Indizione dell’anno della fede. L’annuncio del Santo Padre

Il Papa, nella Messa per i nuovi evangelizzatori, nella Basilica Vaticana, ha indetto un Anno della Fede. Queste le sue parole:

“Proprio per dare rinnovato impulso alla missione di tutta la Chiesa di condurre gli uomini fuori dal deserto in cui spesso si trovano verso il luogo della vita, l’amicizia con Cristo che ci dona la vita in pienezza, vorrei annunciare in questa Celebrazione eucaristica che ho deciso di indire un “Anno della Fede”, che avrò modo di illustrare con un’appositaLettera apostolica. Esso inizierà l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’Universo. Sarà un momento di grazia e di impegno per una sempre più piena conversione a Dio, per rafforzare la nostra fede in Lui e per annunciarLo con gioia all’uomo del nostro tempo”.

All’Angelus il Papa ha ribadito:

“Come già ho fatto poc’anzi durante l’omelia della Messa, approfitto volentieri di questa occasione per annunciare che ho deciso di indire uno speciale Anno della Fede, che avrà inizio l’11 ottobre 2012 – 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II – e si concluderà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’universo. 
Le motivazioni, le finalità e le linee direttrici di questo “Anno”, le ho esposte in una Lettera Apostolica che verrà pubblicata nei prossimi giorni. Il Servo di Dio Paolo VI indisse un analogo “Anno della fede” nel 1967, in occasione del diciannovesimo centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, e in un periodo di grandi rivolgimenti culturali. Ritengo che, trascorso mezzo secolo dall’apertura del Concilio, legata alla felice memoria del Beato Giovanni XXIII, sia opportuno richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario, e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della missione ad gentes e della nuova evangelizzazione”
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Parole del Papa alla preghiera dell’Angelus, 16 ottobre 2011 (Audio)

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Giovani e sport3. Le figure educative

 

Roma – Via Aurelia 468, 23 giugno 2012

La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita quello di tutti perché la società diventi sempre più terreno favorevole all’educazione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie.
Ciò richiede il coinvolgimento non solo dei genitori e degli insegnanti, ma anche degli uomini politici, degli imprenditori, degli artisti, degli sportivi, degli esperti della comunicazione e dello spettacolo.
(dagli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020)
La partecipazione al Cantiere è gratuita.

Sono a perte le iscrizioni online
Bozza di Programma

 

 

Giovani e famiglia secondo un’indagine

Il 60% dei giovani italiani, anche nell’attuale situazione di crisi, “punta sulla famiglia”, pensa che essa “tiene, non rinuncia a pensare di poter formare una propria famiglia”, e la vede costituita mediamente da due figli o più. Solo il 9,2% dei ragazzi e il 6,2% delle ragazze pensa di non avere figli. Questa, in sintesi, la fotografia che emerge dai primi risultati della ricerca “Giovani e famiglia”, avviata dall’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori e da un team di docenti dell’Università Cattolica avvalendosi di Ipsos per la raccolta dei dati. L’indagine, resa nota oggi mentre è in corso il VII Incontro mondiale delle famiglie, ha riguardato un universo di 9 mila giovani tra i 18 e i 29 anni. 

Forte “desiderio” di famiglia. I risultati diffusi in data odierna si riferiscono al primo “sottocampione” di 2.400 interviste. Con riferimento ai dati sul “desiderio di famiglia e di figli”, i ricercatori osservano: “Se questi giovani fossero semplicemente aiutati a realizzare i propri progetti di vita, la denatalità italiana diventerebbe un problema superato”. Lo conferma la percentuale di coloro che sostengono che “in assenza di impedimenti e costrizioni” vorrebbero avere “tre o più figli” (più del 40%). Per oltre il 60% degli intervistati “la famiglia è la cellula fondamentale della nostra società e si fonda sul matrimonio”; solo l’11.6% è in disaccordo con questa tesi, si legge nell’indagine. Le relazioni tra genitori e figli “sono sempre molto forti nel nostro Paese”, e “non solo per motivazioni di natura economica”. La famiglia, oltre al sostegno materiale, “fornisce anche supporto emotivo” e costituisce “un punto di riferimento stabile e affidabile”. Di fronte a un futuro incerto la famiglia d’origine rappresenta una “fondamentale certezza”.

Il più a lungo possibile. Ampiamente riconosciuto il ruolo della famiglia nel raggiungimento di importanti traguardi esistenziali. Oltre l’80% degli intervistati afferma che la propria esperienza familiare gli è stata di aiuto “nel coltivare le sue passioni e nell’affermarsi nella vita”; oltre l’85% rivela che la famiglia rappresenta un sostegno nel perseguire i propri obiettivi. In Italia inoltre, a differenza che nella maggior parte dei Paesi europei, il 61,95% dei giovani considera “un fatto normale” continuare a vivere con i propri genitori anche dopo i 25 anni; il 27,38% lo definisce “un piacere”. Solo il 6% lo mette in relazione a “problemi economici”. La maggioranza degli intervistati pensa di poter contare su un aiuto concreto anche dopo avere lasciato la casa d’origine. Oltre il 90% ritiene che verrà aiutato nell’accudimento di eventuali figli; oltre l’80% per l’acquisto della casa. Il 54,51% pensa di poter contare anche su una “integrazione regolare del reddito”. Per i ricercatori, “questa disponibilità all’aiuto da un lato è senz’altro positiva, dall’altro può produrre effetti ambivalenti sul giovane e sulla sua responsabilizzazione nelle scelte di vita”.

Processi di compensazione più che di trasformazione. La famiglia d’origine viene intesa dai giovani come “luogo in cui ciascuno può esprimere se stesso” (d’accordo con questa affermazione il 39,7%; abbastanza d’accordo il 47,3%). Due intervistati su tre la ritengono un “luogo di apprendimento primario” sia delle modalità di relazione con il contesto sociale, sia dal punto di vista normativo, cioè delle “regole da rispettare”. Per oltre la metà la famiglia si configura come “rifugio dal mondo”. “Questi dati – commenta Alessandro Rosina (Università Cattolica) – sono di estremo interesse e ci mostrano come le generazioni adulte si muovano con modalità molto diverse all’interno della famiglia e della società: nella famiglia danno vita a un luogo dove ciascuno può dire come la pensa e aprirsi agli altri, nella società danno vita a luoghi di sfiducia per fuggire dai quali i giovani vanno a ‘rifugiarsi’ in famiglia”. Per Rosina, quindi, “la dinamica di scambio tra famiglia e società” si conferma basata su “processi di scissione e compensazione anziché su processi di trasformazione”. “Prolungando gli aspetti protettivi”, conclude, i genitori “compensano l’ingiustizia del sociale che inconsapevolmente contribuiscono a produrre”.

da: SIR 31/05/12

“È POSSIBILE UN’ALLEANZA ITALIANA PER LA FAMIGLIA?”

Presentazione del rapporto biennale dell’osservatorio nazionale sulla famiglia

in occasione della GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA FAMIGLIA

“È possibile un’alleanza italiana per la famiglia?”. Questo l’interrogativo sul quale si è imperniata, oggi a Roma, la celebrazione della Giornata internazionale della famiglia, in occasione della quale è stato anche presentato il Rapporto biennale sulla condizione della famiglia in Italia, a cura dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.


Una bussola per tutti. “La famiglia è la chiave di volta per la ricostruzione del tessuto sociale”, in un momento “dominato dalla crisi economica ma soprattutto da una crisi relazionale”. Lo ha detto il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi, definendo la famiglia “un tema cruciale” e “non facile per il Paese”. Sottolineando “l’importanza sempre crescente delle famiglie degli immigrati” presenti in Italia, il ministro ha auspicato “una grande alleanza per la famiglia”, che non è solo un “fatto privato ma una risorsa per la vita dell’intera società”. La famiglia, ha aggiunto il ministro, “rappresenta una bussola per chi vuole fare politica” ma anche per i cittadini: “Da soli gli individui realizzano meno le proprie potenzialità. Perciò bisogna fare il massimo anche in un momento di ristrettezza economica”.

L’importanza delle “buone pratiche”. A riprendere il tema dell’“alleanza per la famiglia”, al centro del Rapporto, dal titolo “La famiglia in Italia. Sfide sociali e innovazioni nei servizi”, è stato il curatore, il sociologo Pierpaolo Donati, secondo il quale “è l’analisi della famiglia che ci dice quanto il tessuto sociale si stia spappolando, e quanto ci sia necessità di una convergenza, dall’alto e dal basso, su un orizzonte comune”. Due le priorità, ha spiegato Donati: “Le giovani coppie e la solidarietà tra le generazioni, mediata dalla famiglia”. Per il sociologo, nel dettaglio “occorre una grande convergenza delle forze politiche, sociali e culturali, partendo dalla consapevolezza che la famiglia è un soggetto a cui si può dare attenzione solo sacrificando gli interessi immediati della politica”. Il Rapporto, ha aggiunto Donati, “vuole essere anche un contributo importante al dibattito europeo, in cui c’è una grande difficoltà ad affrontare il tema della famiglia”. Nel Rapporto – diviso in due volumi, il primo dei quali affronta gli aspetti demografici, sociali e legislativi, mentre il secondo tratta delle “buone pratiche” in atto – si auspicano “politiche familiari relazionali, sussidiarie e societarie, che non siano la riedizione del vecchio assistenzialismo”.

“Salvare il cuore del Paese”. Per Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, è urgente un’“alleanza per la famiglia” come “partita di sistema, non tema di nicchia, in cui sono coinvolti tutti gli attori sociali”, dal momento che non “bisogna salvare solo banche e aziende, ma anche e soprattutto il cuore del Paese”. Belletti, che ha chiesto alla politica di “restituire alle famiglie quello che hanno dato finora”, ha poi auspicato che, grazie ai “pilastri” rappresentati da “fisco, welfare e lavoro”, si stabiliscano “misure più eque”, “accordi tra territori”, per far sì che “la famiglia sia luogo generativo e motore di sviluppo” e non “un ammortizzatore sociale”. Di una “fortissima esigenza di riequilibrio del sistema fiscale in Italia”, per scongiurare “l’aumento delle disuguaglianze”, ha parlato Luca Antonini, del comitato scientifico dell’Osservatorio, secondo il quale quello fiscale “è un problema anche culturale”, che per quanto riguarda la famiglia comporta la capacità di “riconoscere il valore del legame, che non può essere considerato alla stregua di altri legami”. “Sempre più famiglie, ma più piccole; anziani soli in aumento; forte riduzione delle coppie con figli”: questo, in sintesi, l’identikit delle 23 milioni di famiglie censite dal Rapporto, ha riferito il demografo Gian Carlo Blangiardo.

“Rafforzare il tessuto connettivo sociale”. “È necessario valorizzare la soggettività della famiglia per rafforzare il tessuto connettivo sociale. Con il piano nazionale per le famiglie per la prima volta la politica crea un quadro organico e unitario, superando la logica della frammentarietà degli interventi”. Così si è espresso il presidente della Camera, Gianfranco Fini, mentre sull’importanza di “favorire il lavoro delle donne, fattore fondamentale per l’equilibrio delle famiglie” ha insistito il ministro per le Pari opportunità, Elsa Fornero, che ha sottolineato come la famiglia viva “una crisi che è nel contempo economica, d’identità e valori”. Le istituzioni, ha affermato il ministro “devono aiutare i genitori nel loro ruolo” e “attuare politiche di conciliazione perché gli uomini facciano i padri e non portino solo il pane a casa”. Fabrizio Barca, ministro per la Coesione territoriale, ha ribadito in chiusura che è necessario investire sulla famiglia “anche togliendo soldi a cose meno vitali” perché solo con la famiglia, “grumo fertile di relazioni”, è possibile rispondere “con coraggio e fiducia alla fase difficile che attraversiamo”.


Scheda: il Rapporto biennale 2011-2012

“Essere d’aiuto a studiosi e operatori per perseguire nuovi orizzonti di interventi a favore delle famiglie italiane in una fase storica di crescenti incertezze”. Questo l’obiettivo del Rapporto biennale 2011-2012 curato dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia. 
“Il Rapporto – si legge nell’introduzione a firma di Pierpaolo Donati, direttore scientifico dell’Osservatorio – intende fornire informazioni socio-economico-demografiche utili per comprendere la condizione familiare in Italia e, nello stesso tempo, suggerire linee d’intervento per le politiche sociali da mettere in campo”. Bisogna, quindi, “riconoscere il ruolo sociale della famiglia non già mediante misure di tipo caritativo o di mera assistenza passivizzante, bensì nei termini di una piena valorizzazione della soggettività sociale della famiglia. Se un Paese non ha un forte tessuto connettivo costituito da famiglie solide che generano beni relazionali, non v’è rimedio economico che possa funzionare, perché il problema giace nel fatto di consumare il capitale umano e sociale delle famiglie, e nel non riuscire a rigenerarlo”.
Strutturato in due volumi, il Rapporto “parla di alleanza italiana per la famiglia non solo perché risponde alle linee-guida dell’Unione europea, ma anche e soprattutto perché prevede il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali e della società civile che sono chiamati a realizzare il family mainstreaming”. Nel primo tomo viene delineato “lo scenario generale dei mutamenti nel corso di vita delle famiglie e le esigenze di una legislazione sociale più avanzata, tenendo conto del nuovo assetto federalistico del Paese”, con particolare attenzione “ai problemi della povertà e delle famiglie immigrate”. Nel secondo volume vengono, invece, riportati “i risultati di ricerche originali sul campo, che riguardano le buone pratiche e i nuovi strumenti per la conciliazione tra famiglia e lavoro, come l’audit, e i buoni servizio, l’uso dei congedi genitoriali, gli aiuti alle famiglie che si prendono cura degli anziani non autosufficienti, i sostegni alle famiglie fragili (con minori in tutela o a rischio di allontanamento, in cui i genitori sono separati/divorziati, famiglie migranti), la governance delle politiche familiari a livello locale”. In appendice si trova il Piano nazionale per la famiglia, “una sintesi del programma d’interventi concreti che, se implementati, potrebbero portare il Paese a realizzare le più moderne ed efficaci politiche familiari”.
Sono “note da tempo – si legge ancora – le difficoltà che il sistema-Italia ha di dare un adeguato riconoscimento alle famiglie per il ruolo economico, sociale, culturale che esse svolgono in quanto famiglia, e non come semplici aggregati d’individui. Qualche recente segnale fa ben sperare in una possibile svolta. Penso al riconoscimento del ‘settore famiglia’ come criterio equitativo nella distribuzione delle risorse pubbliche e/o viceversa, nella richiesta ai cittadini di contribuire agli sforzi di ripresa e sviluppo del Paese”. La speranza, conclude Donati, è che il Rapporto “contribuisca ad accrescere una conoscenza più approfondita della problematica e stimoli l’adozione degli interventi strutturali di politica familiare necessari per dare al Paese un futuro di sviluppo equo e sostenibile”.

 

 

 

Simposio: “Maria Domenica Mazzarello e Giovanni Bosco: un incontro, un carisma condiviso”

 

 

In occasione del 140º dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e cogliendo l’opportunità dell’anteprima del film scritto e prodotto da Sr. Caterina Cangià, «Maìn. La casa della felicità», l’Istituto di Teologia spiritualedella Facoltà di Teologia dell’UPS, in  collaborazione con Sr. Anita Deleidi, docente del corso su Maria Domenica Mazzarello, oggi si è tenuto un incontro di studio sul rapporto tra la Santa e Don Bosco in vista dell’educazione delle giovani.

Il simposio, dal titolo “Maria Domenica Mazzarello e Giovanni Bosco: un incontro, un carisma condiviso” è stato strutturato in due parti. Nella prima, Sr. Anita Deleidi è stata messa in evidenza «la relazione di reciprocità per l’educazione delle giovani tra Maria Domenica Mazzarello e Giovanni Bosco» e Sr. Grazia Loparcomostrerà «l’influsso del modello religioso donboschiano sull’Istituto delle FMA». Nella seconda parte, Sr. Caterina Cangià ha presentato il nuovo film su Maria Domenica Mazzarello, Confondatrice dell’Istituto FMA e ne mostrerà il promo e alcuni stralci. L’incontro si colloca nel cammino di preparazione al Bicentenario della nascita di Don Bosco (2015) e in prossimità della festa di madre Mazzarello (13 maggio).

Maria Domenica Mazzarello è nata a Mornese (Alessandria) il 9 maggio 1837 da una famiglia di con-tadini, prima di sette figli. A quindici anni si offrì a Dio con voto di verginità. Poco dopo entrò nell’associazione delle Figlie di Maria Immacolata, impegnandosi più a fondo in servizi di apostolato e di carità. L’incontro con Don Bosco, invitato a Mornese da don Pestarino (1864), segnò per lei una tappa de-cisiva. Il Santo, che andava maturando un progetto apostolico per le ragazze, rimase colpito dalla spiritua-lità delle Figlie dell’Immacolata e intravide in Maria Domenica colei che Dio aveva scelto per estendere l’opera di salvezza della gioventù. Nell’incontro tra i due santi – cha non si erano mai visti precedente-mente – si verificò una straordinaria vicinanza di azione e spirito, di ideali e stile educativo. Dalla loro collaborazione nacque l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e prese avvio una via di santificazione improntata su un forte realismo e una sapiente concretezza di vita. Il 5 agosto 1872 Maria Domenica fece, con altre quindici ragazze, la prima professione religiosa. Nello stesso anno venne eletta superiora, ruolo nel quale rivelò insospettati talenti di madre e animatrice.

Si spense all’età di 44 anni (14 maggio 1881) nella Casa madre di Nizza Monferrato (Asti). Fucanonizzata da Pio XII il 24 giugno 1951. Alla sua morte l’Istituto, che aveva solo 9 anni di storia, era diffuso in quattro nazioni (Italia, Francia, Uruguay, Argentina), con 26 case e 200 consorelle. Oggi, a 140 anni della Fondazione, l’Istituto è diffuso in tutti i continenti e conta circa 17.000 membri.

Il Cardinale Bagnasco agli Studenti Universitari

Proponiamo l’omelia del cardinale Bagnasco rivolta agli studenti universitari in occasione del convegno degli Studenti Universitari dell’Europa tenutosi a Roma il primo Maggio.


Cari Amici

È motivo di gioia trovarci attorno all’altare per celebrare la divina Eucaristia, cuore pulsante della Chiesa e sorgente inesauribile della vita cristiana. Vi porto il saluto cordiale del Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, S.Em. il Cardinale Peter Erdo, e di tutto il Consiglio: l’aver risposto voi al nostro invito è un segno che ci rallegra. Mostra la vostra fede e il senso di appartenenza alla Chiesa. Ringrazio gli organizzatori di questo significativo Incontro che mira a rinsaldare i vincoli di conoscenza, di fede e di missionarietà tra voi che rappresentate gli studenti universitari cattolici degli Atenei del Continente. L’essere qui a Roma, Diocesi del Papa, è felice occasione per rinnovare la fede cattolica nel luogo dove l’apostolo Pietro ha dato la suprema testimonianza del martirio. Al Santo Padre Benedetto XVI, alla sua amabile persona e al suo alto Magistero, vogliamo esprimere la nostra fedeltà affettuosa e grata di figli.

1.         Il Vangelo appena ascoltato presenta Gesù interrogato dai Giudei circa la sua identità di Messia: “Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”. Forse in queste parole troviamo l’eco di tanti vostri giovani colleghi che cercano la verità di se stessi e dell’ esistenza, il senso profondo del loro studio, che va oltre lo scopo di prepararsi alla professione. Che cosa risponde Gesù? “Ve l’ho detto e non credete (…) voi non credete perché non siete mie pecore”. E’ una risposta singolare: sembra che per conoscere il Signore sia necessario appartenere a Lui, e quindi conoscerlo già. In realtà, per conoscere Gesù bisogna cercarlo davvero, bisogna desiderarlo con tutto il cuore, senza pregiudizi, disposti anche a faticare. Il cuore dei Giudei non era sgombro da aspettative e pretese, da sospetti e interessi. E quando l’intelligenza non è libera, la verità non si dona, tanto meno la verità religiosa e morale. A volte ci chiediamo perché il mondo non si arrenda all’evidenza di Dio che ha posto le tracce della sua bellezza nella natura, nell’intelligenza dell’uomo, nella razionalità dell’universo. Perché tante resistenze di fronte allo splendore della verità di Cristo e del suo Vangelo, alla testimonianza dei Santi e dei Martiri. Perché? Il Signore dice che bisogna far parte del suo gregge!  E – in  senso ampio – fanno parte del suo gregge tutti coloro che cercano la verità con cuore sincero, che sono docili alla verità così com’è, anche quando questa chiede di cambiare la vita. Allora Egli si rivela e si concede; come Pastore buono, dona la sua vita e conduce nel seno del Padre.

2.         I Vescovi europei contano molto su di voi, giovani Amici. Contano su di voi perché siate come degli avamposti di quel rinnovamento della fede e della vita cristiana che il Santo Padre indica come la più efficace risposta alle sfide di un  laicismo aggressivo, che vorrebbe bandire Dio dalla vita pubblica per confinarlo nel privato dei singoli. Il Papa chiama i credenti alla conversione, cioè ad una fede più consapevole e responsabile, più coraggiosa e piena di gioia. Non fatevi intimorire dagli slogans, da apparati che proclamano grandi principi di libertà ma nascondono spesso il germe dell’ intolleranza. Soprattutto, non fatevi ingannare dalla dittatura della “non-cultura, come se rinunciare ad una propria identità culturale fosse la condizione per una convivenza plurale, aperta e tollerante. Al contrario, l’ assenza valoriale e identitaria è la premessa per qualunque imposizione di maggioranze pilotate.

Inoltre, i Vescovi contano sulla vostra giovinezza che, di natura sua, è libera da interessi personali, da posizioni da mantenere, e non è incrostata da esperienze e ideologie di epoche passate, che hanno creato tensioni e sofferenze nella comunità cristiana. E quando avete eco di tali diatribe che vagano qua e là per il vecchio Continente, voi le guardate con occhi sorpresi e indifferenti, perché avvertite che sono irrilevanti per la vostra vita. E andate avanti, avendo intuito che, nella Chiesa di Cristo, il primo ministero di Pietro è quello di confermare l’autenticità della fede. Quando insorgono domande e dubbi sulla fede cattolica, non temete: guardate a Roma con intelligente semplicità, la cattedra del Successore di Pietro illumina e indica la via della verità e della vita.

3.         Un’ultima parola permettete che la dica sulla vostra avventura universitaria. Sono certo che l’incontro di tante Università europee, delle diverse facoltà che frequentate e delle molteplici discipline che sono oggetto dei vostri studi, alimenti tra voi uno scambio straordinario che vi consente di  respirare l’ universalità che vi fa vivere meglio le vostre specifiche specializzazioni. Desidero qui ricordare il criterio originario dell’istituzione universitaria: è proprio della ragione umana voler penetrare il più possibile nelle singole cose senza però perdere di vista l’insieme della realtà che esse compongono. Il criterio della sintesi, della reductio ad unum, non è semplificazione omologante, ma sintesi di saperi. Se i saperi preparano alle professioni, la sintesi organica dei saperi costituisce il “sapere” per la vita. Ma, per ordinare il molteplice, ci vuole un criterio ordinatore, e questo è la persona. Ecco perché dovrebbe accompagnarvi sempre una domanda: quanto sto studiando costruisce l’uomo? E’ per la persona o le va contro? Avrete così un criterio di giudizio per arricchire quella sintesi intellettuale e morale senza la quale non c’è sapienza ma solo competenza. Voi sapete che il volto dell’uomo risplende sul volto di Gesù  e del suo Vangelo, letto sulle ginocchia della Chiesa.

Cari Amici, la Vergine Maria, trono della Sapienza, vi accompagni nelle vie affascinanti della verità totale che è il Verbo di Dio. Egli  irradia i suoi bagliori nel nostro splendido universo: voi, queste luci, avete l’opportunità di conoscerle, di approfondirle e di amarle.


Angelo Card. Bagnasco

Arcivescovo di Genova

Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Vice Presidente del CCEE

Sulle orme di don Tonino Bello

Upsini in giro per l’Italia: sui passi di don Tonino Bello

Il dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica della nostra Università ha organizzato per il week-end del 1° Maggio un viaggio-studio nei luoghi del Salento.

Mossi sui passi e sulle parole di don Tonino Bello, Vescovo della Chiesa e Servo di Dio, ha percorso in lungo ed in largo il territorio pugliese salentino, arrivando fino alle coste di Santa Maria di Leuca dove il Mar Ionio si tuffa in quello Adriatico.

Un viaggio dalle tonalità rilassanti per tutti i partecipanti al viaggio che nel clima fraterno e umano, instauratosi fra le mura accademiche, sono riusciti a vivere questi tre giorni intensamente. Non solo Lodi e Vespri recitati sull’autobus ma canti di gioia e chiacchierate fra le più vivaci negli spostamenti da una città ad un’altra.

Un viaggio studio che non sarà ricordato solamente per i sorrisi e le lacrime sprigionate dai partecipanti al saluto delle famiglie ospitanti ma anche per la massima disponibilità degli organizzatori che con maestrìa e competenza territoriale hanno predisposto (in maniera impeccabile) un fitto programma d’escursione.

Fra i presenti anche alcuni studenti dei corsi di laurea di Psicologia, Pedagogia e anche di Comunicazione Sociale che relazionandosi hanno avuto modo di conoscere la figura di don Tonino Bello, le sue attività pastorali, la sua attenzione ai poveri e agli emarginati e la grande volontà di ricerca della pace per un’educazione non violenta basata sulla creatività e libertà dell’uomo.

Toccante il momento della visita al cimitero dove è sepolto il vescovo pugliese; uno fra quelli più silenziosi. Arrivati nella Capitale in serata: stanchi del viaggio ma allo stesso tempo arricchiti

Articolo di Tonino Garufi


 

 

 

 

 

 

Proponiamo un celebre messaggio di Don Tonino sull’educazione alla povertà


 

 

 

 

 

 

 

 

 

“L’educazione alla povertà è un mestiere difficile. Forse per questo il Maestro ha voluto riservare ai poveri la prima beatitudine. 
Non è vero che si nasce poveri. Poveri si diventa, dopo lunghe fatiche ed estenuanti esercizi. 
Questa della povertà è una carriera, e tra le più complesse. Richiede un tirocinio tanto difficile, che il Signore Gesù si è voluto riservare direttamente l’insegnamento di questa disciplina. 
Perché alla povertà ci si educa e ci si allena.

Povertà è annuncio.
La ricchezza della terra non è maledetta, è buona. Però, c’è una cosa ancora più buona: la ricchezza del Regno. Ecco il punto. Farsi povero non deve significare disprezzo della ricchezza, ma dichiarazione solenne che il Signore è la ricchezza suprema.

Povertà è rinuncia.
Il cristiano rinuncia ai beni per essere più libero di servire. Spogliarsi per lavare i piedi, come fece Gesù. Chi vuol servire deve rinunciare al guardaroba. Chi desidera stare con gli ultimi, deve alleggerirsi dei “tir” delle sue stupide suppellettili. E’ la gioia, che connota la rinuncia cristiana.

Povertà è denuncia.
Di fronte alle ingiustizie del mondo, il cristiano non può tacere. 
Non può tacere dinanzi allo spreco, al consumismo, alla dilapidazione delle risorse ambientali. 
Quale voce di protesta il cristiano può levare? Quella della povertà! 
La povertà è condivisione della propria ricchezza. 
“Se hai due tuniche nell’armadio, una appartiene ai poveri”. Non possiamo permetterci i paradigmi dell’opulenza, mentre i teleschermi esibiscono i misteri dolorosi di tanti fratelli crocifissi. 
L’educazione alla povertà è un mestiere difficile. 
Forse è proprio per questo che il Maestro ha voluto riservare ai poveri, ai veri poveri, la prima beatitudine.”

 

+ Tonino Bello

 

 

 


Convegno nazionale: “Comunicare scienza. Comunicare vita”

Il 4 e il 5 maggio, presso il Centro Congressi in via Aurelia 796, a Roma, avrà luogo il IX Convegno nazionale e IX Incontro delle associazioni locali dell’Associazione Scienza e vita, sul tema “Comunicare scienza. Comunicare vita“.

Ad aprire il convegno, venerdì 4 maggio alle ore 15.30, la lectio magistralis di mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei; a seguire una tavola rotonda moderata da Monica Mondo, di TV200, alla quale parteciperanno diversi protagonisti del giornalismo scientifico, tra cui Piero Damosso (Rai), Arnaldo D’Amico (La Repubblica), Francesco Ognibene (Avvenire).

Sabato 5 maggio, mons. Dario E. Viganò, presidente della Fondazione ente dello spettacolo, presenterà una relazione sul tema “Comunicare con il cinema” e la giornata proseguirà con la presentazione di poster e comunicazioni.

Consulta il programma del convegno.

Per informazioni e prenotazioni: prenotazioni@scienzaevita.org

Articolo correlato:

Non la scienza fine a se stessa ma a servizio della vita e del bene comune

di Lucio Romano
Università degli Studi di Napoli Federico II;
Copresidente nazionale Associazione Scienza & Vita

L’incontro si prefigge lo scopo di affrontare un ambito culturale di particolare attualità e costante innovazione. Una due giorni all’insegna della comunicazione per confrontarsi su saperi e competenze: un’occasione per offrire una riflessione di alto profilo sia per modalità e tecniche attraverso cui si comunicano i temi della scienza e della vita, sia riguardo gli aspetti interrogativi di riferimento.

Trattare di modalità e mezzi di comunicazione significa oggi interpretare nuovi bisogni di conoscenze da declinare con tecniche che consentano una fruizione e condivisione più facile e immediata (es.: twitter, facebook, blog, ecc.) con tempi a disposizione sempre più limitati. “Spingendosi a interpretare la Rete come una sorta di cortile dei gentili” (Avvenire; 22.04.2012; p.26), suscita un indubbio interesse il ricorso a nuove classificazioni di “specie” Homo sapiens: homo analogicus o gutemberghiano, homo digitalis 1.0 e homo digitalis 2.0. Sono codificate, poi, altre due “specie” di Homo sapiens: “i nativi digitali puri e cioè le coorti che oggi, almeno nei paesi sviluppati, hanno approssimativamente fino a 16 anni (homo digitalis 2.0), i nativi digitali spuri (homo digitalis 1.0), e cioè le coorti tra i 17 e 25 anni e poi via via sfumando fino ai 40 anni di età oltre la quale tutti tecnoscettici, geek e cyberstruzzi sono sicuramente immigranti digitali” (Il Sole 24 Ore. Domenica; 01.04.2012; p.33).

A fronte di modalità e mezzi sempre più disponibili e dal facile utilizzo perché intuitivi, si ravvede il bisogno – particolarmente avvertito e diffusamente rappresentato – di essere informati obiettivamente così da maturare conoscenze nel complesso mondo del sapere scientifico e del problematico interrogarsi sui temi della bioetica. Certo, la comunicazione sui temi delle biotecnologie e della bioetica – così del biodiritto – intesa come integrazione interdisciplinare della dimensione scientifica e della dimensione antropologico-valoriale, può pagare lo scotto di una maggiore complessità semantica e argomentativa.

Detto in altri termini: mentre la comunicazione della ricerca scientifica si avvale oggettivamente di un linguaggio e di una penetrazione mediatica più immediata, quella inerente i valori antropologici in gioco richiede – altrettanto oggettivamente – tempi maggiori per l’argomentazione e per la riflessione da parte dell’utente in quanto coinvolto direttamente con il sentire interiore (coscienza).

Si rileva favorevolmente che l’attualità della bioetica e della biopolitica ha indotto nei media una specifica attenzione, facendo sì che tematiche dalle rilevanti ricadute sociali e di chiaro interesse pubblico, rientrano nella quotidiana agenda giornalistica. Su altro versante si rimarca una sovrabbondanza d’informazioni, spesso reiterate dagli innumerevoli network. Ciò non consente una reale maturazione in consapevolezza da parte dell’utente: troppa informazione, nessuna informazione. Comunichiamo con nuovi linguaggi, con sintassi spesso sincopata, le abbreviazioni in lettere che sostituiscono le parole, “le emoticon i sentimenti”. Come è stato acutamente sottolineato, “la marea di informazioni sfida le capacità cognitive di ciascuno di noi: non basta leggere e scrivere, bisogna padroneggiare lo sviluppo della conoscenza”. Una notizia, accortamente lanciata per tempi e modalità, si diffonde rapidamente e veicola informazione – come la cronaca ci ha dimostrato spesso – che può ingenerare anche infondate aspettative.

Partendo dalla considerazione che “la rete non è solo un dispositivo tecnico da utilizzare, ma è un luogo antropologico da abitare”, emerge l’esigenza molto avvertita di autorevolezza e rigore nella comunicazione. Sarebbe superfluo, ancora una volta ricordare l’assoluta necessità di una comunicazione rigorosa per argomentazione, obiettiva e plurale: vale a dire non schierata e che non vada a privilegiare solo alcuni aspetti a discapito di altri, certamente non meno importanti. Per meglio dire, integralismi che si vanno a contrapporre a discapito della ricerca della verità, intesa come fine e fondamento della interdisciplinarietà in bioetica. Per il vero questo è argomento e dilemma antico. Per risolvere il quale, possiamo richiamare Aristotele: “dire di ciò che esiste che non esiste, o di ciò che non esiste che esiste, è falso, mentre dire di ciò che esiste che esiste, e di ciò che non esiste che non esiste, è vero” (La metafisica, IV, 7, 1011b).

Comunicare scienza. Comunicare vita” è tema pertinente solo tecniche e modalità? Certamente no. Vuole rappresentare un’occasione di confronto e di dialogo costruttivo non escludente, che inerisce il fondamento dell’integrazione tra saperi: prioritariamente tra scientifico-biomedico e antropologico-valoriale.

Detto in altri termini l’obiettivo è coniugare in maniera virtuosa sapere descrittivo-quantitativo (scienze biomediche) e sapere valutativo-normativo (etica), con riferimento fondativo all’uomo nella sua intangibile unitridimensionalità (corpo, psiche, spirito) e intrinseca dignità. Questo è argomento spesso divisivo ma di cui non si può disattendere la cogente attualità.

Detto con Charles Taylor che “la scienza nel suo progresso non riconosce alcun mistero, soltanto enigmi temporanei”, riformuliamo un interrogativo che lo stesso filosofo canadese, citando lo scrittore contemporaneo Douglas Hofstadter, riporta in una sua opera: “possiamo dare un’adeguata spiegazione dei fenomeni che descriviamo con un linguaggio alto (ad esempio le persone che provano un senso di meraviglia nei confronti dell’universo) interamente in termini di linguaggio basso (quello della scienza postgalileiana)?” (Avvenire. Agorà Idee; 01.04.2012; p.5)

L’interrogativo è una sfida coinvolgente. Una possibile risposta è individuabile sul tema della integrazione e complementarietà delle conoscenze che si fanno saperi comuni e condivisi. Proprio sul tema della complementarietà tra saperi umanistici e ricerca scientifica, spesso posti erroneamente in posizioni di contrapposizione e di reciproche incomprensioni o chiusure apodittiche, è opportuno richiamare il sociologo e filosofo Edgar Morin: “[…] occorre saper unire, connettere, combinare fonti del sapere che rimangono frammentate e separate. Con lo sviluppo della tecno-scienza e della società dell’informazione, diventa cruciale la sfida di quella che in varie occasioni ho chiamato la democrazia cognitiva. […] La cultura umanistica e scientifica hanno le medesime fonti storiche, obbediscono alle stesse regole fondamentali della dialogica argomentativa e della discussione critica, hanno lo stesso ideale etico della conoscenza della verità.” (Il Sole 24 Ore. Domenica; 15.04.2012; p.24).

Dalla democrazia cognitiva emerge poi, la necessità di colmare il gap culturale dato dall’asimmetria informativa, ovvero dalla disparità tra disponibilità di informazioni e comprensione delle stesse. Ancor più si sottolinea l’attualità culturale di una “info-etica” che dia la concreta possibilità di far conoscere la verità sull’uomo.

Queste, in sintesi, le motivazioni e le finalità di “Comunicare scienza. Comunicare vita” e per dirla con Alberto Contri “a dispetto delle sempre troppo facili mitizzazioni, la tecnologia e i nuovi media sono solo un mezzo, mentre quello che conta è il contenuto, la realtà che si comunica”. Direi: la verità globale che si comunica.

ZI12043018 – 30/04/2012

Contributo salesiano al “Documento condiviso” per la Catechesi in Italia

L’Istituto di Catechetica dell’UPS promuove per il prossimo sabato 5 maggio 2012, un Seminario di studio dal titolo: Contributo dalla tradizione pedagogica del mondo catechetico salesiano al Documento condiviso per la catechesi in Italia della CEDAC, come apporto alla riflessione in questo importante passaggio storico.

La Commissione Episcopale per la Dottrina, Annuncio e Catechesi (CEDAC) ha promosso nello scorso 28-30 novembre il seminario di studio: In ascolto per il discernimento, in vista di un “documento condiviso” che “aggiorni” il Documento Base (DB).

Le relazioni presentate e le successive sintesi elaborate dai tre relatori principali sono attualmente oggetto di studio dei membri della commissione episcopale. A più riprese, la CEDAC ha comunicato la sua volontà di mettersi “in ascolto” dei contributi che, a diverso titolo, le si vorranno far pervenire. Tra questi occupano un posto privilegiato i Convegni catechistici regionali che, a partire dall’aprile prossimo, impegneranno i vari Uffici Catechistici Diocesani.

L’obiettivo è quello di elaborare delle riflessioni da offrire alla CEDAC come contributo “salesiano” al «Documento condiviso» per la catechesi in Italia, mettendo in comune idee ed esperienze, a partire dalla sensibilità pedagogica, patrimonio comune del mondo salesiano.

Tra i temi di riflessione da riprendere ne risaltano tre:

La catechesi in Italia nell’orizzonte della nuova evangelizzazione (Luca Bressan);

Spunti per riorientare la catechesi: contenuti, linguaggi, strumenti e percorsi (Enzo Biemmi);

Catechisti: pluralità di figure, rinnovamento e formazione (Ubaldo Montisci).

Il Seminario ha come interlocutori privilegiati i catecheti della Famiglia Salesiana, SDB e FMA; ma anche coloro che operano a livello di coordinamento della pratica pastorale o sono responsabili dell’editoria.

Si ritiene utile convocare anche i docenti che collaborano nella proposta formativa dell’Istituto di Catechetica e dell’Auxilium e invitare al confronto i responsabili della catechesi a livello nazionale.

La giornata prevede l’apertura alle ore 9.00 con il saluto del Rettore prof. Carlo Nanni e del decano FSE prof. Francesco Casella, e l’introduzione di Guido Benzi, direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale.

E prevede tre momenti moderati dai professori José Luis Moral, Cettina  Cacciato, e Carmelo Sciuto.

Comunicare al tempo dei media digitali: spazio, tempo e relazione

All’avvicinarsi della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali  del 20 Maggio 2012, desideriamo condividere con voi un articolo sui processi della comunicazione digitale di Pier Cesare Rivoltella

Intervento di Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica (MI), tenuto al Seminario dei vescovi del Medio Oriente – patrocinato dal PCCS -, svoltosi in Libano dal 17 al 20, sul tema: “Comunicazione in Medio Oriente come strumento di evangelizzazione, di dialogo e di pace”. I temi affrontati dal Prof. Rivoltella sono:

1. I media digitali: un quadro socio-tecnico

2. Media, spazio pubblico e fuga dal privato

3. Una nuova etica del rapporto con il tempo

Riposo

Lentezza

Ripetizione

4. Dalla “vita sullo schermo” all’integrazione di comunicazione reale e virtuale

Scarica l’articolo integrale di Rivoltella