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Ecce Homo
Leggendo il Vangelo di Giovanni 19,5 troviamo la famosa frase di Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea, che rivolse alla folla assatanata nel momento in cui mostrò loro Gesù flagellato, coperto di piaghe e ferite sanguinanti , come per dire: vi basta? No, non bastò, tanto da indurre i sommi sacerdoti, paurosi di perdere il loro potere, da brigare in modo da farlo crocifiggere (Cfr.
commentario al versetto giovanneo in: laparola.net.
). A Torino, poi, dal 10 aprile al 23 maggio 2010 c’è l’Ostensione della Sindone, il sacro lino che- secondo la leggenda- avvolse il corpo di Gesù e che molti credenti e non credenti aspirano a vedere, tale è il fascino di quel Cristo ancora tanto amato e cercato.
Anche dagli esquimesi, arrivati apposta dal gelido Nord in un consistente gruppo.
La Mostra Alberto Barbera, direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino, assieme ai suoi collaboratori, ha avuto la geniale idea di allestire “Non una rassegna cinematografica, ma il tentativo di offrire la possibilità di un confronto iconografico sulla rappresentazione di Cristo nella storia del cinema”, una Mostra che è stata inaugurata il 26 marzo alla Mole Antonelliana, e che rimarrà aperta al pubblico fino al 6 giugno, in modo che i pellegrini che stanno arrivando numerosi dalle varie parti del mondo possano connettere il passato con il presente, aiutati dalle numerose rappresentazioni in cui Cristo è stato “letto” da registi, scrittori, pittori… Spiega sempre Barbera : “La più grande storia mai raccontata e’ anche in assoluto la storia più volte raccontata dal cinema, così tante che nessuno ha neanche mai tentato di redigere una filmografia completa .Il nostro lavoro si e’ soffermato su una settantina di titoli, da ‘La Vie du Christ’ di Alice Guy e Victorin-Hyppolyte Jasset (1906) a ‘7 Km da Gerusalemme’ di Claudio Malaponti (2006), con l’intento dichiarato di fornire – attraverso la selezione di fotografie, manifesti, riviste, libri, partiture e dischi, provenienti dalle collezioni del Museo e dagli archivi della Fondation Je’ro’me Seydoux-Pathe’ e della Cine’mathe’que Française (materiale poi raccolto anche nel catalogo realizzato in occasione della mostra) – una riflessione approfondita sulle differenti modalità espressive con cui, in determinati periodi storici, il cinema si e’ confrontato con la rappresentazione della figura di Cristo, come ad esempio le influenze della pittura ottocentesca per il periodo del muto o le derive dell’iconografia pop in un film come ‘Jesus Christ Superstar'”.
L’esposizione offre l’opportunità di una riflessione approfondita sulla rappresentazione di Cristo nella storia del cinema, dalle origini fino ai giorni nostri, attraverso un’accurata selezione di fotografie di scena e di lavorazione, manifesti, locandine, foto – soggetti, riviste, libri, partiture e dischi.
I circa trecento pezzi sono esposti lungo due percorsi di allestimento tra loro profondamente correlati, entrambi ospitati alla Mole Antonelliana.
La cancellata esterna della Mole presenta, attraverso trenta fotografie di grande formato, una selezione cronologica dei film cristologici più significativi, dalle prime Passioni del cinema muto, ancora legate alla tradizione teatrale, al recente e dibattuto La passione di Cristo di Mel Gibson.
Si passa così dalla grande stagione del kolossal americano (per esempio, con Il Re dei Re, nelle versione muta di Cecil B.
DeMille, 1927, e in quella sonora di Nicholas Ray, 1961) alle originali riletture degli anni Settanta e Ottanta (Jesus Christ Superstar, di Norman Jewison, 1973, L’ultima tentazione di Cristo, di Martin Scorsese, 1988), senza naturalmente trascurare il contributo dei grandi registi italiani (Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini, Franco Zeffirelli).
Poi , all’interno della Mole Antonelliana, vengono messe a confronto le differenti rappresentazioni dei principali eventi della vita di Gesù, dalla Natività alla Resurrezione, documentando le differenti messe in scena di episodi fondamentali della tradizione evangelica come la Chiamata degli Apostoli, i Miracoli, l’Incontro con la Maddalena, l’Ingresso a Gerusalemme, il Bacio di Giuda, il Calvario, la Resurrezione.
Il percorso propone una suggestiva tessitura di comparazioni iconografiche.
In esso si confrontano gli splendidi manifesti dipinti del cinema muto italiano e francese e le fotografie di scena scattate da Angelo Frontoni sul set di Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli (1977); le imponenti immagini, di una raffinatezza quasi pittorica, di Christus (1916), di Giulio Antamoro e Enrico Guazzoni, e le inquadrature sobrie di Rossellini; l’Ingresso a Gerusalemme in bianco e nero di Dalla mangiatoia alla croce, di Sidney Olcott (1912) a quella in Technicolor de La più grande storia mai raccontata, di George Stevens (1965); l’Ultima Cena di Quo Vadis, di Mervyn LeRoy (1951), quasi un qualcosa di vivo del Cenacolo leonardesco, e quella risolutamente più amichevole e conviviale di Jesus Christ Superstar. A conclusione , vi é una serie d’immagini tratte da film non direttamente legati alla vita di Gesù, ma che evidenziano invece la presenza dell’immagine della Croce e del volto di Cristo nel cinema come elemento non semplicemente decorativo, ma fortemente emotivo o simbolico del rapporto fra l’umano e il divino.
Tra i tanti, rammentiamo Il Cristo proibito di Curzio Malaparte del 1951, Luci d’inverno di Ingmar Bergman del 1963, Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij del 1966 e Francesco di Liliana Cavani del 1989.
Un’ulteriore proposta della mostra, infine, è costituita da una vetrina, dove sono esposti numerosi prodotti a stampa (brochure, pressbook, calendari, album di figurine, libri e riviste) variamente legati ai film documentati nel percorso o, più ampiamente, al cinema d’ispirazione evangelica.
C’è anche un catalogo edito nella collana editoriale del Museo Nazionale del Cinema, contenente la riproduzione di tutte le immagini della mostra, alcuni saggi critici a firma di Dario Viganò, Jean-Michel Frodon, Nicoletta Pacini e Silvio Alovisio, e una filmografia delle opere esposte a cura di Tamara Sillo.
Inoltre, alla Bibliomediateca del Museo Nazionale del Cinema è prevista la proiezione di un ciclo di film inerenti la vita di Gesù, mentre per l’8 maggio è in programma alla Venaria Reale una tavola rotonda sul tema, con la partecipazione di Mons.
Timothy Verdon, Mons.
Dario Viganò, del prof.
Tomaso Subini e di Don Giuseppe Ghiberti.
Sempre l’8 maggio, al Cinema Massimo è prevista una giornata dedicata ai film che hanno visto Gesù protagonista, con la proiezione di Jesus Christ Superstar di N.
Jewison, de Il Vangelo secondo Matteo di P.P.
Pasolini e Christus di G.
Antamoro e E.
Guazzoni, un film muto del 1916 accompagnato al pianoforte dal vivo dal Maestro Stefano Maccagno.
Informazioni tecniche L’orario di apertura di Ecce homo è martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica dalle 9 alle 20, il sabato dalle 9 alle 23, lunedì chiuso, ma in occasione dell’Ostensione della Sindone ci saranno aperture straordinarie lunedì 5 aprile dalle 9 alle 20, e nella settimana dal 17 al 23 maggio tutti giorni dalle 9 alle 23.
Inoltre il 15 maggio il Museo del cinema aderirà alla Notte dei Musei con ingresso gratuito al Museo dalle 21 alle 24.
Una curiosità Ogni cinque anni centinaia di persone di Pove del Grappa si mettono in moto per preparare le Feste del Cristo, come vengono comunemente chiamate le Feste Quinquennali in Onore del Divin Crocifisso.
Le vie del paese si illuminano e si vestono a festa con archi e decorazioni, negli angoli caratteristici si rivivono scene raccontate nella Bibbia, le serate si riempiono di spettacoli, mostre ed incontri.
Ma soprattutto le domeniche rendono Pove teatro della Processione, grazie alla quale si ripercorre la storia dell’Antico e del Nuovo Testamento, nonché della rappresentazione della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Per chi desidera, basta andare su: Programma 2010
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Polemiche su precari e Irc Sergio Cicatelli Il 18 novembre scorso il Senato ha definitivamente approvato e convertito in legge il decreto legge 25-9-2009, n.
134, principalmente dedicato alle garanzie da offrire ai precari che – per via dei tagli operati sull’organico dei docenti – non hanno visto confermata quest’anno la supplenza annuale ricevuta l’anno precedente.
La disposizione ha mobilitato il mondo politico e sindacale, ma non intendiamo qui entrare nel merito del provvedimento, preferendo piuttosto segnalare come gli Idr siano stati coinvolti indirettamente nel dibattito che ha accompagnato l’iter legislativo.
Uno dei punti più controversi del decreto legge è stato il primo comma dell’articolo 1, in cui si diceva inizialmente che i contratti dei supplenti «non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo».
In sede di conversione in legge, il comma è stato modificato consentendo che i contratti di supplenza possano trasformarsi in contratti a tempo indeterminato «solo nel caso di immissione in ruolo».
A prescindere dall’opportunità della modifica e delle polemiche che la prima formulazione ha innescato, si vuole richiamare l’attenzione sul fatto che nel corso del dibattito alla Camera si è più volte tornati sul caso degli Idr non di ruolo, unico esempio di precari cui oggi è consentito accedere a una progressione economica ai sensi dell’art.
53 della legge 312/80 o ad avanzamenti biennali.
Va peraltro notato che la condizione degli Idr era contenuta nella documentazione tecnica fornita ai parlamentari dall’ufficio legislativo della Camera, e l’on.
Maurizio Turco (componente radicale del PD) ha colto l’occasione per presentare alcuni emendamenti volti a ridurre i benefici per gli Idr.
L’oggetto del contendere è stato soprattutto l’art.
53 della legge 312/80, ora dato per abrogato e ora considerato ancora vigente: poiché da esso discende il trattamento economico degli Idr, la disputa è stata sulle garanzie da estendere a tutti i precari o da riservare ai soli Idr.
Di fatto la modifica infine introdotta non ha affrontato il problema, confermando implicitamente il trattamento economico degli Idr ma lasciando traccia negli atti parlamentari della loro equivoca condizione.
Nel passaggio al Senato si è avuta anche la presentazione di un ordine del giorno da parte dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca (componente radicale del PD), volto a parificare il trattamento giuridico ed economico degli Idr a quello degli altri docenti, svincolandone anche l’assunzione dal riconoscimento di idoneità da parte dell’autorità ecclesiastica.
È evidente l’intento provocatorio della proposta (che infatti non è stata neanche messa ai voti in quanto improponibile), ma pare il caso di sottolineare come la condizione degli Idr sia stata ancora una volta presentata come causa di difficoltà e motivo di discriminazioni, richiamando anche un precedente ricorso presentato sul tema alla Commissione Europea.
Il ricorso, promosso dallo stesso sen.
Turco, lamentava la presunta violazione della Direttiva europea n.
2000/78 del 27-11-2000, che mira a «stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento» (art.
1).
Dato che per accedere all’Irc occorre l’idoneità ecclesiastica, non ci sarebbe parità di trattamento in quanto l’accesso sarebbe condizionato all’appartenenza religiosa.
Ma la stessa Direttiva, all’art.
4, chiarisce che «gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a uno qualunque dei motivi di cui all’articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato».
È dunque evidente che per insegnare religione “cattolica” sia necessaria l’approvazione dell’autorità ecclesiastica corrispondente.
Ciò rivela tutta la pretestuosità del ricorso, che la Commissione Europea ha infatti riconosciuto infondato.
Ne troviamo tuttavia traccia in un’interrogazione proposta qualche tempo fa dalla sen.
Luciana Sbarbati (PD), che raccoglieva tutta una serie di presunte irregolarità collegate alla gestione dell’Irc e degli Idr, tra cui la storia del loro trattamento economico privilegiato.
Visto il periodico ripresentarsi di certe tesi, ci sembra di poter immaginare che un “pacchetto Irc” circoli nei corridoi parlamentari in attesa di cogliere l’occasione, opportuna e inopportuna, per ripresentare il suo bagaglio di disinformazione e di vis polemica.
Questa volta è toccato al decreto sui precari, ma probabilmente non è l’ultima puntata.
giovani
Articolo Laico non vuol dire affatto, l’opposto di credente (o di cattolico) e non indica, di per sé, né un credente né un ateo né un agnostico.
Laicità non è un contenuto filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato.
La laicità non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l’attitudine ad articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, da nessuna fede, da nessun pathos del cuore. La cultura— anche cattolica — se è tale è sempre laica – non può non affidarsi a criteri di razionalità e la dimostrazione di un teorema, anche se fatta da un Santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al catechismo.
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