Il rapporto tra la fede e la scienza

Nell’argomentazione di Benedetto XVI ora riportata spiccano due elementi.
Il primo è che la ragione matematica non può negare Dio ma nemmeno provarlo.
Avvicina però a Lui.
E mostra che Dio è in definitiva “un’ottima opzione”.
Riaffiora qui l’invito a vivere “veluti si Deus daretur”, come se Dio ci fosse, invito lanciato più volte da Ratzinger anche “agli amici non credenti”, come già prima di lui da Pascal.
Il secondo elemento è che la ragione matematica non può dire tutto di Dio, perché Dio “è anche Amore”.
Nel botta e risposta del 2006 con i giovani, Benedetto XVI si limitò al semplice enunciato di questa tesi.
Ma per vederne lo sviluppo non c’è che da leggere l’intera sua omelia dell’Epifania di quest’anno.
* * * Resta la domanda: è proprio così diffusa la negazione di Dio, tra gli scienziati di oggi e in particolare i matematici? A leggere l’inchiesta a puntate che “Avvenire”, il quotidiano della conferenza episcopale italiana, sta pubblicando da un mese, la risposta è no.
“Avvenire” sta intervistando alcuni eminenti matematici proprio su “Numeri e fede”, cioè sulla compatibilità tra la ragione matematica e la fede in Dio.
L’immagine che ne esce è quella di un ambiente scientifico molto più aperto alla fede di quanto dica la “vulgata” dei media.
Gli intervistati sono stati finora i seguenti: – l’11 dicembre 2008 Antonio Ambrosetti, per molti anni ordinario di analisi matematica alla Normale di Pisa e ora alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste; – il 16 dicembre Lucia Alessandrini, ordinario di geometria all’Università di Parma; – il 19 dicembre Giandomenico Boffi, ordinario di algebra all’Università di Chieti e Pescara; – il 24 dicembre Marco Andreatta, ordinario di geometria e preside della facoltà di scienze all’Università di Trento; – il 6 gennaio 2009 Giovanni Pistone, ordinario di probabilità al Politecnico di Torino; – il 9 gennaio Maurizio Brunetti, professore di geometria e algebra all’Università Federico II di Napoli.
Il professor Pistone è membro della Chiesa evangelica valdese e diplomato in teologia, mentre gli altri sono di fede cattolica.
L’inchiesta di “Avvenire” si limita all’Italia, ma nelle risposte degli intervistati sono frequenti i riferimenti ad altri paesi.
Ferventi uomini di fede sono anche alcuni dei maestri da essi citati, in particolare Ennio De Giorgi, uno dei più insigni matematici del Novecento, e Francesco Faà di Bruno, proclamato beato nel 1998.
L’inchiesta continua.
Ed è facile scommettere che tra i prossimi intervistati vi sarà Giorgio Israel, ordinario di matematiche complementari all’Università di Roma “La Sapienza”, di religione ebraica e grande ammiratore di Benedetto XVI.
__________ Il giornale della conferenza episcopale italiana con l’inchiesta su “Numeri e fede”, curata da Luigi Dell’Aglio: > Avvenire __________ L’omelia di Benedetto XVI dell’Epifania di quest’anno: > “Cari fratelli e sorelle, l’Epifania…” Il 2009 è il quarto centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio e sarà celebrato in tutto il mondo come l’anno dell’astronomia.
Sarà anche un anno particolarmente dedicato a Charles Darwin e alle teorie cosmologiche a lui ispirate.
A questo doppio appuntamento, papa Joseph Ratzinger dà l’impressione di arrivare ben caricato.
Lo si è capito anche da un passaggio chiave del discorso programmatico che egli ha rivolto alla curia romana lo scorso 22 dicembre: “La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano.
Il dato che la materia porta in sé una struttura matematica, ed è piena di spirito, è il fondamento sul quale poggiano le moderne scienze della natura.
Solo perché la materia è strutturata in modo intelligente il nostro spirito è in grado di interpretarla e di attivamente rimodellarla.
Il fatto che questa struttura intelligente proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una responsabilità.
Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra.
Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri.
È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione.
Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo Spirito creatore, significa pure che le loro strutture razionali che, al di là dell’ordine matematico, nell’esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé anche un orientamento etico.
Lo Spirito che li ha plasmati è più che matematica: è il Bene in persona che, mediante il linguaggio della creazione, ci indica la strada della vita retta”.
Colpisce, in questo passaggio, il ripetuto insistere del papa sulla struttura matematica dell’universo.
La matematica, infatti, è una scienza esatta che spesso oggi viene contrapposta a Dio, come la sua negazione “scientifica”, definitiva.
Scienziati di notorietà mondiale come l’inglese Richard Dawkins e l’italiano Piergiorgio Odifreddi legano insistentemente la matematica alla professione dell’ateismo.
Divulgate in conferenze, articoli e libri di grande successo, le loro tesi ambiscono a diventare linguaggio e pensiero comune.
In parole semplici, le obiezioni di questi matematici atei sono quelle espresse da uno studente liceale romano di 17 anni, di nome Giovanni, durante un botta e risposta col papa il una piazza San Pietro gremita di giovani, il 6 aprile 2006: “Padre Santo, si è indotti a credere che la scienza e la fede sono tra loro nemiche; che la logica matematica ha scoperto tutto; che il mondo è frutto del caso; e che se la matematica non ha scoperto il teorema-Dio è perché Dio, semplicemente, non esiste”.
A queste obiezioni, Benedetto XVI rispose testualmente così: “Il grande Galileo ha detto che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico.
Lui era convinto che Dio ci ha donato due libri: quello della Sacra Scrittura e quello della natura.
E il linguaggio della natura – questa era la sua convinzione – è la matematica, quindi essa è un linguaggio di Dio, del Creatore.
“Riflettiamo ora su cos’è la matematica: di per sé è un sistema astratto, un’invenzione dello spirito umano, che come tale nella sua purezza non esiste.
È sempre realizzato approssimativamente, ma – come tale – è un sistema intellettuale, è una grande, geniale invenzione dello spirito umano.
La cosa sorprendente è che questa invenzione della nostra mente umana è veramente la chiave per comprendere la natura, che la natura è realmente strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, inventata dal nostro spirito, è realmente lo strumento per poter lavorare con la natura, per metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tecnica.
“Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dell’intelletto umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo e lo rende utilizzabile per noi.
Quindi la struttura intellettuale del soggetto umano e la struttura oggettiva della realtà coincidono: la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche.
Penso che questa coincidenza tra quanto noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta la natura, siano un enigma e una sfida grandi, perché vediamo che, alla fine, è ‘una’ la ragione che le collega ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire quest’altra, se non vi fosse un’identica ragione a monte di ambedue.
“In questo senso mi sembra proprio che la matematica – nella quale come tale Dio non può apparire – ci mostri la struttura intelligente dell’universo.
Adesso ci sono anche teorie del caos, ma sono limitate, perché se il caos avesse il sopravvento, tutta la tecnica diventerebbe impossibile.
Solo perché la nostra matematica è affidabile, la tecnica è affidabile.
La nostra scienza, che rende finalmente possibile lavorare con le energie della natura, suppone la struttura affidabile, intelligente della materia.
E così vediamo che c’è una razionalità soggettiva e una razionalità oggettivata nella materia, che coincidono.
Naturalmente adesso nessuno può provare – come si prova nell’esperimento, nelle leggi tecniche – che ambedue siano realmente originate in un’unica intelligenza, ma mi sembra che questa unità dell’intelligenza, dietro le due intelligenze, appaia realmente nel nostro mondo.
E quanto più noi possiamo strumentalizzare il mondo con la nostra intelligenza, tanto più appare il disegno della Creazione.
“Alla fine, per arrivare alla questione definitiva, direi: Dio o c’è o non c’è.
Ci sono solo due opzioni.
O si riconosce la priorità della ragione, della Ragione creatrice che sta all’inizio di tutto ed è il principio di tutto – la priorità della ragione è anche priorità della libertà – o si sostiene la priorità dell’irrazionale, per cui tutto quanto funziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe solo occasionale, marginale, un prodotto irrazionale; la ragione sarebbe un prodotto della irrazionalità.
Non si può ultimamente ‘provare’ l’uno o l’altro progetto, ma la grande opzione del cristianesimo è l’opzione per la razionalità e per la priorità della ragione.
Questa mi sembra un’ottima opzione, che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una grande Intelligenza, alla quale possiamo affidarci.
“Ma il vero problema contro la fede oggi mi sembra essere il male nel mondo: ci si chiede come esso sia compatibile con questa razionalità del Creatore.
E qui abbiamo bisogno realmente del Dio che si è fatto carne e che ci mostra come Egli non sia solo una ragione matematica, ma che questa ragione originaria è anche Amore.
Se guardiamo alle grandi opzioni, l’opzione cristiana è anche oggi quella più razionale e quella più umana.
Per questo possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo che sia basata su questa priorità della ragione, su questa fiducia che la Ragione creatrice è amore, e che questo amore è Dio”.
Nell’omelia della festa dell’Epifania Benedetto XVI è tornato su un tema a lui carissimo, quello del rapporto tra la fede e la scienza.
Il papa ha preso spunto dalla stella dei Magi che – ha rimarcato – “erano con tutta probabilità degli astronomi” come lo fu Galileo Galilei.
Ma ha invitato a portare lo sguardo al di là di una pura contemplazione del cielo stellato.
“Le stelle, i pianeti, l’universo intero – ha detto – non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia”.
Al di sopra di tutto non c’è “un freddo ed anonimo motore”, ma quel Dio definito da Dante nell’ultimo verso della Divina Commedia come “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, quel Dio che ha preso carne in mezzo agli uomini e ad essi ha dato la vita.
Nella “sinfonia” del creato – ha proseguito il papa – c’è un “assolo” che dà significato al tutto: e questo “assolo” è Gesù.

Ecce Homo

Leggendo il Vangelo di Giovanni 19,5 troviamo la famosa frase di  Ponzio Pilato, allora  governatore romano della Giudea, che rivolse alla folla assatanata nel momento in cui mostrò loro Gesù flagellato, coperto di piaghe e ferite sanguinanti , come per dire: vi basta? No, non bastò, tanto da indurre i sommi sacerdoti, paurosi di perdere il loro potere, da brigare in modo  da farlo crocifiggere (Cfr.
commentario al versetto giovanneo in:  laparola.net.
).  A Torino, poi, dal 10 aprile al 23 maggio 2010 c’è l’Ostensione della Sindone, il sacro lino che- secondo la leggenda- avvolse il corpo di Gesù e che molti credenti e non credenti aspirano a vedere, tale è il fascino di quel Cristo ancora tanto amato e cercato.
Anche dagli esquimesi, arrivati apposta dal gelido Nord in un consistente gruppo.
La Mostra Alberto Barbera, direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino, assieme ai suoi collaboratori, ha avuto la geniale idea di allestire  “Non una rassegna cinematografica, ma il tentativo di offrire la possibilità di un confronto iconografico sulla rappresentazione di Cristo nella storia del cinema”, una Mostra che è stata inaugurata il 26 marzo alla Mole Antonelliana, e che rimarrà aperta al pubblico fino al 6 giugno, in modo che i pellegrini che stanno arrivando numerosi dalle varie parti del mondo possano connettere il passato con il presente, aiutati dalle numerose rappresentazioni  in cui Cristo è stato “letto” da registi, scrittori, pittori… Spiega sempre Barbera : “La più grande storia mai raccontata e’ anche in assoluto la storia più volte raccontata dal cinema, così tante che nessuno ha neanche mai tentato di redigere una filmografia completa .Il nostro lavoro si e’ soffermato su una settantina di titoli, da ‘La Vie du Christ’ di Alice Guy e Victorin-Hyppolyte Jasset (1906) a ‘7 Km da Gerusalemme’ di Claudio Malaponti (2006), con l’intento dichiarato di fornire – attraverso la selezione di fotografie, manifesti, riviste, libri, partiture e dischi, provenienti dalle collezioni del Museo e dagli archivi della Fondation Je’ro’me Seydoux-Pathe’ e della Cine’mathe’que Française (materiale poi raccolto anche nel catalogo realizzato in occasione della mostra) – una riflessione approfondita sulle differenti modalità espressive con cui, in determinati periodi storici, il cinema si e’ confrontato con la rappresentazione della figura di Cristo, come ad esempio le influenze della pittura ottocentesca per il periodo del muto o le derive dell’iconografia pop in un film come ‘Jesus Christ Superstar'”.
L’esposizione offre l’opportunità di una riflessione approfondita sulla rappresentazione di Cristo nella storia del cinema, dalle origini fino ai giorni nostri, attraverso un’accurata selezione di fotografie di scena e di lavorazione, manifesti, locandine, foto – soggetti, riviste, libri, partiture e dischi.
I circa trecento pezzi sono esposti lungo due percorsi di allestimento tra loro profondamente correlati, entrambi ospitati alla Mole Antonelliana.
La cancellata esterna della Mole presenta, attraverso trenta fotografie di grande formato, una selezione cronologica dei film cristologici più significativi, dalle prime Passioni del cinema muto, ancora legate alla tradizione teatrale, al recente e dibattuto La passione di Cristo di Mel Gibson.
Si passa così dalla grande stagione del kolossal americano (per esempio, con Il Re dei Re, nelle versione muta di Cecil B.
DeMille, 1927, e in quella sonora di Nicholas Ray, 1961) alle originali riletture degli anni Settanta e Ottanta (Jesus Christ Superstar, di Norman Jewison, 1973, L’ultima tentazione di Cristo, di Martin Scorsese, 1988), senza naturalmente trascurare il contributo dei grandi registi italiani (Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini, Franco Zeffirelli).
Poi , all’interno della Mole Antonelliana, vengono messe a confronto le differenti rappresentazioni dei principali eventi della vita di Gesù, dalla Natività alla Resurrezione, documentando le differenti messe in scena di episodi fondamentali della tradizione evangelica come la Chiamata degli Apostoli, i Miracoli, l’Incontro con la Maddalena, l’Ingresso a Gerusalemme, il Bacio di Giuda, il Calvario, la Resurrezione.
Il percorso propone una suggestiva tessitura di comparazioni iconografiche.
In esso si confrontano gli splendidi manifesti dipinti del cinema muto italiano e francese e le fotografie di scena scattate da Angelo Frontoni sul set di Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli (1977); le imponenti immagini, di una raffinatezza quasi pittorica, di Christus (1916), di Giulio Antamoro e Enrico Guazzoni, e le inquadrature sobrie di Rossellini; l’Ingresso a Gerusalemme in bianco e nero di Dalla mangiatoia alla croce, di Sidney Olcott (1912) a quella in Technicolor de La più grande storia mai raccontata, di George Stevens (1965); l’Ultima Cena di Quo Vadis, di Mervyn LeRoy (1951), quasi un qualcosa di vivo del Cenacolo leonardesco, e quella risolutamente più amichevole e conviviale di Jesus Christ Superstar.  A conclusione , vi é una serie d’immagini tratte da film non direttamente legati alla vita di Gesù, ma che evidenziano invece la presenza dell’immagine della Croce e del volto di Cristo nel cinema come elemento non semplicemente decorativo, ma fortemente emotivo o simbolico del rapporto fra l’umano e il divino.
Tra i tanti, rammentiamo Il Cristo proibito di Curzio Malaparte del 1951, Luci d’inverno di Ingmar Bergman del 1963, Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij del 1966 e Francesco di Liliana Cavani del 1989.
Un’ulteriore proposta della mostra, infine, è costituita da una vetrina, dove sono esposti numerosi prodotti a stampa (brochure, pressbook, calendari, album di figurine, libri e riviste) variamente legati ai film documentati nel percorso o, più ampiamente, al cinema d’ispirazione evangelica.
C’è anche un catalogo edito nella collana editoriale del Museo Nazionale del Cinema, contenente la riproduzione di tutte le immagini della mostra, alcuni saggi critici a firma di Dario Viganò, Jean-Michel Frodon, Nicoletta Pacini e Silvio Alovisio, e una filmografia delle opere esposte a cura di Tamara Sillo.
Inoltre, alla Bibliomediateca del Museo Nazionale del Cinema è prevista  la proiezione di un ciclo di film inerenti la vita di Gesù, mentre per l’8 maggio è in programma alla Venaria Reale una tavola rotonda sul tema, con la partecipazione di Mons.
Timothy Verdon, Mons.
Dario Viganò, del prof.
Tomaso Subini e di Don Giuseppe Ghiberti.
Sempre l’8 maggio, al Cinema Massimo è prevista una giornata dedicata ai film che hanno visto Gesù protagonista, con la proiezione di Jesus Christ Superstar di N.
Jewison, de Il Vangelo secondo Matteo di P.P.
Pasolini e Christus di G.
Antamoro e E.
Guazzoni, un film muto del 1916 accompagnato al pianoforte dal vivo dal Maestro Stefano Maccagno.
Informazioni tecniche L’orario di apertura di Ecce homo è martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica dalle 9 alle 20, il sabato dalle 9 alle 23, lunedì chiuso, ma in occasione dell’Ostensione della Sindone ci saranno aperture straordinarie lunedì 5 aprile dalle 9 alle 20, e nella settimana dal 17 al 23 maggio tutti giorni dalle 9 alle 23.
Inoltre il 15 maggio il Museo del cinema aderirà alla Notte dei Musei con ingresso gratuito al Museo dalle 21 alle 24.
Una curiosità Ogni cinque anni centinaia di persone di Pove del Grappa si mettono in moto per preparare le Feste del Cristo, come vengono comunemente chiamate le Feste Quinquennali in Onore del Divin Crocifisso.
Le vie del paese si illuminano e si vestono a festa con archi e decorazioni, negli angoli caratteristici si rivivono scene raccontate nella Bibbia, le serate si riempiono di spettacoli, mostre ed incontri.
Ma soprattutto le domeniche rendono Pove teatro della Processione, grazie alla quale si ripercorre la storia dell’Antico e del Nuovo Testamento, nonché della rappresentazione della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Per chi desidera, basta andare su: Programma 2010