Testo Cultura e Religione: Regole1

I contributi che gli sperimentatori inviano vanno inseriti nel momento corrispondente dei tre processi di apprendimento.   L’importante è che si indichi: 1.
Domanda – se si tratta di esperienze da an alizzare e come si attivi il procedimento per far emergere la domanda religiosamente significativa; 2.
Intrpretazione – se si offre un documento disciplinare o interculturale per l’interpretazione religiosa della problematica emersa; – se si conduce la domanda al confronto con la tradizione religiosa cristiana (testi biblici, patristici, testimonianze, documenti magisteri ali, ecc.); 3.
Progetto – se si tratta di una elaborazione dei risultati raggiunti a conclusione di una attività didattica.
Chiediamo a ciascuno degli sperimentatori di inserire almeno un documento in uno dei tre momenti di queta e delle succesive  unità che verranno inserite.
MAPPA DI SVILUPPO DI CIASCUNA UNITA’ DI APPRENDIMENTO E’ LA SEGUENTE 1.
La domanda.
L’esperienza ha lo scopo di analizzare un vissuto significativo e di far sorgere da esso degli interrogativi che muovano alla ricerca di un significato, di un valore, di un progetto di vita, che lasci emergere con sufficiente chiarezza per lo studente l’interrogativo religioso in grado di legittimare la ricerca religiosa, specifica della disciplina.
2.
Interpretazione 2a.
L’interpretazione religiosa.
L’analisi di documenti religiosamente connotati permette di approfondire l’esperienza privilegiata e suggerisce indicazioni utili alla comprensione religiosa dell’esperienza che si va analizzando.
L’interpretazione religiosa dovrebbe consentire di comprendere più integralmente la stessa esperienza ed eventualmente offrire elementi significativi alla soluzione degli interrogativi da cui era mossa la ricerca stessa.
2b.
L’interpretazione religiosa cristiana.
L’incontro con il Cristianesimo è il momento caratterizzante dell’IRC.
E’ quindi naturale che vengano privilegiati nella ricerca documenti tratti dalla tradizione cristiana: consentono un’interpretazione religiosa e cristiana dell’esperienza che si sta analizzando.
3.
Il progetto 3.
Per una personalizzazione dell’apprendimento Lo studente e la classe esplicitano i risultati raggiunti: – rilevano gli apporti che la documentazione addotta ha offerto alla soluzione degli interrogativi che avevano sollecitato la ricerca; – prendono atto dell’eventuale parzialità della risposta e identificano possibili ulteriori percorsi di ricerca Ai colleghi IdR che hanno aderito alla sperimentazione “Cultura e Religione” 2009.
Nel laboratorio avviato a Pozza di Fassa si è riservata attenzione alle modalità tecniche di intervento sulla Rivista di Religione on line.
I contenuti degli interventi sono stati i più diversi, a seconda del materiale disponibile al momento.
Con questa comunicazione si vuole suggerire un quadro di interventi coerente sia con la impostazione di un’unità di apprendimento sia con la metodologia esistenziale ermeneutica che caratterizza la nostra scelta pedagogica.
Il Nucleo tematico scelto dai partecipanti è UN VOLTO PER DIO (v.
materiale in cartella pp.
12-23).
Nel materiale cartaceo fornito si trova una UA già svolta dal titolo “Alla ricerca di Dio” (pp.
13-22).

Testo Cultura e Religione: Regole2

Regole per l’inserimento dei contributi nella Rivista di Religione 1.
Registrarsi: cliccare su Iscrizione, in alto a della dell’Home page e compilare la scheda di registrazione.
2.
I nuovi registrati registrati devono comunicare il proprio Nome utente (nickname) alla redazione (rivrel@unisal.it) per ottenere l’autorizzazione all’accesso nell’amministrazione della propria area.
Chi si è registrato in precedenza, non si deve registrare di nuovo, ma può comunicare il nome utente in uso.
Chi è venuto a Pozza è già abilitato.
3.
Ottenuta l’autorizzazione all’accesso si clicca Login in alto a destra dell’Home page di RR, si scrive la propria mail e la password con cui ci si è registrati e si clicca invia, all’estremità destra in alto della Home page apparirà la scritta amministrazione.
4.
Cliccando sulla scritta amministrazione si entrerà nell’amministrazione e si troverà a sinistra la sezione Testo “Cultura e Religione” cliccandoci sopra apparirà l’intero menu cliccando su una delle voci del menu si potranno vedere gli articoli già pubblicati e riaprirli, cliccando sul titolo, per eventuali correzioni o inegrazioni.
5.
Sempre nell’amministrazione, a destra in alto, si troverà il pulsante Nuovo cliccando si aprirà la scheda del nuoivo articolo 6.
Sulla scheda del nuovo articolo: – si scriverà: il titolo, il sottotitolo, l’autore.
– si sceglierà la sezione e la voce indice nella quale andrà il nuovo articolo.
– si metterà,cliccando, il flag solo su: pubblicato, novità,  Home page di sezione.  NON home page – Cliccando sulla data 30/12/1899 apparirà il calendario del mese,   cliccare sul giorno e apparirà la data completa – Cliccare in alto Salva in modo da poter ritrovare la scheda in caso di guasti.
  Per ritrovarla mettere il titolo in alto a sinistra sul riquadro ricerca libera.
– Si sceglierà, con un flag, in Aree Associate l’area ( ipertesto, contributi degli autori, contributi degli sperimentatori)   in cui deve   andare l’articolo – Si sceglierà, con un flag, in Parole Chiave Associate Il tipo di materiale (immagine, questionario, testo, video)   che si intende inserire.
– Cliccando in Schede testo apparirà il tasto nuova che aprirà le schede per l’inserimento dei testi.
  Aprire le chede necessarie e inserire i testi.
La scheda va sempre salvata prima di aprirne altre o chiudere.    Salva e chiudi.
– Cliccando su Immagini apparirà il tasto nuova che aprirà la scheda per l’inserimento di immagini.
   Il tasto sfoglia permetterà di prendere le immagini dal proprio PC.
   Il tasto conferma le inserirà nella rivista.
Aggiunta la didascalia si salva e si chiude.
– Il procedimento per l’inserimento delle Sequenze Video è analogo a quello delle immagini:   cliccando nuova si apre la scheda e si inserisce il titolo, la descrizione, il link    il video va prima scaricato su You Tube e poi si copia il link seguendo le regole di You Tube   si carica l’immagine che lo presenta, si salva e si chiude.
– Non utilizzare: PDF da Sfogliare – Il procedimento per l’inserimento degli Allegati da scaricare :   si clicca su carica nuovo materiale   nella scheda si scrive titolo, descrizione, tipo del contributo,   si clicca sfoglia e nel proprio computer, si  sceglie il file da inserire,   si salva e trasferisce.
  Avvenuto il trasferimento di clicca sul quadrato link materiale,   attendere l’apparizione dell’elenco dei materiali,   cliccare in fondo alla lista sul proprio allegato,   apparirà la scheda completa,   salvare e chiudere.
– Non utilizzare Link ad altri articoli – Non attivato: Commenti agli articoli 7.
Quello che è stato pubblicato va sempre controllato.      Per vedere la pagina pubblicata si deve andare su     http://www.rivistadireligione.it/culturaereligione.htm    Apparirà l’Home page della sezione su cui potranno vedere     le UA del testo integrate dagli autori    Per verede il proprio contributo    cercarlo nella settore ricerca a sinistra dell’Home page:    scegliere l’unità e l’area in cui abbiamo messo il contributo    cliccare ricerca e attndere.
   Questa parte della Rivista è visibile solo a chi si collega con il link suddetto.
8.
Coloro che accedono alla sezione.
    http://www.rivistadireligione.it/culturaereligione.htm,     se sono registrati, possono pubblicare un proprio commento in fondo agli articoli.
9.
Per difficoltà e chiarimenti contattare la redazione:     rivrel@unisal.it; romio@tiscali.it.
    Tel.
3333924855.

Ricominciamo dai laboratori

Luigi Berlinguer, parlamentare europeo del Pd, ex ministro dell’Istruzione, ed ex professore.
Che ne pensa dell’analisi del professor Ricolfi? «La trovo piuttosto cupa.
Anche se il suo è un testo di grande interesse».
Non le piace questa idea di una scuola che recuperi un suo rigore? «Io credo che il vero rigore sia dato da un codice condiviso».
Che invece non c’è? «A me pare che la scuola non sia più in grado di sollecitare l’interesse dei ragazzi».
E come si recupera questo rapporto? «Intanto col porre l’accento sull’apprendere invece che sull’insegnare.
Dobbiamo, cioè, puntare a che l’allievo si interessi, studi e impari in profondità, non solo teoricamente».
Si fa presto a dirlo.
La via quale sarebbe? «Iniziare dall’esperienza.
Non dalla lezione, non dalla teoria.
Ma semmai dal laboratorio, dal fare.
Utilizzando in questo quanto di positivo può venire dalle nuove tecnologie.
Mentre qui siamo rimasti alla scuola dell’Ottocento con la cattedra e i banchi, la lezione frontale, il docente e il discente.
Allora si andava sul calesse e si comunicava gridando da una collina all’altra.
Ora ci sono i jet e si comunica via Skype.
Immutati sono rimasti solo la cattedra e i banchi».
E’ sicuro che l’esperienza generi interesse? «Certamente ed è anche dimostrato dal vissuto della scuola elementare italiana, dove si svolgono molte attività creative.
Poi dopo, alle superiori, tutto questo scompare, perché ci portiamo ancora appresso l’impostazione idealista per cui si deve iniziare dalla teoria e non dall’osservazione della realtà».
Occorre rivedere la gerarchia dei saperi? «Assolutamente sì.
Ma quando si parla della scuola si parla di tutto – l’aggiornamento, l’organizzazione, la valutazione, i nuovi esami e quant’altro – ma mai di questo».
Faccia un esempio.
«Non possiamo fare finta che non esistano nuove fonti di informazione e di formazione.
Le tecnologie sono entrate nella vita dei ragazzi, introducendo anche nuovi metodi e nuovi approcci al sapere».
Più pratica, quindi, più laboratori? «La conoscenza deve cominciare dal contatto con la realtà e non con la lezione teorica.
E’ importante saper parlare prima di sapere cosa sia il dittongo.
Questo può stimolare nei ragazzi un desiderio di conoscere, che poi approderà anche ad un inquadramento teorico, beninteso, ma come punto di arrivo e non come inizio».
Siamo sicuri che funziona, professore? «Abbiamo di fronte l’esperienza della scuola finlandese, che l’Ocse considera la migliore scuola del mondo: questo tipo di metodo funziona».
Una proposta finale, prego.
«Due.
Centralità della conoscenza sperimentale.
E che si introduca la pratica della musica in tutte le scuole».
_________________ http://www.edscuola.it

Dio o gli dei

GIAMPAOLO CREPALDI , Dio o gli dei.
Dottrina sociale della Chiesa: percorsi, Ediz.
Cantagalli, 2009, ISBN 978-88-8272-440-5.
pp.
192 ,euro 14,50  Benedetto XVI ci sta insegnando che assegnare un posto a Dio nella sfera pubblica è indispensabile perché le energie umane si possano pienamente sviluppare, suscitate dal ”Dio dal volto umano”.
In questa luce, anche la parola della Chiesa e con essa la sua dottrina sociale, acquistano la loro fondamentale importanza.
La Dottrina sociale della Chiesa non è un sapere marginale o residuale.
Essa, come afferma la Deus caritas est, è all’incrocio della fede e della ragione, e interloquisce a pieno titolo con i saperi che presiedono all’organizzazione del mondo.
Ecco l’importante novità di metodo di questo libro.
Vengono affrontati fondamentali problemi dell’età nostra e viene dimostrato sul campo che la Dottrina sociale della Chiesa ha una capacità orientativa insostituibile.

Servizio Civile estero FOCSIV

per il bando 2009 del Servizio Civile Nazionale, Volontari nel mondo – FOCSIV cerca 250 volontari, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, da inserire all’interno di 43 paesi per il progetto “Caschi bianchi: interventi umanitari in aree di crisi” per il Servizio Civile all’estero.
  Il Servizio Civile è un’opportunità unica per un importante anno di crescita umana e professionale e per contribuire alla lotta contro ogni forma di esclusione e povertà.
I giovani andranno ad inserirsi in progetti di sviluppo in 43 paesi di Africa, America Latina, Asia ed Europa, in base alle loro competenze per un percorso dal forte valore umano e per un’esperienza altamente formativa.
  Dai seguenti link potrete visionare i nostri progetti e scaricare la nostra locandina sul servizio civile all’estero:   – Progetti 2009  – Locandina   Per maggiori informazioni è possibile contattare lo sportello Informarvi – Tel.
06 6876706 Email informarvi@focsiv.it – o visitare il sito della FOCSIV, www.focsiv.it.
  Il termine ultimo per inviare la candidatura è il 27 luglio 2009 entro le ore 14.

Assicurare la qualità dei sistemi di istruzione

I PLAs durano 2-3 giorni, si svolgono in Paesi sempre diversi, e coinvolgono mediamente i rappresentanti di 12-15 Paesi europei, chiamati a riflettere su alcune esperienze significative realizzate dal Paese ospitante, attinenti alla tematica oggetto dell’iniziativa, e soprattutto a mettere a confronto le soluzioni e le problematiche emergenti nelle diverse situazioni nazionali.
Il ruolo degli esperti europei (per l’Italia ha partecipato Orazio Niceforo) è quello di stimolare questi processi di confronto e apprendimento collaborativo, non quello di fornire un modello di riferimento, anche se, ovviamente, tutti i partecipanti sono invitati a tenere presente il Quadro di riferimento europeo per l’assicurazione della qualità (European Quality Assurance Reference Framework – EQARF).
Nei diversi Paesi che aderiscono alla rete ENQA-VET sono operativi i Reference Point nazionali, che hanno il compito di diffondere a livello nazionale la cultura e gli strumenti per l’assicurazione della qualità in campo formativo: quello italiano fa capo all’ISFOL (www.isfol.it) e ne è responsabile Giorgio Allulli, che è anche il vicepresidente dell’ENQA-VET.
Si è tenuta la scorsa settimana a Vienna per iniziativa dell’ENQA-VET – il network europeo che si occupa dell’assicurazione di qualità nell’ambito dei sistemi di istruzione (soprattutto ma non solo professionale) – la periodica riunione degli esperti che hanno seguito o seguiranno in futuro le attività di “peer learning”.
I PLAs (Peer Learning Activities) sono iniziative di tipo seminariale, dedicate di volta in volta a una tematica considerata rilevante ai fini del miglioramento della qualità dei sistemi (esempi: l’accreditamento delle scuole e dei centri di formazione, la valutazione di sistema, il dialogo sociale, la formazione dei formatori).

La resurrezione di Gesù

La risurrezione di Gesù dal sepolcro, la terza notte successiva alla sua morte, non ebbe osservatori diretti e pertanto non è descritta nei Vangeli, i quali riferiscono le testimonianze successive.
I punti essenziali su cui tutti e quattro gli evangelisti concordano sono i seguenti: Maria Maddalena e altre donne si recano al sepolcro, all’alba del quarto giorno, per completare l’imbalsamazione del corpo di Gesù; trovano che la pietra con cui i sommi sacerdoti e i farisei l’avevano fatta sigillare per evitare un eventuale trafugamento del cadavere (vedi Matteo 27,62-66) è stata rimossa e il sepolcro è vuoto; infine, Gesù risorto appare a varie riprese, prima alle donne e successivamente ai discepoli.
Ciascuno di questi punti è stato oggetto di una vastissima iconografia, la quale non ha tuttavia rinunciato a fissare la propria attenzione sul momento fondamentale, quello della risurrezione vera e propria, a causa del suo altissimo contenuto religioso e simbolico.
  Poiché, come abbiamo detto, nessuno dei quattro Vangeli descrive il momento preciso in cui Gesù risorto esce dal sepolcro, riportiamo in forma sintetica le versioni dei quattro Vangeli concernenti la rivelazione dell’avvenuta risurrezione.
  dal Vangelo di Matteo Passato il sabato, al sorgere dell’alba Maria Maddalena e «l’altra Maria» (Maria di Cleofa, madre di Giacomo e di Giuseppe) si recano al sepolcro (28,1).
Vi è «un gran terremoto» e appare un angelo dall’aspetto «come la folgore» che fa rotolare via la pietra.
Nel vederlo, la guardie, sconvolte, diventano «come morte» (28,2-4).
L’angelo annuncia alle donne: «So che cercate Gesù crocifisso; non è qui: è risorto», e le invita a comunicare la notizia ai discepoli (28,5-7).
Mentre le donne si recano dai discepoli, Gesù appare loro dicendo «Rallegratevi!» (28,8-10).
  dal Vangelo di Marco Trascorso il sabato, allo spuntar del sole Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Maria di Salome si recano al sepolcro per imbalsamare Gesù (16,1-2).
Trovano che la pietra è rotolata via e all’interno vi è un giovane «rivestito di una veste bianca» che annuncia loro la risurrezione di Gesù, invitandole a comunicarlo ai discepoli e «specialmente a Pietro».
Le donne però, prese dalla paura, «non dissero nulla a nessuno» (16,3-8).
Gesù risorto appare allora a Maria Maddalena, a due discepoli e infine a tutti gli Undici (16,9-14).
  dal Vangelo di Luca Il primo giorno della settimana, di buon mattino, Maria di Magdala (Maddalena), Giovanna (moglie di Chuza, amministratore di Erode, discepola di Gesù), Maria di Giacomo e altre donne si recano al sepolcro «portando gli aromi che avevano preparato» (24,1).
Trovano che la pietra è stata rimossa e il sepolcro è vuoto.
Appaiono due uomini «con vesti splendenti» che annunciano loro la resurrezione di Gesù (24,2-8).
Le donne riferiscono la notizia agli Undici, che però si mostrano increduli.
Pietro corre al sepolcro per verificare di persona, ma trova solo le bende che avvolgevano il corpo di Gesù (24,9-12).
  dal Vangelo di Giovanni Mentre è ancora buio, il primo giorno della settimana Maria Maddalena si reca al sepolcro e vede che la pietra è stata rimossa (20,1).
Va subito ad avvisare Pietro e «l’altro discepolo che Gesù amava» (lo stesso Giovanni evangelista), i quali corrono al sepolcro ove rinvengono le bende e il sudario, quindi ritornano a casa (20,2-10).
Maria invece rimane al sepolcro ove le appaiono due angeli e subito dopo lo stesso Gesù (episodio del «Noli me tangere» (20,11-17).

Serve un nuovo inizio per la musica sacra

Temi tradizionali e utilizzo di nuovi linguaggi.
Un connubio per alcuni impossibile, dai più poco frequentato, per tutti quelli che si occupano d’arte sempre più necessario e attuale.
L’argomento diventa spinoso quando si vuole affiancare un soggetto spirituale – in particolare tornando all’antica pratica dell’oratorio – con la grammatica dei moderni linguaggi musicali.
Il Pontificio Consiglio della Cultura si impegna in questo senso ai massimi livelli, coinvolgendosi direttamente con il suo presidente, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, che si è assunto l’onere di sintetizzare il testo biblico dell’Apocalisse per l’oratorio Apokàlypsis del compositore Marcello Panni eseguito per la prima volta il 10 luglio a Spoleto nell’ambito del 52° Festival dei due mondi.
Il tentativo sembra quello di mantenere viva la funzione di riferimento delle grandi narrazioni scritturistiche,  aprendo al tempo stesso un nuovo dialogo con la musica contemporanea.  L’intervista all’arcivescovo Gianfranco Ravasi In che modo avete affrontato il problema con il compositore? Il punto di riferimento emblematico del connubio tra un testo classico e la modernità è il Mosè e Aronne di Schönberg, che è stato concepito un po’ come un oratorio.
Da lì siamo partiti per sposare l’antico al nuovo in una maniera il più possibile armonica.
Con il compositore non abbiamo avuto un rapporto continuo – avrebbe richiesto un tempo enorme, purtroppo non disponibile – ma siamo partiti dalla definizione della qualità del testo, contro ogni tentativo di equivoco.
In qualche modo abbiamo prima di tutto circoscritto il campo.
Ci faccia un esempio pratico.
L’equivoco sempre in agguato quando si parla dell’Apocalisse è considerarla l’oroscopo della fine del mondo, un passo tragico e catastrofico.
Pensiamo ad Apocalypse now di Francis Ford Coppola:  una rappresentazione della distruzione, anche simbolica.
Basti ricordare la danza degli elicotteri che nel film è una sorta di recupero di alcune componenti della marcia dei cavalieri del testo biblico.
Superare questo equivoco significa evitare di produrre un’opera, magari monumentale, ma che non tenga conto di tutte le componenti dell’Apocalisse, dove certo troviamo un accento fortissimo sul male del mondo che inquina e incrina la storia,  ma  anche  un  messaggio  finale di speranza.
In realtà essa, così come è scritta, è un’opera sghemba:  ha venti capitoli sostanzialmente tragici e gli ultimi due luminosissimi.
Sono la vera  meta  del  libro di solito dimenticata.
Quindi non un’adesione diretta tra ogni verso e la musica, non un’esegesi del testo attraverso il suono, ma un lavoro sulla forma.
Il lavoro che ho fatto sul testo tende a preservarlo nella sua sostanza, senza garantirne l’integrità.
Non abbiamo privilegiato l’elemento di speranza penalizzando quello catastrofico, ma gli equilibri fanno sì che ci sia una attesa, non della catastrofe, ma dell’epistrophè, della conversione.
In questo senso la forma è proprio quella dell’Apocalisse in senso stretto, che già per sua natura è drammatica e musicale.
Su queste basi  ho  tentato  di  conservare l’autenticità  del  testo,  cercando  di  evitare il rischio della didascalia.
Dal punto  di  vista  musicale  usare  la banda, con un grande organico, consente di non perdere la dimensione escatologica, nel senso tradizionale del termine.
Che  rapporto c’è tra testo e musica in questo lavoro? Si dà molta importanza alla parola.
C’è sia il cantato, affidato al coro, sia il parlato, da solo o in forma di melologo.
Il testo quindi fiorisce in musica e non è utilizzato come un pretesto.
Come ha scelto le parti da musicare? Ho fatto una selezione divisa in sette quadri – anche per salvaguardare la mistica delle cifre – con un prologo e un glorioso epilogo.
È inoltre prevista una scansione in due parti, per costruire un intervallo pensato come momento di meditazione.
Che rapporto c’è tra il testo originale e la sua riduzione? Il testo c’è in tutte le sue parti, ma non integralmente.
Viene riprodotta cioè la dinamica letteraria dell’Apocalisse.
Non è  un  estratto,  ma  un   condensato che  mantiene  la  struttura dell’originale.
In che senso? Pensiamo alle lettere di apertura, un elemento indispensabile per capire che si tratta di un testo indirizzato alle Chiese.
Il momento delle lettere viene mantenuto, ma se ne privilegiano solo due:  quelle indirizzate alla Chiesa di Efeso e a quella di Laodicea, i due testi di maggiore impatto.
Efeso è la Chiesa più importante, il nodo attorno al quale le altre sei si raccordano, quello rivolto alla Chiesa di Laodicea è un impressionante atto di accusa, di eccezionale modernità.
Poi c’è l’uso dei trittici di settenari, con il gioco del sette e del tre.
La forma poetica viene conservata così come i sette sigilli, le sette coppe o le sette trombe, ma si è cercato di evitare una deriva didascalica e di resistere alla tentazione di introdurre tutti i simboli citati.
L’importante è che permanga la struttura e l’idea simbolica, così come rimangono la grande scena finale del dramma della storia – Babilonia scaraventata nel Mediterraneo – e l’affresco finale della Gerusalemme celeste.
L’Apocalisse è un testo fortemente musicale, che presenta continuamente suoni di trombe e cori.
Come è stato affrontato questo aspetto? I cori più importanti sono stati conservati, ma proposti in latino per sottolinearne la natura liturgica.
Non bisogna infatti dimenticare che una delle interpretazioni dell’Apocalisse è che fosse un testo proprio a uso liturgico.
La voce recitante, invece, consente di presentare un testo articolato capace di rendere l’idea generale della narrazione biblica da cui deriva.
Da un punto di vista estetico – come dicevo – il richiamo è al Mosè e Aronne di Schönberg, dove Aronne canta rappresentando il sacerdote pomposo e anche un po’ il fascino dell’idolatria, mentre Mosè usa il parlato, perché non rappresenta la parola che seduce, ma quella che conquista l’anima e costringe a un’opzione.
In questa  luce  le voci, una maschile e una femminile, hanno proprio la funzione di recuperare la nudità della parola.
Quella che in Schönberg è la contrapposizione tra Mosè e Aronne qui è riprodotta nel rapporto tra coro e voci recitanti.
A eccezione del fatto che il coro cantando non cerca come Aronne di ammaliare, ma rappresenta la liturgia che salva.
Ma perché il coro finale è in greco e non in latino? Quando il testo arriva al suo apice ritorna alla lingua misterica, quella originale del testo, il greco appunto.
Quindi per le ultime frasi, quelle decisive del libro, è stata utilizzata la pronuncia bizantina, cioè quella della liturgia.
Qualcuno però potrebbe non ritrovarsi con la lingua studiata a scuola.
La pronuncia che si insegna ora è infatti una convenzione prevalentemente rinascimentale, mentre quella itacistica che ho usato è bizantina e molto simile a quella del greco che si parla oggi.
Qual è il suo ruolo nell’esecuzione? Quello di strappare la performance al rischio che sia solo un concerto.
L’idea è quella di conservare il senso di meditazione del testo originale.
Il mio intervento non è stato quello del conferenziere che all’inizio spiega cosa si sta per ascoltare, ma si è basato sul modello dell’esecuzione delle passioni nella liturgia protestante.
In quel caso il pastore teneva un sermone prima dell’inizio della musica, un’altra predica era prevista a metà, dove adesso si ricorre spesso a un intervallo, strutturalmente assurdo trattandosi di una passione.
Io ho proposto proprio questo schema, per conservare l’aspetto sacrale in una dimensione esistenziale.
È aperta da tempo la grande questione dell’adeguamento agli stilemi contemporanei della musica liturgica e di quella sacra.
La prima si muove più lentamente, ma per quanto riguarda la musica di argomento sacro è realistico pensare che questa iniziativa segni l’inizio di un rinnovato rapporto tra Chiesa e compositori di oggi? Il tentativo di riaprire un canale di comunicazione in questo senso è in pratica l’unica ragione per cui ho accettato di essere coinvolto personalmente in questo progetto.
L’oratorio fa parte di una strategia più ampia che tende a riallacciare un dialogo con l’arte contemporanea, in tutte le sue sfaccettature.
Si è partiti con l’idea di considerare prima di tutto il rapporto con le arti visive, per esempio stringendo un legame con la Biennale di Venezia nella quale saremo presenti nel 2011.
Abbiamo infatti notato che anche gli artisti che si muovono seguendo la nuova grammatica dei linguaggi contemporanei sentono sempre di più il bisogno di tornare a grandi temi.
Un esempio è quello di Bill Viola, che insiste nei suoi video su dolore, vita, morte, acqua, purificazione.
Dopo avere lavorato sulle arti visive ora bisogna aprire il dialogo sulla musica.
Cominciamo da questo esperimento.
Perché Marcello Panni? È un compositore estremamente competente, che scrive una musica avanzata e capace di comunicare direttamente anche a un pubblico non abituato a certe forme espressive.
Io non esiterei a utilizzare linguaggi anche estremi, alla Cage, ma forse non è ancora il momento.
(©L’Osservatore Romano – 12 luglio 2009)