I dati Ocse sul sistema di istruzione italiano e le prove Invalsi per l’esame di licenza media di questi giorni mettono in evidenza una situazione tipicamente nostrana: docenti e studenti non sono ancora abituati all’uso delle prove oggettive per valutare i livelli di competenza raggiunti.
Anche se le prove di ieri per l’esame di licenza, a quanto sembra, sono andate complessivamente bene, resta il dato di fondo che l’uso delle prove oggettive di rilevazione delle competenze, a differenza di quanto avviene da tempo nella maggior parte degli altri Paesi, non fa parte delle abitudini di casa nostra.
E la non dimestichezza con l’uso delle prove strutturate finisce anche per limitare il miglior conseguimento degli esiti finali delle prove stesse.
Il ministro Gelmini, nell’annunciare la sua intenzione di estendere l’idea della prova scritta nazionale anche all’esame di Stato, ha aggiunto che questo può servire a rendere usuale e familiare l’impiego delle prove oggettive, utilizzate in modo generalizzato nei Paesi dell’Ocse.
In effetti, in vista della prova nazionale, le scuole tendono a prepararsi seguendo le prove degli anni precedenti, conseguendo, in tal modo, una familiarità con quello strumento di accertamento.
Va ricordato, comunque, che le rilevazioni degli apprendimenti (quest’anno, oltre alla prova nazionale l’Invalsi ha messo in campo anche la rilevazione degli apprendimenti per le classi seconde e quarte della scuola primaria) hanno soprattutto due altre finalità dirette: conoscere i livelli complessivi di competenza della popolazione scolastica del Paese e offire uno strumento di analisi e di autovalutazione per le singole scuole.
Nel primo caso si può avere una conoscenza scientificamente corretta del “prodotto” del sistema di istruzione; nel secondo caso, con la restituzione degli esiti delle prove, si offre l’opportunità a ciascuna scuola di analizzare la propria situazione e di autovalutarsi, con la possibilità, quindi, di migliorare la propria offerta formativa e di ricercare strategie di apprendimento più efficaci.
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La rivoluzione Gelmini del sistema di istruzione
L’approvazione dello schema di regolamento per la riforma dei licei consegna al sistema nazionale di istruzione sei licei, riordinati completamente nei piani di studio, negli orari e nella struttura.
I licei nuovi in assoluto sono il musicale-coreutico e il linguistico.
Nei commenti delle prime ore è stato ritenuto nuovo liceo quello delle scienze umane, ma non è proprio così, perché l’ex-liceo socio pedagogico cambia nome, come l’aveva già cambiato in va sperimentale quando era istituto magistrale.
La vera novità nel sistema statale è il linguistico, assente completamente dall’attuale “vecchio” ordinamento.
Il linguistico aveva fatto la sua apparizione per la prima volta nell’ambito di istituti non statali e aveva poi trovato accoglienza in istituti statali soltanto in via sperimentale, ad esempio, all’interno degli ex-istituti magistrali che, dopo la loro cessazione nel 2001 si erano ristrutturati in diversi rami sperimentali (liceo socio-pedagogico, scienze sociali, linguistico, ecc.).
Dal 2010-11, all’avvio della riforma della secondaria superiore, avranno finalmente piena legittimazione ordinamentale con significativa presenza anche nelle scuole statali.
Per il musicale-coreutico, invece, sarà il 2010 l’anno zero con un avvio graduale che interesserà un sessantina di istituti in tutta Italia.
Tutto da scoprire.
tuttoscuola.com Gelmini: ”Quella dei licei è riforma epocale” Primi commenti all’insegna della soddisfazione da parte del ministro dell’Istruzione Mariastella, circa la riforma dei licei approvata oggi dal Consiglio dei ministri.
Per il titolare dell’Istruzione si tratta di “una riforma epocale”: non se ne faceva una dal “1923, eravamo fermi a Gentile”.
Nella consueta conferenza stampa successiva alla riunione a Palazzo Chigi, il ministro ha chiarito che la riforma partirà dal 2010, “per dare alle scuole il tempo di adeguarsi alle novità’ e per avviare un dialogo con le famiglie e un periodo di 5-6 mesi di orientamento che consenta a genitori e ragazzi di fare scelte consapevoli”.
La Gelmini ha anche chiarito come “la ratio del regolamento sta nel tentativo di coniugare la tradizione con l’innovazione privilegiando la qualità” per avere “una scuola che guardi al futuro, recuperando al meglio la tradizione ma senza essere autoreferenziale e comunque legata al mondo del lavoro”.
Il ministro ha infine ricordato che questa “è solo un’approvazione in prima lettura.
Seguirà una concertazione e una seconda lettura”.
Aprea e Meloni: scuola più moderna, rispettando la tradizione “Il Ministro Gelmini con l’approvazione della riforma dei licei dà il via alle innovazioni più significative emerse dal dibattito politico istituzionale degli ultimi anni, attraverso un calendario certo di attuazione”.
E’ la valutazione del presidente della Commissione Cultura della Camera, Valentina Aprea (Pdl), a cui giudizio “le scuole avranno così la possibilità di inaugurare una nuova stagione di opportunità di studio e di formazione degli studenti potendo contare su piani di studio più moderni ed europei, valorizzando le sperimentazioni più riuscite in questi anni, ma senza perdere di vista la tradizione.
Su questo punto insiste anche il ministro della gioventù, Giorgia Meloni, a cui parere la riforma Gelmini “consegna alla storia il 1968, poiché incrocia la grande tradizione scolastica italiana con gli strumenti didattici e gli obiettivi che definiscono la modernità.
Affronta la sfida educativa della nostra epoca senza accantonare quanto di buono è stato fatto negli anni precedenti, ma facendo giustizia delle molte aberrazioni che hanno affossato la scuola in Italia”.
Tra le aberrazioni la Meloni colloca le “innumerevoli sperimentazioni, figlie della cultura sessantottina, introdotte all’interno del sistema educativo a discapito di nozioni basilari per la crescita culturale e civile degli studenti italiani”.
Per il Pd, la riforma dei licei è ritorno al passato, a ”insegnamento classista” Tra le prime reazioni critiche alla riforma dei licei, giunge quello della responsabile Scuola del Partito Democratico senatrice Mariangela Bastico, che ironizza sulla “epocalità” vantata dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per il provvedimento approvato stamattina in prima lettura dal Consiglio dei Ministri.
“La ‘riforma’ Gelmini per i licei – spiega la Bastico – non è altro che un ritorno al passato e ad un’idea che credevamo superata, quella dell’insegnamento classista voluto da Gentile nel 1923 e basato solo sugli apprendimenti teorici”.
La senatrice del Pd articola il proprio giudizio, trovando “condivisibile la riduzione, per i licei come per gli istituti tecnici e professionali, della frammentazione degli indirizzi e delle specializzazioni.
Ma – continua la parlamentare – è profondamente sbagliato che questo determini la cancellazione delle buone sperimentazioni e delle innovazioni che sono state realizzate in questi anni nelle scuole e che al contrario avrebbero dovuto costituire il fondamento della riforma”.
E quindi domanda: “Ma il ministro Gelmini ha idea di quante elaborazioni e quanto lavoro di ricerca e di applicazione ci sia in queste esperienze? Come può il ministro cestinarle con tanta indifferenza?” Per la Bastico, le scelte operate dalla Gelmini sono nel segno del classismo, con la valorizzazione, come unica vera scuola di qualità, di quella liceale, a discapito de gli istituti superiori, e del risparmio a tutti i costi: “Per risparmiare, le nuove norme si applicheranno nelle prime e seconde classi, così gli studenti che salgono sul treno dell’istruzione liceale quest’anno ne dovranno scendere il prossimo, un fatto assolutamente scorretto e che infrange il patto educativo tra scuola, studenti e famiglie”.
La possibile subalternità dell’istruzione tecnica si ritrova nell’ambiguità del rapporto di questa con il liceo tecnologico.
Su tutti questi punti, l’ex viceministro del governo Prodi promette il Partito Democratico sarà in prima fila nel dibattito parlamentare e nel Paese.
Per i sindacati della scuola Scrima (Cisl): la riforma dà più certezze I sindacati confederali della scuola danno giudizi diversi sulla riforma dei licei presentata dal ministro Gelmini.
Nettamente negativo quello della Flc-Cgil, articolato quella della Uil scuola, come abbiamo già riferito, complessivamente positivo invece quello della Cisl scuola.
Per il segretario di quest’ultimo sindacato, Francesco Scrima,”la filiera liceale era quella che richiedeva interventi meno incisivi rispetto ai tecnici e professionali: è stato però fatto un lavoro di chiarezza e, nello stesso tempo, sono state elevate ad ordinamento le diverse sperimentazioni in atto”.
Le vere novità, prosegue Scrima, “sono i due licei Musicale-coreutico e delle Scienze umane ed il mantenimento del tecnologico tramite l’opzione.
Il riordino che c’è stato in questo senso fa un po’ di chiarezza e dà più certezze”.
Per la Cisl quindi “il giudizio è sufficentemente positivo, fermo restando che non condividiamo il fatto che si parta in prima e seconda: i processi devono essere graduali, bisogna partire dalla prima, altrimenti il buon lavoro fatto rischia di essere disperso”.
Su quest’ultimo punto i tre sindacati confederali hanno la stessa posizione.
Non sarà facile, per il ministro Gelmini, tener duro su una decisione – quella di applicare la riforma anche nelle classi successive alla prima – che non ha precedenti nella scuola italiana.
Flc Cgil e Uil Scuola: ”Almeno la riforma dei licei parta dalle sole classi prime” Sono queste le preoccupazioni maggiormente riprese da due dei principali sindacati della scuola, Flc Cgil e Uil scuola, che ipotizzano il rischio “caos” connesso all’idea di far partire la riforma nel 2010 sia per la prima che per la seconda classe.
Le due organizzazioni fanno gli esempi di chi si iscrive quest’anno all’istituto d’arte, e in seconda, l’anno prossimo, dovrà sostanzialmente cambiare scuola, dato che l’istituto confluirà nel liceo artistico, e di coloro che si iscrivono in percorsi sperimentali molti dei quali saranno cancellati per confluire nei sei indirizzi decisi dal Ministero.
Mimmo Pantaleo, segretario della Flc Cgil, spiega che “far partire la riforma in prima e in seconda significa costringere gli alunni di prima del 2009 a cambiare indirizzo e percorso di studi nel 2010; questo perché cambieranno molti indirizzi, percorsi e materie con la riforma”.
Anche Massimo di Menna, segretario generale della Uil Scuola invita il ministro Mariastella Gelmini a ripensarci: “L’unico motivo di questa operazione é di carattere economico: la riforma riduce materie, indirizzi e organico.
Ma per i ragazzi sarà il caos.
Ormai quasi tutti scelgono le sperimentazioni, chi parte quest’anno con un programma rischia di vederselo cambiato l’anno dopo.
Va bene la razionalizzazione delle sperimentazioni, ma é meglio partire solo con le prime”.
tuttoscuola.com Oltre al provvedimento sulla riforma dei licei e sulle classi di concorso degli insegnanti, è stato approvato anche un terzo provvedimento, relativo alla riorganizzazione dei centri territoriali permanenti e dei corsi serali.
Si tratta di uno schema di regolamento, finalizzato ad ottimizzare le risorse disponibili, ad assicurare una maggiore qualità del servizio per innalzare i livelli di istruzione della popolazione adulta, potenziarne le competenze, favorire l’inclusione sociale, anche degli immigrati, e contribuire al recupero della dispersione scolastica dei giovani con più di 16 anni che non hanno assolto l’obbligo di istruzione.
tuttoscuola.com Assieme al provvedimento sulla riforma dei licei il Consiglio dei ministri ha approvato anche il regolamento che rivede le classi di concorso degli insegnanti.
Il provvedimento non era all’ordine del giorno, ma fonti ministeriali spiegano che è stato portato fuori sacco al Consiglio di oggi perché la prossima settimana non ci sarà il Cdm.
“Un regolamento – ha spiegato il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini – improntato a criteri di flessibilità e che consentirà anche un risparmio”.
L’amministrazione scolastica aveva già da tempo previsto di razionalizzare le classi di concorso, e il provvedimento si è reso urgente perché direttamente collegato alla riforma del sistema scolastico che la Gelmini sta mettendo in atto, soprattutto alla riforma dei licei dove si passa da 400 sperimentazioni a 6 indirizzi.
Per effetto del provvedimento, alcune classi di concorso saranno soppresse, e altre accorpate.
Le fusioni riguarderanno soprattutto le discipline del settore artistico vista la confluenza degli istituti d’arte, con la riforma, nei licei artistici.
Verranno anche istituite nuove classi di concorso come quella di storia della danza o di laboratorio musicale, connesse alla nascita del liceo musicale e coreutico.
tuttoscuola.com Il governo approva la riforma dei licei Due new entry e latino obbligatorio Oltre a classico, scientifico, artistico e linguistico, ci saranno il liceo musicale e quello delle scienze umane Via libera alla riforma dei licei.
Il consiglio dei ministri ha approvato, in prima lettura, il riordino di questo ramo della scuola secondaria superiore.
Da 400 indirizzi si passa a 6 licei con 10 opzioni per gli studenti.
Due le new entry: il liceo musicale e coreutico e il liceo delle scienze umane.
Il latino sarò presente come insegnamento obbligatorio nel liceo classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane.
Il nuovo modello partirà gradualmente, coinvolgendo dall’anno scolastico 2010-2011 le prime e le seconde classi; entrerà a regime nel 2013.
Soddisfatta Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione: il tentativo ha spiegato, è quello di «coniugare la tradizione con l’innovazione privilegiando la qualità».
«È una riforma epocale – ha aggiunto la Gelmini – che modifica un impianto che risale alla legge Gentile del ’23» SEI LICEI – La riforma spazza via gli attuali 396 indirizzi sperimentali, i 51 progetti assistiti dal ministero e le tantissime sperimentazioni attivate e propone sei licei: il liceo artistico, articolato in tre indirizzi (arti figurative, architettura-design-ambiente, audiovisivo-multimedia-scenografia); il liceo classico (sarà introdotto l’insegnamento di una lingua straniera per l’intero quinquennio); il liceo scientifico (oltre al normale indirizzo le scuole potranno attivare l’opzione scientifico-tecnologica, dove salta il latino); il liceo linguistico (tre lingue straniere, dalla terza liceo un insegnamento non linguistico sarà impartito in lingua straniera e dalla quarta liceo un secondo insegnamento sarà impartito in lingua straniera); il liceo musicale e coreutico, articolato appunto nelle due sezioni musicale e coreutica (inizialmente saranno istituite 40 sezioni musicali e 10 coreutiche); infine, il liceo delle scienze umane che sostituisce il liceo sociopsicopedagogico portando a regime le sperimentazioni avviate negli anni scorsi (le scuole potranno attivare un’opzione sezione economico-sociale, dove non è previsto lo studio del latino).
IL LATINO – Il latino è presente come insegnamento obbligatorio nel liceo classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane e come opzione negli altri licei.
È previsto un incremento orario della matematica, della fisica e delle scienze «per irrobustire – spiega il ministero – la componente scientifica nella preparazione liceale» degli studenti (gli insegnamenti di fisica e scienze possono essere attivati dalle istituzioni scolastiche anche nel biennio del liceo classico).
C’è un potenziamento delle lingue straniere con la presenza obbligatoria dell’insegnamento di una lingua straniera nei cinque anni ed eventualmente di una seconda lingua straniera usando la quota di autonomia.
Le discipline giuridiche ed economiche si studieranno sia nel liceo scientifico (opzione tecnologica), sia nel liceo delle scienze sociali (opzione economico-sociale) mentre negli altri licei potranno essere introdotte attraverso la quota di autonomia.
Infine, «per essere al passo con l’Europa», è previsto l’insegnamento, nel quinto anno, di una disciplina non linguistica in lingua straniera.
Tutti i licei prevedranno 27 ore settimanali nel primo biennio e 30 nel secondo biennio e nel 5ø anno, ad eccezione del classico (31 ore negli ultimi tre anni), dell’artistico (massimo 35), musicale e coreutico (32).
Corriere della sera 12 giugno 200 La Gelmini ridisegna i licei Meno ore e meno indirizzi Per poter tagliare il numero dei professori le sperimentazioni verranno ridimensionate.
Al biennio solo 27 ore settimanali, alle medie se ne fanno 30 di Salvo Intravaia Ecco i nuovi licei.
Questa mattina il Consiglio dei ministri ha approvato, in prima lettura, il Regolamento che ridisegna “l’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei”.
Meno ore di lezione per buona parte degli studenti, meno indirizzi e qualche novità all’orizzonte.
Ma quella più interessante riguarda senz’altro l’entrata in vigore della riforma che partirà dal 2010/2011con le prime e le seconde classi.
E varrà quindi anche per coloro che hanno scelto quest’anno come proseguire gli studi dopo la secondaria di primo grado.
In sostanza, i 500 mila ragazzini che si accingono quest’anno a sostenere gli esami di terza media frequenteranno a settembre il primo anno della scuola superiore secondo il vecchio sistema (licei e relative sperimentazioni, ma anche istituti tecnici e professionali vecchio stile) per ritrovarsi l’anno successivo con orari, materie e organizzazione nuovi.
I nuovi licei saranno sei: classico, scientifico, delle scienze umane, artistico, linguistico, musicale e coreutico.
Gli ultimi due rappresentano per la scuola statale delle autentiche new entry.
Saranno tre gli indirizzi per il liceo artistico, due le opzioni per il liceo scientifico e per il liceo delle scienze umane.
In tutto tra, indirizzi e opzioni, i ragazzini della terza media potranno scegliere tra 10 differenti “strade”.
Tutte le sperimentazioni del liceo classico e scientifico (oltre 400 tra sperimentazioni e progetti assistiti) subiranno un calo di ore, a volte drastico.
Un effetto che colpirà la maggior parte degli studenti, visto che i corsi sperimentali oggi sono i più gettonati.
Per avere un’idea del calo dell’offerta formativa basta spendere qualche cifra.
Del resto, che si tratti di un provvedimento volto al taglio di un consistente numero di cattedre non è un segreto.
I nuovi licei sono ispirati “a una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, recita l’articolo 1 del provvedimento.
Oggi, il 70 per cento dei ragazzi iscritti al liceo classico e il 60 per cento di quelli in forza allo scientifico seguono un corso sperimentale.
La sperimentazione più seguita al classico è quella in Lingua straniera che da 4.983 ore di studio nei cinque anni passerà a 4.851.
Stesso discorso per il Piano nazionale informatica (ad indirizzo matematico) dallo scientifico: 5.049 ore contro le 4.752 della riforma Gelmini.
Per contro i corsi di ordinamento, frequentati da una minoranza di studenti, vedranno incrementate le ore di lezione.
Tutti i licei, eccetto l’artistico e il musicale, prevedono 27 ore settimanali al biennio.
Meno, cioè, che in terza media, dove si studia per 30 ore settimanali.
Al triennio le ore aumentano: 30 allo scientifico, al liceo delle scienze umane e al linguistico, 31 al classico.
Meno Latino, rispetto ai corsi di ordinamento, e più Matematica allo scientifico che perde anche alcune ora di Lingua straniera.
Più Matematica e Lingua straniera al classico.
Le scuole potranno modificare il piano di studi ministeriale, ritagliando al massimo il 20 per cento del monte ore annuo al biennio e all’ultimo anno e per il 30 per cento nel secondo biennio.
Ma nessuna disciplina potrà subire un taglio di ore superiore al 30 per cento.
Inoltre, le scuole potranno attivare insegnamenti opzionali ma soltanto nei limiti di organico assegnato dal ministero.
Insomma: autonomia sì ma nei limiti delle risorse disponibili.
Tra gli insegnamenti opzionali figurano Diritto ed economia, Informatica, Storia dell’arte, Latino, Greco, Musica e Legislazione sociale, Psicologia, Pedagogia.
All’ultimo anno è anche previsto l’insegnamento di una disciplina in lingua straniera.
Novità in vista anche per gli organismi che governano la scuola.
Il collegio dei docenti potrà essere articolato in Dipartimenti alla progettazione formativa.
Gli istituti costituiranno un Comitato tecnico-scientifico in cui saranno presenti esperti esterni del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca e dell’università.
Repubblica (12 giugno 2009) Un anno fa, quando con le prime dichiarazioni il neo-ministro Gelmini lasciava intendere che il suo sarebbe stato un incarico di messa a punto dell’esistente, quasi in continuità con il metodo “cacciavite” del suo predecessore per l’assestamento del sistema, nulla faceva certamente presagire che vi sarebbe stata invece quasi una rivoluzione del sistema di istruzione.
Si tratta di un cambiamento sostanziale che si può sintetizzare in un numero: nove.
Nove sono infatti i regolamenti di riordino del sistema che il Consiglio dei Ministri, con quelli di ieri, ha messo in cantiere su proposta del ministro Gelmini in qeusti mesi.
Due regolamenti, approvati in via definitiva e firmati dal Capo dello Stato, sono al vaglio della Corte dei Conti per la registrazione finale e la successiva pubblicazione in Gazzetta ufficiale: sono quello del riordino del primo ciclo e l’altro della rete scolastica.
Due altri regolamenti sono stati approvati definitivamente dal Consiglio dei ministri e attendono la firma del Capo dello Stato, la registrazione della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta: sono il regolamento sulla valutazione degli alunni e quello sugli organici del personale Ata.
Altri due regolamenti,varati due settimane fa, (istruzione tecnica e istruzione professionale) sono stati approvati soltanto in prima lettura dal Consiglio dei ministri e devono percorrere l’intera procedura consultiva che richiederà diversi mesi.
Analogamente, i tre schemi di regolamento approvati ieri (nuovi licei, revisione delle classi di concorso ed istruzione degli adulti) cominciano ora il loro non breve percorso consultivo.
Nessuno regolamento, come si vede, ha concluso l’intera procedura di approvazione con la definitiva entrata in vigore, ma tutti sono stati approvati entro i dodici mesi di tempo richiesti dall’articolo 64 decreto legge 112 del 25 giugno 2008.
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la riforma dei licei
Dopo il varo dei due regolamenti sull’istruzione tecnica e professionale, approvati in prima lettura dal Consiglio dei Ministri a fine maggio, è oggi la volta del regolamento dei licei, che completa il progetto di riforma della scuola secondaria superiore.
Prima dell’approvazione finale saranno necessari i pareri della Conferenza unificata, delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato.
Dopo il ritorno al Consiglio dei ministri per l’ok definitivo, occorreranno ancora la firma del Capo dello Stato, la registrazione alla Corte dei Conti e, infine, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, attesa per l’inizio dell’autunno.
Se i tempi saranno rispettati, gli ultimi mesi dell’anno serviranno per informare le famiglie in vita delle iscrizioni scolastiche per il 2010-2011.
L’avvio della riforma, salvo imprevisti, è per il 1° settembre 2010.
I licei saranno sei e faranno piazza pulita di quasi 500 indirizzi e sperimentazioni attualmente esistenti.
Le ultime bozze del provvedimento prevedono 27 ore settimanali per il biennio iniziale e 31 (in media) per il triennio successivo.
Tra le novità dell’ultima ora il liceo scientifico ad indirizzo tecnologico, senza il latino, come opzione del liceo scientifico ordinario, e il liceo economico-sociale, sempre senza il latino, come opzione del liceo delle scienze umane.
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«Fare mondi»
I lavori artistici provengono da circa settanta nazioni e si avvalgono di tutti i linguaggi: installazioni, video e film, sculture, pittura e disegno, performance.
Nelle intenzioni della mostra c’è quest’anno la volontà di creare “nuove realtà artistiche” e questo serve a spiegare in parte l’enfasi data al processo creativo e all’opera nel suo divenire.
Molti artisti appartengono a differenti generazioni.
Tra loro sono stati riproposti personaggi come André Cadere, Öyvind Fahlström, Gordon Matta-Clark, Yoko Ono, Blinky Palermo e Lygia Pape.
In qualche modo alcuni di loro difendono ancora la propria avanguardia.
Come nel caso eclatante delle sale di specchi in cornici barocche con cui Michelangelo Pistoletto ha rinnovato il violento impatto visivo del suo debutto giovanile.
Molte delle presenze citate dimostrano quanto sia necessario il confronto tra generazioni e quanto, per gli artisti più giovani, sia utile riflettere sulle radici della propria ricerca.
Secondo i comunicati stampa, la cinquantatreesima edizione si avvarrebbe di importanti miglioramenti “strutturali” che riguardano i siti sparsi tra i padiglioni delle varie nazioni ai Giardini, all’Arsenale e in giro per Venezia.
Ma la tentazione del mugugno per quanto riguarda il Padiglione Italia, trasferito all’interno dell’Arsenale dalla sua sede storica situata al centro dei Giardini, appare motivata.
Il Padiglione Italia è stato ricreato in periferia.
Per raggiungerlo bisogna conquistarsi un moto-taxi perché, come si sa, la struttura dell’Arsenale è di 14.000 metri quadrati, faticosissima da percorrere.
Certo, se si riesce a visitarlo a mente fresca e gambe riposate, l’impatto può essere emozionante.
Un po’ come ritrovarsi all’improvviso tra le quinte di un grande teatro o sul set di un regista pazzo che stia giocando tutte le proprie carte in un film senza copione e senza attori.
Come riferisce il presidente della Biennale Paolo Baratta: “Fino a pochi mesi fa l’edificio chiamato Padiglione Italia altro non era che un grande contenitore che la Biennale restituiva vuoto al termine di ogni mostra.
Grazie a un accordo col Comune di Venezia la Biennale ha acquisito in concessione l’edificio con parte dei giardini e ne potrà così disporre continuativamente.
Per la prima volta la Biennale ha finalmente una sede dove poter sviluppare le attività permanenti al lato dei festival e delle grandi mostre”.
La nuova destinazione dell’ex Padiglione Italia, avrà motivazioni rispettabili, ma la domanda resta: gli spazi ai Giardini sono o non sono da considerarsi privilegiati? Come sanno bene i visitatori abituali della kermesse, alla Biennale i luoghi da visitare non sono soltanto ai Giardini o all’Arsenale, ma anche in molti altri spazi in giro per tutta Venezia.
Da Palazzo Grassi al Guggenheim, alla Fondazione Bevilacqua La Masa, dove quest’anno si è rivista Rebecca Horn con una suggestiva e metafisica installazione intitolata Fata Morgana, o persino al Caffè Florian, riarredato dalle eleganti opere di Marco Tirelli.
Dopo aver visitato installazioni e video, chilometri di quadri e sculture monumentali (come l’omaggio a Pietro Cascella) opere dissacranti di artisti che rimestano nel torbido per esorcizzare i propri fantasmi, viene spontaneo chiedersi quale potrebbe essere il comune denominatore di questa Biennale.
Sembra quasi che in ogni parte del mondo l’artista più che “fare”, abbia vissuto il mutamento in atto.
Il divenire delle cose “nel fare mondi” appare in pochi, preziosi istanti della metamorfosi.
Non tutti sono consapevoli che si sta tornando a un tempo che vive l’inganno e il disinganno in cui sinonimi del “mondo” sono la fantasia e il nulla.
Si sta tornando all’epoca delle “vanità”, alla consapevolezza di quanto illusoria sia la cosa dipinta.
Forse non è un caso che i temi rappresentati dall’estetica barocca in cui la figurazione della morte è sempre presente nelle vanitates, siano più o meno consapevolmente rappresentati nei linguaggi artistici, in varie parti del mondo.
Forse questo particolare sentimento dell’arte nasce dall’incertezza di tutte le cose, dall’instabilità del reale, dalla relatività dei rapporti.
E pare singolare che il tema svolto con diligenza da tanti artisti diversi sia così pieno di sfumature contrastanti, di dialettiche cariche di luci e ombre, che accolgono in sé il senso della trasformazione.
Ciò che appare più evidente nell’arte di oggi è quella forza che tende a frantumare le forme, al di là dei limiti del tempo e dello spazio, in attesa di ricomporle, con furore, in un nuovo significato.
Quanti esempi si possono fare per questa sorta di “post barocco”? A cominciare dal Palazzo delle Esposizioni con l’installazione di Nathalie Djurberg, The experiment, in cui lo spettatore attraversa una vegetazione mostruosa che introduce alla visione di un video inutilmente provocatorio e che fa scadere l’invenzione gioiosa dell’installazione.
Per non parlare di quella sorta di “vita e passione di Cristo” rivisitata e corretta da colori ammiccanti e violenti che sanno impastare velleità e false buone intenzioni con una spiritualità d’accatto.
Ciò nonostante tra un padiglione e l’altro risaltano alcuni nomi attraverso la forte presenza delle loro opere, come Tomas Saraceno che con Galaxy forming along filaments “crea mondi” graffiati nell’aria, in assoluto contrasto con la pittura dello spagnolo Miquel Barceló, che in una mostra antologica presenta opere materiche dal forte impatto espressionista, sempre oscillante tra una volontà di astrazione – come quelle sul tema del mare – e la tentazione di immagini figurative, come il ciclo legato all’Africa.
Più elegante e raffinata appare la presenza dell’olandese Fiona Tan, che con il video A lapse of memory propone immagini che alludono ai resoconti di Marco Polo assieme a ritratti fissati sullo schermo del video, come foto incorniciate, che a distanza di tempo si muovono impercettibilmente, creando nello spettatore un effetto di spaesamento.
Altrettanto forte la presenza di Grazia Toderi, che proietta su schermi giganti stralunati notturni di città che sembrano in attesa dell’Apocalisse.
Apocalisse di cui si può avere un assaggio durante i primi giorni della Biennale, in cui Venezia è ostaggio del frenetico rincorrersi degli eventi mondani.
La speranza torna quando si incontra un artista come Gerry Fox che ci regala un’emozione visitando Palazzo Donà delle Rose.
Nell’atrio buio del palazzo si assiste a una multivisione proiettata su sei schermi giganti.
Il titolo Venice in Venice preannuncia una sequenza di luoghi e situazioni contrastanti.
In soli otto minuti veniamo circondati da maschere di carnevale, dai superbi personaggi del ballo del Doge, dallo splendore sontuoso della regata storica, dalle immagini familiari dei divi del festival del cinema, dal popolo dei mercati della frutta e del pesce a Rialto, dall’alternarsi delle maree che impongono ai veneziani di muoversi al rallentatore con le gambe nell’acqua.
Tre anni ci sono voluti per realizzare questo filmato che ci mostra l’illusorietà del tempo, dando allo spettatore la percezione della morte nella massima pienezza della vita.
Forse non è un caso che Gerry Fox non è solo un artista ma è soprattutto un regista che conosce gli umili segreti del proprio mestiere.
Qualcuno ha detto che l’arte del nostro tempo è contaminata dai nonsense e dal gusto del gioco e del divertimento, ma forse basterebbe fermarsi un po’ più a lungo di fronte all’opera per scoprire cosa nasconda quest’apparente fiera delle vanità.
(©L’Osservatore Romano – 10 giugno 2009) Una Biennale di Venezia finalmente pensata dalla parte degli artisti, perché un’opera deve considerarsi qualcosa di più di un oggetto mercificabile.
A idearla è stato Daniel Birnbaum, uno dei più giovani e preparati curatori oggi sulla piazza.
Nato nel 1963 a Stoccolma, Birnbaum è, dal 2001, rettore dell’Accademia di Francoforte sul Meno in cui riesce a conciliare l’insegnamento dell’arte contemporanea con la sperimentazione e la ricerca di aspiranti artisti.
Secondo Birnbaum l’opera può essere vista come un modo di “costruire un mondo”.
Il titolo a cui i novanta artisti invitati si sono ispirati per costruire le proprie opere è infatti, non a caso, “Fare mondi/Making wolds”.
Alla ri-scoperta della didattica laboratoriale
Il perché di un viaggio: ri-scoprire i laboratori La didattica laboratoriale in ogni ordine di scuola, soprattutto in quella primaria, potrebbe a prima vista apparire come un dato scontato, un punto fermo ed inamovibile della vita scolastica quotidiana.
Tuttavia, a livello nazionale, colpiscono i continui richiami al “Laboratorium” presenti nei documenti della Riforma Moratti, ma anche nelle nuove Indicazioni per il curricolo Se la laboratorialità rappresenta una dimensione strategica della didattica, come si possono spiegare i molti richiami al suo valore ed alla sua applicazione? siamo di fronte… – ad un “evergreen”, cioè ad una modalità didattica sempre attuale? – ad un “revival” di esperienze passate (forse un po’ nostalgico)? – ad un qualcosa di cui non è mai stata sperimentata a pieno l’efficacia ? – ad un valore aggiunto (per efficacia, coerenza con le esigenze di apprendimento degli alunni..) nella didattica? A livello invece maggiormente “locale”, può capitare che un intero Collegio di settore (scuola primaria) si interroghi alla ricerca di linee comuni di azione, di chiarimenti circa dubbi ben circostanziati e didatticamente fondati (es.
modalità di valutazione nei laboratori, modalità di attuazione dei LARSA…) afferenti alla didattica laboratoriale.
Da tutto questo è scaturita una ricerca-azione supportata dalla figura della Funzione strumentale al POF e all’Autovalutazione di Istituto che, analizzata la situazione, ha individuato alcuni possibili obiettivi dell’attività di ricerca stessa: – creare una raccolta ragionata, ordinata e completa di tutti i laboratori attivati nell’Istituto, in vista di una socializzazione e di un confronto sulle esperienze svolte nei diversi plessi (fase della ricerca).
Non sempre tutti i docenti sono al corrente di quanto viene svolto begli altri plessi scolastici, soprattutto nel caso (quale il nostro) di istituzioni scolastiche che operano su un territorio piuttosto esteso e comprendono quindi diverse realtà al suo interno; – creare un’occasione per riflettere sui laboratori, facendo emergere le ricchezze presenti nell’Istituto e le domande irrisolte, dal punto di vista sia pedagogico che didattico (fase dell’azione).
Per la consultazione dell’intero contributo vedi gli allegati
Per la valutazione degli alunni
Lo scorso 28 maggio 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, insieme ai Regolamenti per la nuova Istruzione tecnica e professionale (in prima lettura), l’atteso Regolamento sulla valutazione degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado.
In attesa che il Regolamento venga promulgato dal Capo dello Stato, registrato dalla Corte dei Conti e infine pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Tuttoscuola ha redatto una Guida breve alla valutazione degli alunni, a beneficio di tutti gli operatori scolastici e i soggetti interessati a capire che cosa cambierà a seguito del provvedimento.
E’ bene notare che alcuni degli aspetti contenuti nel Regolamento sono già stati definiti dalla legge 169/2008 e dal decreto ministeriale n.
5/2009 e sono quindi operativi fin da subito, mentre altri per essere applicabili attendono la conclusione dell’iter del Regolamento, e ciò sta alimentando tra operatori scolastici, genitori e studenti molti dubbi.
Per chiarirli, la Guida esamina, in una forma semplice e divulgativa, le vecchie disposizioni normative in tema di valutazione e le nuove, con riferimento a tutti i gradi di scuola (primaria, secondaria di I grado e secondaria di II grado), la certificazione delle competenze e gli strumenti della valutazione.
I voti invece dei giudizi, il cinque in condotta, le nuove modalità di ammissione agli esami di terza media e di maturità, il “sei rosso” per evitare le bocciature in massa, la certificazione delle competenze e tutte le altre novità in materia di valutazione degli alunni sono ora reperibili nella Guida online pubblicata dalla nostra rivista.
Basta cliccare sul banner qui sopra.
Molte di queste novità, come i voti al posto dei giudizi, entrano in vigore già dal corrente anno scolastico 2008-2009 perché sono direttamente contenute nella legge n.
169/2008.
Altre sono state invece inserite in un regolamento di coordinamento di tutte le norme sulla valutazione, varato il 28 maggio 2009, che tuttavia non ha ancora completato il suo iter di approvazione e potrà entrare in vigore solo con il prossimo anno scolastico 2009-2010.
Tra norme già in vigore e norme di prossima attuazione si è venuto a determinare un quadro nel quale si sovrappongono il vecchio con il nuovo ordinamento, il certo con l’incerto, ciò che è rimesso all’autonomia decisionale delle scuole e degli insegnanti e ciò che non lo è.
Tutto ciò ha generato incertezza e disorientamento.
La Guida rapida di Tuttoscuola intende fare chiarezza e dare certezza del diritto agli insegnanti, alle famiglie e a chi ha interesse a conoscere il nuovo sistema di valutazione.
La Guida contiene anche alcuni suggerimenti e criteri applicativi nei casi in cui le disposizioni lasciano alle scuole potere discrezionale di intervento.
La Guida è divisa in due parti: la prima presenta gli aspetti generali delle novità argomento per argomento (i voti invece dei giudizi, l’ammissione alla classe successiva e agli esami, le nuove regole per gli esami di licenza e di maturità, la validità dell’anno scolastico, la certificazione delle competenze e altro); la seconda ripercorre le norme per livello di scuola (primaria, secondaria di I grado e secondaria di II grado), in modo da agevolare la consultazione.
Per la consultazione http://www.tuttoscuola.com/speciali/valutazione_alunni.pdf
L’Irc negli scrutini finali
Gli scrutini finali di questo anno scolastico si presentano come un gran pasticcio.
Il susseguirsi di annunci e smentite, regolamenti e circolari, ha creato un’incertezza tale che ne trarranno vantaggio solo gli avvocati per il gran numero di ricorsi che potranno promuovere.
Il regolamento della valutazione, che sarebbe dovuto uscire già da tempo, ha avuto un iter più lento del previsto e potrà entrare in vigore solo a scrutini ultimati.
Si sono quindi rese necessarie le CCMM 50 e 51 del 20-5-2009, che hanno riepilogato la normativa vigente nella fase transitoria in cui è già in vigore la legge 169/08 (che ha reintrodotto il voto numerico nel primo ciclo e ha inserito la valutazione del comportamento tra i fattori determinanti per la promozione) ma non è ancora in vigore il regolamento che doveva stabilire ulteriori modalità applicative della nuova normativa.
In questa fase di transizione, per esempio, nell’esame di primo ciclo non potrà far media il voto di idoneità con cui lo studente è ammesso all’esame, ma farà media per l’ammissione il voto di comportamento.
Sull’Irc le circolari citate tacciono nella maniera più assoluta, e questo silenzio può solo accrescere l’incertezza maturata nel corso dell’anno.
L’ultimo riferimento normativo è la CM 10 del 23-1-2009, che in maniera un po’ criptica si limitava a ricordare l’applicazione delle «specifiche norme vigenti» per l’Irc.
Il nodo è, come sempre, l’uso del voto numerico, ma si è posto da più parti anche il caso del peso complessivo che deve avere l’Irc nel determinare l’ammissione alla classe successiva o all’esame.
Nella confusione generale sono infatti venuti meno anche quei pochi punti di riferimento che finora erano dati dalle «specifiche norme vigenti».
Vediamo allora di riepilogare il quadro normativo.
La CM 50/09 ricorda come dalla legge 169/08 discenda la promozione solo in presenza di un voto non inferiore a sei decimi in ogni disciplina di studio.
Deve rientrare tra queste anche l’Irc o l’Irc non è una disciplina di studio? È chiaro che, dovendosi applicare la normativa previgente, l’Irc deve esprimersi con un giudizio che, quand’anche di insufficienza, non può essere immediatamente considerato «inferiore a sei decimi».
Ma ciò non vuol dire che l’Irc sia stato escluso dal novero delle discipline di studio o che la sua valutazione sia del tutto ininfluente in sede di scrutinio finale (anche se il fatto di non poter essere compreso nella “media” lo rende irrilevante agli occhi di molti studenti e anche di qualche insegnante).
Per capire come stanno le cose occorre distinguere tra l’insegnamento e l’insegnante: il primo è oggetto di specifiche restrizioni, il secondo fa «parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti» (Intesa, 2.7).
Se è vero che l’Irc non partecipa alla media dei voti e viene valutato mediante giudizi verbali, è tuttavia altrettanto vero che l’Idr partecipa agli scrutini periodici e finali, come ricorda anche la CM 51/09 per quanto riguarda l’ammissione all’esame di primo ciclo (assicurando peraltro un’identica posizione agli insegnanti di attività alternative, invece esclusi dal regolamento non ancora in vigore).
Vale qui il controverso testo dell’Intesa-bis del 1990, che aveva introdotto specifiche disposizioni proprio relative allo scrutinio finale, quando, «nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall’insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale».
A seguito di numerosi ricorsi amministrativi che avevano tentato di negare valore determinante al voto dell’Idr nello scrutinio finale, si è affermato un orientamento giurisprudenziale che invece riconosce all’Idr piena partecipazione alla determinazione della maggioranza deliberante, con l’unico onere di dover motivare il proprio voto nel verbale.
La prima sentenza in tal senso è del 1994 da parte del Tar di Puglia (sez.
Lecce); dieci anni dopo si è pronunciato definitivamente anche il Consiglio di Stato (sez.
VI, ord.
5822 del 3-12-2004), riconoscendo che il voto dell’Idr non può perdere la sua rilevanza ai fini della valutazione finale.
Quindi ormai è chiaro che il voto dell’Idr non va scorporato, pena l’invalidazione dello scrutinio e delle sue decisioni.
In un certo senso possiamo dire che, mentre l’Irc è diverso dalle altre materie in sede di valutazione finale, l’Idr è uguale agli altri docenti ed è pienamente determinante per l’esito dello scrutinio, a prescindere dal fatto che la sua valutazione sia espressa con un voto o un giudizio.
L’equivoco sta tutto nell’uso dei numeri al posto dei giudizi: con i numeri si possono fare operazioni che con i giudizi non sono possibili.
È stato enfatizzato a sproposito il valore della “media”, riducendo un’operazione complessa come la valutazione a un semplice calcolo aritmetico.
Ma l’esito di un anno scolastico non è il risultato di un calcolo aritmetico; è l’effetto di una decisione collegiale che precede la traduzione numerica del profitto.
L’uso dei voti favorisce questi equivoci, ma almeno gli Idr dovrebbero essere consapevoli del proprio ruolo in sede valutativa e non accettare semplificazioni improprie.
God Is Back
JOHN MICKLETHWAIT – ADRIAN WOOLDRIDGE, God Is Back: Come la rinascita globale della Fede sta cambiando il mondo, Penguin Press HC, 2009, ISBN-10: 1594202133, pp.416, $ 18,45.
Lingua: Inglese Contrariamente a quello che si riteneva in Europa, Dio non è morto, anzi sta benissimo, e anche il capitalismo sta meglio di quello che pensavamo.
Infatti, dato che sarà il mercato globale a decidere dove Dio tornerà, e soprattutto quale Dio tornerà, sarà un Dio cristiano, occidentale e americano.
Questa è, in estrema sintesi, la tesi di fondo dell’ultimo libro di John Micklethwait e Adrian Wooldridge, God Is Back: How the Global Revival of Faith Is Changing the World (Penguin Press, 2009, 416 pagine).
Già autori di vari reportage, tra cui un volume sui vari volti della destra americana, la “right nation” (tradotto da Mondadori nel 2005, La destra giusta.
Storia e geografia dell’America che si sente giusta perché è di destra), i due giornalisti di punta dell’Economist dipingono un interessante panorama della “rivincita di Dio” in corso nel mondo post-11 settembre.
Di recente alcuni libri hanno annunciato una controffensiva in difesa di Dio da parte di una generazione di neo-apologisti (tra i più recenti usciti in America: Robert Wright, The Evolution of God; Karen Armstrong, The Case for God; Nicholas Wade, The Faith Instinct) che hanno lanciato una reazione al proselitismo antireligioso e populista della triade Dawkins-Harris-Hitchens.
L’appassionante God Is Back parte da una prospettiva di geopolitica delle fedi.
Micklethwait e Wooldridge non sono avvocati della tesi dello “scontro di civiltà” interpretato dai teocon americani, ma fanno propria la lezione di Samuel Huntington circa la necessità di comprendere la dimensione religiosa della politica internazionale e di elaborare una lettura politica (ed economica) delle relazioni interreligiose nel mondo globalizzato.
La prima parte del libro dipinge due vie alternative verso la modernità: la via europea e la via americana.
Di fronte ad un’Europa laicista in cui l’ateismo pubblico è la condizione richiesta ai personaggi pubblici, la storia degli Stati Uniti rappresenta l’esatto contrario, cioè una democrazia che si regge su un pilastro religioso e trascendente, cioè sulla religione, «e non mi importa quale essa sia» (per citare le parole del presidente Eisenhower).
La maggiore differenza rispetto all’Europa è che l’America si divide sull’interpretazione della religione nello spazio pubblico, più che sull’opportunità di dare alla religione uno spazio pubblico.
Ma lo scenario è in mutamento su entrambi i lati dell’Atlantico.
Se in America, dagli anni Ottanta in poi, il cristianesimo evangelical è passato da mera lobby culturale a forza politica organizzata, secondo gli autori anche in Europa si comincerà presto a sentire l’effettorimbalzo causato da una spinta migratoria in gran parte proveniente da paesi arabi e/o a maggioranza musulmana.
Ma tra Europa e America vi è ancora un evidente “God gap”, una fondamentale differenza nella percezione del ruolo della religione in politica: questa differenza è impersonata dal tentativo di alfabetizzazione teologica del neo-cattolico Tony Blair, un tentativo finora malriuscito e incompreso da entrambe le parti dell’Atlantico (il suo corso su “fede e globalizzazione” a Yale ha sollevato critiche per l’ignoranza dell’ex premier inglese circa concetti-base della “teologia pubblica” che avrebbe dovuto insegnare).
La storia recente degli Stati Uniti è testimone del gap.
La lunga campagna elettorale per le presidenziali del 2008 si era risolta a favore di Obama anche grazie alle sua capacità di “outgodding”, cioè di articolare meglio la questione religiosa rispetto agli altri candidati: meglio sia di Hillary Clinton (che tentò di usare in modo cinico il caso del reverendo Wright), sia di John McCain (che, intervistato, non era certo di sapere a quale chiesa appartenesse).
Però la vittoria di Obama non significa la fine delle “culture wars” attorno alla questione religiosa in America: ne è testimone il caso di Sarah Palin, «la più radicata nella subcultura evangelical di qualsiasi altro candidato alla Casa Bianca» (p.
124).
Quanto a “cultural warrior”, per gli autori di God Is Back «quello con la maggiore esperienza nel campo conservatore è la Chiesa cattolica (…) il cui appetito per la battaglia culturale è aumentato in modo visibile sotto Giovanni Paolo II» (p.
347).
Ma se la lotta all’aborto sembra essere il campo di battaglia preferito dei cattolici, il nuovo evangelicalismo americano (quello del pastore Rick Warren) si è aperto alle questioni della povertà, dell’immigrazione, della solidarietà internazionale, dell’ambientalismo.
Grazie alla formidabile spinta missionaria del cristianesimo di matrice evangelicale e pentecostale in tutti i continenti, il cristianesimo è in ripresa, e gli autori riconoscono l’esistenza di diverse aree di tensione politico-religiosa sull’atlante mondiale: l’Africa centrale, India e Pakistan, la Cina.
Tuttavia è tra Europa, America e islam che si deciderà la lotta.
Per i due autori è assai più verosimile che l’Europa si avvicini al modello americano piuttosto che una secolarizzazione della politica americana.
Tuttavia, è la maggiore capacità degli americani di gestire il “God business”, il marketing di Dio, che spinge Micklethwait e Wooldridge a vedere l’America come il mercato trainante nella concorrenza tra cristianesimo e islam: «L’America contribuisce al revival religioso globale da due lati: come maggior esportatore mondiale di religione e come maggior fornitore mondiale di quel capitalismo che aumenta la domanda di religione.
Gli americani stanno esportando oppio e allo stesso tempo stimolando la domanda di oppiacei» (p.
244).
Al contrario della cultura politica europea, l’Economist non ha dimenticato né la lunga durata della “politica di Dio” né la lezione di Marx sui rapporti tra economia, politica e religione.
Tocca agli europei decidere se è ragionevole lasciare che di “religione e politica” si occupino i chierici e i manager.
Il marketing delle religioni Massimo Faggioli in “Europa” del 16 dicembre 2009
autoaggiornamento e formazione der i docenti
Ai molti lettori che lo stanno chiedendo, Tuttoscuola conferma che è stata prorogata anche a quest’anno la detraibilità dalle imposte sul reddito delle persone fisiche, delle spese sostenute dai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, a fini di autoaggiornamento e formazione.
La misura della detraibilità è del 19% fino ad un massimo di 500 euro spesi e documentati (quindi la detraibilità massima è di 95 euro).
Il riferimento normativo è quello della Legge 22 dicembre 2008, n.
203 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) – art.
2 (il cui titolo è “Proroghe fiscali, misure per l’agricoltura e per l’autotrasporto, gestioni previdenziali, risorse destinate ai rinnovi contrattuali e ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico, ammortizzatori sociali e patto di stabilità interno”).
Al comma 5 di questo articolo, si legge testualmente: “Per l’anno 2009, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, spetta una detrazione dall’imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 500 euro, per l’autoaggiornamento e per la formazione”.
I lettori di Tuttoscuola sanno che le spese di abbonamento alla rivista o al sito appartengono alla categoria oggetto della detraibilità, ma materialmente come devono fare? Lo scorso 21 aprile l’Agenzia delle Entrate, ha diffuso una Circolare con cui spiega come fare per accedere alle agevolazioni fiscali per i docenti previste dalla Finanziaria del 2008 (ed è del tutto verosimile che la procedura si applichi anche quest’anno).
Il punto 3 della Circolare si intitola “Documentazione per la richiesta della detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti” e consta di una domanda e di una risposta.
La domanda è: “Con riferimento alla detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado anche non di ruolo con incarico annuale, tenuto conto che il Caf non è in grado di sapere se una determinata spesa è finalizzata all’autoaggiornamento o alla formazione, si chiede se è possibile attribuire la detrazione previa autocertificazione del contribuente che oltre ad indicare lo status di docente dichiarerà la finalità dell’acquisto”.
La risposta è “L’articolo 1, comma 207, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, ha previsto che, per l’anno 2008, i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, possono detrarre dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, fino a capienza dell’imposta lorda, un importo pari al 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, per l’autoaggiornamento e la formazione.
La detrazione spetta fino a un importo massimo di spesa di 500 euro.
La norma non definisce il significato di autoaggiornamento e formazione.
Al riguardo, si ritiene che diano diritto alla detrazione le spese relative a beni e servizi che secondo l’accezione comune favoriscono lo sviluppo della professionalità del docente, quali libri, riviste, software didattici, corsi di aggiornamento e seminari.
La riferibilità alla professione svolta dei beni e dei servizi acquistati e la qualità di docente di ruolo o di docente con incarico annuale devono essere oggetto di dichiarazione da parte del contribuente.
Le spese sostenute devono essere documentate con fattura o ricevuta fiscale dalle quali risulti la tipologia del servizio o del bene acquistato”.
tuttoscuola.com Il riferimento normativo è quello della Legge 22 dicembre 2008, n.
203 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) – art.
2 (il cui titolo è “Proroghe fiscali, misure per l’agricoltura e per l’autotrasporto, gestioni previdenziali, risorse destinate ai rinnovi contrattuali e ai miglioramenti retributivi per il personale statale in regime di diritto pubblico, ammortizzatori sociali e patto di stabilità interno”).
Al comma 5 di questo articolo, si legge testualmente: “Per l’anno 2009, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, spetta una detrazione dall’imposta lorda e fino a capienza della stessa nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino ad un importo massimo delle stesse di 500 euro, per l’autoaggiornamento e per la formazione”.
I lettori di Tuttoscuola sanno che le spese di abbonamento alla rivista o al sito appartengono alla categoria oggetto della detraibilità, ma materialmente come devono fare? Lo scorso 21 aprile l’Agenzia delle Entrate, ha diffuso una Circolare con cui spiega come fare per accedere alle agevolazioni fiscali per i docenti previste dalla Finanziaria del 2008 (ed è del tutto verosimile che la procedura si applichi anche quest’anno).
Il punto 3 della Circolare si intitola “Documentazione per la richiesta della detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti” e consta di una domanda e di una risposta.
La domanda è: “Con riferimento alla detrazione per l’autoaggiornamento e per la formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado anche non di ruolo con incarico annuale, tenuto conto che il Caf non è in grado di sapere se una determinata spesa è finalizzata all’autoaggiornamento o alla formazione, si chiede se è possibile attribuire la detrazione previa autocertificazione del contribuente che oltre ad indicare lo status di docente dichiarerà la finalità dell’acquisto”.
La risposta è “L’articolo 1, comma 207, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, ha previsto che, per l’anno 2008, i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche non di ruolo con incarico annuale, possono detrarre dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, fino a capienza dell’imposta lorda, un importo pari al 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, per l’autoaggiornamento e la formazione.
La detrazione spetta fino a un importo massimo di spesa di 500 euro.
La norma non definisce il significato di autoaggiornamento e formazione.
Al riguardo, si ritiene che diano diritto alla detrazione le spese relative a beni e servizi che secondo l’accezione comune favoriscono lo sviluppo della professionalità del docente, quali libri, riviste, software didattici, corsi di aggiornamento e seminari.
La riferibilità alla professione svolta dei beni e dei servizi acquistati e la qualità di docente di ruolo o di docente con incarico annuale devono essere oggetto di dichiarazione da parte del contribuente.
Le spese sostenute devono essere documentate con fattura o ricevuta fiscale dalle quali risulti la tipologia del servizio o del bene acquistato”.
tuttoscuola.com
valutazione degli studenti
Alle scuole superiori la valutazione intermedia e finale degli apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe.
Nello scrutinio finale il consiglio di classe sospenderà il giudizio degli alunni che non hanno conseguito la sufficienza in una o più materie, senza decidere immediatamente la non promozione, ma comunicando i risultati conseguiti nelle altre materie.
A conclusione dei corsi di recupero per le carenze dimostrate il consiglio di classe, dopo aver accertato il recupero delle lacune formative entro la fine dello stesso anno scolastico, non oltre la data di inizio delle lezioni dell’anno successivo, formulerà il giudizio finale e l’ammissione alla classe successiva.
Secondo quanto indicato dall’ordinanza ministeriale n.
40 dell’8 aprile 2009, relativa all’anno scolastico 2008/09, per l’ammissione all’esame di Stato sarà necessaria la media del 6.
Il voto in condotta concorrerà alla formazione della media.
A partire dall’anno scolastico 2009/10 saranno ammessi all’esame di Stato tutti gli studenti che conseguiranno la sufficienza in tutte le materie e in condotta.
Saranno ammessi direttamente agli esami di Stato gli studenti che in quarta avranno conseguito almeno 8 decimi in ciascuna materia (e anche nel comportamento) e che hanno riportato una votazione non inferiore al 7 in ciascuna disciplina, 8 per la condotta, nelle classi seconda e terza.
L’educazione fisica concorre come ogni altra disciplina alla determinazione della media dei voti.
Con il Regolamento approvato oggi dal Consiglio dei Ministri il voto sul comportamento concorrerà alla determinazione dei crediti scolastici.
Il 5 in condotta sarà attribuito dal consiglio di classe per gravi violazioni dei doveri degli studenti definiti dallo Statuto delle studentesse e degli studenti, purchè prima sia stata irrogata allo studente una sanzione disciplinare.
Inoltre, l’insufficienza in condotta dovrà essere motivata con un giudizio e verbalizzata in sede di scrutinio intermedio e finale.
La valutazione del comportamento è peraltro già partita nel primo quadrimestre dell’anno scolastico in corso ed ha registrato circa 34 mila insufficienze.
Per la valutazione degli alunni con disabilità si dovrà tener conto, oltre che del comportamento, anche delle discipline e delle attività svolte sulla base del piano educativo individualizzato.
Inoltre si prevede per gli alunni disabili, come in passato, la predisposizione di prove di esame differenziate, corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonei a valutare il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.
Per gli alunni in situazione di difficoltà specifica di apprendimento debitamente certificate, infine, interviene per la prima volta una disciplina organica, con la quale si prevede che, in sede di svolgimento delle attività didattiche, siano attivate adeguate misure dispensative e compensative e che la relativa valutazione sia effettuata tenendo conto delle particolari situazioni ed esigenze personali degli alunni.
——————————————————————————– tuttoscuola.com Questa mattina il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, insieme ai Regolamenti per la nuova Istruzione tecnica e professionale (in prima lettura) anche l’atteso Regolamento sulla valutazione degli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado.
Non ci sono novità rispetto alla versione iniziale del provvedimento.
Nella scuola primaria gli alunni saranno valutati dall’insegnante unico di riferimento.
La valutazione terrà conto del livello di conoscenza e del rendimento scolastico complessivo degli alunni nelle singole materie.
La valutazione nelle singole materie sarà espressa in voti numerici, solo per l’insegnamento della religione cattolica resta la valutazione attraverso un giudizio sintetico formulato dal docente.
I docenti di sostegno parteciperanno alla valutazione di tutti gli alunni.
Nella scuola elementare gli alunni potranno essere non ammessi alla classe successiva solo in casi eccezionali e motivati.
Il voto in condotta nella scuola elementare sarà espresso attraverso un giudizio del docente o dei docenti contitolari.
Nella scuola secondaria di primo grado gli studenti saranno valutati nelle singole materie con voti numerici.
Anche a questo livello di scuola l’insegnamento della religione cattolica continuerà ad essere valutato attraverso un giudizio sintetico del docente.
Per essere ammessi all’anno successivo, comunque, sarà necessario avere almeno 6 in ogni materia, compreso il comportamento (condotta).
Anche per la ammissione all’esame di Stato di terza media gli alunni dovranno conseguire la sufficienza in tutte le materie, compreso il comportamento.
In sede d’esame finale agli alunni particolarmente meritevoli che conseguiranno il punteggio di 10 decimi potrà essere assegnata la lode dalla commissione che deciderà all’unanimità, ma questa norma entrerà in vigore solo l’anno prossimo (2009-2010), insieme a quelle riguardanti il voto d’ammissione (in decimi) e i criteri di calcolo del voto finale.