XXXV Giornata Mondiale della Gioventù: “Giovane, dico a te, alzati!”.

“Dio ci ha salvato servendoci. In genere pensiamo di essere noi a servire Dio. No, è Lui che ci ha serviti gratuitamente, perché ci ha amati per primo. È difficile amare senza essere amati. Ed è ancora più difficile servire se non ci lasciamo servire da Dio”.

Papa Francesco lo ha detto nella riflessione proposta nella celebrazione della Domenica delle Palme.

Una celebrazione surreale nella basilica vaticana vuota e all’altare della Cattedra. La emergenza sanitaria ha indotto a questa scelta anche il Papa.  Nel presbiterio sono stati collocati il Crocifisso di San Marcello e la Salus Populi Romani.

Il rito della Commemorazione dell’ingresso del Signore in Gerusalemme si è svolto ai piedi dell’Altare della Confessione, verso la Cattedra, dove è stato allestito un addobbo di palme e ulivi.

Francesco prosegue la sua riflessione: “Dio ci ha salvati lasciando che il nostro male si accanisse su di Lui. Senza reagire, solo con l’umiltà, la pazienza e l’obbedienza del servo, esclusivamente con la forza dell’amore”.

E le prove più dolorose sono quelle del tradimento e dell’abbandono, dice Papa Francesco. Un tradimento che sperimentiamo anche noi e “nasce in fondo al cuore una

delusione tale, per cui la vita sembra non avere più senso. Questo succede perché siamo nati per essere amati e per amare, e la cosa più dolorosa è venire traditi da chi ha promesso di esserci leale e vicino”.

Ma noi per primi dice il Papa, siamo traditori: “Se siamo sinceri con noi stessi, vedremo le nostre infedeltà. Quante falsità, ipocrisie e doppiezze! Quante buone intenzioni tradite! Quante promesse non mantenute! Quanti propositi lasciati svanire!”.

Ma il Signore ci conosce, e “ci ha guariti prendendo su di sé le nostre infedeltà, togliendoci i nostri tradimenti. Così che noi, anziché scoraggiarci per la paura di non farcela, possiamo alzare lo sguardo verso il Crocifisso, ricevere il suo abbraccio”.

E poi c’è l’abbandono: “Gesù aveva sofferto l’abbandono dei suoi, che erano fuggiti. Ma gli rimaneva il Padre”. E tutto questo dice il Papa lo ha fatto per noi “perché quando ci sentiamo con le

spalle al muro, quando ci troviamo in un vicolo cieco, senza luce e via di uscita, quando sembra che perfino Dio non risponda, ci ricordiamo di non essere soli”.

E allora anche oggi “nel dramma della pandemia, di fronte a tante certezze che si sgretolano, di fronte a tante aspettative tradite, nel senso di abbandono che ci stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno: “Coraggio: apri il cuore al mio amore. Sentirai la consolazione di Dio, che ti sostiene”.

Allora quale deve essere la risposta dell’uomo ? “Possiamo non tradire quello per cui siamo stati creati, non abbandonare ciò che conta. Siamo al mondo per amare Lui e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore. Allora, in questi giorni santi, a casa, stiamo davanti al Crocifisso, misura dell’amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, ma al bene che possiamo fare”.

E il Papa conclude con un pensiero per i giovani, visto che oggi si celebra la XXXV Giornata Mondiale della Gioventù, quest’anno a livello diocesano, sul tema: “Giovane, dico a te, alzati!”.

“Certo, amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare. Può sembrare una via crucis. Ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva la vita. Vorrei dirlo specialmente ai giovani, in questa Giornata che da 35 anni è dedicata a loro. Cari amici, guardate ai veri eroi, che in questi giorni vengono alla luce: non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire gli altri.

Sentitevi chiamati a mettere in gioco la vita. Non abbiate paura di spenderla per Dio e per gli altri, ci guadagnerete! Perché la vita è un dono che si riceve donandosi. E perché la gioia più grande è dire sì all’amore, senza se e senza ma. Come Gesù per noi”.

Insieme sulla stessa barca

Uscire a seminare: questa l’idea di un gruppo di amici che in questo passaggio storico così difficile vuole offrire le sensibilità, le idee, le riflessioni di uno sguardo credente a chi voglia lasciarsi interrogare dallo stravolgimento determinato dalla pandemia del Covid-19.

Uscire a seminare: nei campi della coscienza e dell’intelligenza delle cose, per condividere il desiderio di scendere in profondità nei giorni che viviamo, guardandoli alla luce del Vangelo come esperienza, certo dolorosa ma autentica, dell’umano.

Uscire a seminare: una lettera, un sussidio per il Triduo pasquale, un instant-book, materiali che sono semplici suggerimenti per allargare e arricchire una riflessione sull’oggi che non può essere solitaria ma deve farsi costruzione del sentire del Popolo di Dio che si scopre parte dell’umanità e del pianeta di cui abbiamo la responsabilità.

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Dare casa al futuro. Linee progettuali per la Pastorale Giovanile Italiana

Recensione a cura di Giuseppe Ruta

 

 

 

Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile – Conferenza Episcopale Italiana, Dare casa al futuro. Linee progettuali per la Pastorale Giovanile Italiana, [Mimep Docete, Pessano con Bornago (MI) 2019, pp. 191.

 

Un punto fermo nel magistero di Papa Francesco da Evangelii gaudium (2013) a Christus vivit (2019) che tocca l’educazione e la pastorale è l’accento posto sui processi, anziché sui risultati, sull’efficacia che prevede tempi più lunghi che sull’efficienza che occupa spazi e pretende “tutto e subito”: «Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica – afferma – consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. […] Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. […] A volte mi domando chi sono quelli che nel mondo attuale si preoccupano realmente di dar vita a processi che costruiscano un popolo, più che ottenere risultati immediati che producano una rendita politica facile, rapida ed effimera, ma che non costruiscono la pienezza umana. […] Questo criterio è molto appropriato anche per l’evangelizzazione, che richiede di tener presente l’orizzonte, di adottare i processi possibili e la strada lunga. Il Signore stesso nella sua vita terrena fece intendere molte volte ai suoi discepoli che vi erano cose che non potevano ancora comprendere e che era necessario attendere lo Spirito Santo (cfr. Gv 16,12-13). La parabola del grano e della zizzania (cfr. Mt 13,24-30) descrive un aspetto importante dell’evangelizzazione, che consiste nel mostrare come il nemico può occupare lo spazio del Regno e causare danno con la zizzania, ma è vinto dalla bontà del grano che si manifesta con il tempo» (EG 223-225). Il Sinodo voluto da Papa Francesco con i giovani e per i giovani si è mosso in questa direzione invitando la Chiesa ai vali livelli, da quello universale a quello locale, a tirare le conseguenze pratiche di questo “cammino da fare insieme”.

Dare casa al futuro è per la Chiesa italiana un ulteriore passo per aprire nuove strade senza lasciarsi prendere da traiettorie già stabilite, per costruire una casa sulla roccia e non ricorrere a posticci prefabbricati impiantati su sabbie mobili. Le linee progettuali a partire dalla ricca esperienza sinodale non sono «descrizioni di ciò che si troverà sulla strada», assecondando «un rassicurante navigatore satellitare», bensì «direzioni da prendere» (p. 157) che lasciano ampio tempo e spazio alla libertà generosa e alla fedeltà creativa di tutti, in particolare dei giovani. Nella Chiesa di Gesù, infatti, non ci sono padroni e schiavi, datori di lavoro ed esecutori di ordini, ma soggetti tutti e interamente a servizio, che “insieme” pensano, realizzano e valutano la vita e l’azione educativo-pastorale (cfr. p.22).

Non si tratta, quindi, di un progetto ma di linee progettuali, di «linee di appoggio per una maggiore consapevolezza pastorale e una più radicata intenzionalità educativa» (p. 7), quasi la sintesi del cammino percorso dalla Pastorale Giovanile (PG) italiana in questo decennio, mediante i Convegni annuali e culminato nel Sinodo dei Giovani (3-8 ottobre 2018).

Non si tratta neppure di un manuale di PG, un libro “perfetto” e “completo”, peggio ancora “enciclopedico” ed “esaustivo”, ma di un “sussidio” o «strumento di lavoro» (p. 4) promosso e progettato dall’Ufficio CEI, frutto non di un esperto o di uno studioso, bensì contributo concertato (“servizio” ecclesiale) di tanti, doverosamente ringraziati (cfr. p. 2) da Don Michele Falabretti, Direttore del Servizio Nazionale per la PG della CEI,  e a cui si aggiunge il grazie di tutti coloro che hanno a cuore il presente e il futuro dei giovani e della Chiesa. Il testo agile e “anellato”, è quasi un prontuario o catalogo da consultare all’occorrenza per orientarsi e fare delle scelte, un testo aperto con pagine bianche a righe da scrivere e pagine discretamente orientative su dieci parole o keyword da considerare insieme in sequenza o singolarmente, disposte in una significativa ellisse, viva e vitale, con due punti focali, le parole-chiave, quasi magiche: «discernimento» e «sinodalità» (p. 3).

Non si tratta di un testo in più, ma di una mappa per progettare, realizzare e verificare percorsi di PG nelle diocesi e nelle parrocchie (cfr. lo schema di p.12), dando concretezza al cammino sinodale e del servizio nazionale di PG. Si presenta, così, come «uno strumento tra intelligenza e passione» (p.9) che intende raccordare mente e cuore (e perché, no, anche le mani), favorendo un’intelligenza cordiale e concreta, una cordialità intelligente e tangibile, una praticità che scaturisca dalla mente e dal cuore. Intende, infatti, proiettare nel futuro la PG non mancando di affrontare le sfide del presente, sostenendo la pastorale ordinaria e il percorso attuativo della PG locale.

La struttura delle Linee è ordinata e “lineare” (appunto!), suddivisa in due parti: la prima introduttiva che verte sul senso del progettare (cap. 0 – Saper-fare: la progettazione pastorale e la progettazione educativa). A p. 31 è riportato uno schema interpretativo per una progettazione educativa che riassume tutti gli elementi del capitolo. La seconda è suddivisa in tre aree. Ogni area si compone di tre capitoli ognuno dei quali è imperniato in una delle «parole coraggiose del Sinodo» (cfr. pp. 37-38).

La prima area si sofferma sulle attenzioni-competenze della PG raccolte in tre capitoli attorno a tre verbi: cap. 1. Esserci (accompagnamento, ascolto, prossimità), cap. 2. Comunicare (il mondo digitale e social tra opportunità e limiti), cap. 3. Aprire luoghi (spazi educativi di incontro e di ascolto, l’oratorio).

La seconda area tratta della formazione dei giovani snodandosi in tre capitoli contrassegnati da tre qualifiche giovanili: cap. 4. Chiamati (il rapporto tra fede-vita-vocazione), cap. 5. Responsabili (la coscienza e il discernimento), cap. 6. Unici (corpo, sessualità, spiritualità).

La terza, infine, prende in esame l’appartenenza e la partecipazione alla vita di comunità, suddivisa sempre in tre capitoli che rinviano a tre ambiti: cap. 7. Comunione (sinodalità, pensare e agire insieme), cap. 8. Annuncio (liturgia, spiritualità incarnata), cap. 9. Diaconia (cura, servizio, sussidiarietà).

Di particolare pregio sono le seguenti rubriche: il vissuto educativo e pastorale che è evocato per introdurre le parti attingendo al diario “immaginario e realistico” di un incaricato diocesano di PG, di un’educatrice volontaria, di una monaca di clausura, di un parroco (pp. 17-18; 41-42, 87-88, 123-124), il richiamo “in ascolto…” all’inizio di ogni capitolo con alcuni numeri del Documento finale del Sinodo e dell’esortazione apostolica Christus vivit, i titoletti riassuntivi dei vari paragrafi tra le pagine che aiutano a sintetizzare e a tenere testa alla logica della trattazione di ciascuna parte o di ciascun capitolo, l’approfondimento narrativo e il percorso iconografico dell’episodio di Emmaus (Lc 24,13-25, I pellegrini di Emmaus, Chiesa della Risurrezione della Comunità Nazareth a Torre de Roveri, BG, 1995, ciclo pittorico di Jean Marie Pirot, in arte Arcabas: cfr. pp. 167-181), i molteplici e ricchi rimandi bibliografici per l’approfondimento (cfr. oltre le citazioni tra le pagine, la bibliografia a fine volume: pp. 182-186).

Mi sia permessa un’unica osservazione al pregevole lavoro svolto. Un ulteriore passo per la progettazione e gli itinerari concreti di PG poteva risultare coerente e stimolante. Alla fine di ogni parte o di ogni capitolo potevano essere poste alcune tracce di laboratorio che adeguatamente modulate dalle équipes diocesane, zonali o parrocchiali sarebbero stati d’aiuto a uscire dal generale per entrare nel particolare, rendendo maggiormente aderenti alle situazioni, dal nord al sud Italia, le articolate e stimolanti linee progettuali valide per l’intera PG nazionale. Tanto più che importanti e interessanti indicazioni pratiche sono sparse in tutto il sussidio. Forse, nell’intenzioni dell’Ufficio CEI, questa ulteriore concretizzazione metodologica è demandata agli organismi diocesani e alle équipes di PG delle zone e delle parrocchie. Ma questo passo “in più” non avrebbe guastato e di certo può essere in qualche modo recuperato nell’immediato futuro nelle sedi più opportune.

Giuseppe Ruta

A Roma la marcia “RESTIAMO UMANI”

La Marcia “Restiamo Umani”, partita da Trento il 20 giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato, arriverà a Roma, con una camminata finale, sabato 19 ottobre. La marcia concluderà ufficialmente in Piazza San Pietro domenica 20 ottobre, Giornata Missionaria Mondiale.
Come in tutte le tappe importanti, invitiamo tutti/e a partecipare, sabato 19 ottobre, alla cammianata conclusiva di quest’azione di pace promossa ed organizzata contro il clima di odio e di paura che stiamo vivendo nel nostro Paese.
Chi vuole può partecipare a tutto il programma dell’ultimo giorno di camminata effettiva. Raccomandiamo ed invitiamo a partecipare al corteo cittadino per percorrere insieme gli ultiimi 3 km dal Circo Massimo a Piazza San Pietro.

PROGRAMMA ARRIVO DELLA MARCIA, SABATO 19 OTTOBRE
– 9.30: partenza dalla Stazione FS di Albano Laziale, seguendo la Via Appia Antica (tutta pedonale) fino al Circo Masimo
– 15.30: arrivo al Circo Massimo, punto di ritrovo/appuntamento per il corteo cittadino
– 16.30: partenza del corteo cittadino dal Circo Massimo verso Piazza San Pietro.

PS: domenica 20 ottobre, appuntamento in Via della Conciliazione per entrare in Piazza San Pietro e partecipare all’Angelus di Papa Francesco.

 

MARCIA “RESTIAMO UMANI” – INFO IMPORTANTI

1) Progetto: https://www.marciarestiamoumani.org/…/MarciaRestiamoUmaniPr…

2) Tappe e date: https://www.marciarestiamoumani.org/…/MarciaRestiamoUmaniTa…

3) Lettera a Papa Francesco e petizione: https://www.change.org/p/fermiamo-questo-clima-di-paura-e-d…

4) Raccolta fondi: https://www.facebook.com/donate/576116806244656/

5) Magliette online: https://worthwearing.org/…/marcia-resti…/marciarestiamoumani

6) Per adesioni e contatti: marciarestiamoumani@gmail.com

“Scegli la vita”. Accompagnare la vocazione tra vizi e virtù

“Sussidio in uscita ad ottobre”. Scegli la vita. È la scoperta della propria vocazione. «La tua vocazione – infatti – ti orienta a tirare fuori il meglio di te» (FRANCESCO, Christus vivit, 257). Scegliete, allora! «Datevi al meglio della vita!» (ChV 143).

N.B. Il sussidio sarà disponibile da ottobre, puoi intanto ordinarlo inviando una mail a: vocazioni@chiesacattolica.it

Scegli la vita. Forse il titolo del Sussidio di quest’anno può sembrare ad effetto, a qualcuno potrà sembrare scontato o ancora uno slogan che vuole accattivare il potenziale lettore. Niente di tutto questo, la questione è seria e molto concreta.

Scegliere la vita è una cosa che facciamo o non facciamo molto più spesso di quanto possiamo immaginare. Non si tratta infatti di scegliere ciò che ci piace, o ciò che ci richiama il gusto della vita, ma di scegliere le cose che ci fanno bene, che sostengono e alimentano la vita che è in noi, evitando ciò che ci danneggia, che intristisce o svilisce il nostro cuore. Fin qui possiamo ancora essere tutti d’accordo. La questione si complica quando riflettiamo su cosa significhi “vita”, su quale criterio usare per riconoscere ciò che ci fa bene e ciò che ci fa male. Ponendo la questione in altri termini: come discernere? Forse abbiamo dentro ancora un’altra domanda inespressa: Perché discernere? Magari siamo già soddisfatti della vita che viviamo, potremmo anche essere impegnati attivamente in iniziative belle e positive, che dicono la nostra disponibilità ad aiutare il prossimo, che esprimono e attuano valori e ideali.

Il punto però è un altro, anche noi infatti siamo figli di questa epoca e ne siamo segnati, nel bene e nel male. Nel nostro tempo ad esempio, una questione che viene messa in ombra perché magari ritenuta obsoleta, è proprio quella del discernimento, della lotta spirituale: contrastare i nostri vizi, dominare le passioni, rafforzare virtù quali l’umiltà o la castità, comprendere la cosa giusta da fare e avere il coraggio di farla… o di non farla se ciò è sbagliato. Diciamocelo francamente, molte di queste cose suscitano perplessità anche in molti cristiani che pure vivono una fede solida e genuina. Il percorso che proponiamo in questo sussidio vuole riscoprire non solo il valore e l’importanza di queste realtà, ma ribadirne l’attualità!

Si, chi vuole seguirci scoprirà che basta ridefinire il linguaggio, ritrovare il significato di un termine, riflettere su tante piccole o grandi cose che facciamo quotidianamente, per renderci conto che ci siamo dentro, chi siamo dipende anche da come scegliamo di affrontare quel nostro limite che ci porta ad essere deboli in quella situazione, a non saperci gestire in un’altra, a mancare il bersaglio in un’altra ancora. Viceversa scopriremo la bellezza e il gusto di rafforzare le nostre virtù, impareremo che il bene fa bene e da gioia, sapremo dire con parole nuove cose che appartengono ad una saggezza antica, ma solida e collaudata.

Soprattutto però, faremo questo nell’ottica di un cammino che porta il passo della nostra vocazione. Le nostre virtù e i nostri vizi infatti, ci dicono molto di noi, ci aiutano a conoscerci nella concretezza, ci danno le coordinate per definire dove possiamo andare, dove vogliamo andare, dove ci sentiamo chiamati ad andare!

Non temiamo allora di attraversare la foresta che può essere il nostro cuore, imparando a conoscere di quali piante possiamo nutrirci e quali sono velenose. Sulla nostra pelle abbiamo già avuto il piacere o il dispiacere di incontrarne alcune. Se abbiamo provato invidia, ci saremo accorti da soli di quanto ci faccia male, ma forse non abbiamo considerato l’antidoto della carità. Forse abbiamo fatto esperienza che la mitezza ci ha permesso di risolvere felicemente una questione che sarebbe invece diventata ingestibile se ci fossimo lasciati prendere dall’ira. Forse considerando queste cose alla luce della preghiera, nell’ascolto della Parola, nel confronto con i nostri fratelli e le nostre sorelle, ci apparirà più chiaro il disegno di Dio per noi, sentiremo più vicino il suo amore, impareremo a camminare con gioia ed umiltà. Accettare che nel nostro cuore convivono vizi e virtù, e che è necessario lottare per imparare a scegliere queste ultime, per essere chi siamo veramente, per poter sentire che in noi abita la vita, è il primo passo per la vittoria.

L’alfabeto verde di papa Francesco. Salvare la Terra e vivere felici

È stato definito “nuovo umanesimo”, è il pensiero espresso da papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’, emanata nel 2015. La prima enciclica di Francesco si è rivelata famosa prima ancora di essere divulgata: la ragione è tutta di natura politica. Nel 2015 si è infatti svolto un negoziato decisivo per l’avvenire del pianeta: la conferenza sull’ambiente e le conseguenze del cambiamento climatico tenutasi a Parigi. Laudato si’ non è quindi un titolo scelto a caso dal Papa, ma una citazione tratta dal Cantico delle creature, testo che oggi diventa quasi il manifesto di un ambientalismo cristiano, di una visione alternativa del mondo, riflettendo così, nel modo più immediato e visibile da tutti, il valore profetico di un messaggio, di un testo poetico, che diventa di nuovo attuale. Da tutto questo parte la riflessione dell’autrice che ha visto tra le righe dell’Enciclica alcune parole chiave, divenute oggi, a quasi quattro anni dalla pubblicazione, di un’attualità rimbombante. Risparmio energetico, rispetto del pianeta e dei suoi abitanti, impegno, sostenibilità, inquinamento, lotta all’indifferenza: è la “presa di coscienza ambientalista” (cfr P.G. Pagano) a noi contemporanea.
L’autrice
Franca Giansoldati vive e lavora a Roma ed è vaticanista del quotidiano Il Messaggero. Nel 2013 ha vinto il Premio Internazionale di Giornalismo di Ischia per il migliore reportage sull’elezione di papa Francesco. Si occupa di temi legati alla religione da oltre vent’anni. Ha scritto, con Marco Tosatti, Apocalisse. La profezia di papa Wojtyla (2003), Il Demonio in Vaticano. I Legionari di Cristo e il caso Maciel (2014) e La marcia senza ritorno. Il genocidio armeno (2015).

L’alfabeto verde di papa Francesco. Salvare la Terra e vivere felici
Autrice: Franca Giansoldati
Edizioni San Paolo
Pagine: 128,
Prezzo: € 15

Messaggio del Santo Padre Francesco per la III Giornata Mondiale dei Poveri

In occasione della festa di S. Antonio di Padova è stato reso noto il Messaggio per la prossima Giornata Mondiale dei Poveri, la terza, che quest’anno sarà celebrata domenica 17 novembre sul tema “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”.
“Incontriamo ogni giorno – si legge nel testo – famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale a cui viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo. Come dimenticare, inoltre, i milioni di immigrati vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza? E tante persone senzatetto ed emarginate che si aggirano per le strade delle nostre città?”.
“Si è giunti perfino a teorizzare e realizzare – prosegue il testo – un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza. Vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto…”.
“Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori – afferma poi Papa Francesco – ma non sarà così per sempre. Il giorno del Signore, come descritto dai profeti (cfr Am 5,18; Is 2-5; Gl 1-3), distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti. La condizione di emarginazione in cui sono vessati milioni di persone non potrà durare ancora a lungo”.
Dopo un ricordo grato della figura di Jean Vanier, “un grande apostolo dei poveri”, il Santo Padre invita tutti a mettere “da parte le divisioni che provengono da visioni ideologiche o politiche” e a fissare “lo sguardo sull’essenziale che non ha bisogno di tante parole, ma di uno sguardo di amore e di una mano tesa”.
“A volte – conclude il Messaggio – basta poco per restituire speranza: basta fermarsi, sorridere, ascoltare. Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I poveri sono persone a cui andare incontro: sono giovani e anziani soli da invitare a casa per condividere il pasto; uomini, donne e bambini che attendono una parola amica. I poveri ci salvano perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo”.

A commento del Messaggio Mons. Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana, ha rilasciato una dichiarazione per CEInews.

“CER” 7: Modernità e cambio epocale

«Oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca» (Veritatis gaudium, 3): siamo più che convinti dell’affermazione, ma forse non vogliamo assumerne ancora tutte le conseguenze, né tanto meno accettare che il comportamento delle persone sia anzitutto guidato dalla visione culturale o dalla comprensione della realtà propria del gruppo al quale appartengono. Ad ogni modo, un mondo scompare e ne sta emergendo un altro senza che, per la sua costruzione, vi sia un modello prestabilito; i cristiani poi abbiamo un problema in più: eravamo gli artefici principali del disegno che sta dileguandosi e – quasi spontaneamente – non solo ci resistiamo a lasciarlo, ma non possiamo credere che sfugga anche a noi l’immagine del mondo che si deve costruire.

È la cultura a determinare in grande misura le nostre idee e i nostri comportamenti: lo si può affermare tanto nel caso di chi l’accetta come di chi invece l’attacca. Ecco perché il cambio epocale comporta logicamente un certo disorientamento generale del pensiero e della condotta, mentre si cerca di attivare tutti i processi d’interpretazione necessari per arrivare a una comprensione in grado di orientarci nella ricostruzione culturale in atto. Questo libro intende sitarsi in tale ottica interpretativa, con il vivo desiderio di raggiungere l’obiettivo espresso nel sottotitolo: mostrare alcune «prospettive culturali e teologiche contemporanee». È però nel titolo, «Modernità e cambio epocale», la chiave dell’analisi, in quanto è proprio alla modernità che si deve attribuire l’assalto e demolizione del sistema più o meno fisso dei valori e delle finalità che credevamo possedere. In ogni caso, per comprendere il nostro presente, dobbiamo partire dall’Illuminismo moderno che, senza dubbio, costituisce la rivoluzione più significativa del mondo occidentale; in simile impresa, ancora risultano illuminanti le parole di I. Kant che invitano a uscire dallo stato di minorità: «Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!».

 

José Luis Moral è Professore Ordinario di «Pedagogia religiosa» nella Facoltà di Scienze dell’Educazione (Università Pontificia Salesiana di Roma), già professore di Pastorale Giovanile, Direttore dell’Istituto Superiore di Teologia «Don Bosco» di Madrid e della rivista «Misión Joven». Alcune pubblicazioni nell’ambito della pastorale giovanile: Giovani senza fede?; Giovani, fede e comunicazione; Giovani e Chiesa; Pastorale Giovanile. Sfida cruciale per la prassi cristiana (2018). Con la «Las» ha pubblicato: Ricostruire l’umanità della religione (Roma 2014), L’incontro con Gesù di Nazaret (Roma 2016), Cittadini nella Chiesa, cristiani nel mondo (2017).

 

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Introduzione e indice

 

 

 

Scuola e religione in Italia. Quarant’anni di ricerche e dibattiti

di Flavio Pajer.

 

I saggi raccolti nel volume documentano lo sviluppo pluridecennale delle ricerche relative alla discussa presenza della religione nella scuola pubblica italiana. L’autore, testimone diretto del tempo che va dalla vigilia della revisione concordataria fino al presente, esamina l’identità del sapere religioso alla luce delle scienze della religione e dell’educazione; discute la gamma delle posizioni via via emerse nella pubblicistica più informata; opta per una democratizzazione della gestione del patrimonio religioso nella scuola di tutti; elabora modelli e percorsi di alfabetizzazione religiosa nella modernità plurale e post-secolare.

Chiesa e Islam in Italia. Incontro e dialogo

È uscito il libro edito dal Centro editoriale dehoniano, tanto atteso dalla Chiesa italiana, sinora priva di indicazioni chiare su come rapportarsi con l’Islam per incontrarsi e, soprattutto, per dialogare con serenità, nella concretezza e senza sincretismi.
Il testo è stato curato da Antonio Angelucci (ecclesiasticista e comparatista delle religioni), Maria Bombardieri (sociologa), Antonio Cuciniello e Davide Tacchini (islamologi e arabisti). È frutto del lavoro di anni dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo interreligioso (UNEDI) della Conferenza Episcopale Italiana che, attraverso il “Gruppo di interesse sull’Islam”,– composto da teologi, giuristi, sociologi, islamologi e arabisti delle maggiori università pontificie e italiane – parte effettiva di tale Ufficio, ha, dapprima, elaborato alcune schede on line ad uso pastorale e, in un secondo momento, rielaborandole, arricchendole ed aggiornandole, ha definito “su carta” alcune linee che trovano una certa ufficialità grazie anche alla prefazione del Presidente della CEI, S.E.R. Card. Gualtiero Bassetti e alla postfazione del Presidente dell’UNEDI, Mons. Ambrogio Spreafico e del suo Direttore (fino a dicembre 2018), Don Cristiano Bettega.
Nel libro si affrontano temi caldi e si danno spunti che saranno utili a diocesi e parrocchie, associazioni di volontariato, ecc. La prima parte fornisce i parametri di base necessari per la comprensione dell’Islam in Italia (contributi di: Antonio Angelucci, sulle organizzazioni musulmane italiane; Davide Tacchini, sulla figura dell’imam; Alessandro Ferrari e Vittorio Ianari, sulla visita alle moschee). La seconda dà alcune indicazioni per convivere in fraternità tra cristiani e musulmani (contributi di Antonio Cuciniello, su scuola e musulmani; Augusto Negri, sui musulmani in oratorio; Ignazio De Francesco, sui musulmani in carcere e in ospedale). La terza parte aiuta ad interpretare l’Islam nel quotidiano (contributi di Antonio Cuciniello e Massimo Rizzi, sulle regole alimentari e le feste islamiche; Maria Bombardieri, sulla questione delle immagini nell’Islam; Stefano Paternoster, sull’elemosina e sull’attenzione ai poveri nell’Islam). La quarta e ultima parte, infine, non dimentica il tema oggi attualissimo e scottante dell’accoglienza e della solidarietà (contributo di Massimo Ambrosini).
Il lavoro viene, ora, rilanciato dal nuovo Direttore dell’UNEDI, Don Giuliano Savina che, forte dell’esperienza di dialogo interreligioso promosso al Refettorio Ambrosiano di Milano, da lui fondato, ripropone col “Gruppo di interesse sull’Islam” il percorso profetico di incontro e dialogo interreligioso fortemente chiesto da Papa Francesco e dai suoi predecessori.
L’obiettivo è continuare a mettere in dialogo Chiesa e Islam in Italia.