LA LAICITÀ COME RISORSA PER L’IRC

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Conferenza Episcopale Italiana organizzano un Corso di aggiornamento che coinvolge 120 insegnanti di religione cattolica in servizio nelle scuole statali di ogni ordine e grado, sul tema “La laicità come risorsa per l’IRC: una disciplina confessionale aperta al dialogo”,  che si svolgerà nei giorni 6- 8 novembre 2017 a Santa Maria degli Angeli in Assisi (PG) presso la Domus Pacis.

Per comprendere il senso e il valore di questo Corso, ci pare importante ricordare che esso sarà un’occasione per aiutare i “formatori dei formatori” a riflettere e dialogare insieme affinché, anche nelle varie diocesi e nei diversi contesti territoriali locali, promuovano tra i colleghi una maggiore consapevolezza sulla valenza educativa e sulla caratterizzazione culturale-scolastica dell’IRC, che è una disciplina confessionale, ma che è chiamato insieme con tutte le altre discipline alla formazione della persona nel quadro delle finalità scolastiche (oggi descritte attraverso i profili di competenza) e nel rispetto della libertà di coscienza di tutti gli alunni.

Cittadinanza e IRC: percorsi educativi

A Chianciano Terme, nella gradevole cornice della Val D’Orcia, si è svolto anche quest’anno dal 2 all’8 luglio il Corso di aggiornamento a carattere nazionale per Insegnanti di Religione Cattolica di ogni ordine e grado scolastico. L’équipe dell’Istituto di Catechetica che segue in particolare il settore IRC ha portato a termine il percorso triennale di formazione proposto agli IdR sul tema generale Educazione, apprendimento e insegnamento della religione.

Un lavoro avviato nel 2014-2015 con attenzione pedagogica alla situazione dell’istruzione religiosa sul triplo versante degli studenti, dei docenti e della disciplina (Analisi della situazione e prospettive educative); proseguito del 2015-2016 tematizzando in maniera aggiornata distinzione e complementarità tra educazione e apprendimento/insegnamento in relazione al lavoro scolastico e nello specifico all’Insegnamento della Religione (Educazione e apprendimento). La terza tappa ha completato il percorso, ragionando sul legame cittadinanza-IRC, radicato nel più generale rapporto religione-cittadinanza.

Superando una visione del tema puramente funzionale, ovvero relegata a questioni di equilibrio sociale e ordine pubblico, si è centrato il discorso sul riconoscimento reciproco di religione e cittadinanza per favorire lo sviluppo della dimensione politica, etica e religiosa della personalità umana. In realtà la questione centrale della ragion pratica moderna risiede nella relazione tra alleanza, patto e contratto. Se il contrattualismo è la procedura ordinaria della cultura democratica contemporanea, un’azione educativa aggiornata non può esimersi dall’introdurre le nuove generazioni in questo ecosistema. Ma contemporaneamente non può rifiutare di testimoniare che il riconoscimento mutuo tra le persone, la valorizzazione della diversità e la ricerca delle costanti di umanizzazione – cioè l’alleanza – sono il presupposto e il fondamento di ogni accordo politico e contratto sociale.

La religione cresce nel terreno dell’alleanza e può partecipare le sue risorse di senso all’ambito politico ed etico, ma solo rispettando le procedure normative della legittimità culturale e democratica. Se educare equivale ad “apprendere a vivere” – oggi ancor di più a “convivere” – e la scuola è un continuo esercizio di tale apprendimento, l’Insegnamento della Religione si trova nel cuore dell’esperienza scolastica, in quanto mutuo riconoscimento tra le persone, convivenza pacifica, pratica dei valori civili, apprezzamento della diversità, accostamento critico ai pilastri della cultura umana. Nuovo perno educativo in questo momento storico si può trovare proprio nella nozione di cittadinanza. Attorno a tale importante esperienza si può rileggere l’identità dell’Insegnamento della Religione ed evidenziare l’apporto che esso può dare – in quanto disciplina scolastica – al progetto della scuola e a percorsi di umanizzazione.

Una grande sfida per l’istruzione religiosa sta nel cercare la sintesi tra il lineamento antropologico fondamentale della ricerca di senso e attribuzione di significato alla realtà, la risposta rintracciabile nella dimensione trascendente dell’esistenza, le concrete vie di configurazione di una convivenza pacifica, perché tendenzialmente giusta. Giustizia e appartenenza – temi tipicamente legati alla religione – devono amalgamarsi affinché la cittadinanza assuma il volto di un cosmopolitismo radicato, che permetta a tutti di diventare cittadini del mondo, a partire dalla propria terra, senza dimenticare di essere uomini e donne del proprio tempo.

In tale direzione si è sviluppata l’offerta formativa del Corso, attraverso la comunicazione di contenuti aggiornati nelle lezioni frontali delle varie aree scientifiche (epistemologica/biblico-teologica/psicologica/pedagogica/didattica/sociale), l’approfondimento nelle sessioni plenarie e l’esercitazione pratica nei laboratori pomeridiani. I partecipanti hanno apprezzato tutti i momenti proposti e lo hanno dimostrato attraverso l’impegno individuale e collettivo, che ha prodotto delle interessanti sintesi, condivise nella sessione finale.

I relatori (Proff. J.L. Moral, F.V. Anthony, Z. Formella, A. Farina, D. Grządziel, T. Doni, C. Pastore, M.S. Wierzbicki, G. Usai) hanno fornito abbondanza di contenuti e documentazione. I laboratori (guidati dai Proff. Cristina Carnevale, Giuseppe Cursio, M. Pinella Etzi e Renata Gianni), seguendo un percorso strutturato, hanno visto il confronto in verticale, tra insegnanti appartenenti a tutti gli ordini di scuola, dall’Infanzia alla Secondaria di 2° Grado. Dato il tema del Corso, l’intento preciso è stato quello di mettere ogni docente a contatto con la realtà degli altri gradi scolastici e di costruire percorsi educativi valorizzando la peculiarità di ogni segmento formativo, accompagnando il cittadino-studente in un completo itinerario formativo, in cui la dimensione religiosa della vita trovi l’attenzione culturale che merita e abbia occasione di sviluppare il suo potenziale educativo.

Il lavoro laboratoriale è stato aperto nel pomeriggio del 3 luglio da una sessione dedicata alla IV Indagine Nazionale sull’IRC Una disciplina alla prova. Il Prof. Sergio Cicatelli – curatore della Ricerca insieme con il Prof. Guglielmo Malizia – ne ha esposto i risultati, approfonditi in quattro sessioni parallele tematiche e in un question time conclusivo. Il tempo di studio ha avuto il pregio di consentire a tutti un confronto delle situazioni locali con la realtà nazionale dell’IRC, attraverso l’esame di dati aggiornati.

In questo senso è da segnalare anche che ai partecipanti è stata fornita una Bibliografia di recente pubblicazione (Moral José Luis, Cittadini nella Chiesa, cristiani nel mondo. Antropologia, catechetica ed educazione, LAS, Roma 2017; Cicatelli Sergio – Malizia Guglielmo (a cura), Una disciplina alla prova. Quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione cattolica in Italia a trent’anni dalla revisione del Concordato, Elledici, Torino 2017; Ricci Alessandro – Formella Zbignew, Lo psicologo dell’educazione nella Scuola, Morcelliana, Brescia 2017; Bay Marco, I giovani nelle statistiche sociali, LAS, Roma 2017), oltre al vademecum con tutti i contenuti e le indicazioni operative del Corso.

I lavori del Corso sono stati onorati nella giornata del 6 luglio dalla presenza del Dott. Luca Salvini dell’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana, che ha effettuato l’ispezione di rito per conto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Un grazie va a tutti coloro che sono stati compagni di fatica, ma che hanno vissuto in amicizia e collaborazione l’opportunità di un confronto ricco professionalmente e umanamente qualificante.

Un grazie anche alla Direzione e allo Staff dell’Hotel S. Chiara di Chianciano Terme, che ha creato la cornice logistica adatta, ha fornito un servizio di qualità ed ha mostrato anche quest’anno attenzione alle finalità e alle esigenze tipiche del Corso IRC.

Giampaolo Usai

 

Qualche foto dell’evento:

 

Scuola e Irc, cammino comune dalla parte dei giovani

Concluso a Milano il convegno nazionale su “La Chiesa per la scuola ricordando don Lorenzo Milani”

Sei «parole» e tre «atteggiamenti» per un programma di lavoro sul fronte della scuola e dell’insegnamento della religione cattolica. È quanto si sono portati a casa, dopo tre giorni di lavoro, i partecipanti al Convegno nazionale promosso dall’Ufficio per l’educazione, scuola e università e dal Servizio nazionale per l’Irc della Cei conclusosi oggi, 10 maggio, a Milano. A trarre le conclusioni, dopo una tavola rotonda con esperti che vivono ogni giorno l’avventura di fare educazione in diversi campi e alcune comunicazioni del Servizio per la pastorale giovanile della Cei sul cammino verso il prossimo Sinodo dei vescovi sui giovani, sono stati i due responsabili nazionali degli Uffici, Ernesto Diaco per la scuola e don Daniele Saottini per l’Irc. Un Convegno che ha avuto come punto di riferimento la figura di don Lorenzo Milani, il prete di Barbiana, che papa Francesco ha recentemente definito in un video messaggio al Salone del libro di Milano, un «educatore appassionato» e sulla cui tomba il prossimo 20 giugno si recherà a pregare, dopo l’analogo omaggio ad un’altra figura di sacerdote esemplare come don Primo Mazzolari, il parroco di Bozzolo. E così l’intero Convegno ha avuto come titolo una frase di don Milani: “Faccio scuola perché voglio bene a questi ragazzi”.

 

Diaco: le «sei parole»

Le «sei parole» sono state indicate proprio da Diaco. «Parole che mi sembra siano la sintesi di quanto vissuto in tutti i momenti del nostro incontro. E partire dalla parola “cultura“, perché questo significa per la Chiesa fare scuola. Creare cultura affinché le giovani generazioni possano costruire il loro futuro». Vi è poi «la formazione», intesa come «la capacità dei docenti di avere uno sguardo sui propri studenti partecipe e attento, come ci ha suggerito nel suo intervento Alessandro D’Avenia». La terza parola è «comunicazione», che «deve avvenire tra noi, in primo luogo, e poi con il mondo esterno affinché si comprenda l’agire della Chiesa nel campo educativo». E non si può educare se non passando «attraverso la “bellezza“», ma anche – quinta parola – «ricercando “la giustizia“, che è il bene comune, anche nell’assumersi responsabilità in fase organizzativa della scuola stessa». Infine, ma non per importanza, la parola “comunione», che «potremmo chiamare anche sinodalità, camminare insieme, dando vita a una alleanza pastorale tra i settori per lavorare insieme».

 

Don Saottini: e «tre atteggiamenti»

Sei parole, a cui, don Daniele Saottini, ha voluto aggiungere «tre atteggiamenti che dovrebbero caratterizzarci dopo questo incontro». Li ha tratti dalla preghiera sulle parole del beato Paolo VI. Il primo «è essere “pronti a partire“. Lo faremo anche fisicamente al termine dei lavori – ha commentato don Saottini – ma siamo chiamati rientrare nelle nostre realtà per portarvi quanto maturato nel Convegno». Poi la richiesta allo Spirito Santo perché «la nostra testimonianza sia “chiara, buona ed efficace”». Infine la richiesta che «il “Signore sia con noi“. Non nel senso di ciascuno di noi, ma proprio di tutti insieme per sentirci davvero un’unica comunità».

 

La relazione di Alessandro D’Avenia

Nella prima giornata del Convegno nazionale, lunedì scorso, la relazione di apertura era stata affidata al docente scrittore Alessandro D’Avenia. Oltre un’ora di intervento che ha raccontato la propria esperienza di docente di scuola superiore, che ha trovato anche nei suoi libri una presenza di non poco conto. A colpire molto la platea dei presenti l’invito a porre tantissima attenzione al momento dell’appello in classe. «Una mia studentessa – ha raccontato – mi ha domandato perché perdessimo così tanto tempo a fare l’appello. Le ho risposto che quel momento era addirittura più importante della lezione stessa». Non una provocazione, ha spiegato D’Avenia, ma una verità: «Non immaginate quanto uno adolescente resti colpito dal fatto che il proprio insegnante facendo l’appello lo guardi diritto negli occhi e dimostri di accorgersi di lui». Ecco allora emergere con prepotenza il tema della relazione tra docente e studente, dell’essere testimone credibile, anche nelle proprie debolezze, verso i propri ragazzi in classe. «Oggi i ragazzi cercano un senso nella loro vita, immersi come sono in un eterno presente, che anche i vari social alimentano», ha commentato ancora il docente scrittore. E non si tratta di adempiere a una missione, ha aggiunto, ma di mettere in campo una professionalità di educatore e di insegnante. «Il nostro compito prioritario non è quello di raggiungere obiettivi e traguardi, bensì quello di porsi in relazione con gli studenti, aiutandoli nel loro cammino di crescita». Un compito affascinante, quanto complesso e difficile. Sicuramente una sollecitazione che i partecipanti al Convegno si sono portati a casa al termine dei lavori.

Enrico Lenzi mercoledì 10 maggio 2017

 

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«Professore, ma perché perdiamo tanto tempo per fare l’appello?”. E io le ho risposto: “Perché è più importante della lezione stessa”. E poi nel silenzio generale ho spiegato che il primo compito è entrare in relazione con l’altro. E per me docente sono gli studenti che ho davanti». Si può racchiudere in questo aneddoto la sintesi della lunga e coinvolgente relazione che lo scrittore e docente Alessandro D’Avenia ha offerto alla platea dei partecipanti al Convegno nazionale promosso congiuntamente dall’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università (diretto da Ernesto Diaco) e dal Servizio Nazionale per l’insegnamento della religione cattolica (guidato da don Daniele Saottini), che si tiene a Milano dall’8 al 10 maggio. E il termine «relazione» è riemerso più volte nell’intervento iniziale dei lavori. Compito tutt’altro che facile, riconosce D’Avenia, perché «siamo schiacciati dalla necessità di rispettare il programma, di centrare obiettivi e risultati. Il dramma di oggi è proprio questo: aver messo al posto della persona il raggiungimento di un risultato». Parole che scuotono l’assemblea, ma che si ritrova in molti di questi esempi. «La relazione umana – prosegue il docente scrittore – viene prima della conoscenza che la scuola deve comunque offrire». Ecco allora l’importanza dell’appello: «Essere guardato negli occhi alle 8.30 del mattino è forse l’ultima delle cose che uno studente vuole o si aspetta. Ma il porsi in relazione con l’altro non è una missione, bensì un aspetto della nostro professionalità docente». Una relazione, quella di D’Avenia, che è partita dalla frase «provocazione» – “Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera” – di don Lorenzo Milani, sacerdote ed educatore «con il quale vorremmo svolgere questo Convegno», spiega il direttore dell’Ufficio scuola, Diaco. Figura di cui proprio l’altra settimana lo stesso papa Francesco ha parlato in un videomessaggio al Salone del libro di Milano, definendo il prete toscano «un educatore appassionato» e «un testimone di Cristo e del Vangelo». Di don Milani ha parlato anche il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per la scuola, Mariano Crociata, nell’omelia della Messa.
«Mosso da un senso acuto del suo compito di uomo e di prete, il suo sguardo attento ai bisogni della persona finiva col generare una formula che faceva compiere ai ragazzi della sua scuola un salto di qualità che i loro coetanei più attrezzati e favoriti si sognavano di poter eguagliare». I lavori del convegnoproseguono, incentrati sulla frase di don Milani scelta come titolo: “Faccio scuola perché voglio bene a questi ragazzi”.

Enrico Lenzi (da Avvenire del 9 maggio 2017)

“Religione e cittadinanza attiva”

materiali del convegno

 

SCARICA I MATERIALI DEL CONVEGNO:

LIBRETTO IRC 18-19.03.2017

L’IRC dal 1984 ad oggi (ppt)

 

«Religione e cittadinanza attiva» Convegno IRC 2017

«Religione e cittadinanza attiva» il tema del Convegno che ha visto riuniti circa 50 partecipanti nei giorni 18-19 marzo in Roma, presso la Domus Urbis.

Iniziativa primaverile di aggiornamento per Insegnanti di Religione Cattolica nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, proposta dall’Istituto di Catechetica della FSE. Tappa del percorso triennale di formazione 2014-2017 – intitolato «Educazione, apprendimento e insegnamento della religione» – dedicata precisamente ad approfondire la relazione tra IRC e cittadinanza.

La struttura del Convegno obbedisce all’esigenza di valorizzare l’esperienza dei partecipanti, offrendo tuttavia occasione di un confronto professionale non generico e banalmente “confortante”, ma documentato, critico e di ampio orizzonte, in quanto risultato degli apporti di contenuto e metodo, provenienti dagli interventi di Esperti qualificati. Perciò i partecipanti hanno seguito con attenzione e dibattuto in sessione plenaria la relazione del Prof. Josè Luis Moral, intitolata «Rapporto tra IRC e cittadinanza attiva», che ha posto la base epistemologica per affrontare la questione secondo un’aggiornata visione pedagogica. Situando apprendimento e insegnamento della religione in un cosmopolitismo che interpella il rapporto tra etica, politica e religione, che pone sotto verifica identità e appartenenze, che revisiona la declinazione dei valori, diventa necessario trovare un nuovo perno educativo che in questo momento storico sembra potersi individuare nella nozione di cittadinanza. «Educar-ci per diventare ciò che siamo» si può riassumere nell’esercizio dei valori della cittadinanza: essere un buon cittadino/cittadina può esprimere ciò che ci rende veramente umani. E in questo quadro la religione gioca un decisivo ruolo ermeneutico, prima ancora che etico e sociale.

A seguire, le relazioni del Prof. Carlo Nanni («Cittadinanza attiva. Dimensione politica») e del Prof. Flavio Pajer («Cittadinanza e insegnamento della religione: la situazione europea») hanno voluto completare la riflessione, segnalando gli aspetti di partecipazione e di formazione, insiti nel tema della cittadinanza, e collocando l’Insegnamento della Religione nel variegato e complesso quadro europeo, che obbedisce a presupposti filosofico-giuridico-pedagogici non sempre consueti e scontati. L’intervento dei Proff. Cristina Carnevale – Giuseppe Cursio – Giampaolo Usai («Relazione IRC e cittadinanza attiva alla luce delle Indicazioni Nazionali») ha permesso di evidenziare la presenza della questione cittadinanza nella traccia predisposta dalle Indicazioni Nazionali per l’IRC del Primo e Secondo Ciclo d’Istruzione, in relazione alle «Competenze-Chiave di cittadinanza» richieste al termine del percorso scolastico. Il lavoro che quotidianamente svolgono gli IdR si situa al cuore della formazione dei cittadini per la trasversalità epistemica che caratterizza l’IRC, la sua attitudine interpretativa della realtà e la sua vocazione pedagogica, tesa ad una educazione veramente integrale della persona e quindi del cittadino.

Una visione della situazione collettiva della cittadinanza da tre differenti e aggiornate prospettive è stata proposta nel Panel («IRC e cittadinanza attiva»: aspetti sociali, politico-giuridici e interculturali»), che ha visto protagonisti i Proff. Andrea Farina – Paola Springhetti – Vito Orlando. A seguire i Laboratori («Religione e cittadinanza: il contributo dell’IRC a scuola»)hanno impegnato direttamente i partecipanti a condividere la quotidiana esperienza di insegnamento, valorizzando lo specifico contributo dell’IRC non solo all’apprendimento degli studenti, ma anche alla qualità educativa della comunità scolastica.

Interessante ed apprezzato l’intervento conclusivo del Prof. Sergio Cicatelli («Una disciplina alla prova. Risultati della IV Indagine Nazionale sull’IRC»), che ha arricchito il Convegno con la presentazione dei risultati della IV Indagine Nazionale sull’IRC, consentendo uno sguardo completo e aggiornato sulla situazione dell’Insegnamento della Religione italiano e sulle prospettive di miglioramento, che ne manterranno alta la qualità e significativa la presenza scolastica.

La presenza di diversi studenti del Curricolo di Educazione e Religione, che hanno attivamente partecipato ai lavori del Convegno, hanno portato lo stile giovanile e internazionale, tipico della nostra Università arricchendo il loro bagaglio accademico di conoscenze e metodo.

Roma, 23.03.2017

Giampaolo Usai

 

ALCUNI SCATTI:

SEMINARIO DI STUDIO

Educazione Religiosa nell’Istituto di Catechetica: un percorso storico.

riflessioni

Obiettivo del Seminario: raccogliere l’eredità del lavoro sviluppato dall’Istituto di Catechetica (ICa) nel campo della Pedagogia religiosa e collocarlo in un nuovo orizzonte, che serva da cornice per la progettazione futura.

Il Seminario volle anche fare memoria di don Zelindo Trenti, professore all’ICa, ad un anno dalla sua morte.

Il Seminario si  è svolto il pomeriggio del 17 marzo 2017 dalle ore 15.00 alle ore 19.00 nella sala Artemide Zatti.

Parteciparono una sessantina di persone, professori e studenti.

Dopo il saluto del Rettore, don Mauro Mantovani, e la presentazione dei lavori da parte del prof. Miroslaw Wierzbicki, fu dato spazio a tre contributi.

–  Sergio CIcatelli  tratteggiò: “L’evoluzione dell’insegnamento della Religione in Italia dal Concordato del 1984”. Servi a delineare il contesto in cui ebbe da lavorare l’ICa: contesto complesso, evolutivo, segnato dalla chiara distinzione dell‘insegnamento di religione cattolica (IRC) dalla catechesi ed insieme dalla riforma scolastica con nuovi programmi delle discipline (Indicazioni), il che ha portato ad un profondo rinnovamento epistemologico, didattico e metodologico della  stessa scuola di religione.

– Cesare Bissoli, professore emerito dell’ICa, ebbe a svolgere: “L’attività dell’ICa nel campo della pedagogia religiosa”. Evidenziò i tratti salienti dell’IRC proposto dall’Istituto, rievocando il contributo specifico di Roberto Giannatelli per la scuola elementare e media e di Zelindo Trenti per la scuola ora denominata secondaria superiore. Per il lavoro svolto nel campo dell’IRC, l’ICa si è guadagnata la stima sia ella Chiesa (CEI) che dallo stato (MIUR) promuovendo una serie di iniziative di avanguardia in tale campo.

– Salvatore Currò, parlando delle “Coordinate del pensiero sulla  religione nell’ICa” mise in luce l’eredità specificamente di Zelindo Trenti con la sua pedagogia ermeneutica, grazie a cui la questione del senso si pone al centro del discorso religioso, dove per senso si intendono le domande di umanità che si elevano dall’esperienza. Debitamente educate alla luce di quell’umanesimo che è la visione cristiana della vita, permettono di realizzare una religione per l’uomo.

– Una quarta relazione, dopo un debito intervallo, è spettata al prof. José Luis Moral che ha parlato del “Presente e futuro del  rapporto  educazione e religione nell’ICa”. La sua fu una sintesi del lavoro portato avanti nel triennio, che ora viene a terminare, incentrato sul binomio “Religione e cittadinanza”.

Seguì un dialogo con i relatori in cui diventò perno di discussione la ’pedagogia ermeneutica’, ossia come la questione centrale debba essere una rinnovata attenzione alla dimensione umana del giovane (studente) per aiutarlo a capire quanto sia umana la dimensione religiosa.

Il Seminario si concluse con  la celebrazione dell’Eucaristia in suffragio del nostro collega Don Trenti. Presiedette la celebrazione il direttore della comunità San Tommaso, Don F. Krason, attorniato da diversi concelebranti. 

In una valutazione di insieme si possono segnare queste indicazioni. 

– L’attenzione al passato storico permette di sentirsi dotati di una eredità preziosa, tanto più in un ambito come quello dell’IR complesso e controverso ed insieme così vivace e vitale. L’ICa non chiede nessuna medaglia, ma sente in coscienza di aver lavorato molto per un divenire corretto della disciplina religione nella scuola di tutti. Tale impegno continua, vuole continuare in misura aggiornata. 

– La collocazione dell’insegnamento della religione in ambito italiano richiede che il profilo dell’IR  si configuri secondo la visione globale di scuola di questo paese, conoscendo a fondo l’identità e le metodologie adeguate, tanto più che nelle iniziative formative la maggioranza, se non la totalità dei partecipanti, sono docenti di religione italiani.

– La dimensione religiosa è dimensione di umanità: ecco il nodo centrale del valido IRC. Non va dimenticato il contributo originale apportato a tale scopo dalla comprensione cristiana di religione.

– L’IRC non può essere scuola di formule dottrinali, sia teologiche che filosofiche, ma del ‘fenomeno-fatto’ umano aperto all’oltre, al trascendente, attraverso un processo culturale che coinvolge tutta la persona: ragione, cuore, azione, accettando per questo di confrontarsi con un mondo pluralista, sia culturale che religioso.

Un uomo (un giovane) può seguire e interessarsi di una proposta religiosa, se la proposta religiosa si interessa in maniera comprensibile dell’uomo (del giovane)

Cesare Bissoli

 

LE ATTIVITA’ DELL’ICA NEL CAMPO DELLA PEDADOGIA RELIGIOSA 

Cesare Bissoli

La mia esposizione fa sintesi di un’ampia esperienza da corredare con fonti specifiche.

A. Versante epistemologico- strutturale

 

1. Si può dire che l’IR è nato con l’ICA nel curriculo di catechetica, non come ramo distinto, ma come modulo di questa, una catechesi nella scuola, tale essendo la legislazione concordataria del 1929 fino al rinnovamento degli accordi concordatari del 1984. In verità in tale sessantennio   maturò una lenta evoluzione verso l’autonomia delle due parti, distinzione che oggi -inizio del II Millennio- tende, almeno in fase teorica, ad una separazione, superando il Concordato, avendo come soggetto responsabile non più la Chiesa, ma la Scuola in quanto tale, per cui non si parlerebbe più di IRC, ma di IR con svariati profili. Ma è chiaro che questo processo è ancora in divenire non senza resistenze e inadempienze dove vige la norma concordataria. Data dunque la simbiosi tra catechesi e IRC (voluta anzitutto dai Dicasteri vaticani), l’IR esistette fin dall’inizio nell’ICA come disciplina confessionale, come IRC.

Ma qui va notata una peculiarità. Siccome l’ICA è stato inserito -il che è originale e in sé fecondo- non nella Facoltà di Teologia, ma nella Facoltà di Scienze dell’Educazione, anche l’IRC, se non per un intrinseco motivo proprio, fece subito parte della FSE. Ma purtroppo, in questa collocazione, per sé adeguata, non godette di un approfondimento interdisciplinare continuo salvo in qualche momento specifico come dirò qui sotto. Però resta  vero che la riflessione sull’IRC nell’ICA non fu bloccata al “si è sempre fatto così”[1]. L’IRC sotto la guida di Roberto Giannatelli formato nell’ACR, specializzato in didattica alla scuola di Don Calonghi, poté valorizzare per l’IRC delle risorse della didattica. È merito suo l’introduzione del metodo del curricolo nell’IRC (scuola media). Dopo di lui, si spense progressivamente ogni interesse per la scuola primaria e media. La dimensione didattica non fu valorizzata nell’IRC nella secondaria superiore che iniziava il suo percorso di pedagogia ermeneutica sotto la guida di Zelindo Trenti (didattica diventata oggi scopo primario a cura di R. Romio).

L’IRC non fu dunque mai col-laborato tanto meno co-gestito da nessun altro curricolo della FSE e visto piuttosto con disinteresse perché già tanto -si diceva- funzionava bene.

Ma come sopra accennavo, non mancarono opportune scosse a livello epistemologico che poi purtroppo si spensero. La prima scossa avvenne in relazione ai nuovi accordi concordatari che si stavano preparando (assieme alla riforma globale della scuola e dunque anche dei nuovi programmi di religione). Sull’onda dei dialoghi inter-ideologici tra gli anni ‘70 e ‘80, organizzati dalla FSE, la FSE fece un Seminario di studio all’Hotel Ritz proponendo il superamento della confessionalità  con una disciplina Religione a base culturale.[2] Più avanti a proposito della Riforma della scuola primaria la FSE aderì alla proposta AIMC di dare per titolo “Fatti e fenomeni religiosi”. Ma l’interesse della FSE si fermò lì. L’IRC è in ICA, è in sua totale gestione (al tempo del Dipartimento l’IRC fu sempre considerato affare della FSE-ICA), senza negare, ma anzi riaffermandoli, utili incontri in vista di qualche Convegno o pubblicazioni, specie di ricerche sul campo (v. sotto). Come del resto ancora oggi sta facendo. Di qui un campo epistemologico scoperto. Nell’ultimo triennio l’ICA ha assunto la prospettiva nuova nel binomio di “educazione e cittadinanza”. Ad onore del vero, come già ebbi a dire, una riflessione teorica dal titolo di “ermeneutica esistenziale” fu elaborata da Trenti per la secondaria superiore.

 

2. Qualche altro dato seguendo il corso storico. La partecipazione dell’ICA all’IR inteso sempre come IRC, è stata portata avanti nel curricolo di catechetica ma in misura sempre più distinta, con la scelta di un approccio culturale all’IRC e alla non identificazione con la catechesi perfezionando e divulgando tale scelta in tutta Italia. Notevole fu la collaborazione con la CEI (fino agli anni ‘90 vigeva in essa un Ufficio unico per la catechesi e IRC) che ebbe in ICA sia per la catechesi sia per l’IRC il proprio referente di livello universitario, godendo così il nostro Istituto di alta stima e senza condizionamenti, invitati a tenere Corsi di aggiornamento sulla natura di IRC e per i docenti di religione, a livello nazionale.

 

3. L’ICA partecipò all’interpretazione ed attuazione degli accordi concordatari, collaborò pure alla riforma della scuola da Luigi Berlinguer a Stefania Giannini, partecipò pure in misura diretta alla stesura dei vari programmi di religione (oggi Indicatori nazionali) e al loro commento. Alcuni dell’ICA furono e sono membri della Consulta CEI per l’IRC. L’ICA fu pure partecipe della Consulta nazionale per la scuola cattolica.

 

B. Versante operativo-organizzativo

 

4. Le persone professionali furono R. Giannatelli, dedito -assieme a Don Gianetto- alla componente didattica, J. Gevaert a quella antropologica, U. Gianetto alla dimensione storica, Bissoli a quella biblica con l’istituzione di una cattedra apposita. Con altri docenti italiani ed esteri chiamati di volta in volta. Fu scelta assai positiva la formazione e collaborazione di un team di esperti tra cui nominiamo Marcella Pomponi come leader per le medie, e Margherita Dragoni ed équipe W la vita per le elementari. Così come Trenti con la sua équipe per la secondaria superiore.

 

6. Costante fu la cura di un’ampia base sperimentale a Roma e in Italia. Ossia un certo numero di insegnanti applicava in classe i criteri di docenza proposti dall’ICA, criteri elaborati nelle medie in un progetto dal titolo di Progetto uomo (Giannatelli e Marcella), idem per la scuola elementare, radunati anche qui in un progetto dal titolo W la Vita (Bissoli, Margherita).

 

7. Da qui l’origine di volumi per l’IRC con il titolo del progetto. Essi ebbero la diffusione italiana più grande fino a quando si pervenne alla libera composizione di libri di testo: Progetto uomo per le medie G-M); Religione e vangelo oggi in Italia ancora per le medie (Gianetto): è il testo migliore tra quanti fin qui stampati per questo tipo di scuola. Per la secondaria superiore, vanno nominati la serie di volumi a cura di Trenti-Lever-Maurizo che mirano ad un’accurata base culturale dei contenuti religiosi. Religione e cultura è il titolo del volume.

 

8. Altra caratteristica, che continua anche oggi, è l’offerta di Convegni di studio periodici lungo l’anno ed estivi per insegnanti italiani, sia qui all’UPS (Seminario di studio di autunno, Corso per docenti in primavera) sia come Corso estivo, a Colfosco, Corvara, Val di Fassa (Trenti) dagli anni ‘80 fino ad oggi. Abbondante era allora il finanziamento da parte della CEI-Miur.

 

9. La condizione universitaria dell’ICA in particolare con l’Istituto di sociologia favorì ben quattro

ricerche sociologiche nazionali sulla religione nella scuola, diversificate negli obiettivi, godendo di alta stima.

 

C. Linee di tendenza

 

10. Ricerca di dialogo a livello internazionale sulla pedagogia religiosa, in particolare con docenti universitari di Religionspädagogik (tra loro G. Stachel) e incontro biennale (in Germania e in Italia fin dagli anni ‘70 al 2011). Viaggi annuali europei di studio (Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Malta…) e nazionali (Milano, Torino, Verona…) anche sul versante IRC. Iscrizione e partecipazione al Forum europeo di insegnamento religioso.

 

11. Attenzione specifica fu sempre data alla conoscenza dettagliata dei nuovi programmi (oggi ‘Indicazioni nazionali’) di religione cattolica sul molteplice versante teologico, antropologico, biblico, storico e storico degli effetti, filosofico, pedagogico-didattico; si è curata la comprensione e possibile attuazione nel contesto scolastico italiano. Chiaramente questa impostazione non era e non è trasportabile tal quale ma semmai come modello nell’IR del curriculo accademico.

 

12. Linea di tensione fu sempre di adempire ad un compito di fedeltà spiegando l’IRC come è proposto alla Chiesa italiana a docenti italiani andando oltre a una comprensione dottrinalista (dogmatica), curando un’attenzione antropologica di un Dio per l’uomo, badando alle fonti  anzitutto biblica, elaborando una didattica più creativa, favorendo un dialogo sulle domande di senso e l’apertura ad una domanda di fede, avvertendo, ma non ancora iniziando un IR nel pluralismo religioso e interculturale.

 

D. Elementi da considerare  

           

13. Diretta attenzione anche all’insegnamento di religione come religione cattolica, almeno là dove accade (Italia, Germania, Spagna, Paesi dell’Est…) soprattutto laddove l’insegnamento è rivolto a docenti di religione italiani (Convegni per altro finanziati dal MIUR). Motivi: per un obbligato rispetto del dispositivo; perché molti docenti ne sanno ben poco materialmente e ancora meno quanto alla dinamica interna; perché gli attuali programmi (indicazioni nazionali) determinano intrinsecamente un dialogo aperto al pluralismo disciplinare, culturale (filosofico). Arricchendo così in concretezza il quadro più ampio di religione-educazione fin qui condotto. Chiaramente i programmi di religione (italiani) vanno letti e capiti nell’ambito della complessa Riforma in atto della scuola (v. Cicatelli).

 

14. Attenzione alla elaborazione di modelli didattici, da validare con forme di sperimentazione sul campo (seminari, tirocini), giungendo a produzione di pubblicazioni (articoli, libri, libri di testo).

 

15. I docenti di religione (italiani) necessitano ancora di forte approfondimento non solo pedagogico, ma anche teologico, biblico, storico, didattico, metodologico…

 

16.Riprendere attenzione alla scuola primaria e secondaria di primo grado.

 

17. Disporre all’interno dell’ICA di una équipe di professori e team di collaboratori (esperti di altre discipline, docenti di religione), sempre meglio aggiornati e preparati.

 



[1] L’Azione Cattolica e diversi Centri (salesiano, paolino, scuole cristiane…) prima e al seguito del Vaticano smossero le acque per un IRC distino da catechesi (c. di San Pio X). In ciò coinvolsero l’ICA e di fatto lo riconobbero Ventro-guida fino al 1984 (e dopo), in forza di pubblicazioni (articoli e testi scolastici).   

[2] Facoltà Scienze dell’Educazione, Dibattito sull’insegnamento della religione, PAS-Verlag, Zürich 1972. V. anche L’educazione religiosa in tempo di transizione culturale-pedagogica, in “Orientamenti Pedagogici” 47 (2000), n.3. 

 

Coordinate del pensiero sulla religione nell’ICa

Alcune nozioni-chiave: esperienza – ermeneutica – trascendenza

Salvatore Currò

 

Premessa

Mi concentro sul pensiero di Zelindo Trenti, giacché stiamo facendo memoria del primo anniversario della sua morte e giacché l’apporto da lui dato all’ICa è stato fondamentale. Cercherò di richiamare i nuclei portanti del suo pensiero. Lo faccio senza preoccupazioni di completezza ma basandomi soprattutto sulla mia amicizia personale con Zelindo e sui tanti confronti di cui ho beneficiato.

Propongo un breve percorso che ruota attorno a tre nozioni-chiave del suo pensiero: esperienza, ermeneutica e trascendenza. Lo faccio in modo schematico e riportando alcuni passaggi dei suoi testi. Concluderò evidenziando qualche criticità, alludendo a possibili ulteriori sviluppi, ma, in fondo, sulla stessa traiettoria da lui aperta.

 

  1. La prospettiva educativa dell’esperienza.

    Un elemento portante del pensiero di Trenti è l’indicazione forte che l’educazione religiosa e la catechesi, soprattutto quando si rivolgono agli adolescenti e ai giovani, sono chiamate a un cambio di prospettiva: dalla centralità della proposta alla centralità della persona, della sua esperienza e del suo progetto di vita. Non si tratta del semplice passaggio da una proposta dottrinale a una proposta esistenziale. Non si tratta nemmeno di tener viva la dimensione esperienziale della proposta cristiana. C’è di più. Si tratta di un rovesciamento di prospettiva. 

  2. Ciò implica un ripensamento dell’obiettivo stesso che non può essere pensato in termini di integrazione fede-vita. Il contesto culturale attuale richiede di pensare l’obiettivo in termini di dare pienezza all’esperienza. 

    Scrive Trenti:

    «La prima verifica da fare riguarda l’obiettivo stesso della pastorale e della catechesi: l’integrazione fede-vita.

    Dove la catechesi tende a tale integrazione, parte da un presupposto sempre meno evidente nell’adolescente di oggi. La fede potrebbe essere assente dalla sua vita. Perciò l’integrazione può forse interpretare il momento iniziale di un processo di secolarizzazione, quando si delineano le prime incrinature che compromettono una solidarietà della fede con la vita tacitamente e ovviamente presagita.

    Ma ormai la nostra situazione è diversa: per molti giovani non si tratta più di scoprire un rapporto e una solidarietà minacciata, ma di recuperare e rifondare la propria fede.

    Il recupero, se avviene, passa attraverso una considerazione prioritaria dell’esperienza che possiamo definire laica, almeno nel senso che significato e valore si sono cercati e riconosciuti a prescindere dal dato religioso. La religione può essere accettata solo se rispettosa di tale autonomia: la promuove e la garantisce.

    Per cui, più che l’integrazione fra due momenti complementari dell’esperienza, è in gioco la verità e la pienezza dell’esperienza, cui la fede deve dimostrarsi parte integrante e insostituibile.

    In altre parole, bisogna mostrare – e forse dimostrare – che una fede è irrinunciabile per un’esperienza umana pienamente realizzata e che la scelta cristiana propone una fede singolarmente sollecitante e proporzionata alla maturazione della persona» (Giovani e proposta cristiana. Saggio di metodologia catechetica per l’adolescenza e la giovinezza, Elle Di Ci, Leumann, 1985, pp. 65-66) .

    E ancora:

«Nella proporzione in cui l’educazione religiosa sposa la logica ermeneutica bisogna prendere atto che cambia l’obiettivo dell’educazione alla fede: non l’assimilazione integrale della dottrina, ma la ragione – la passione – che orienta il progetto di vita del giovane diventa l’asse portante dell’intero processo educativo» (La fede dei giovani. Linee di un progetto di maturazione alla fede dei giovani, Elledici, Leumann, 2003, p. 148).

D’altra parte, la persona (la soggettività) è a perno della riflessione pedagogica attuale. La religione stessa quindi è provocata sul versante del senso. Si tratta di verificare se essa può essere riferimento importante o addirittura  irrinunciabile per il progetto di vita.

«La persona nella sua singolarità e progettualità è decisamente a perno della riflessione pedagogica attuale. Il richiamo alla religione si giustifica in questa prospettiva, per l’apporto che vi offre, per l’orizzonte che vi apre.

Di sua natura nell’esperienza religiosa lo stesso concentrarsi sulla soggettività proprio della sensibilità contemporanea non costringe entro l’armatura angusta dell’individualità, ma presagisce ed esplora l’orma e il richiamo d’una presenza trascendente, fonte ultima di pienezza umana, che all’origine è vocazione e chiamata e solo successivamente risulta compito e impegno.

La religione sembra così provocata dal silenzio proprio dove la persona cerca “l’orientamento e il senso sia della quotidianità come della globalità della propria esperienza”.

Precisamente dove il significato situato e il senso totale si frammentano o addirittura si dissolvono la religione è chiamata in causa, non tanto per se stessa, quando per una sottesa ricerca di identità che urge soprattutto nell’età giovanile.

È proprio in quanto la religione fa riferimento ad un orizzonte trascendente e definitivo si accredita quale il riferimento irrinunciabile, forse risolutivo, fra i tanti che il contesto propone, oltre la ridda delle interferenze, delle ambiguità e delle contraddizioni.

[…]. Infatti nel riferimento più o meno esplicito e consapevole alla valenza “secolare” ed “esistenziale”, la religione viene restituita alla sua verità e alla sua funzione prioritaria di fermento orientativo dell’esperienza anche consueta, fino a situarsi nei casi in cui è vissuta con piena disponibilità quale “asse portante dell’intero progetto esistenziale”» (La fede dei giovani, p. 43).

«[In sintesi] La sfida che si delinea sembra portarsi sul rapporto che la religione è in grado di instaurare con il progetto esistenziale. “Al cuore dell’educazione attuale sta la realizzazione del singolo”. La religione quale ruolo vi gioca? In ambito educativo non è l’analisi della religione in sé, ma la verifica del suo apporto umanizzante.

Allora le domande orientative sono due:

– quale parte ha la religione nell’esperienza individuale e collettiva?

– come si innerva nei dinamismi che promuovono il progetto personale e la consapevolezza culturale?» (La fede dei giovani, p. 45).

Se nell’educazione tradizionale l’accento è posto sulla dottrina e su Dio, oggi l’accento va posto sull’esperienza e sull’uomo.

«“Concentrare l’attenzione sull’esistenza piuttosto che sulla dottrina” è una scelta che si è andata imponendo in tutte quelle elaborazioni che hanno privilegiato la consapevolezza e l’adesione interiore piuttosto che la conoscenza oggettiva o la pratica concreta. […].

«“Nell’educazione tradizionale” il presupposto di ogni considerazione educativa era l’affermazione di Dio; dato oggettivo da cui poteva ragionevolmente discendere tutta una gamma di considerazioni consequenziali, anche esigenti e rigorose […].

“In un procedimento esistenziale” il primo interesse non è centrato su Dio, ma sull’uomo. L’affermazione di Dio può risultare ineccepibile, ma non interessa (Sartre). La traccia su cui incamminarsi non è quella di Dio: è quella alternativa, che interpreta l’uomo; non tanto nell’affermazione di esistenza, evidente e scontata, quando nella ricerca di significato, tutto da esplorare.

Optare per un procedimento esistenziale è dunque cambiare radicalmente la rotta; è portarsi su un versante diverso e alternativo rispetto alla tradizione. Immaginare che si tratti di accentazioni e di ritocchi nel solco della tradizione è illusorio» (La fede dei giovani, pp. 110-111).

 

2. Una proposta nel segno dell’ermeneutica.

Lo spostamento di baricentro sull’esperienza non deve portare ad una rinuncia propositiva; al contrario, richiede di essere ancora più propositivi, ma di una propositività  ermeneutica. Si tratta di favorire un graduale ma deciso approfondimento dell’esperienza attraverso una proposta che deve caratterizzarsi ermeneuticamente.

La proposta cristiana deve guadagnarsi credibilità sul terreno dell’esperienza (credibilità esistenziale).

D’altra parte, non si può scavalcare il senso dell’essere soggetti, dell’appropriazione dei valori e delle proposte.

«I contenuti, anche quelli definitivi della tradizione, le verità della fede, non costituiscono l’ultimo obiettivo dell’educazione. Rappresentano la condizione, magari decisiva, perché la persona si confronti con i dati di fede e li faccia propri. Ma è esattamente tale appropriazione che la costituisce “credente”; che cambia il suo orizzonte di vita» (La fede dei giovani, p. 140).

La tradizione ha (solo) forza orientativa. Può offrire indicazioni preziose ma… è come un cantiere a cui attingere per la realizzazione di un progetto.

«La tradizione perde in autorevolezza normativa; acquista in forza orientativa» (La fede dei giovani, p. 141).

«La tradizione non costituisce il senso da trasmettere. Può offrire indicazioni preziose e criteri importanti di ricerca e di elaborazione del senso: si può dire, con un’immagine efficace, che la tradizione non offre un deposito di verità da trasmettere; costituisce un cantiere incomparabilmente ricco, cui attingere per la realizzazione di un progetto, ambizioso o modesto che sia, comunque non delegabile al passato» (La fede dei giovani, p. 143).

Il procedimento ermeneutico parte dalla domanda. È a partire dalla domanda che si giustifica il ricorso alla tradizione.

«Il procedimento ermeneutico parte dal soggetto, dalla domanda che gli si impone, da identificare con chiarezza.

È sulla domanda che si giustifica e si definisce il ricorso alla tradizione, alla ricerca anche attuale: queste non vengono rivisitate per se stesse, ma in vista della risposta; cosicché nel ritorno sulla persona, nella novità che la ricerca le ha consentito, si chiude “il circolo ermeneutico”» (La fede dei giovani, 146).

L’approfondimento dell’esperienza è esigente, implica un coinvolgimento graduale ma radicale. L’incontro con Dio implica apertura radicale.

«Mai come nel rapporto con Dio si rende evidente l’esigenza di totalità. Non è lecito andare all’incontro riservandosi un retroterra, per quanto piccolo, che risulti quasi estrema risorsa e un ultimo approdo: Dio non può non costituire l’ultimo approdo» (La fede dei giovani, p. 113).

In questo cammino diventa essenziale l’attenzione al linguaggio. Trenti, sulla scia di Heidegger e di Gadamer, sa che il linguaggio non è un fatto strumentale. Noi abitiamo il linguaggio. Il linguaggio religioso è contesto e possibilità di accogliere risorse di senso e di apertura a Dio.

Il linguaggio religioso, poi, non è tale quando ha Dio come contenuto. Esso si estende a tutta l’esistenza, evoca il mistero della vita e la presenza di Dio nelle vicende della vita.

«Il linguaggio non è religioso solo perché e in quanto parla di Dio: può esplorare l’intero orizzonte dell’esperienza umana, di suoi interessi, delle sue provocazioni; è per lo più in quest’orizzonte che si muove. La Bibbia offre a proposito un affresco grandioso: vicende epiche ed episodi apparentemente insignificanti ne riempiono le pagine. […] Per sé, quindi, ogni argomento può essere oggetto di discorso religioso» (La religione come disciplina scolastica. La scelta ermeneutica, Elle Di Ci, Leumann, 1990, p. 183).

Il senso del linguaggio religioso è che la proposta di fede trovi una profonda sintonia o connivenza nell’esperienza del giovane. L’educazione, di fatto, lavora su questa sintonia…

«L’attuale ricerca sul linguaggio può offrire indicazioni preziose: consente di riconsiderare la proposta evangelica sulla base di un itinerario interiore, da perseguire per “progressiva approssimazione”; che scava contemporaneamente nella sensibilità del giovane e nella verità della proposta, fino a scoprirvi una certa sintonia.

La resa di un giovane al “consumismo” non è totale: gli rimane un margine di insoddisfazione, di noia, di stanchezza che gli consentono di prendere le distanze e rendersi disponibile a scelte alternative; a sua volta la radicale povertà cui il vangelo richiama trova spunti di connivenza, di nostalgia nell’interiorità stessa del giovane: c’è dunque un margine di compatibilità da cui muovere e su cui fare forza per dilatare progressivamente la “sintonia” fra il giovane e il richiamo delle beatitudini.

Proprio “quel margine di compatibilità” è la base che può fondare un processo educativo sensato, il cui sviluppo non è naturalmente garantito: è almeno preparato e propiziato. […].

L’incontro del giovane con l’ideale evangelico suppone che la parola di Dio vi trovi una segreta connivenza. Scovare tale connivenza e dilatarla è esattamente compito dell’educazione. […].

In altre parole: più un giovane, incontrando la proposta evangelica la sente significativa e la fa sua, tanto più chiara e consapevole gli risulta la propria identità e si profila una singolare dialettica fra giovane e proposta evangelica; questa si rivela man mano in grado di offrire prospettive convincenti allo stesso progetto di vita che il giovane va faticosamente perseguendo» (La fede dei giovani, p. 163. Sul tema de linguaggio si veda anche la seconda parte di Opzione religiosa e dignità umana, Armando, Roma, 2010).

 

3. La trascendenza come struttura ultima dell’esistenza

L’esperienza è strutturalmente aperta alla trascendenza (questo è il motivo di fondo del libro Esperienza e trascendenza, Elle Di Ci, Leumann, 1982).

Le tracce della trascendenza nell’esperienza assumono tanti nomi: ricerca, attesa, presagio, provocazione, inquietudine, invocazione; anche: meraviglia, sorpresa.

Queste espressioni sono come delle piste di esplorazione delle profondità della vita. Sono espressioni molto valorizzate in Opzione religiosa e dignità umana, Armando, Roa, 2010, soprattutto la prima parte).

Nel fondo si dà una possibile alleanza tra l’uomo e Dio, anzi una segreta alleanza c’è già. 

È un’alleanza nel segno dell’incontro tra la ricerca-attesa di compimento e l’offerta della pienezza. È un’alleanza nel segno della comprensione del senso vivere. Si tratta di una comprensione esistenziale, ma si tratta pur sempre di comprensione.

È proprio questa centralità della comprensione e del senso, cioè del soggetto cercatore di senso, che pone dei problemi e che spinge a ulteriori approfondimenti.

 

Conclusione: alcune criticità e alcuni possibili approfondimenti lungo la stessa traiettoria.

Trenti è consapevole di alcune possibili critiche, in particolare due: quella relativa al primato di Dio e quella relativa alla lunghezza del percorso esistenziale da lui proposto.

La resistenza più profonda, riguardo alla formulazione dell’obiettivo centrato sul progetto esistenziale, si riferisce al primato di Dio. Ma, secondo Trenti, si onora davvero il primato di Dio, quando si mette al centro l’uomo e il percorso esistenziale. D’altra parte, la Bibbia stessa attesta il primato di una illuminazione di Dio per l’esistenza. La sproporzione poi tra la parola di Dio e l’esistenza è mantenuta nel circolo ermeneutico.

«La resistenza più profonda muove dal presupposto che Dio è il protagonista, che a lui spetta l’iniziativa: che di conseguenza l’annuncio è iscritto nel suo intervento. E questo primo intervento è individuato nella formula dottrinale o nella parola della scrittura.

È il presupposto da demolire: la stessa scrittura è elaborazione progressiva e finalmente luminosa di esperienze interiori di grande intensità religiosa che hanno fermentato il vissuto dei grandi maestri di spirito, e che la Bibbia ha raccolto.

Dio ha parlato prima che nelle scritture nell’anima di quegli uomini religiosi da cui sono nate le scritture. È quindi attraverso l’illuminazione della loro esistenza concreta che si è espresso. Proprio l’esistenza illuminata dall’azione misteriosa dello spirito è all’origine della rivelazione.

La stessa parola rivelata è precisamente illuminazione dell’esistenza. È nello spessore dell’esistenza personale, nella sua singolarità irrepetibile che Dio parla: le scritture e l’elaborazione razionale che ne hanno dato la riflessione teologica e la formulazione educativa la presuppone. Senza questa premessa che crea per così dire lo spazio di risonanza come direbbe la filosofia del linguaggio, la parola rivelata e la sua elaborazione razionale non avrebbero neppure modo di essere percepite e tanto meno accolte.

Il primato di Dio non viene meno quando lo si presagisce e lo si esplora fino a darvi accenti umani intelligibili. […].

Del resto non è neppure in discussione la sproporzione fra il presagio dell’uomo e la parola di Dio che lo interpreta: anzi, in un corretto procedimento ermeneutico è obbligante la novità della proposta e la sua sproporzione con l’esperienza del soggetto; è appunto tale esperienza che sarà messa a confronto per venir modificata e rinnovata.

Ed è scontato in ambito pedagogico che tanto più risulterà efficace la proposta quanto più saprà essere proporzionata e… “sorprendente”. L’intera pedagogia dell’apprendimento muove da presupposti ermeneutici; e se non bastasse, la riflessione sul linguaggio è lì per dirci che la comprensione e l’accoglienza di ogni nuovo contenuto di pensiero suppone una certa “fusione di orizzonti” per cui il soggetto è o entra in sintonia con quanto gli si propone.

Resta l’impressione che le resistenze si radichino in un fraintendimento del procedimento ermeneutico: quasi che tutto il processo di maturazione avvenga in un percorso chiuso del soggetto su se stesso.

A mio parere il presupposto è un altro e forse più tenace, fondato su consuetudini inveterate di “trasmissione” della fede. Per cui l’obiettivo è mandare a memoria e più recentemente trasmettere le verità della fede – traditio -.

Così si dimentica che la trasmissione delle verità della fede non è fine a se stessa ma è mirata al cambiamento – alla conversione – della persona. (La fede dei giovani, 148-149).

La seconda resistenza, come si diceva, è legata al fatto che si tratta di un cammino educativo «lungo, sinuoso, tutt’altro che garantito» (La fede dei giovani, 149).

Trenti risponde a questa critica mettendo in luce l’illusorietà di proposte troppo affrettate o addirittura fondamentaliste, che, alla lunga distanza, si rivelano poco incisive. La lunghezza del percorso, poi, esige un accompagnamento continuo caratterizzato da una logica educativa, in certo senso, costringente e provocatoria rispetto alla fedeltà alle esigenze dell’esperienza stessa.

Ma la critica più forte, a mio parere, che si può fare a Trenti, è sul concetto di esperienza e sulla centralità della conoscenza e della ricerca di senso nella comprensione del soggetto. (Bisogna tener conto che il retroterra filosofico di Trenti è quello della fenomenologia, di Max Scheler in particolare, della filosofia dell’esistenza, di Marcel in particolare).

Non bisognerebbe risalire (con l’aiuto di altre fenomenologie, ad es. quella di Merleau-Ponty, ma non solo), dall’interno stesso dell’esperienza (del soggetto), al sensibile, all’affettivo, al corporeo? Prima che conoscente e in ricerca di senso, il soggetto non è il legato-agli-altri, l’interpellato, il responsabile, l’estraneo a se stesso?

L’esperienza, poi, non è attraversata da una sorta di contromovimento, da un appello, da una chiamata, da un richiamo di responsabilità per l’altro, da momenti di rottura? Il senso dell’esperienza non è in una sorta di resa, di rottura dell’esperienza stessa? Il senso dell’umano non è nella rottura della progettualità o nel contromovimento che attraversa la progettualità?

Queste domande aprono la strada, forse, ad ulteriori approfondimenti, esigiti dall’attuale contesto culturale ed educativo. Ma si tratta di approfondimenti, pur significativi, che si pongono sulla stessa traiettoria tracciata da Trenti.

Per lavorare su questi approfondimenti, si richiede, come si è accennato, un confronto serio con le attuali fenomenologie della corporeità, del dono, della responsorialità, dell’estraneità dell’identità, ecc. Si richiede, poi, una presa in carico radicale dell’ispirazione della Rivelazione nel percorso esistenziale: non si tratta tanto di andare incontro alla Rivelazione, ma piuttosto di lasciarsi attraversare da essa o di modularsi su di essa. Si richiede, infine, un dialogo aperto e profondo tra scienze umane e teologia, in modo tale che la riflessione sull’umano possa aprirsi più radicalmente al riconoscimento delle tracce di Rivelazione e la teologia possa trovare il terreno dei vissuti (l’esperienza) come luogo teologico, luogo già abitato da Dio.

 

Alcune foto del seminario:

 

 

SEMINARIO DI STUDIO

Educazione Religiosa nell’Istituto di Catechetica: un percorso storico.

Ricordiamo don Zelindo Trenti

SEMINARIO DI STUDIO 

17 marzo 2017 – Ore 15 – 19

PROGRAMMA: Seminario ICA Marzo 2017

 

Nel pomeriggio del 17 marzo 2017, presso la sala J. Vecchi dell’Università Pontificia Salesiana, si svolgerà un Seminario di Studio dal titolo “Educazione religiosa nell’«Ica»: un percorso storico”.

Un crocevia di passato e futuro nella memoria del Prof. Don Zelindo Trenti in occasione del primo anniversario della scomparsa.

Il pomeriggio di studio vuole offrire un quadro dell’attività svolta dai membri dell’Istituto di Catechetica nel pluridecennale impegno accademico, formativo e pubblicistico nel settore dell’educazione religiosa.

L’apporto di qualificati esperti nel campo della pedagogia religiosa e dell’insegnamento della religione cattolica permetterà di rivisitare l’offerta formativa proposta dall’ICa e insieme di cogliere la logica pedagogica che ha animato una presenza di riconosciuta qualità negli ambienti ecclesiali e civili.

Poiché non vuole ridursi ad una celebrazione rievocativa, il Seminario ha il desiderio di evidenziare anche l’orizzonte nel quale intende muoversi la riflessione teorica, l’impostazione metodologica e la proposta formativa dell’ICa. L’Istituto infatti intende fornire un servizio sempre più aggiornato e qualificato alla Chiesa, alla Società, alla Congregazione Salesiana e alla Comunità Accademica nel campo dell’educazione e dell’istruzione religiosa.

 

La scelta dell’ora di religione

L’insegnamento della religione cattolica è scelto da quasi il 90% degli studenti, segno di una marcata vivacità educativa che continua a raccogliere consensi in un’epoca segnata da profonde trasformazioni sociali.
A poche settimane dalla pubblicazione del rapporto “Una disciplina alla prova”, la Presidenza della CEI nel Messaggio in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2017-2018, ricorda l’importanza dell’istruzione religiosa “chiave di lettura fondamentale della realtà”, dove gli insegnanti, “testimoni credibili”, accompagnano i ragazzi nel loro “personale ed autonomo percorso di crescita”.
 
In allegato il testo del Messaggio.
  

“Progetto educativo e IRC”

ultimi giorni d’iscrizione

IMPORTANTE: siamo giunti al numero di 50 iscritti autorizzati dal MIUR. Si accettano altre iscrizioni, in lista d’attesa, ma non viene garantito il finanziamento.

L’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana sviluppa una pianificazione triennale attorno all’insegnamento della religione nella scuola, di cui è in svolgimento la seconda annualità, nella quale rientra l’iniziativa del presente Corso.

 

La tematica generale del triennio – “Educazione, apprendimento e insegnamento della religione” – è incentrata sull’attività di insegnamento scolastico della religione, accostata con attenzione particolare ad aggiornate questioni scolastiche (relative appunto all’apprendimento) e nel quadro generale di riflessione pedagogica, in modo da offrire un qualificato contributo al decennio in corso, dedicato all’educazione.

La prima annualità della pianificazione è stata dedicata ad osservare la situazione dell’istruzione religiosa (sul triplo versante degli studenti, dei docenti e della disciplina) e a sottolinearne le prospettive educative.

La seconda annualità concentra l’attenzione sulle due situazioni dell’educazione e dell’apprendimento, sempre riferite all’insegnamento della religione. La finalità è quella di tematizzarne in maniera aggiornata la differenza e complementarità, sia in un quadro pedagogico generale, sia in un approccio didattico specifico, per cogliere risorse, apporti, problemi e limiti.

Il tema del Corso residenziale 2016 (“Progetto educativo e IRC”), risponde alla logica del percorso formativo, poiché cerca di evidenziare come il lavoro scolastico –  e quindi l’insegnamento della religione – si muova in un orizzonte di relazioni educative, che vedono protagonisti allievi, insegnanti e la disciplina stessa.

L’insegnamento della religione può svolgere un ruolo originale e critico in un quadro scolastico che va modificandosi e pone l’accento in maniera esigente su questioni a cui viene dato un nome nuovo, ma che non sempre sono novità in senso assoluto. Ecco perché la prospettiva è quella dell’educar-ci nelle situazioni tipicamente scolastiche, facendo eco al tema del Convegno IRC, realizzato nel mese di marzo 2016.

 

2. Obiettivo

Il Corso intende qualificare competenze educativo-didattiche degli Insegnanti di Religione in conformità con quanto indicato dall’Intesa (nn. 4.1. e 4.7.) e dai nuovi profili propri dell’IRC (DPR 11.02.2010; CM 70/03.08.2012; Nota MIUR 31.10.2012), in vista di un attento servizio dell’IRC all’evoluzione della scuola italiana e della pedagogia religiosa.

Si tratta quindi di identificare alcune sfide educative per la scuola e l’IRC e a questo scopo saranno orientate le lezioni frontali, i laboratori e il lavoro on-line attraverso apposita piattaforma organizzata all’interno della Rivista gestita dall’Istituto di Catechetica (www.rivistadipedagogiareligiosa.unisal.it).

 

3. Destinatari

            Insegnati di Religione Cattolica di ogni Ordine e Grado scolastico, provenienti da tutte le Diocesi italiane. Questi riceveranno dall’Università Pontificia Salesiana apposita certificazione di frequenza e partecipazione ai fini dell’aggiornamento professionale e riconoscimento da parte del MIUR.

 

4. Metodo

            Il metodo proposto è quello affinato in molti anni di attività di formazione continua per Insegnanti di Religione. Il tempo di 48 ore verrà ripartito in sei giorni residenziali ed assegnato a lezioni frontali e laboratori. A completamento del lavoro in presenza sono previste inoltre 12 ore di lavoro individuale su piattaforma on-line (nella propria sede).

            Le Lezioni frontali, tenute da Docenti e Ricercatori, offriranno uno sviluppo del tema del Corso, secondo i criteri scientifici propri delle aree epistemologica, pedagogica, didattica, biblica, teologica; saranno completate dall’approfondimento diretto in sessione plenaria, secondo modalità consone all’argomento, stabilite dai vari Relatori.

            I Laboratori, guidati da Insegnanti di Religione in servizio, esperti della Disciplina, hanno l’obiettivo di favorire l’approfondimento dei contenuti, a partire da una lettura appropriata delle situazioni scolastiche (Scuola dell’Infanzia/Scuola Primaria – Scuola Secondaria 1° Grado/2° Grado), e di accrescere la competenza teorico-pratica dei docenti, valorizzando il confronto professionale e portando ad una sintesi finale, in cui ogni Ordine di scuola porterà un contributo al tema del Corso.

            Di seguito si offre una descrizione dettagliata ed esaustiva delle modalità di realizzazione del Corso.

 

5. Programma

Giornate di Lavoro

Domenica 3 luglio

18:00 – Inaugurazione del Corso

20:00 – Cena

Lunedì 4 luglio

08.30 – Introduzione

09:00 – R1. J.L. Moral – Il progetto dell’umanizzazione nella scuola

10:30 – Intervallo

11:00 – R2. C. Carnevale – Progetto educativo IRC nelle Indicazioni Nazionali

13:00 – Pranzo

15:00 – Laboratorio

16:30 – Intervallo

17:00 – Laboratorio

20:00 – Cena

Martedì 5 luglio

08.30 – Introduzione

09:00 – R3. M Pellerey – Progettare e sviluppare un curricolo pedagogico-didattico per competenze

10:30 – Intervallo

11:00 – R4. D. Grządziel – Prospettiva antropologica della progettazione educativa e didattica. Analisi critica di alcuni elementi della progettazione

13:00 – Pranzo

15:00 – Laboratorio

16:30 – Intervallo

17:00 – Laboratorio

20:00 – Cena

Mercoledì 6 luglio

08.30 – Introduzione

09:00 – R5. C. Pastore – Costanti educative nella Bibbia

10:30 – Intervallo

11:00 – R6. U. Montisci – Lettura teologico-pastorale del valore educativo della “misericordia”

13:00 – Pranzo

15:00 – Laboratorio esterno: visita culturale

20:00 – Cena

Giovedì 7 luglio

08.30 – Introduzione

09:00 – R7. Z. Formella –Progettare l’intervento psico-educativo sulla base della teoria ecologica di Urie Bronfenbrenner

10:30 – Intervallo

11:00 – R8. G. Cursio – Progetto educativo: sviluppare cambiamento negli studenti

13:00 – Pranzo

15:00 – Laboratorio

16:30 – Intervallo

17:00 – Laboratorio

20:00 – Cena

Venerdì 8 luglio

08.30 – Introduzione

09:00 – R9. M Wierzbicki – Valutare le competenze: linee di interpretazione dell’esperienza religiosa

10:30 – Intervallo

11:00 – R10. G. Usai – L’IRC nel quadro dell’educazione religiosa

13:00 – Pranzo

15:00 – Laboratorio

16:30 – Intervallo

17:00 – Laboratorio

20:00 – Cena

21:00 – Valutazione del Corso

Sabato 9 luglio

08:30 – Introduzione

09:00 – Report conclusivo dei Laboratori

11:00 – Intervallo

11:30 – Conclusione del Corso

13:00 – Pranzo

 

6. Relatori

  • Cristina Carnevale, Insegnante di Religione Scuola Primaria – Roma, Ricercatrice campo educativo/didattico.
  • Giuseppe Cursio, Insegnante di Religione Scuola Secondaria 2° Grado – Roma, Ricercatore campo educativo/didattico.
  • Zbigniew Formella, docente di Psicologia dell’Educazione presso l’UPS.
  • Dariusz Grządziel, docente di Pedagogia Generale presso l’UPS.
  • José Luis Moral, docente di Pedagogia religiosa presso l’UPS.
  • Ubaldo Montisci, docente di Teologia dell’educazione presso l’UPS.
  • Corrado Pastore, docente di Pastorale e Catechesi biblica presso l’UPS.
  • Michele Pellerey, docente emerito di Pedagogia generale presso l’UPS.
  • Giampaolo Usai, Docente Invitato per Pastorale Scolastica – UPS Roma/Insegnante di Religione Scuola Secondaria di 1° Grado – Roma.
  • Mirosław Stanisław Wierzbicki, docente di Pedagogia religiosa presso l’UPS.

7. Coordinatori Laboratori:

Usai Giampaolo, Insegnante di Religione Scuola Secondaria di 1° Grado

Cristina Carnevale, Insegnante di Religione Scuola Primaria.

Giuseppe Cursio, Insegnante di Religione Scuola Secondaria 2° Grado.

Maria Pinella Etzi, Insegnante di Religione Scuola Secondaria 1° Grado.

Renata Gianni, Insegnante di Religione Scuola Secondaria 2° Grado.

 

8. Sede del Corso

Hotel Santa Chiara

Via dei Colli, 50

53042 Chianciano Terme (SI)

 

Il Corso è organizzato ai sensi delle Direttive Ministeriali n. 305 (art. 2 comma 7) dell’1 luglio 1996, n. 156 (art. 1 comma 2) del 26 marzo 1998.

Ai sensi dell’art. 14 comma 1, 2 e 7 del CCNL, rientra nelle iniziative di formazione e aggiornamento progettate e realizzate dalle Agenzie di Formazione riconosciute dal MIUR.

Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato di partecipazione. 

 

È stata chiesta l’Autorizzazione alla CEI nel mese di marzo 2016. La  CEI ha introdotto il Progetto al MIUR alla fine dello stesso mese di marzo 2016.

Abbiamo richiesto il finanziamento per 50 persone.

L’Iter presso il MIUR è già iniziato e l’approvazione anche del finanziamento è prevista per fine maggio – inizio giugno 2016.

 

Iscrizioni e informazioni

Segreteria Istituto di Catechetica

Università Pontificia Salesiana

Piazza Ateneo Salesiano, 1

00139 Roma.

Tel. 06 87290651 — 06 87290808

Fax 06 87290.656 

E-mail: catechetica@unisal.it

 Orario di ufficio: Martedì e Giovedì, dalle 8.30 alle 12.00 ore.

 

„ Le iscrizioni al Convegno devono pervenire via Fax o Mail entro il 20 giugno 2016 alla Segreteria dell’Istituto di Catechetica, mediante:

  • Invio della Scheda di Iscrizione elaborata in tutte le sue parti. Si prega di non scrivere a matita.
  • La richiesta di alloggio presso la struttura di Chianciano Terme viene fatta dall’Istituto di Catechetica.
 

SCARICA IL Depliant- CorsoEstivoIRC.2016

Sfide educative dell’IRC

Sono disponibili i materiali del «Corso Estivo di Aggiornamento per Insegnanti di Religione» – organizzato dall’Istituto di Catechetica (Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana) a Roma dal 3 al 8 luglio 2015 che ha trattato il  tema delle «Sfide educative dell’IRC». 

Il corso «Sfide educative dell’IRC» ha fatto il punto sull’attuale situazione dell’IRC e, mettendo in luce alcune delle sfide educative fondamentali per il futuro dell’IRC e valorizzando molti passi attuati dagli interventi normativi di Riforma.

 

SCARICA I MATERIALI:

CORSO ESTIVO IRC LUGLIO 2015

Relazione di Corrado PASTORE: L’IRC: Parola di Dio, parola umana

Relazione di Dariusz GRZĄDZIEL: Didattica e Pedagogia