, America’s Four Gods, dove ci si chiede essenzialmente «cosa possiamo dire di Dio?», esamina le diverse visioni dell’Onnipotente.
Il metodo di ricerca utilizzato si basa su indagini telefoniche (1.721 adulti nel 2006 e 1.648 nel 2008), ma soprattutto trae conclusioni qualitative da 200 «interviste in profondità», dalle quali, tra l’altro, si sono avute risposte intorno a una dozzina di immagini evocative dell’Altissimo.
Froese ricorda che una simile ricerca ha un fine pratico, giacché si possono meglio comprendere le reazioni di una popolazione — per un fatto di cronaca o per la politica estera — conoscendo l’idea che ha di Dio.
Passando ai dati, diremo che un 28% crede in un Dio autoritario, impegnato nella storia e capace di fulminare con punizioni severe coloro che non lo seguono.
C’è poi il Dio benevolente, che per questa ricerca vale il 22%.
Si identifica anche in azioni di politica contingente, simili a quelle in cui il presidente Obama dichiara di essere spinto a vivere la sua fede cristiana nel servizio pubblico.
È un Dio impegnato e ama e ci sostiene quando ci prendiamo cura degli altri.
C’è poi il Dio critico.
Vale il 21%.
Chi crede in Lui? I poveri, i sofferenti e gli sfruttati.
Sono convinti che non perda di vista le cose di questo mondo.
Come rappresentarlo? Si può immaginare attraverso una battuta ascoltata in un sermone nella chiesa Open Door, a Rifle (Colorado): «I nostri conti bancari vuoti saranno i magazzini del Signore».
C’è infine il Dio lontano: lo crede il 24%.
Quasi un americano su quattro lo considera distante, ma ciò non significa che non abbia alcuna religione.
È un’idea che i ricercatori hanno trovato in molti ebrei e nei seguaci di religioni e filosofie come il buddismo o l’induismo.
Sovente questa categoria parla di un Dio inconoscibile, che si cela in dimensioni non percorribili dalla ragione, quasi fosse racchiuso in un teorema di matematica indimostrabile; oppure lo spiritualizzano sino a trasformarlo in qualcosa di incomunicabile.
Una ricerca come questa va presa con il beneficio di inventario, ma è estremamente importante il motivo che l’ha suggerita: le opinioni che gli uomini hanno su Dio permettono di comprendere meglio le loro scelte.
Potrà sembrare a taluni una vecchia questione riportata alla luce e scritta in margine a Voltaire — il quale riteneva indispensabile la religione per il buon funzionamento degli Stati — ma in realtà è attualissima.
Dio, per intenderci, non è morto, non è tramontato, non è quello che hanno cercato di dimostrare o distruggere i filosofi; anzi dopo il crollo delle ideologie, dei totalitarismi e di molte illusioni del Novecento si è presentato di nuovo sul palcoscenico della storia.
Se Heidegger aveva scritto che soltanto un Dio ci può salvare, noi ora ricominciamo a capire quanto sia ancora indispensabile per spiegare l’uomo.
in “Corriere della Sera” del 9 ottobre 2010
Dopo il famoso rapporto Kinsey degli anni ’50 sulla sessualità degli americani si sono moltiplicate anche nel nostro paese le ricerche volte a far luce sull’evolversi del costume in tale campo con indagini settoriali di indubbia importanza.
Ciò che tuttavia finora mancava era una ricerca che offrisse un quadro globale, ricostruendo le credenze e i sentimenti, i valori e le norme che ispirano oggi la condotta sessuale degli italiani.
A questa mancanza supplisce una interessante indagine curata da Marzio Barbagli, Giampiero Dalla Zuanna e Franco Garelli (due sociologi e un demografo molto noti) e da una serie di altri collaboratori, pubblicata in un volume dal titolo La sessualità degli italiani (Il Mulino, Bologna 2010).
L’indagine, basata su tre ricerche condotte con tecniche diverse, riguarda un campione di 7000 italiani tra i 18 e i 70 anni, suddivisi equamente per età, sesso, classe sociale e luogo di residenza ed è stata realizzata utilizzando due questionari quantitativi molto articolati e una rassegna di 120 interviste che, partendo dai vissuti personali, fa emergere le dinamiche sottese alle scelte degli intervistati.
ricostruzione del contesto socioculturale L’inchiesta muove anzitutto dalla considerazione che i modelli comportamentali, le identità e le regole che qualificano i modi di sentire e di vivere la sessualità nel nostro paese sono il frutto di profondi processi culturali, che si sono prodotti in modo assai rapido e che hanno segnato il passaggio da una visione della sessualità nella quale a prevalere era un orientamento procreativo (e in alcuni casi, assai limitati, ascetico), che ne circoscriveva rigidamente l’uso all’interno del matrimonio tra persone di sesso diverso, ad una visione in cui gli orientamenti prevalenti sono quello affettivo, che considera l’attività sessuale come espressione dell’amore tra partner e come consolidamento del legame tra di essi, e quello edonistico per il quale l’attività sessuale è finalizzata al solo piacere fisico, raggiunto ricorrendo anche a più partner in incontri occasionali.
Gli autori dell’inchiesta non mancano di rilevare, nell’introduzione al volume, che il modello procreativo, favorito a lungo dall’influsso esercitato dalla chiesa cattolica — è sufficiente ricordare la enciclica Casti Connubi di Pio XI del 1930 che ribadisce il primato della procreazione quale fine del matrimonio — non era esente da pesanti ipoteche negative.
Accanto alla «doppia morale» tra uomo e donna, dovuta a una errata considerazione della differenza tra sessualità maschile e femminile — la donna veniva ritenuta sostanzialmente priva di bisogni sessuali — venivano infatti elaborati una serie di divieti — si pensi soltanto al rifiuto del divorzio e dei mezzi che impediscono la procreazione e alla demonizzazione dell’omosessualità — ed erano invece tollerati (e persino giustificati) comportamenti aberranti come il delitto di onore e l’infedeltà maschile, adducendo rispettivamente come motivo la legittimità di farsi giustizia da sé e le insopprimibili esigenze fisiologiche del maschio.
Il momento decisivo della svolta verso una concezione diversa della sessualità è comunemente identificato nella rivoluzione culturale inaugurata dal Sessantotto, e in particolare nella critica radicale mossa alla «famiglia borghese».
Gli autori dell’inchiesta non mancano tuttavia di rilevare l’esistenza di importanti antecedenti, che risalgono agli inizi del Novecento (e, per taluni aspetti, a una fase ancora precedente), anche se i mutamenti avvenuti in quelle epoche erano ristretti alla vita privata e appannaggio di categorie elitarie, mentre soltanto negli anni ’60 del secolo scorso essi hanno assunto connotati di massa e sono divenuti di natura pubblica.
che cosa è cambiato? A provocare anche in Italia i cambiamenti di mentalità e di costume nei confronti della sessualità sono stati, da un lato, il fenomeno della secolarizzazione, che ha determinato la nascita di una nuova visione della vita e del mondo, non più ancorata ad un universo simbolico religioso o sacrale ma caratterizzata da un’autonoma definizione dei significati della realtà; e, dall’altro, la cultura individualista, che si è progressivamente affermata nella modernità e che ha conferito un ruolo di sempre maggiore centralità alla ricerca della realizzazione di sé.
Ciò che viene in questo contesto a modificarsi è anzitutto l’atteggiamento di fondo con il quale ci si accosta alla sessualità, con l’affermarsi – come già si è rilevato – di una visione contrassegnata dal primato dell’aspetto unitivo – la sessualità come sorgente ed espressione dell’amore interpersonale – e di quello ludico o edonistico, incentrato sulla ricerca del piacere.
Non meno significativi sono inoltre i cambiamenti che si producono nella sfera dei comportamenti e che riguardano i vari ambiti in cui la vita sessuale viene dispiegandosi: dall’autoerotismo ampiamente praticato (e giustificato in quanto fonte di piacere e di rassicurazione soggettiva) all’estensione allargata dei rapporti prematrimoniali; dal forte incremento delle separazioni e dei divorzi – il 30% dei matrimoni iniziati negli anni ’90 del secolo scorso hanno subìto questo destino – al controllo della fecondità mediante la contraccezione (con una netta preferenza per il condom); dalla diffusione delle convivenze more uxorio, dovute anche alla necessaria posticipazione delle scelte di vita per la difficoltà di ingresso stabile nel mondo del lavoro, alla consistente tendenza alla sperimentazione con diversi partner; fino all’erotizzazione di tutto il corpo con l’adozione sempre più ampia di pratiche hard quali i rapporti orali e anali.
Piuttosto alta è, infine, la percentuale di persone che dichiarano di non sentirsi attratte solo da persone dell’altro sesso (11,6%), anche se poi soltanto il 2,6% afferma di provare attrazione esclusivamente per lo stesso sesso e 1’1,2% si proclama apertamente omosessuale.
Ad emergere dall’insieme dell’inchiesta – in aperto contrasto con quanto vanno da tempo sostenendo le indagini giornalistiche – è dunque l’importanza sempre maggiore che il sesso riveste per gli italiani (con un incremento dei rapporti sessuali anche oltre l’età riproduttiva) e, nello stesso tempo, il tendenziale ancoraggio della sessualità ad un orizzonte affettivo-relazionale, confermato anche dal forte assenso dato al principio della fedeltà:1’85% degli intervistati condanna infatti apertamente il tradimento, anche se circa un terzo di essi ammette di averlo praticato.
L’indagine rivela pertanto un sostanziale allineamento dell’Italia ai paesi del Nord Europa; allineamento che si è tuttavia attuato con un certo ritardo e non senza alcune rilevanti differenze.
La prima di esse è costituita dalle disuguaglianze di genere: pur essendo diminuita di molto la distanza tra uomo e donna (ed essendo scomparse le diversità di approccio a molti dei temi affrontati dall’inchiesta), i rapporti non sono ancora del tutto simmetrici; persistono disparità di trattamento che segnalano la presenza, in misura più rilevante che negli Stati Uniti e nei paesi dell’Europa centrosettentrionale, di uno stato di dipendenza della donna dall’uomo.
La seconda differenza riguarda il modo di accostarsi all’omosessualità, e in particolare la discrepanza esistente – come si è accennato – tra sentimenti, comportamenti e identità, che è motivata dalla difficoltà di molti a dichiarare la propria condizione in ragione di una pressione sociale che svolge tuttora una rilevante funzione di marginalizzazione.
Lo scorporo dei dati dell’inchiesta, non solo in relazione alla differenza sessuale ma anche al ceto sociale, all’età e alla residenza consente infine di delineare – come non mancano di fare gli autori del volume – le varie tappe attraverso le quali si è prodotto il cambiamento e di mettere a fuoco le motivazioni che hanno condotto a un approccio diverso alla sessualità.
Le trasformazioni risultano così il frutto di un processo che ha avuto inizio a partire dai ceti sociali più alti e dalla popolazione dei centri urbani; un processo che è oggi soggetto a una forte accelerazione ad opera delle nuove generazioni che, facendo propria una visione più libera e autocentrata della sessualità, non esitano a dare vita a forme sempre più frequenti di sperimentazione.
l’influenza della religione Particolare interesse riveste, al fine di una ricerca dell’influsso che sulla percezione della sessualità hanno le visioni di fondo della vita e del mondo, l’ultimo capitolo del volume (il IX) nel quale Franco Garelli analizza la rilevanza dell’orientamento religioso, mettendo tra loro a confronto le risposte fornite da due gruppi di soggetti che esprimono al riguardo le posizioni più estreme: i «senza religione» e i «credenti convinti e attivi».
Da tale confronto si evidenzia come la religiosità continui ad esercitare un peso non indifferente sulla concezione e sulla pratica della sessualità, contribuendo in misura non secondaria alla definizione del suo significato e all’adozione degli stili di vita conseguenti.
Al di là della naturale convergenza con le posizioni della cultura dominante su alcune tematiche, e in particolare circa l’importanza da assegnare al rapporto stabile con una persona, i credenti convinti ed attivi si distinguono per una maggiore attenzione alla finalità procreativa e per un atteggiamento meno aperto e flessibile circa l’uso della sessualità, rifiutando in linea di massima rapporti senza coinvolgimento affettivo.
La sessualità è, in altre parole, da essi concepita come una realtà da vivere entro i binari di rapporti di coppia ben definiti, e da subordinare perciò a una decisione di fondo che impegna, con una consistente riduzione dei desideri libertari e trasgressivi.
A venire privilegiate sono, in definitiva, l’attenzione alla comunicazione e alla continuità del rapporto – la fedeltà alla persona è qui senz’altro il valore dominante – e l’esigenza di inserire conseguentemente le pratiche sessuali in un contesto relazionale, limitando i consumi erotici e le esperienze edonistiche.
Da questa visione di fondo derivano una serie di valutazioni più problematiche nei confronti delle convivenze more uxorio o del riconoscimento delle coppie omosessuali, una maggiore valorizzazione della verginità, una minore tendenza alla sperimentazione e un’attenzione ad assoggettare la pratica sessuale al rispetto della legge della gradualità.
Più omogenee con le tendenze proprie del contesto culturale sono invece le valutazioni riguardanti la liceità dei rapporti prematrimoniali, della contraccezione e dell’autoerotismo; e questo, a maggior ragione, quando si tratta dei più giovani, dove le differenze tra credenti e non risultano molto più sfumate, poiché prende corpo una visione più secolarizzata della vita, che giustifica il ricorso a una maggiore sperimentazione.
lo scisma sommerso Al riconoscimento dell’influsso ancora considerevole del fattore religioso sembra opporsi la crescente distanza di un numero sempre più vasto di credenti convinti e attivi dalle indicazioni morali della chiesa cattolica; distanza che si traduce nell’assunzione di un orientamento autonomo o, secondo altri, nell’affermarsi di una adesione selettiva.
La mancata conformità alle direttive ufficiali del magistero ecclesiale, che non viene soltanto sistematicamente disatteso in campo di etica sessuale a livello dei comportamenti ma di cui vengono rifiutate anche le motivazioni che giustificano le varie normative, solleva (e non può non sollevare) seri interrogativi.
Lo «scisma sommerso» – come lo ha definito il filosofo Pietro Prini – non nasce, stando agli esiti della ricerca, da cattiva volontà o dal rifiuto di valori di fondo, che risultano tuttora largamente riconosciuti ed accettati e, in misura più ristretta (ma non per questo poco significativa in un contesto come l’attuale), anche praticati.
Il dissenso verso le posizioni dell’istituzione ecclesiale su questioni come la regolazione delle nascite, la masturbazione, i rapporti prematrimoniali, l’omosessualità, ecc.
non è pertanto espressione – come talvolta si afferma – di adeguamento alle logiche dominanti, di indulgenza cioè nei confronti di una concezione meramente ludica o edonistica del sesso.
Il fatto che si concepisca la sessualità anche come apertura alla vita, inserendola in un orizzonte più ampio di quello della pura fruizione del piacere; che si assegni alla fedeltà verso l’altro e alla reciprocità e autenticità dei rapporti un ruolo decisivo per l’esercizio dell’attività sessuale; che si riconosca l’importanza di un approccio graduale all’esercizio della sessualità in stretta connessione con lo sviluppo della relazione, la quale viene maturando progressivamente, sono altrettanti indicatori di un percorso altamente riflessivo.
Il rifiuto di alcune prescrizioni normative, ribadite con rigidità anche di recente dalla chiesa cattolica, non è allora piuttosto rifiuto di una concezione della sessualità percepita come anacronistica, perché legata a una cultura repressiva del passato, che tuttavia continua a persistere? E non è giunto forse il momento di una revisione critica di tali prescrizioni – suggerita del resto anche da alcune importanti indicazioni del Concilio – che rimetta al centro i grandi valori umani ed evangelici che nobilitano la sessualità e restituisca alla coscienza dei singoli una effettiva possibilità decisionale da gestire responsabilmente nel vivo delle situazioni concrete? in “Rocca” n.
11 del 1 giugno 2010