Ferdinando Bonsignore – La chiesa della Gran Madre di Dio Esempio dello stile neoclassico in auge ai primi dell’Ottocento è la chiesa della Gran Madre di Dio, opera di Ferdinando Bonsignore, eretta tra il 1818 e il 1831 per festeggiare il ritorno di Vittorio Emanuele I di Savoia il 20 maggio 1814 dopo la sconfitta di Napoleone: sul timpano della chiesa si legge infatti l’epigrafe Ordo Populusque Taurinus Ob Adventum Regis (La città e i cittadini di Torino per il ritorno del re).
Lo schema dell’edificio si rifà, con spirito deliberatamente archeologico, a una diffusissima tipologia che trova il suo prototipo nel Pantheon, monumento romano del periodo adrianeo; una pianta rotonda sormontata da una cupola, e preceduta da un peristilio a frontone triangolare, il tutto poggiante su un alto zoccolo.
Guarino Guarini – La Cappella della Santa Sindone Il monaco teatino Guarino Guarini (1624-1683), modenese, può senz’altro considerarsi l’architetto più originale del XVII secolo, dopo Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.
Guarini viaggiò molto in Italia e all’estero e lasciò a Torino, dove fu chiamato da Carlo Emanuele II, le più alte affermazioni della sua genialità creativa, tra le quali la Cappella della Santa Sindone, incastonata tra quello che nel 1713 diventerà il Palazzo Reale dei Savoia e il Duomo di San Giovanni, edificato tra il 1491 e il 1498.
L’opera, iniziata nel 1668 e compiuta solo dopo undici anni dalla morte del maestro, trova la sua più suggestiva espressione nella cupola.
Su una base formata da sei grandi finestre, collegate esternamente da una cornice ondulata, parte una raggiera di contrafforti che si intrecciano a cornici sghembe fino a sostenere le cornici concentriche del tamburo della lanterna, quest’ultima illuminata da finestre ovali.
Da questo capolavoro di ingegneria piove all’interno un guizzante e segmentato gioco di luci.
Guarino Guarini – La Chiesa di San Lorenzo Come nella Cappella della Sindone, anche nella chiesa di San Lorenzo Guarino Guarini sviluppa il motivo dell’organismo centrale, di ridotte dimensioni e articolato verso l’alto, già caro al Borromini.
Compiuta nel 1687, la chiesa ha una pianta quadrata con pareti convesse in luogo dei quattro angoli.
La cupola, ornata di costoloni intrecciati, si ispira probabilmente alla Catedral de la Seo di Saragozza, cattedrale gotica costruita nel XIV secolo.
La sensibilità del Guarini per l’arte gotica, specie straniera, era già evidente nella cupola della Sindone, simile a una guglia.
All’adesione, peraltro puramente fantastica, all’architettura gotica, il Guarini aggiunge una straordinaria padronanza tecnica di assoluta modernità.
Nelle sue originali concezioni strutturali si può cogliere, tra l’altro, l’aspetto tipicamente barocco della «meraviglia» come fine dell’arte.
Filippo Juvarra – La Basilica di Superga La basilica, che con la Mole antonelliana può considerarsi uno dei simboli di Torino, fu fatta erigere da Vittorio Amedeo II di Savoia tra il 1715 e il 1731, in adempimento di un voto fatto nel 1706, prima della battaglia per liberare Torino dall’assedio dei francesi.
È forse l’opera più celebre di Filippo Juvarra, architetto messinese che lavorò a Torino per circa un ventennio, lasciandovi numerose testimonianze della sua genialità non solo di costruttore, ma anche di scenografo e urbanista.
In quest’opera i temi rinascimentali e l’amore per le forme michelangiolesche vengono interpretati in chiave scenografica, perfettamente intonata al paesaggio circostante, sull’alto di un colle panoramico.
Come già nel Pantheon, massimo tempio dell’età imperiale romana, il pronao s’innesta a un corpo centrale.
Nei campanili laterali sono evidenti reminiscenze della fantasia borrominiana (già elaborata a Torino, come abbiamo visto, nelle opere del Guarini).
Nei sotterranei della basilica sono raccolte le tombe dei re di Sardegna, da Vittorio Amedeo II a Carlo Alberto, e dei principi sabaudi dal 1700 in poi.
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Un sussidio per la pastorale della sanità
L’Ufficio Nazionale per la pastorale della sanità e la sua Consulta hanno indicato il tema “Educare alla salute, educare alla vita” come ambito prioritario di riflessione per la Chiesa che è in Italia, in occasione della XVII Giornata Mondiale del Malato, il prossimo 11 febbraio 2009.
Il sussidio, elaborato con la piena collaborazione dell’Istituto Teologico Camillianum mira a sottolineare l’importanza di un rigoroso e profondo pensiero come premessa indispensabile per un’efficace azione pastorale in questi ambiti.
Ulteriori informazioni nel sito ”Il tempo che stiamo vivendo porta alla nostra attenzione lo smarrimento, o quantomeno l’indebolimento, del significato e del valore della vita umana, e le drammatiche vicende della cronaca recente ne sono la dimostrazione eclatante – scrive nella presentazione del sussidio don Andrea Manto, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità -.
Sembra quasi che al crescere delle conoscenze per curare il corpo umano corrisponda un disinteresse sempre più ampio per il significato della vita e per la dignità della persona umana”.
D’altra parte, il disinteresse sistematico per la dignità dell’uomo e per le sue domande più caratterizzanti e profonde (il senso della vita e della morte, della sofferenza e della salvezza) è forse la principale causa di quella “emergenza educativa” che il Santo Padre Benedetto XVI ha richiamato in diversi pronunciamenti.
“Ci è sembrato opportuno, perciò, suggerire agli operatori sanitari e pastorali e alla comunità cristiana una riflessione sul legame tra i temi dell’educazione, della salute e della vita, per ribadirne la costitutiva interdipendenza e per evidenziarne la crescente fecondità pastorale” aggiunge don Manto.
Ulteriori informazioni nel sito internet www.chiesacattolica.it/sanita Documenti allegati:Messaggio del Santo Padre
Il vissuto dei ragazzini dai sette anni in poi sul web,
A raccontare i bambini nella rete, è un’indagine di Eurispes e Telefono Azzurro che verrà presentata oggi in occasione del Safer Day, la giornata per la sicurezza di Internet quest’anno dedicata ai social network.
Dati che illustrano il mondo vissuto dai ragazzini dai sette anni in poi sul web, con l’aiuto di esperti tra i quali Google, Microsoft, Facebook, E-bay. Nel dettaglio i numeri spiegano che il 33 % dei bambini tra i 7 e gli 11 anni che a casa hanno un computer parlano con gli amici via rete.
Il 24 partecipa a giochi di ruolo sul web, mentre il 56 fa videogiochi, il 49 scarica musica, film, video, il 22 legge dei blog e il 45 cerca nei vari siti materiale utile allo studio e il 78% guarda abitualmente Youtube.
A sette anni chattano in rete con amici e sconosciuti.
Non hanno ancora finito le elementari, eppure 33 bambini su cento già frequentano abitualmente Facebook, le communities e i blog.
Usano il web per giochi di ruolo, per minacciare coetanei come dei veri cyber bulli, pronti ad insultare, impaurire, escludere usando la rete.
Amicizie e incontri, violenze e soprusi corrono ormai più su internet che sul marciapiede sotto casa o ai giardini del quartiere.
Scontri e dissidi decisi con un semplice clic e passa la paura del confronto.
Perché a volte è più facile parlare e dichiararsi, deridere, accusare a chilometri di distanza, nascosti davanti ad un video che affrontare il “rivale” in carne e ossa.
Tra giochi casalinghi e sfide a portata di mouse, i giovanissimi vivono sempre di più in un mondo a parte dai genitori.
A raccontare i bambini nella rete, è un’indagine di Eurispes e Telefono Azzurro che verrà presentata oggi in occasione del Safer Day, la giornata per la sicurezza di Internet quest’anno dedicata ai social network.
Dati che illustrano il mondo vissuto dai ragazzini dai sette anni in poi sul web, con l’aiuto di esperti tra i quali Google, Microsoft, Facebook, E-bay.
E confrontando i numeri raccolti negli ultimi anni è impressionante come cresca vertiginosamente, l’universo di bambini e adolescenti che vive la sua vita di relazione soprattutto attraverso la rete.
Nel dettaglio i numeri spiegano che se nel 2005 era solo il 13 % dei bambini tra i 7 e gli 11 anni che comunicava tramite chat, ora è il 33 % di quelli che a casa hanno un computer a parlare con gli amici via rete.
Il 24 partecipa a giochi di ruolo sul web, mentre il 56 fa videogiochi, il 49 scarica musica, film, video, il 22 legge dei blog e il 45 cerca nei vari siti materiale utile allo studio e il 78% guarda abitualmente Youtube.
Non solo vita di relazione virtuale trascorsa sullo schermo tra emoticon e fotografie, ma anche piccole e grandi vendette, gelosie, ripicche e minacce su consumano tramite il computer per gli adolescenti dai 12 ai 19 anni.
Il 13,2 per cento infatti ammette di aver diffuso su internet false informazioni su coetanei, mentre l’11% ha molestano, infastidito, minacciato altri adolescenti usando il web.
E tornano alla memoria le tante le storie di questi mesi che raccontano di ragazzine ricattate da ex fidanzati pronti a mettere in rete, alla portata di tutti come una gogna mediatica, le loro foto ingenuamente osée scattate col telefonino quando le amavano ancora.
Mentre il 5 % racconta di aver diffuso messaggi foto e video minacciosi e quasi l’11 % ha utilizzato la rete per escludere volontariamente una persona dal gruppo.
E se usano Facebook soprattutto per contattare vecchi amici, e non tanto per trovarne di nuovi, gli adolescenti che subiscono molestie in rete sembrano capaci di gestirle.
Il 7,7 % ha detto di aver incrociato sul web dei molestatori ma di aver chiuso la faccenda troncando ogni rapporto, evitando di rispondere, 45%, evitando quella chat (13%) o semplicemente invitando il molestatore a non dare più fastidio.
Solo il 3% ne ha parlato con un adulto.
(10 febbraio 2009)
La vita umana è bella Anche se avvolta dal mistero della sofferenza
La vita umana è bella Anche se avvolta dal mistero della sofferenza Cari fratelli e sorelle, la Giornata Mondiale del Malato, che ricorre il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, vedrà le Comunità diocesane riunirsi con i propri Vescovi in momenti di preghiera, per riflettere e decidere iniziative di sensibilizzazione circa la realtà della sofferenza.
L’Anno Paolino, che stiamo celebrando, offre l’occasione propizia per soffermarsi a meditare con l’apostolo Paolo sul fatto che, “come abbondano le sofferenze del Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione” (2 Cor 1, 5).
Il collegamento spirituale con Lourdes richiama inoltre alla mente la materna sollecitudine della Madre di Gesù per i fratelli del suo Figlio “ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (Lumen gentium, 62).
Quest’anno la nostra attenzione si volge particolarmente ai bambini, le creature più deboli e indifese e, tra questi, ai bambini malati e sofferenti.
Ci sono piccoli esseri umani che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti, ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della medicina e l’assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute.
Ci sono bambini feriti nel corpo e nell’anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime innocenti dell’odio di insensate persone adulte.
Ci sono ragazzi “di strada”, privati del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente abietta che ne viola l’innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li segnerà per il resto della vita.
Non possiamo poi dimenticare l’incalcolabile numero dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori alla ricerca di migliori condizioni di vita.
Da tutti questi bambini si leva un silenzioso grido di dolore che interpella la nostra coscienza di uomini e di credenti.
La comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a così drammatiche situazioni, avverte l’impellente dovere di intervenire.
La Chiesa, infatti, come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, “è la famiglia di Dio nel mondo.
In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario” (25, b).
Auspico, pertanto, che anche la Giornata Mondiale del Malato offra l’opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere sempre più coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le incoraggi a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del Signore, il quale chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno” (ibid.).
La testimonianza della carità fa parte della vita stessa di ogni comunità cristiana.
E fin dall’inizio la Chiesa ha tradotto in gesti concreti i principi evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli.
Oggi, date le mutate condizioni dell’assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una più stretta collaborazione tra i professionisti della salute operanti nelle diverse istituzioni sanitarie e le comunità ecclesiali presenti sul territorio.
In questa prospettiva, si conferma in tutto il suo valore un’istituzione collegata con la Santa Sede qual è l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che celebra quest’anno i suoi 140 anni di vita.
Ma c’è di più.
Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne condivide la sofferenza spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cristiane non possono non farsi carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti dalla malattia di un figlio o di una figlia.
Sull’esempio del “Buon Samaritano” occorre che ci si chini sulle persone così duramente provate e si offra loro il sostegno di una concreta solidarietà.
In tal modo, l’accettazione e la condivisione della sofferenza si traduce in un utile supporto alle famiglie dei bambini malati, creando al loro interno un clima di serenità e di speranza, e facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli e sorelle in Cristo.
La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain (cfr.
Lc 7, 12-17) e per l’implorante preghiera di Giairo (cfr.
Lc 8, 41-56) costituiscono, tra gli altri, alcuni utili punti di riferimento per imparare a condividere i momenti di pena fisica e morale di tante famiglie provate.
Tutto ciò presuppone un amore disinteressato e generoso, riflesso e segno dell’amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili risorse di cuore e di intelligenza per essere in grado di fronteggiare adeguatamente le difficoltà della vita.
La dedizione quotidiana e l’impegno senza sosta al servizio dei bambini malati costituiscono un’eloquente testimonianza di amore per la vita umana, in particolare per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente dagli altri.
Occorre affermare infatti con vigore l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana.
Non muta, con il trascorrere dei tempi, l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza.
È a Gesù crocifisso che dobbiamo volgere il nostro sguardo: morendo in croce Egli ha voluto condividere il dolore di tutta l’umanità.
Nel suo soffrire per amore intravediamo una suprema compartecipazione alle pene dei piccoli malati e dei loro genitori.
Il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo ii, che dell’accettazione paziente della sofferenza ha offerto un esempio luminoso specialmente al tramonto della sua vita, ha scritto: “Sulla croce sta il “Redentore dell’uomo”, l’Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell’amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi” (Salvifici doloris, 31).
Desidero qui esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento alle Organizzazioni internazionali e nazionali che si prendono cura dei bambini malati, particolarmente nei Paesi poveri, e con generosità e abnegazione offrono il loro contributo per assicurare ad essi cure adeguate e amorevoli.
Rivolgo al tempo stesso un accorato appello ai responsabili delle Nazioni perché vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in favore dei bambini malati e delle loro famiglie.
Sempre, ma ancor più quando è in gioco la vita dei bambini, la Chiesa, per parte sua, si rende disponibile ad offrire la sua cordiale collaborazione nell’intento di trasformare tutta la civiltà umana in “civiltà dell’amore” (cfr.
Salvifici doloris, 30).
Concludendo, vorrei esprimere la mia vicinanza spirituale a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che soffrite di qualche malattia.
Rivolgo un affettuoso saluto a quanti vi assistono: ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le sofferenze di chi è alle prese con la malattia.
Un saluto tutto speciale è per voi, cari bambini malati e sofferenti: il Papa vi abbraccia con affetto paterno insieme con i vostri genitori e familiari, e vi assicura uno speciale ricordo nella preghiera, invitandovi a confidare nel materno aiuto dell’Immacolata Vergine Maria, che nel passato Natale abbiamo ancora una volta contemplato mentre stringe con gioia tra le braccia il Figlio di Dio fatto bambino.
Nell’invocare su di voi e su ogni malato la materna protezione della Vergine Santa, Salute degli Infermi, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 Febbraio 2009 (©L’Osservatore Romano – 8 febbraio 2009) Vanno potenziate le leggi in favore dei bambini malati e delle loro famiglie “Occorre affermare con vigore l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana”, che “è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza”.
È quanto ribadisce Benedetto XVI nell’annuale messaggio in occasione della Giornata mondiale del malato, che si celebra l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes.
Tempo di iscrizioni
La CM n.
4 del 15 gennaio 2009 fornisce istruzioni per le iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado nel prossimo anno scolastico 2009-10.
Come è noto, la scadenza per queste operazioni era stata spostata in avanti, al 28 febbraio, da una nota ministeriale del 4 dicembre scorso, quando ancora si pensava di poter avviare la riforma del secondo ciclo nel prossimo anno scolastico e quindi si concedeva una proroga per far meglio circolare le informazioni relative al nuovo secondo ciclo.
La riforma è slittata (per il secondo ciclo) ma la proroga è rimasta e si è rivelata utile anche per il primo ciclo, dove sono comunque molte le novità.
Il prossimo anno scolastico recepirà infatti i cambiamenti introdotti dalle ultime disposizioni di legge, tra cui il cosiddetto maestro unico, l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, il ridimensionamento degli organici, gli anticipi nell’iscrizione alla scuola primaria e dell’infanzia.
Proprio per questi motivi la circolare è stata oggetto di ricorsi da parte di associazioni e sindacati che contestano l’inserimento di materie non ancora formalmente definite sul piano normativo (i regolamenti sul primo ciclo e sulla rete scolastica devono ancora uscire e se ne conosce solo una versione provvisoria).
Tuttavia il Ministero ha ritenuto di poter anticipare le istruzioni necessarie, nella previsione dell’entrata in vigore dei regolamenti in tempo utile per l’avvio del nuovo anno, al quale occorre iscriversi con largo anticipo.
La scadenza delle iscrizioni è un passaggio importante anche per l’Irc, dato che il Concordato del 1984 prevede che la scelta se avvalersi o non avvalersi di questo insegnamento debba essere compiuta proprio all’atto dell’iscrizione.
L’Intesa del 1985 ha poi aggiunto che si deve intendere l’iscrizione non d’ufficio, poiché, per ovvie ragioni di continuità, la scelta operata all’inizio di un ciclo produce i suoi effetti fino al termine del corso, anche se è possibile modificarla ogni anno.
In effetti, in relazione alla scelta dell’Irc si registrano ancora irregolarità dovute alla richiesta ripetuta di operare una scelta non dovuta, alla accettazione di domande al di fuori dei termini previsti, alla contestuale scelta sull’Irc e sull’attività alternativa: tutte procedure irregolari che però, in buona o cattiva fede, le scuole continuano a praticare.
In relazione all’Irc la CM 4 contiene uno specifico paragrafo che ripete sostanzialmente le istruzioni già presenti nella circolare dell’anno precedente.
Basta rispettare scrupolosamente queste indicazioni per evitare errori o irregolarità.
Riepiloghiamo perciò quanto dice la circolare: 1. la scelta sull’Irc va fatta all’atto dell’iscrizione non d’ufficio su richiesta della scuola, utilizzando l’apposito modulo D; 2. la scelta compiuta al primo anno di ciascun ciclo può essere modificata ogni anno, entro la stessa scadenza (28 febbraio), ma su iniziativa degli interessati e non su richiesta della scuola; 3. la scelta è compiuta dai genitori nelle scuole dell’infanzia e del primo ciclo, dagli studenti (anche se minorenni) nel secondo ciclo; 4. per coloro che non si sono avvalsi dell’Irc la scelta delle attività alternative va compiuta ogni anno all’inizio delle lezioni (settembre) mediante l’apposito modulo E; 5. la scelta delle attività alternative comprende quattro opzioni (attività didattica, studio individuale assistito, studio individuale non assistito, uscita da scuola) e vale per l’intero anno.
Qualche equivoco è sorto a causa della dizione impropria usata dalla CM 4 nel paragrafo dedicato agli istituti comprensivi, dove si dice che nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di I grado l’iscrizione «è disposta d’ufficio, fatto salvo, ovviamente, il diritto di scelta delle famiglie relativamente all’Irc e al modello di tempo scuola».
È evidente la contraddizione con quanto invece disposto nello specifico paragrafo sull’Irc, dato che, se l’iscrizione è d’ufficio, non deve essere rinnovata la scelta sull’Irc.
Negli istituti comprensivi si tende a considerare d’ufficio anche il passaggio da un ordine all’altro di scuola, ma è sempre possibile cambiare istituto, nel qual caso l’iscrizione non è più d’ufficio e va ripetuta la scelta sull’Irc.
D’altra parte, chi non frequenta istituti comprensivi deve comunque effettuare tutta la procedura d’iscrizione (compresa la scelta sull’Irc) nel passaggio alla secondaria di I grado.
Quindi, ciò che rimane, pur nel quadro di una iscrizione d’ufficio, è solo la facoltà dei genitori di modificare la scelta compiuta all’inizio del ciclo primario.
Grazie Eluana
Il dibattito pubblico sulla sorte della sfortunata Eluana Englaro ha investito e grandemente coinvolto dal punto di vista emotivo i giovani del nostro Paese.
Scontro istituzionale a parte, si è trattato, e si tratta, di uno dei momenti più alti del confronto di idee, valori, visioni della vita e della morte, che si sia realizzato in Italia da decenni a questa parte, paragonabile per intensità al dibattito sviluppatosi durante il rapimento e dopo l’uccisione di Aldo Moro, ricostruito da Alfredo Vinciguerra in un indimenticato instant book del 1978 (Questo Paese non si salverà…).
E’ verosimile che l’eco di questo dibattito abbia raggiunto le aule delle scuole secondarie superiori, e noi ci auguriamo che – anche nel quadro della sperimentazione di nuovi contenuti e metodi per l’insegnamento della disciplina “Cittadinanza e Costituzione” – un numero significativo di docenti abbia ritenuto di utilizzare a fini didattici la discussione in corso.
Non, però, per sostenere la “verità” assoluta di questa o quella tesi in campo, ma per metterle tutte a confronto in modo sereno e con i necessari approfondimenti.
La lettura dei giornali di questi giorni, densi di editoriali e di interventi di notevole qualità, potrebbe fornire spunti importanti.
Se questo civile confronto, sempre rispettoso della libertà di giudizio dei discenti, potrà svilupparsi nelle nostre scuole, sarà giusto esprimere un sentimento di gratitudine per Eluana, il cui triste destino avrà fornito alla scuola italiana una grande opportunità per dare un significato moralmente elevato e pedagogicamente efficace al nuovo modo di intendere l’Educazione civica nel nostro tempo.
——————————————————————————– TuttoscuolaFOCUS lunedì 9 febbraio 2009
La riforma del primo ciclo è in dirittura di arrivo
Come garantire la qualità dell’istruzione contenendo i costi? Questa è la grande sfida della nostra scuola.
Ma tale sfida presuppone un salto di qualità non solo da parte dei docenti, ma di tutta la comunità scolastica, che deve lavorare in sintonia con enti e istituzioni del territorio per andare incontro alle reali necessità del contesto in cui opera.
Infatti da anni alla scuola viene attribuita una forte responsabilità educativa e formativa che trova la sua ragione nell’elaborazione di pratiche didattiche innovative, nonché di progetti che portino gli alunni ad essere protagonisti del proprio sapere e saper essere.
L’obiettivo della scuola e quindi di ogni docente deve essere educare istruendo, individuare cioè un senso dentro la trasmissione dei saperi e delle competenze e rispondere alle domande di una specifica comunità.
Con l’avvio della riforma e l’abolizione delle compresenze si costituirà l’organico d’istituto e sul suo utilizzo si giocherà e si svilupperà la responsabilità dei dirigenti e dei docenti nell’ambito di un’autonomia sostanziale e non formale.
L’utilizzo dell’organico d’istituto dovrà allora essere indirizzato ad obiettivi comuni e realistici, non rispondere a logiche di tipo personalistico o di una singola classe, nel rispetto comunque della libertà di educazione e di metodologie didattiche del docente.
Il Collegio docenti potrà trasformarsi così da luogo di decisioni prese altrove in un gruppo di lavoro di professionisti, tesi ad individuare obiettivi, indicatori di risultato e quindi di qualità, a monitorare, valutare e correggere la propria azione educativa rispetto alla progettazione della risposta complessiva della scuola, sentendosi parte di una comunità e avvertendo una forte responsabilità collettiva.
Da quanto detto si capisce che la vera sfida della scuola è l’autonomia che, se è effettiva, deve diventare anche creativa: tiene conto dei bisogni emergenti degli alunni, della realtà territoriale e delle risorse finanziarie disponibili.
Oltre all’assegnazione dell’organico d’istituto è auspicabile una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi con l’assegnazione alle scuole di tutte le risorse di cui hanno diritto, senza nessun vincolo di spesa predefinito, per la realizzazione compiuta dell’autonomia.
Se la riforma “Gelmini” si pone l’obiettivo non solo di razionalizzare i costi, ma anche di migliorare la qualità d’insegnamento e favorire la libertà di scelta educativa della famiglia è indispensabile responsabilizzare le scuole e i docenti ridefinendo il profilo della loro professione e operando una revisione del loro stato giuridico.
da www.ilsussidiario.net _________________ Il Regolamento sulla riforma del primo ciclo è in dirittura d’arrivo e contiene novità rilevanti soprattutto sul piano organizzativo, che tuttavia vanno ad incidere anche sul piano educativo-didattico.
Per quanto riguarda la scuola primaria, in estrema sintesi, dall’anno scolastico 2009/2010, a partire dalle classi prime, le famiglie potranno scegliere fra due modelli base di 24 o 27 ore settimanali, che prevedono un unico maestro di riferimento oppure richiedere, sulla base dell’organico assegnato alla scuola, un modello orario di 30 ore con attività facoltative o di 40 ore (tempo pieno) con conferma dell’organico del T.P.
Si prevede la soppressione del modulo a più maestri e delle compresenze, mentre l’insegnamento dell’inglese e il sostegno non subiscono variazioni.
È chiaro che tutta la partita nella primaria verrà giocata sulla dotazione organica d’istituto, assegnata a ciascuna istituzione scolastica.
Quale che sia il modello orario che sarà prospettato alle famiglie (24-27-30-…) l’organico delle classi non a tempo pieno è determinato a 27 ore.
Tale quadro, che vede in un certo senso l’abbandono di consolidate abitudini, genera nei docenti una serie di perplessità che vanno a toccare sia lo svolgimento del loro lavoro quotidiano, sia il loro rapporto contrattuale di lavoro con il timore inoltre di non rendere un servizio di qualità e soprattutto di non poter svolgere un insegnamento basato sulla personalizzazione, tanto auspicato dalla riforma Moratti.
Giovani ed internet
L’aumentato utilizzo dei social network come Facebook porterebbe con sé molte opportunità di contatto tra i ragazzi, aiutati a superare le timidezze a coltivare i propri interessi insieme agli altri.
Il tempo dedicato a fare ricerche è però sempre meno.
E sale il rischio adescamento: dal 1998 ad oggi in Italia sono stati chiusi per pedofilia 177 siti.
Il Moige lancia una campagna informativa: esperti del movimento entreranno in 50 scuole per incontrare studenti, genitori e docenti.
Sembra ridursi sempre più il tempo che i giovani dedicano ad internet per realizzare ricerche o per trovare informazioni di supporto allo studio.
In calo sarebbe anche la recente abitudine intrapresa dai ragazzi di scaricare dal web file musicali o multimediali di ogni genere.
Sale invece l’utilizzo della rete per comunicare con gli altri o per fare nuove amicizie: un fenomeno che spiega il boom dei social network come Facebook, il luogo virtuale per eccellenza dove si possono facilmente conoscere nuovi amici, ma anche chiacchiere in chat, scambiarsi confidenze, raccontare la propria vita quotidiana a tutti, otre che inserire le proprie foto.
La moda del suo utilizzo starebbe però anche ampliando le possibilità di adescamento dei minori su internet: una triste escalation di ragazzi caduti in trappole tese da individui spietati che spesso celano la loro vera identità e i loro scopi per “colpire” al momento opportuno.
I dati provengono da un’indagine condotta da Swg per il Movimento italiano genitori (Moige).
In base allo studio risulta che l’utilizzo della rete porterebbe con sé molte opportunità di contatto tra i ragazzi, aiutati a superare le timidezze a coltivare i propri interessi insieme agli altri, ma anche diversi pericoli, primo fra tutti quello dell’adescamento dei pedofili.
Per mettere in guardia ragazzi e genitori, aiutandoli a riconoscere i pericoli e a utilizzare gli strumenti di sicurezza, il Moige lancia una campagna di informazione, che ha preso il via a fine gennaio per coinvolgere 50 scuole medie inferiori in due anni: 28 nel 2009 e le altre nel 2010.
Gli esperti del movimento dei genitori entreranno nelle aule insieme agli agenti della polizia postale nelle ore di lezione, mentre al pomeriggio incontreranno genitori e docenti, che spiegare loro come utilizzare gli strumenti di controllo per la verifica e la limitazione della navigazione.
Sei genitori su dieci, infatti, secondo la ricerca, non adottano alcun sistema di controllo sul computer, nonostante il fatto di essere preoccupati: l’83% dei 600 genitori con figli compresi tra gli 11 e i 15 anni che hanno partecipato all’indagine, ammette di avere il timore di pedofili o di un uso pericoloso di internet da parte dei propri figli.
“L’avvento dei nuovi social network con Facebook e My Space potrebbe incrementare il rischio di adescamento per i nostri ragazzi”, spiega Diego Busi, direttore della divisione investigativa della polizia postale.
“La nostra campagna – sottolinea Maria Rita Munizzi, presidente del Moige – nasce proprio per questo motivo: noi adulti, genitori e insegnanti, non possiamo più permetterci di restare nell’ignoranza ma dobbiamo iniziare a conoscere internet e gli strumenti a nostra disposizione per proteggere i ragazzi, insegnare loro a utilizzarlo e assicurare loro una navigazione sicura”.
Malgrado si operi in un ambito virtuale, i pericoli sono più che reali: secondo la polizia postale dal 1998 ad oggi in Italia sono stati chiusi per pedofilia 177 siti internet.
E poco meno di altri 11mila siti internet pedofili, scoperti durante l’attività investigativa, sono stati poi segnalati dagli agenti italiani alle forze di polizia di altri Paesi.
Negli ultimi dieci anni, grazie al lavoro di controllo, sono scattati 238 arresti e 4.465 denunce.
In tutto la polizia postale italiana ha controllato oltre 293mila siti internet.
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Il Papa: «Solidale con gli ebrei»
Subito dopo, il Papa ha espresso la sua indiscutibile “solidarietà” ai fratelli ebrei ed ha detto che la shoah rimane un monito contro ogni oblio e negazionismo.
Quasi in contemporanea, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha voluto dare un’immediata risposta alla minaccia di rottura delle relazioni con il Vaticano trapelata da fonti del Rabbinato di Israele.
“Le parole del Papa, nelle diverse occasioni in cui già in passato si è espresso, e che oggi sono state pronunciate ancora una volta sul tema della Shoah – ha detto padre Lombardi – dovrebbero essere più che sufficienti per rispondere alle attese di chi esprime dubbi sulla posizione del Papa e della Chiesa cattolica sull’argomento”.
Il commento del card.
Bertone.
Sulla questione è poi tornato in serata anche il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato della Santa Sede.
“Benedetto XVI ha pronunciato questa mattina parole chiarissime”.
ha detto sottolineando che per il Papa le incomprensioni con il mondo ebraico seguite al perdono ai lefbvriani “è stato un episodio dolorosissimo”.
Secondo il card.
Bertone, a ferire in modo particolare sono state le parole le parole di David Rosen, già ambasciatore presso la Santa Sede, che aveva definito la riabilitazione del vescovo negazionista Richard Williamson una decisione grave fino al punto di contaminare tutta la Chiesa.
“Penso – ha spiegato il cardinale – che non sia giusto nè bene giudicare continuamente l’operato del Papa, e lo dico anche a un rabbino amico, David Rosen, perchè dire che Benedetto XVI ha contaminato la Chiesa è abnorme”.
Il segretario di Stato ha tenuto questa sera un discorso al Circolo di Roma sul magistero del pontificato di Benedetto XVI.
Per Bertone, anche se gravissimo l’episodio delle dichiarazioni negazioniste di Williamson a una tv svedese, invece “non deve essere enfatizzato più di quanto valga in se stesso, perchè le chiarificazioni in proposito sono state nette e precise”.
“Nel processo di riavvicinamento tra i lefebvriani e la Chiesa Cattolica – ha ricostruito Bertone – c’è stato un intralcio prodotto da questo intervento: un fatto anomalo, improvviso e inaspettato, che però non poteva fermare il processo di revoca della scomunica”.
“Benedetto XVI ha agito – ha concluso il porporato – seguendo una delle linee portanti del suo magistero, cioè quella di realizzare il più possibile la comunione e l’unità dei cristiani”.
Il Rabbinato d’Israele.
Stamane il quotidiano Jerusalem Post, citando una fonte anonima interna all’autorevole istituzione ebraica, aveva sostenuto che il Rabbinato d’Israele ritiene «difficile proseguire il dialogo con il Vaticano» qualora non vi fosse un atto di pubbliche scuse e di ritrattazione delle dichiarazioni sulla Shoah del vescovo lefebvriano Richard Williamson, coinvolto nel recente provvedimento di annullamento della scomunica contro i tradizionalisti deciso dal Papa.
E nel pomeriggio il rabbinato di Israele ha accolto le parole odierne di papa Benedetto XVI sulla Shoah come «un grande passo in avanti per la soluzione della questione» sollevata dalla recente revoca della scomunica nei confronti del vescovo lefevbriano negazionista Richard Williamson.
La dichiarazione è stata fatta all’agenzia Ansa dal direttore generale del Rabbinato Oded Wiener, secondo il quale si tratta di «una dichiarazione molto importante per noi e per il mondo intero».
Padre Lombardi: «Il dialogo continui».
«Le parole del Papa, nelle diverse occasioni in cui già in passato si è espresso, e che oggi sono state pronunciate ancora una volta sul tema della Shoah, dovrebbero essere più che sufficienti per rispondere alle attese di chi esprime dubbi sulle posizioni del Papa e della Chiesa cattolica sull’argomento».
Lo ha detto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
«Ci auguriamo – ha aggiunto – che, anche alla luce di esse, le difficoltà presentate dal Rabbinato di Israele possano essere oggetto di ulteriore e più approfondita riflessione, in dialogo con la Commissione per i rapporti con l’ebraismo del Consiglio per l’unità dei cristiani, in modo che il dialogo della Chiesa Cattolica con l’ebraismo possa continuare con frutto e serenità».
(Avvenire, 29 gennaio ’09) Il Papa ha espresso oggi, durante l’udienza, la sua indiscutibile “solidarietà” ai fratelli ebrei e ha detto che la Shoah rimane un monito contro ogni oblio e negazionismo.
Il Papa ha chiesto anche ai vescovi lefebvriani ai quali ha revocato la scomunica l’impegno a «realizzare i passi necessari» per realizzare la piena comunione con la Chiesa riconoscendo il Concilio Vaticano II.
Ratzinger ha spiegato di aver concesso “la remissione della scomunica in cui erano incorsi i quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons.
Lefebvre senza mandato pontificio”, “in adempimento” del servizio all’unità della Chiesa affermato dal Vangelo.
“Ho compiuto questo atto di paterna misericordia – ha detto – perchè ripetutamente questi presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare.
Auspico – ha aggiunto – che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II”.
Numeri e fede/4: Se Dio si cela nella teoria dei giochi
«Come fece Pascal anche il matematico valuta i pro e i contro e arriva a credere per ‘convenienza’».
Parla Marco Andreatta.
«Con Ennio De Giorgi penso che il mistero sia più una condizione necessaria che un ostacolo alla verità della religione.
Chi crede accetta con facilità l’etica scientifica».
«È di pochi giorni la notizia che un giovane, laureato in fisica nella mia facoltà, è stato ordinato diacono dal vescovo di Trento.
Sono molti i colleghi e amici che, scienziati (anzi soprattutto matematici) di professione, hanno,come me, una fede.
Anche se – ovviamente – non per tutti è una fede cristiana».
Marco Andreatta, è professore ordinario di geometria, e preside della Facoltà di Scienze all’ateneo tridentino.
Per lui, matematica e fede sono due aspetti del pensiero umano che operano in ambiti sostanzialmente separati ma che alle volte si intersecano con conseguenze molto interessanti.
Intervista al Professor Marco Andreatta, Che cosa hanno in comune? «Il matematico è forse il ragionatore razionale per antonomasia; da Galileo in poi, di ogni nuova teoria si dice che è scientifica se si basa sulla matematica e sui suoi procedimenti logico-deduttivi.
Ma questo non impedisce a un matematico né, ad esempio, di innamorarsi (attività non sempre ‘razionale’) né di provare sentimenti di solidarietà, passioni politiche, nè di credere in una religione e nei suoi dogmi di fede.
E, d’altro canto, come una donna può innamorarsi di un matematico, per il suo ‘sapere’, il suo modo di fare e di pensare, così la fede può entrare nell’ animo del matematico ».
Alcuni matematici, nel corso della storia, per spiegare il loro essere uomini di fede, hanno addotto argomentazioni provenienti dalla loro esperienza di scienziati.
«Personalmente non mi ha mai entusiasmato la prova ontologica di Anselmo (che un matematico come Cartesio sintetizza affermando che ‘l’esistenza di Dio è compresa nella sua essenza’ e che il logico-matematico Kurt Gödel ha formalizzato nel secolo scorso).
Mi ha sempre colpito invece l’argomento di Pascal, riconducibile a quella che oggi si definisce ‘teoria dei giochi’: dopo un’accurata analisi dei pro e dei contro, il filosofo-matematico francese (inventore del calcolo delle probabilità) sostiene che la scelta di credere in Dio e in una vita eterna sia più ’conveniente’.
Non ho mai dato troppo peso all’aspetto utilitaristico, ma ho sempre pensato che sotto questo ragionamento razionale ci fosse la speranza che la fatica terrena avrà, per i più sfortunati e per gli ultimi, un senso superiore».
Per alcuni, accettare il mistero è la via migliore per arrivare a un approdo.
«Tra i tanti punti di vista, il mio preferito è sicuramente quello del matematico italiano Ennio De Giorgi, così espresso in un importante intervento sull’Osservatore Romano del 18 novembre 1978: ‘operando come matematico mi sono forzato ad ammettere che: non solo le cose che esistono sono, come è ovvio, più di quelle che conosco, ma per poter parlare delle cose conosciute sono costretto a fare riferimento a cose sconosciute ed umanamente inconoscibili; …perciò il fatto che la religione preveda il mistero appare (al matematico) più come condizione necessaria per la sua credibilità che non come ostacolo all’accettarla’.
Ma attenzione, ammonisce più avanti De Giorgi, ‘Dio non può essere ridotto al primo ente autocomprensivo’.
Abbiamo allora la sensazione di non poter applicare categorie puramente logiche (pensiamo all’umiltà di ascolto, al ‘beati i puri di cuore’…)».
Nella sua vita c’è un evento che l’ha spinto a credere? «Ho un ricordo personale, forse semplice, ma per me di intenso significato: a sette anni frequentavo la catechesi per la prima comunione, insegnata da un giovane e brillante sacerdote, don Giampaolo.
Disegnò sulla lavagna non il solito triangolo con l’occhio al centro ma un magnifico cerchio e disse: così come capite che il cerchio non ha un punto di inizio e uno di fine, così potete anche capire che Dio è tutto, è inizio e fine al tempo stesso.
Ho sempre pensato che questa lezione sia tra le cose che mi hanno spinto da grande ad occuparmi di quella parte della matematica che è la geometria».
Qui abbiamo il caso della fede che spinge verso la matematica.
«Penso che anche in questo caso De Giorgi avesse ragione quando affermava ‘che è più facile per chi crede accettare il principio fondamentale dell’etica scientifica, cioè la ricerca appassionata della verità’, e quindi accettare mutamenti culturali in questa direzione.
Con l’attenzione a tenere ben chiari i vincoli del ragionamento scientifico, perché, citando Galileo, ‘non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi come ogni effetto di natura’.
Lo scienziato ha obblighi-vincoli rigorosi nel ragionare: gli derivano dal comportamento della natura dal quale non può prescindere; la mela cade dall’albero, non vola in alto.
Richard.
Feynman, illustre fisico teorico, diceva che una cosa è pensare e discutere di un angelo custode, che ognuno può immaginare un po’ come vuole; altra cosa è pensare ad esempio al campo elettrico, che è soggetto a talmente tante specifiche…».
Oggi si può ancora dire che la matematica è l’anima delle scienze e che da essa dipende in gran parte il futuro dell’umanità? «Certo.
Si pensi ad esempio alla possibilità di controllare gli eventi provocati dai cambiamenti climatici e ai sofisticati modelli matematici necessari per questo, la matematica delle singolarità e del caos.
Proprio la centralità del futuro dell’uomo come argomento di fondo della ricerca matematica dovrebbe portare il credente a interessarsi della matematica, perché questa disciplina fornisce buona parte delle regole interne a tutta la ricerca scientifica.
Indubbiamente il vorticoso sviluppo tecnologico, più che la scienza stessa, ha in questi anni fatto nascere un’enorme quantità di questioni.
Nel mio campo basti pensare ai formidabili e irrisolti problemi legati alla complessità matematica intrinseca nelle nuove tecnologie: dalla biologia alla rete mondiale dell’informazione, tutti oggi chiedono alla matematica paradigmi e strumenti concettuali nuovi ed efficienti per poter gestire, condividere e sviluppare le nuove scoperte.
Anche per questo la matematica odierna è una scienza ricchissima di nuovi sviluppi e molti pensano che i prossimi anni saranno prodigiosi in questo campo.
Problemi in ambiti diversi vengono posti all’umanità dalle nuove tecnologie: sono quelli riguardanti la libertà e la responsabilità: questioni inedite, che anche la Chiesa, con ragione, solleva, e sulle quali è possibile e auspicabile un dialogo aperto e costruttivo, dato che, citiamo ancora Galileo, ’due verità non possono mai contrariarsi’.
Spero che la fede possa condividere con la scienza la fiducia nelle capacità razionali dell’uomo sulle quali, in buona parte, si fondano le nostre speranze di pace e di progresso».
Luigi Dell’Aglio