La “generazione 20 parole”

Scorrendo la lista delle venti parole che costituiscono un terzo delle conversazioni online tra i giovani inglesi si trovano termini banali, come “yeah” (sì), “but” (ma) e “no”, ma anche vocaboli misteriosi come “chenzed”, che può significare “stanco” o “ubriaco”, oppure “spong”, traducibile in “stupido”.
E poi ovviamente ci sono le abbreviazioni tipiche dei dialoghi su internet, come “lol”, acronimo di “laugh out loud” (“rido a crepapelle”).
Applicando gli stessi criteri alle comunicazioni elettroniche tra ragazzi italiani emergerebbero verosimilmente gli ormai proverbiali “xke” al posto di “perché”, “tvb” per “ti voglio bene” o “cmq” invece di “comunque”.
Ma anche nuove forme di saluto, come “bella”, rivisitazione del vecchio “ciao”.
O slittamenti del significato, come nel caso di “pisciare”, ormai usato come sinonimo di “lasciare”, “abbandonare”.
Oppure “accollarsi”, sostituto di “mettersi in mezzo”, “dare fastidio”.
Termini che spesso nascono per esigenze di spazio, per rispettare gli angusti limiti degli sms o dei cinguettii su Twitter.
E che altre volte vengono scelti per marcare una distanza da chi guarda da fuori ed è abituato ad esprimersi in un altro modo.
Un gergo che dall’esterno può sembrare un codice misterioso e in qualche modo persino ostile, ma che secondo gli esperti non completa l’universo linguistico delle nuove generazioni.
E così, mentre il governo inglese si prepara a lanciare per l’anno prossimo una campagna nazionale per arricchire il linguaggio dei teenager, c’è chi ridimensiona gli allarmi e preferisce ricondurre tutto a un problema di gap generazionale: “Tanta gente non capisce come i giovani possano avere un vocabolario per parlare di hip-hop e non per discorrere di politica”, ha detto al Times il linguista David Crystal.
“Il fatto è che i ragazzi sviluppano un frasario articolato per parlare di ciò che piace a loro.
Ed è un vocabolario che gli studiosi non sono ancora riusciti a misurare”.
Repubblica 12 gennaio 2010 SI PUÒ comunicare con 20 parole? Sì, stando a una ricerca inglese che analizza il linguaggio dei ragazzi sul web e che ha fatto inorridire il governo di sua maestà: anche se i teenager hanno un vocabolario di 40 mila termini, quando parlano con i coetanei tramite Internet o il telefonino ne usano solo 800.
Ma non basta: in un terzo delle conversazioni le parole ricorrenti sarebbero appena venti.
Lo sostiene Tony McEnery, professore di Linguistica alla Lancaster University, la cui ricerca ha messo in allarme Jean Gross, appena nominata consulente del governo britannico per le politiche sulla comunicazione giovanile.
La Gross teme che l’abitudine a parlarsi attraverso il computer e i cellulari possa trasformarsi in un handicap insuperabile per il futuro dei teenager: “I ragazzi passano sempre più tempo comunicando attraverso gli sms e altri strumenti elettronici, con messaggi brevi e diretti”, ha detto.
“Ma devono capire che ottocento parole non sono sufficienti per conquistare un lavoro e avere successo nella vita”.

Ritorno a scuola: le novità scolastiche

Ritorno a scuola oggi di oltre 8 milioni di studenti, dopo il pieno delle vacanze natalizie.
Comincia il primo semestre scolastico 2010, al termine del quale questo 2009-2010 andrà in archivio con alcune novità tutte ancora, però, da scoprire.
Gli studenti che andranno all’esame di licenza o di maturità sono attesi da due novità.
Il voto finale dell’esame di licenza (terza media) verrà calcolato sulla media aritmetica del voto di ammissione e di tutte le prove scritte e orali d’esame.
E’ prevista la lode, anche se sarà molto difficile, con questo meccanismo della media, conseguirla.
Per l’ammissione all’esame di Stato (maturità) quest’anno sarà necessario conseguire almeno il sei in ogni disciplina di studio oltre che nel voto di comportamento (come già avventuo nel 2009 per l’ammissione all’esame di licenza).
L’anno scorso per l’ammissione all’esame di Stato bastava la media del sei, comprensivo del voto di comportamento.
Si tratterà di un giro di vite, dunque, che potrebbe fare molte vittime.
Fuori dalle aule, le altre novità riguarderanno i regolamenti del secondo ciclo, attesi nelle prossime settimane ma che saranno pubblicati in Gazzetta ufficiale non prima della fine di febbraio. 

Un anno di scuola dalla A alla Z

UN ANNO DI SCUOLA DALLA  A ALLA Z Fatti, avvenimenti e persone – Consuntivo del 2009 A cura di TUTTOSCUOLA A   Aprea (gennaio- dicembre 2009) – Si era intuito fin dall’inizio della legislatura che la responsabile storica dell’ufficio scuola di Forza Italia, e già sottosegretario per cinque anni nel precedente governo Berlusconi, Valentina Aprea, avrebbe svolto un ruolo di rilievo in questa legislatura.
Non come ministro o viceministro per la scuola, dopo la nomina di Mariastella Gelmini alla guida del ricostituito MIUR – quindi non con un incarico a livello governativo – ma come punto di riferimento dell’azione parlamentare della maggioranza, in qualità di presidente della VII commissione Cultura della Camera.
Incarico che la parlamentare milanese ha svolto in piena autonomia rispetto alla linea governativa, tanto da essere in più occasioni giudicata come la leader delle colombe del PDL.
La più incline, non solo per la sua funzione istituzionale, a cercare mediazioni e punti di dialogo con l’opposizione.
Quasi bipartisan…
B Bersani (ottobre 2009) – “Auspico che con Bersani si possa uscire dalla contrapposizione preconcetta, dalla valutazione ideologica.
Credo che sia un’occasione per capire se il PD sceglie le riforme oppure la conservazione”.
Questo il commento a caldo rilasciato dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini ai quotidiani subito dopo l’elezione di Pierluigi Bersani a segretario del Partito Democratico.  Se l’auspicio (non disinteressato) della Gelmini sarà esaudito o meno, lo si capirà presto, a partire dal settore della scuola.
Certo è che per dialogare bisogna essere in due.
C   Cabina di regia   (settembre 2009) – Paola Mastrocola, nota scrittrice (autrice del best seller “La scuola raccontata al mio cane”) e docente di lettere nei licei, è il personaggio più noto tra i componenti della “Cabina di regia” varata dal ministro Gelmini per coordinare i vari provvedimenti, e i relativi pareri previsti, per l’attuazione del nuovo assetto dei licei.
Il gruppo di lavoro cura, tra l’altro, i rapporti con le associazioni professionali e le scuole, anche in vista della definizione delle Indicazioni nazionali per i licei.  La cabina è presieduta da Max Bruschi, consigliere del ministro, e ne fanno parte 13 esperti, oltre a Bruschi: 3 dirigenti tecnici (Luciano Favini, Anna Maria Benini Spada, Gisella Langé), 3 dirigenti scolastici (Luca Azzolini, Luciano Gigante, Elena Ugolini), 4 docenti (Paolo Ferratini, Roberto Giovannetti, Paola Mastrocola, Andrea Ragazzini).
Completano la cabina Walter Moro, direttore scientifico del CISEM di Milano, Elisabetta Mughini dell’ANSAS e Arduino Salatin, presidente dell’IPRASE di Trento.  Peccato che Paola Mastrocola abbia quasi subito lasciato il gruppo.
Chissà che cosa avrebbe raccontato al suo cane…  Crocifisso (novembre 2009) – Fa scalpore la sentenza della Corte di Strasburgo per i diritti civili che impone allo Stato italiano di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche.
Con varie motivazioni quasi tutte le forze politiche italiane, e la maggioranza degli intellettuali, criticano la sentenza.
Testate giornalistiche di orientamento assai diverso come l’Osservatore Romano, il Foglio e il Riformista, e molte altre, riprendono le parole scritte nel 1988 sul quotidiano L’Unità dalla scrittrice di origine ebrea Natalia Ginzburg, non credente, a difesa dell’esposizione del crocifisso nelle scuole italiane.
Parole di straordinaria compostezza: “L’ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell’ora e quelli che si alzano e se ne vanno (…).
Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione.
Tace.
È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente”.
E ancora: “Il crocifisso è il segno del dolore umano.
La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze.
La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte.
Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo.
Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio.
Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo.
(…) Prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini.
E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti.
A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola”.
Parole di grande efficacia e anche di notevole attualità.
D   Disponibilità   (giugno 2009) – Si profila per la prima volta l’ipotesi di applicare al settore della scuola una forma di ammortizzatore sociale, in favore degli insegnanti precari – cui poi si aggiunge anche il personale ATA – che avevano ricevuto un contratto annuale nel 2008-2009, non confermato per il 2009-2010.
Il contratto, detto di disponibilità perché comporta la disponibilità degli interessati ad effettuare supplenze brevi nel corso dell’anno, si regge su una inedita cooperazione quadrangolare tra MIUR, Ministero del Lavoro, INPS e Regioni.
Solo dopo alcuni mesi l’accordo diventa operativo, e se ne definiscono meglio i dettagli: il contratto di disponibilità comporta un’indennità di disoccupazione per un massimo di 8 mesi (12 se ultracinquantenni), da alternare alle eventuali supplenze brevi che dovessero essere assegnate agli interessati nel corso dell’anno.
Per i primi 6 mesi l’indennità corrisponde al 60% della retribuzione media degli ultimi tre mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione; per i 2 mesi successivi al 50%, per i restanti mesi al 40% sempre della retribuzione media degli ultimi tre mesi.
È stata messa una pezza sul problema del precariato scolastico.
Per quest’anno.
Docenti di religione (luglio 2009) – Una nuova ordinanza di sospensiva del Tar Lazio riapre una questione “antica” che ciclicamente ritorna nel mondo della scuola: il docente di religione.
Questa volta l’oggetto del contendere è la parità di ruolo dei docenti di religione nell’attribuzione del credito scolastico degli studenti delle scuole secondarie superiori.
Il credito scolastico, come si sa, viene determinato sulla base della media dei voti ottenuti nelle varie discipline (ma religione non ha voto e, quindi, viene esclusa dalla determinazione della media).
Il punteggio di base ottenuto dalla media dei voti può essere integrato in base ad attività e crediti formativi acquisiti dallo studente.
Un decreto dell’ex-ministro Fioroni include la religione tra le valutazioni integrative del credito, ma è proprio quel decreto ad essere impugnato davanti al Tar del Lazio, ottenendo che il docente di religione non concorra alla determinazione del credito finale, escludendo in tal modo con il docente anche l’insegnamento della religione dal credito scolastico.
Il mondo politico e sindacale si spacca sull’ordinanza che relega il docente di religione ad una posizione di non pari dignità.
Il regolamento sulla valutazione, emanato dal ministro Gelmini ad agosto, supera il problema prevedendo espressamente la pari dignità del docente di religione nella determinazione del credito scolastico.
L’insegnamento della religione è salvo.
Ma fino a quando?   E   Eluana (febbraio 2009) – Il dibattito pubblico sulla sorte della sfortunata Eluana Englaro coinvolge grandemente dal punto di vista emotivo gli studenti delle scuole italiane.
Al di là delle controversie politiche, si è trattato di uno dei momenti più alti del confronto di idee, valori, visioni della vita e della morte, che si sia realizzato in Italia nel dopoguerra, paragonabile per intensità al dibattito sviluppatosi durante il rapimento e dopo l’uccisione di Aldo Moro, ricostruito da Alfredo Vinciguerra in un indimenticato instant book del 1978 (Questo Paese non si salverà…).
L’eco del dibattito raggiunge le aule delle scuole secondarie superiori, e qualche insegnante, nel quadro della sperimentazione di nuovi contenuti e metodi per l’insegnamento della disciplina  “Cittadinanza e Costituzione” – prende l’iniziativa di utilizzare a fini didattici la discussione in atto, avvalendosi anche della lettura dei giornali, che alla vicenda dedicano editoriali e interventi di notevole spessore.
Il triste destino di Eluana ha fornito agli insegnanti italiani una grande opportunità per dare un significato moralmente elevato e pedagogicamente efficace al nuovo modo di intendere l’Educazione civica nel nostro tempo.
Ma in quanti l’avranno colta?     F Fannulloni (febbraio 2009) – Continua la campagna del ministro Renato Brunetta per migliorare l’efficienza dei servizi pubblici.
La sua lotta ai dipendenti “fannulloni” è diventata proverbiale, tanto da essere ricordato nelle rappresentazioni dei presepi napoletani che ogni anno riprendono uomini politici e vip.
Il tasso di assenteismo diminuisce anche nel comparto scuola mediamente di circa il 30% rispetto al precedente anno.
Il nuovo decreto annunciato dal ministro dovrebbe rivedere i tempi di reperibilità modificando quelli, molto rigidi, dello scorso anno quando vi era “una sola ora d’aria”.
Sono attese misure non troppo lassiste.
Basterà il bastone per migliorare i comportamenti dei fannulloni od occorrerà ricorrere, come promesso dallo stesso ministro, alla politica della carota? G Gardner e le tre E (novembre 2009) – Howard Gardner, lo psicologo statunitense, professore presso l’università di Harvard, noto in campo educativo per la sua teoria sulle intelligenze multiple, intervenendo alla IX Conferenza internazionale promossa dall’Osservatorio internazionale della democrazia partecipativa (Oidp), con la lezione “Giovani e partecipazione nella vita politica”, illustra una sua interessante tesi.
“Partecipazione e cittadinanza si attivano tramite l’applicazione di una regola semplice – ha detto Gardner, citando come esempio personalità quali Luther King, Mandela, Suu Kyi e Gandhi – Quella delle tre “E”.
Excellence, engagement, ethics, che stanno a significare rispettivamente: la conoscenza delle regole del vivere civile, l’impegno in prima persona e prendere la giusta decisione, anche quando ciò non corrisponda al proprio interesse”.
Per il professore americano nelle città multietniche d’oggi occorre imparare a dialogare.
“Denaro, mercato ed esclusiva affermazione di me stesso sono tipici della società odierna.
A ciò rispondiamo – ha detto Gardner rivolgendosi ai molti giovani presenti al convegno – con tre elementi di buona cittadinanza: etica nelle scelte, rigore e competenza anche nel lavoro e impegno personale per la comunità”.
H Homeschooling (agosto 2009) – Non se ne parla ancora come di una prospettiva a breve termine, almeno in Italia, ma l’iperbolico sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, unito alla perdita di prestigio e di ruolo della scuola tradizionale, potrebbe creare i presupposti per un decollo su larga scala di un’educazione senza scuola, aule, classi.
O di combinazioni tra un orario scolastico ridotto e “compiti a casa” più consistenti, ma assistiti a distanza o eseguiti col supporto di speciali programmi in autoistruzione (e-learning) e in videoconferenza.
Come già avviene da tempo, per esempio, in California.
Importanti esperienze che vanno in questa direzione si fanno anche in Italia, ma solo per allievi lungodegenti (la cosiddetta Scuola in Ospedale), come mostra una interessante iniziativa sperimentale avviata in Toscana in 7 scuole di Firenze e 2 di Pisa, presentata ad agosto.
La grande flessibilità delle nuove tecnologie favorisce la personalizzazione degli itinerari formativi, e potrebbe aiutare sia gli allievi in difficoltà, sia quelli particolarmente dotati diversificando tempi, livelli e modalità di apprendimento.
    I   Italiano   (dicembre 2009) – Le due maggiori Accademie italiane competenti ad occuparsi del problema dello stato di salute della lingua italiana, quella della Crusca e quella dei Lincei, sottoscrivono un documento congiunto, intitolato Lingua italiana, scuola, sviluppo, nel quale si lancia un appello affinché nell’insegnamento e soprattutto nell’apprendimento della nostra lingua nazionale si realizzi una svolta radicale rispetto al progressivo impoverimento che lo caratterizza.
I risultati delle ricerche comparative internazionali IEA e OCSE-PISA non lasciano dubbi, e la gravità della situazione è testimoniata anche dal fatto che non pochi atenei organizzano test d’ingresso di conoscenza dell’italiano scritto e corsi di recupero per chi fa più errori.
Ma l’istruzione universitaria “può sopperire solo in misura limitata a lacune che risalgono agli anni dell’infanzia e della prima adolescenza”, puntualizza il documento delle due Accademie, sottoscritto anche dalla Associazione per la storia della lingua italiana.
Per questo gli accademici sollecitano “un de­ciso rafforzamento dell’italiano nell’in­segnamento scolastico”, ma insistono soprattutto sull’importanza delle ore dedicate alla lingua italiana, da tenere distinte da quelle ri­guardanti la letteratura e la lettura dei testi.
Ciò, secondo il presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini, non significa affatto che si debbano trascurare le lingue straniere.
Al contrario: Sabatini cita la ricerca di un  studioso dell’università di Ginevra, François Grin, secondo la quale se gli svizzeri smettessero di essere plurilingui il Pil del paese calerebbe del 10%.
Forse gli insegnanti delle altre materie non saranno tanto convinti…
Incinta (novembre 2009) – Forse è il primo caso in Italia di un ministro donna che resta incinta nel corso del suo incarico e, forse, proprio per questo, lo stato di gravidanza del ministro Gelmini suscita interesse e anima il gossip.
È il ministro a rendere personalmente noto il suo stato e ad annunciare per i primi mesi del 2010 il matrimonio con il suo compagno e la nascita della sua bambina.
Le voci che danno per possibile un sostegno al suo lavoro mediante la nomina di un viceministro vengono messe a tacere proprio dall’interessata che assicura presenza e continuità nello svolgimento dell’incarico.
Non mancano consigli di chi la invita a preoccuparsi della bambina, ma, per il momento, la Gelmini non manca ad alcuno dei suoi impegni.
Mamma o ministro? La Gelmini intende scegliere entrambi i ruoli.
Auguri.
        L   Libri di testo (luglio 2009) – Quella sulla adozione dei libri di testo è una delle tante ordinanze di sospensiva del Tar Lazio che nel 2009 hanno creato non pochi problemi al sistema di istruzione, obbligando il ministro Gelmini a correre ai ripari e a rintuzzare le inevitabili critiche dell’opposizione.
Un gruppo di docenti lombardi di scuola primaria, sostenuti dalla Flc-Cgil territoriale, impugna la circolare ministeriale per l’adozione dei libri di testo nella parte in cui prevede il vincolo quinquennale di conferma dei testi adottati.
Il Tar riconosce il diritto di modificare il libro di testo adottato, con conseguente superamento del vincolo quinquennale, includendo tra i casi di deroga dal vincolo anche l’eventuale nuova assegnazione di docenti alle classi.
Il Consiglio di Stato, a cui il ministro ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del Tar, non scioglie completamente i dubbi in materia e il ministro dell’istruzione rompe gli indugi e riesce ad ottenere un emendamento in sede di conversione del decreto-legge salva-precari con il quale viene data l’interpretazione autentica secondo cui l’assegnazione di un nuovo docente alla classe non costituisce motivo straordinario per evitare il vincolo quinquennale.  La norma è salva ma i dubbi sull’efficacia del blocco quinquennale restano tutti.
    M   Matematica (novembre) – Vengono resi noti i dati sui livelli di istruzione degli studenti europei, secondo gli obiettivi fissati nel 2000 a Lisbona, attesi, in un primo tempo, per il 2010 e prorogati, poi, al 2020.
Per la prima volta vengono riportati i dati del 2008 relativi alla percentuale di 15enni con scarse competenze in matematica.
Il benchmark fissato, l’obiettivo da raggiungere per il 2020, è pari al 15%.
La media attuale dei Paesi europei è attestata al 24%.
Il livello di competenze matematiche dei nostri quindicenni è pari al 32,8%, uno dei peggiori tra tutti i Paesi dell’Unione.
Sono messi peggio dei nostri i ragazzi della Bulgaria e della Romania.
Il 2020 è lontano ma per raggiungere l’obiettivo del 15% la scuola italiana (primaria e secondaria di I grado) e i suoi studenti ne dovranno fare molta di strada.
N   Nonnismo (settembre 2009) – Un tempo il fenomeno indicava le angherie di vario tipo che i militari “anziani” riservavano alle reclute.
Qualcosa del genere capitava anche, in certe università, alle matricole, sottoposte a riti di accoglienza non sempre amichevoli, ancorché tradizionali.
Ora però l’età per questo tipo di pratiche sembra essersi abbassata, tanto da riguardare la scuola secondaria di secondo grado, quella di primo grado e perfino la scuola primaria.
Con la riapertura delle scuole il problema si è ripresentato, e bisognerà vedere se e quanto la stretta sul comportamento voluta dagli ultimi due ministri, Fioroni e Gelmini, servirà ad arginare il fenomeno.
In altri Paesi si punta su una maggiore responsabilizzazione dei genitori, chiamati a rispondere delle (cattive) azioni dei figli minori anche in sede penale.
Speriamo che anche da noi si faccia qualcosa di più che avvertire i nostri iperprotettivi genitori con un sms…      O   Obama (febbraio 2009) – Fa impressione l’annuncio dello stanziamento di 100 miliardi di dollari (circa 75 miliardi di euro) per il bilancio federale USA dell’istruzione: quasi il doppio di quanto stanziato dalle precedenti amministrazioni Bush (59 miliardi di dollari nel 2008), quando pure il budget a disposizione del ministro dell’istruzione era stato incrementato per finanziare le molte iniziative previste dalla legge “No Child Left Behind”, votata nel 2001 anche dai democratici di Ted Kennedy dopo una trattativa che ne aveva accentuato gli obiettivi volti a realizzare una maggiore equità nel sistema educativo.
Obiettivi che Obama intende ulteriormente rafforzare, e che sono specificati nel piano da lui presentato, l’American Recovery and Reinvestment Act of 2009 (ARRA).
Per ricevere i fondi stanziati da Obama, i 50 Stati che compongono gli USA dovranno mettere al centro delle loro politiche quattro obiettivi prioritari: – miglioramento della qualità e dell’efficacia dell’insegnamento, con particolare riferimento all’inserimento di buoni insegnanti nelle scuole situate nei quartieri più poveri e con più alta presenza di minoranze; – realizzazione di sistemi di valutazione che rilevino anno per anno i livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti nelle materie chiave (longitudinal data systems); – miglioramento degli standard e dei test; – sostegno alle scuole in difficoltà.
    P   Pettine (ottobre 2009) – L’Anief, l’Associazione dei docenti precari, sostiene con successo i ricorsi al TAR Lazio di centinaia di insegnanti precari che chiedono l’inserimento a pettine nelle graduatorie provinciali a cui hanno chiesto di essere iscritti per trasferimento, contro la disposizione ministeriale che prevede, invece, l’inserimento in coda.
Il Tar accoglie centinaia di ricorsi e dispone il commissariamento ad acta del ministero dell’istruzione in caso di mancato inserimento a pettine.
È a rischio la regolarità dell’anno scolastico per le possibili modifiche di nomine già effettuate.
Il ministro risolve la questione inserendo una specifica modifica nella legge salva-precari che annulla l’inserimento a pettine e conferma l’accodamento nelle graduatorie.
La coda ha sconfitto il pettine.
      Q   Qualifiche (dicembre 2009) –  Verso la fine dell’anno si intensificano le voci relative alla prossima pubblicazione, da parte del MIUR, dei modelli per la certificazione delle competenze raggiunte dagli studenti alla fine del decennio di scolarità obbligatoria (compresi i percorsi regionali di istruzione e formazione).
Successivamente si provvederebbe ai modelli di certificazione da rilasciare alla fine della scuola secondaria di primo grado e della scuola primaria.
In questo modo il nostro Paese recupererebbe (ma bisognerà vedere come lo farà) parte del ritardo accumulato rispetto ad altri Paesi europei che hanno già recepito  la raccomandazione del Parlamento e del Consiglio Europeo sul Quadro Europeo delle Qualifiche (QEQ), approvata nell’aprile 2008.
Entro il 2010 tutti i paesi membri dell’UE dovrebbero realizzare la correlazione dei loro sistemi di qualifiche nazionali con il QEQ.
E a partire dal 2012 tutte le nuove qualifiche dovrebbero recare un riferimento esplicito al QEQ in modo che si possano identificare le conoscenze, abilità e competenze di ciascun aspirante ad una occupazione.
La certificazione delle competenze, per l’Italia, sarebbe un primo passo in questa direzione.
      R   Regolamenti (maggio 2009) – Mentre i regolamenti per il primo ciclo, in attuazione delle leggi di riforma Gelmini, vanno verso l’approvazione definitiva per essere poi pubblicati in estate sulla Gazzetta Ufficiale, iniziano il loro percorso quelli del secondo ciclo, con l’approvazione in prima lettura da parte del Consiglio dei Ministri.
Sono tre gli schemi di regolamento da cui dovrà uscire la riforma delle superiori, e tutto fa pensare che in autunno possano essere approvati definitivamente prima della fase delle iscrizioni scolastiche per il 2010-11.
Il blocco dei lavori della Conferenza unificata prolunga oltre l’estate i tempi di approvazione del parere (non vincolante) che arriva soltanto a fine ottobre.
La nuova disposizione normativa che prevede anche l’acquisizione del parere (non vincolante) delle Camere prolunga ulteriormente la procedura consultiva.
A dicembre il Consiglio di Stato anticipa le prime valutazioni sugli schemi e chiede chiarimenti su alcuni punti critici, in vista del parere (non vincolante) da esprimere.
Il Miur chiarisce e ottiene il via libera.
Il nuovo anno inizia senza regolamenti approvati dal Consiglio dei Ministri.
Le iscrizioni slittano a fine marzo.
Basterà per assicurare l’avvio della riforma dal settembre 2010?           S Sezioni primavera (ottobre 2009) – Dopo un’attesa durata mesi che ha messo in crisi molti servizi educativi in attesa di autorizzazione per poter funzionare, finalmente a fine ottobre la Conferenza unificata approva l’accordo per attivare il servizio delle sezioni primavera anche per il 2009-2010.
Lo Stato diminuisce complessivamente il proprio finanziamento, anche se il Miur conferma la quota di 19 milioni dello scorso anno.
Le Regioni devono aggiungere una propria quota di finanziamento.
Alcune Regioni aumentano il proprio contributo, consentendo per il terzo anno consecutivo di confermare questo servizio per bambini di 2-3 anni di età, molto apprezzato dalle famiglie nei piccoli comuni privi di asili nido.
Il servizio educativo, però, rimanendo ancora a livello di sperimentazione, rischia di non svilupparsi e di non costituire un reale sviluppo di integrazione ai servizi per l’infanzia.
Sei rosso (giugno 2009) – Per la prima volta gli studenti di scuola secondaria di I grado (scuola media), per ottenere la promozione o l’ammissione all’esame devono conseguire un voto sufficiente in ogni disciplina.
La decisione di ammissione, anche in presenza di carenze di apprendimento, viene decisa a maggioranza dal consiglio di classe.
In tali casi la promozione con carenze è bene che sia opportunamente segnalata.
Diverse scuole decidono di adottare come segno di questa promozione d’ufficio il sei rosso.
Il Miur vieta l’uso del sei rosso, ritenendolo equivalente al sei politico di antica e sgradita memoria.
Il sei rosso scompare dai cartelloni, ma il problema del cambio dello strumento di valutazione resta con tutta la sua criticità.
    T   Tremonti   (gennaio-dicembre 2009) – Come artefice della legge 133/2008 (ex decreto legge 112/2008), madre di tutti i tagli al bilancio dell’istruzione, il superministro dell’economia viene spesso individuato – e non solo dai precari “tagliati” – come una sorta di ministro dell’istruzione “ombra”.
Il nuovo “divo Giulio” (appellativo attribuito in passato a Giulio Andreotti), che è anche un docente universitario, non ha esitato ad usare l’ascia dei tagli nei confronti del mondo accademico, costringendo gli atenei a una forte e in certi casi opportuna cura dimagrante, vista l’abnorme proliferazione di sedi e di insegnamenti degli ultimi anni.
L’ascia di Tremonti ha operato con altrettanta forza sulla scuola, che però ha probabilmente avvertito di più le conseguenze dei tagli, a causa della maggiore rigidità della sua organizzazione.
Alcune delle riforme di ordinamento, pur in sé necessarie e urgenti, hanno dato così l’impressione di essere a valle, anziché a monte, o almeno indipendenti, rispetto alle scelte macroeconomiche del divo Giulio.
Il Sole 24 ore lo nomina “politico dell’anno”.
Tetto del 30% (marzo e settembre 2009) – Nei primi mesi dell’anno ritorna il leit motiv della Lega che chiede “in nome della buona integrazione” di limitare il numero di stranieri per classe, dopo che nel 2008 aveva parlato di classi-ponte.
Il ministro Gelmini, in nome di una efficace integrazione, fa sua l’idea di porre un limite massimo al numero di alunni stranieri per classe e parla ripetutamente del tetto del 30%.
Il ministro annuncia per il 2010-11 una nuova disposizione ministeriale con cui dovrebbe essere fissato tale tetto massimo di stranieri in ogni classe, ma non precisa se si riferisce a qualsiasi straniero (compresi quelli nati in Italia o di lunga scolarizzazione) oppure soltanto a quelli di più recente immigrazione.
Si tratterà di una norma legislativa come, ad esempio, un decreto del presidente della Repubblica (dpr)? Esiste già un regolamento sull’immigrazione (dpr 394/1999) che all’articolo 45 fissa il limite massimo di alunni stranieri per classe, prevedendo che essi non siano maggioritari, cioè non superino il 50%.
Se il ministro vorrà fissare il tetto massimo al 30% dovrà modificare il dpr 394/1999 con un altro dpr.
Farà in tempo per l’anno prossimo?     U   Unità sindacale (maggio 2009) – L’anno scorso i rapporti sindacali si erano chiusi, per la prima volta, con la sottoscrizione del contratto nazionale senza la firma di un sindacato rappresentativo come la Flc-Cgil.
La rottura si era poi inasprita con il referendum di (non) approvazione del contratto, portando all’interno della scuola la rottura dell’unità sindacale già avviata a livello nazionale.
Cisl-scuola e Cgil-scuola, in particolare, hanno rappresentato i fronti opposti di una divergenza politica che si sta facendo sempre più strutturale e alternativa.
Prima dell’estate la Cgil-scuola indice unilateralmente le elezioni per il rinnovo delle RSU della scuola.
Dopo una iniziale resistenza, le altre OO.SS.
si adattano a proclamare le indizioni in attesa di conoscere la nuova normativa in materia di riorganizzazione della contrattazione.
La disposizione arriva nel corso dell’estate e prevede il rinvio delle elezioni per le RSU all’anno successivo.
La Cgil-scuola insiste nella sua posizione, rompendo la momentanea e precaria unità sindacale e presenta ugualmente le liste per le elezioni già previste per il dicembre 2009.
L’entrata in vigore definitiva del provvedimento legislativo targato Brunetta, rende illegittima qualsiasi iniziativa elettorale, ma la Cgil-scuola insiste per alcune settimane prima di recedere, consolidando la rottura con il restante fronte sindacale.
La divergenza politica continua con il decreto salva-precari e si conferma con le valutazioni su ogni provvedimento ministeriale.
Difficile prevedere una ricomposizione sindacale per il 2010 anche soltanto nell’unità di azione, a meno che la controparte politica non forzi la mano su fatti clamorosi in grado di ricompattare il fonte sindacale contrario.       V   Valutazione   (marzo 2009) – Il Consiglio dei ministri approva in prima lettura il regolamento per il coordinamento delle norme sulla valutazione degli alunni.
Dopo il parere del Consiglio di Stato, il regolamento verrà definitivamente approvato a giugno e pubblicato nel corso dell’estate.
Non può entrare in vigore per l’anno scolastico 2008-09, anche se molte novità in materia di valutazione (voto in decimi, voto del comportamento, ecc.) sono già state applicate per effetto della legge 169/2008.
Due novità relative all’esame di Stato per il primo e per il secondo ciclo troveranno applicazione dal 2009-10.
Riguardano rispettivamente il modo di calcolare il voto finale per l’esame di licenza (media aritmetica di tutte le prove) e l’ammissione all’esame di Stato (almeno sei in ogni disciplina).
E ora occhio alla prossima sessione di esami.  Ventiquattr’ore (marzo 2009) – Vengono resi noti i primi dati campionari sulle iscrizioni scolastiche per il 2009-10, da cui risulta che nelle classi prime della scuola primaria soltanto il 3% delle famiglie ha optato per il nuovo modello di orario settimanale a 24 ore con docente unico di riferimento.
Il docente unico di riferimento è previsto anche per i modelli orari a 27 o a 30 ore, ma la richiesta minimale del modello orario di 24 ore settimanali azzera praticamente l’ipotesi di portare l’orario di lezione a prima degli anni ’90, secondo la disposizione della legge 169/2008.
È quasi un flop, compensato da un aumento delle richieste del tempo scuola a 27 ore.
Non si cambiano facilmente le abitudini delle famiglie italiane.
    Z   Zaia (aprile 2009) – Il ministro per le politiche agricole, il leghista Luca Zaia, si improvvisa temporaneamente…
ministro dell’istruzione e propone l’insegnamento della lingua veneta nelle scuole.
Il ministro Gelmini condivide la proposta di valorizzare la cultura locale, ma non gradisce l’ipotesi dell’insegnamento del dialetto.
La proposta di Zaia trova ascolto negli ambienti veneti e fioriscono iniziative e pubblicazioni in lingua veneta.
Da probabile futuro presidente del Veneto c’è da aspettarsi da lui un’accelerazione sull’insegnamento del dialetto nelle scuole venete che potrebbe, però, determinare strappi anche all’interno della attuale maggioranza di Governo.
Intanto l’Europa insiste sull’insegnamento di altre lingue comunitarie….  

Gennaio

Il radicamento biblico (Rm 7,7-25) La spiritualità di Paolo è di tipo giudaico: essa era radicata nel monoteismo del popolo eletto e la scelta di evangelizzare i popoli pagani dovette in parte mettere in crisi le sue iniziali convinzioni, senza peraltro mai rinnegare il proprio legame con il Dio biblico.
Con fierezza Paolo ci ricorda che lui è “circonciso l’ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei” (Fil 3,5), ciò vuol dire un giudeo di pura stirpe, accreditato dalla tradizione.
Certamente egli ha la coscienza di appartenere, ormai, al “resto” di Israele (Rm 11,1-5) cioè a quella parte del popolo eletto che riconosce in Gesù il proprio Messia.
Anche quando, nelle sue lettere, si rivolge ai non-ebrei, Paolo continua però a citare l’Antico Testamento e a pregare servendosi di parole imbevute di Sacra Scrittura.
Infatti, se è vero che tutte le nazioni sono ormai chiamate alla salvezza attraverso la fede in Cristo, tuttavia Dio non ha respinto il suo Popolo, il Popolo di Israele che possiede valori religiosi che sono, per Paolo, sempre vivi (Rm 3,2; 9,4-5).
La forza spirituale che attraversa la Prima Alleanza si trova così nel profondo della vita di Paolo.
Nel brano che segue presentiamo un esempio del radicamento biblico di Paolo: nel capitolo 7 della Lettera ai Romani egli afferma che la Legge di Mosè è in sé buona e santa perché ha fatto conoscere all’uomo la volontà di Dio, ma senza comunicargli la forza interiore per adempierla; in questo modo la Legge è riuscita a far prendere all’uomo coscienza del peccato e del bisogno che ha dell’aiuto di Dio (la Grazia).
Paolo presenta in questo brano, fondamentale per la comprensione della morale paolina, il conflitto che egli vive, a causa del peccato, tra ciò che vorrebbe fare e ciò che invece fa.
7 Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare.
8 Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri.
Senza la legge infatti il peccato è morto 9 e io un tempo vivevo senza la legge.
Ma, sopraggiunto quel comandamento, il peccato ha preso vita 10 e io sono morto; la legge, che doveva servire per la vita, è divenuta per me motivo di morte.
11 Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte.
12 Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento.
13 Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! È invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato apparisse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.
14 Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato.
15 Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto.
16 Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; 17 quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
18 Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c`è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; 19 infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
20 Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
21 Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.
22 Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, 23 ma nelle mie membra vedo un`altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.
24 Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? 25 Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato.” La spiritualià trinitaria: il Padre (Rm 8,11-18) Al centro del pensiero paolino si pone un’esperienza di Dio che è in discontinuità ma anche in continuità con quella del popolo ebraico.
Si tratta, infatti, certamente, dello stesso Dio di Israele che, nella preghiera di Paolo è messo al centro come “Padre”.
Ma il pensiero rivolto al Padre passa ora attraverso la mediazione del Figlio (Gesù) e attraverso la potenza dello Spirito Santo.
Tale spiritualità paolina, che verrà chiamata più tardi “trinitaria”, si esprime in diversi modi: sia attraverso la preghiera che utilizza la parola “Padre” in modo nuovo, alla luce cioè di Cristo e della forza dello Spirito (Gal 4,6; Rm 8,15); sia attraverso delle asserzioni potenti quali la seguente: “per noi c`è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui” (1 Cor 8,6).
Per Paolo il nome di Dio non si pronuncia più senza quello di Gesù.
L’immagine di Dio ne risulta profondamente trasformata, essendo il volto stesso di Dio svuotato della sua onnipotenza, simile a quello di un Padre segnato dalla croce del suo Figlio.
Da qui deriva quel pensiero dell’Apostolo per cui ogni reale debolezza, se vissuta in Cristo, conduce, tuttavia, alla scoperta di una nuova e maggiore forza: “Quando sono debole è allora che sono forte” (2 Cor 12,10).
Nel brano seguente, tratto dalla Lettera ai Romani, Paolo mette la resurrezione dei cristiani in stretta dipendenza da quella di Cristo.
Attraverso la potenza dello stesso Spirito Santo, il Padre resusciterà anche loro.
11 E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
12 Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; 13 poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l`aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.
14 Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.
15 E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”.
16 Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio.
17 E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
18 Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi.
Il rilievo della figura di san Paolo per la comprensione del cristianesimo delle origini e del suo successivo sviluppo teologico e dottrinario è in questi mesi ancor più esaltato dalla proclamazione dell’anno paolino che, indetto per la celebrazione del bimillenario della sua nascita, è iniziato il 28 giugno 2008 e terminerà il 29 giugno 2009.
Nato a Tarso in Cilicia (Asia Minore) in seno all’ambiente giudaico di lingua greca, Paolo, secondo quanto racconta egli stesso nel Libro degli Atti degli Apostoli (22,7), cadde a terra sulla via di Damasco colpito dalla visione del Cristo resuscitato dai morti.
L’Apostolo delle genti percorse da allora i paesi del Mediterraneo, da Antiochia di Siria fino in Asia minore e in Grecia, prima di essere arrestato a Gerusalemme ed essere mandato a Roma per esservi giudicato.
Secondo un’antica tradizione fu martirizzato a Roma, tra il 66 e il 67 della nostra èra.
Negli anni 50 scrisse sette lettere di suo pugno (o con l’ausilio di un segretario): la Prima Lettera ai Tessalonicesi, le due Lettere ai Corinzi, quella ai Galati, ai Filippesi, ai Romani e a Filemone.
Queste lettere tratteggiano un personaggio dal temperamento appassionato, rigoroso e nello stesso tempo pieno di tenerezza, realista e con alcune intuizioni teologiche straordinarie.
Il Vangelo, cioè la Buona Novella della salvezza, viene da lui predicato non solo al mondo ebraico ma a tutti, anche a coloro provenienti dal mondo pagano.
La spiritualità di Paolo affonda le sue radici in questa missione apostolica e si rafforza durante le prove che agitarono le prime comunità cristiane, sia quelle provenienti dal mondo giudaico, sia quelle provenienti dal mondo pagano, a conferma che non fu facile per lui la scelta del terreno missionario verso cui operare.
In questo mese e nel prossimo introduciamo i punti fondamentali della spiritualità di S.
Paolo a partire dalle sue lettere ritenute autentiche.
1.
Leggi le introduzioni alla Lettera ai Romani e ai Galati sulla Bibbia di Gerusalemme.
Che cosa differenzia queste lettere da quelle ai Corinzi? 2.
Visita il sito internet www.annopaolino.org, con particolare attenzione alle pagine relative alla catechesi di Benedetto XVI su S.
Paolo.
3.
Ricerca un profilo della vita del Santo con particolare attenzione alla sua attività missionaria.
Per ulteriori approfondimenti, è possibile consultare, nella sezione Percorsi nell’arte, Efeso, a cura di Enrico Badellino.
L’esperienza dell’incontro con Gesù Cristo (Fil 3,1-16) L’evento di Damasco ha sconvolto la vita di Paolo, non perché lo ha “convertito” a parlare di Dio (egli già confessava una fede monoteista), ma perché lo ha fatto incontrare con Gesù, crocifisso eppure vivente.
È questo che conduce Paolo a vivere, da quel momento, la sua spiritualità giudaica in modo del tutto differente.
Lui, il persecutore di ieri, riassume l’evento di Damasco in poche parole: “Colui [Dio] che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani… ” (Gal 1,15).
Pertanto l’Apostolo insiste fortemente su questo incontro fondamentale con Gesù che egli “ha visto” (1 Cor, 9,1).
D’altra parte, nella Lettera ai Corinzi, Paolo si pone nella lista dei primi testimoni ai quali Dio “si è lasciato vedere”, come Pietro e Giacomo (1 Cor 15, 5-8).
Egli si ricollega così all’esperienza dei primi credenti, testimoni di colui che “Dio ha resuscitato” (Gal 1,1).
Egli è stato conquistato da Gesù Cristo (Fil 3,12), e tutta la sua vita spirituale, il suo pensiero così come il suo comportamento, ne risulteranno radicalmente modificati.
Tutti i valori di ieri risultano come “rovesciati”: “tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù…” (Fil 3,8).
Ormai per Paolo si tratta di “conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (vv.
10-11).
L’itinerario spirituale di Paolo e di ogni cristiano con lui, procede da questo momento per imitazione del Cristo (Fil 2,6-11).
Il brano che qui presentiamo è tratto dalla Lettera ai Filippesi (3,1-14) e Paolo ci esprime quanto si è sentito rapito da Cristo: grazie a Lui la realtà materiale (la carne) assume una nuova dimensione, tutt’altro che di secondo piano, ma del tutto insignificante di fronte a Cristo che dà senso anche al mondo materiale.
1 Per il resto, fratelli miei, state lieti nel Signore.
A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose: 2 guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere! 3 Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne, 4 sebbene io possa confidare anche nella carne.
Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui: 5 circonciso l`ottavo giorno, della stirpe d`Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei, fariseo quanto alla legge; 6 quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall`osservanza della legge.
7 Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l`ho considerato una perdita a motivo di Cristo.
8 Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo 9 e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.
10 E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, 11 con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
12 Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch`io sono stato conquistato da Gesù Cristo.
13 Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, 14 corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
15 Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo.
16 Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.

Giovani e partecipazione nella vita politica

Howard Gardner, lo psicologo statunitense, professore presso l’università di Harvard, noto in campo educativo per la sua teoria sulle intelligenze multiple, intervenendo alla IX Conferenza internazionale promossa dall’Osservatorio internazionale della democrazia partecipativa (Oidp), con la lezione “Giovani e partecipazione nella vita politica”, ha illustrato una sua interessante tesi.
“Partecipazione e cittadinanza si attivano tramite l’applicazione di una regola semplice – ha detto Gardner, citando come esempio personalità quali Luther King, Mandela, Suu Kyi e Gandhi – Quella delle tre “E”.
Excellence, engagement, ethics, che stanno a significare rispettivamente: la conoscenza delle regole del vivere civile, l’impegno in prima persona e prendere la giusta decisione, anche quando ciò non corrisponda al proprio interesse”.
Per il professore americano, in mancanza di modelli attuali a cui i giovani possano ispirarsi, bisogna affidarsi infatti ai grandi del passato.
Nemmeno le religioni e i vari “ismi” attualmente non ci aiutano, per cui “se vogliamo creare un modello di partecipazione dobbiamo ripartire da zero”.
Per Gardner, nelle città multietniche d’oggi, occorre imparare a dialogare.
“Denaro, mercato ed esclusiva affermazione di me stesso sono tipici della società odierna.
A ciò rispondiamo – ha detto Gardner rivolgendosi ai molti giovani presenti al convegno – con tre elementi di buona cittadinanza: etica nelle scelte, rigore e competenza anche nel lavoro e impegno personale per la comunità”.
tuttoscuola.com

Si possono valutare le scuole?

M.
CASTOLDI, Si possono valutare le scuole? Il caso italiano e le esperienze europee , Torino, SEI, 2008, pp.
171 La valutazione è certamente uno strumento fondamentale nella realizzazione della qualità educativa.
Essa però si trova di fronte a limiti non di poco conto.
Per esempio, riguardo all’acquisizione dei saperi si sono utilizzati con un certo successo test suffi-cientemente adeguati sia a livello nazionale che internazionale: si tratta di strumenti migliorabili che, però, già ora permettono di conseguire buoni risultati sul piano delle misure degli apprendimenti.
Difficoltà molto maggiori si pongono circa l’autorealizzazione individuale e l’educazione alla cittadinanza democratica; infatti, la riflessione e la metodologia sono ancora agli inizi per quanto iguarda la misurazione del conseguimento degli apprendimenti non cognitivi.
Quanto alla formazione professionale, è possibile far uso di una valutazione a posteriori: infatti, è sufficiente ricorrere a indicatori che si riferiscono all’inserimento nel mondo del lavoro.
Da ultimo la valutazione dell’eguaglianza delle opportunità e della mobilità sociale pone dei problemi ancora maggiori perché dovrebbe assumere un carattere multidimensionale.
La definizione di norme per le prestazioni degli allievi lascia un notevole spazio di arbitrarietà per cui sono necessari continui confronti tra le componenti scolastiche 1100 Orientamenti Pedagogici Vol.
56, n.
5, settembre-ottobre 2009 e anche revisioni e approfondimenti costanti.
È importante non cadere negli eccessi di un approccio esclusivamente psicometrico.
Un altro rischio è quello di limitare la valutazione e il perseguimento della qualità solo a ciò che è misurabile per cui tutti gli apprendimenti non cognitivi vengono considerati marginali.
L’ottimo libro di Mario Castoldi affronta con un approccio scientificamente corretto queste e altre problematiche e illustra a un pubblico di operatori scolastici e di studenti impegnati nei corsi di formazione universitaria dei docenti il quadro normativo, istituzionale e culturale entro cui viene fa-ticosamente emergendo anche nel nostro paese un sistema di valutazione del servizio scolastico.
Si tratta di un percorso non facile nel quale risulta molto problematico orientarsi e collegare tra loro i vari tasselli in una cornice d’insieme.
Il volume fornisce una minuziosa ricostruzione del processo maturato in questi anni, la proposta di categorie di lettura e di strumenti di analisi critica, il confronto con le esperienze di sei tra i principali paesi europei, l’approfondimento dei compiti previsti a livello di istituto.
In aggiunta, viene messa a disposizione dei lettori una raccolta di strumenti — diari di bordo, bussole, mappe, prontuari — capaci di facilitare il compito di chi deve valutare.
G.
Malizia

God Is Back

JOHN MICKLETHWAIT E ADRIAN WOOLDRIDGE, God Is Back: How the Global Revival of Faith Is Changing the World, Penguin Press, 2009, pp.
416.
Contrariamente a quello che si riteneva in Europa, Dio non è morto, anzi sta benissimo, e anche il capitalismo sta meglio di quello che pensavamo.
Infatti, dato che sarà il mercato globale a decidere dove Dio tornerà, e soprattutto quale Dio tornerà, sarà un Dio cristiano, occidentale e americano.
Questa è, in estrema sintesi, la tesi di fondo dell’ultimo libro di John Micklethwait e Adrian Wooldridge, God Is Back: How the Global Revival of Faith Is Changing the World (Penguin Press, 2009, 416 pagine).
Già autori di vari reportage, tra cui un volume sui vari volti della destra americana, la “right nation” (tradotto da Mondadori nel 2005, La destra giusta.
Storia e geografia dell’America che si sente giusta perché è di destra), i due giornalisti di punta dell’Economist dipingono un interessante panorama della “rivincita di Dio” in corso nel mondo post-11 settembre.
Di recente alcuni libri hanno annunciato una controffensiva in difesa di Dio da parte di una generazione di neo-apologisti (tra i più recenti usciti in America: Robert Wright, The Evolution of God; Karen Armstrong, The Case for God; Nicholas Wade, The Faith Instinct) che hanno lanciato una reazione al proselitismo antireligioso e populista della triade Dawkins-Harris-Hitchens.
L’appassionante God Is Back parte da una prospettiva di geopolitica delle fedi.
Micklethwait e Wooldridge non sono avvocati della tesi dello “scontro di civiltà” interpretato dai teocon americani, ma fanno propria la lezione di Samuel Huntington circa la necessità di comprendere la dimensione religiosa della politica internazionale e di elaborare una lettura politica (ed economica) delle relazioni interreligiose nel mondo globalizzato.
La prima parte del libro dipinge due vie alternative verso la modernità: la via europea e la via americana.
Di fronte ad un’Europa laicista in cui l’ateismo pubblico è la condizione richiesta ai personaggi pubblici, la storia degli Stati Uniti rappresenta l’esatto contrario, cioè una democrazia che si regge su un pilastro religioso e trascendente, cioè sulla religione, «e non mi importa quale essa sia» (per citare le parole del presidente Eisenhower).
La maggiore differenza rispetto all’Europa è che l’America si divide sull’interpretazione della religione nello spazio pubblico, più che sull’opportunità di dare alla religione uno spazio pubblico.
Ma lo scenario è in mutamento su entrambi i lati dell’Atlantico.
Se in America, dagli anni Ottanta in poi, il cristianesimo evangelical è passato da mera lobby culturale a forza politica organizzata, secondo gli autori anche in Europa si comincerà presto a sentire l’effettorimbalzo causato da una spinta migratoria in gran parte proveniente da paesi arabi e/o a maggioranza musulmana.
Ma tra Europa e America vi è ancora un evidente “God gap”, una fondamentale differenza nella percezione del ruolo della religione in politica: questa differenza è impersonata dal tentativo di alfabetizzazione teologica del neo-cattolico Tony Blair, un tentativo finora malriuscito e incompreso da entrambe le parti dell’Atlantico (il suo corso su “fede e globalizzazione” a Yale ha sollevato critiche per l’ignoranza dell’ex premier inglese circa concetti-base della “teologia pubblica” che avrebbe dovuto insegnare).
La storia recente degli Stati Uniti è testimone del gap.
La lunga campagna elettorale per le presidenziali del 2008 si era risolta a favore di Obama anche grazie alle sua capacità di “outgodding”, cioè di articolare meglio la questione religiosa rispetto agli altri candidati: meglio sia di Hillary Clinton (che tentò di usare in modo cinico il caso del reverendo Wright), sia di John McCain (che, intervistato, non era certo di sapere a quale chiesa appartenesse).
Però la vittoria di Obama non significa la fine delle “culture wars” attorno alla questione religiosa in America: ne è testimone il caso di Sarah Palin, «la più radicata nella subcultura evangelical di qualsiasi altro candidato alla Casa Bianca» (p.
124).
Quanto a “cultural warrior”, per gli autori di God Is Back «quello con la maggiore esperienza nel campo conservatore è la Chiesa cattolica (…) il cui appetito per la battaglia culturale è aumentato in modo visibile sotto Giovanni Paolo II» (p.
347).
Ma se la lotta all’aborto sembra essere il campo di battaglia preferito dei cattolici, il nuovo evangelicalismo americano (quello del pastore Rick Warren) si è aperto alle questioni della povertà, dell’immigrazione, della solidarietà internazionale, dell’ambientalismo.
Grazie alla formidabile spinta missionaria del cristianesimo di matrice evangelicale e pentecostale in tutti i continenti, il cristianesimo è in ripresa, e gli autori riconoscono l’esistenza di diverse aree di tensione politico-religiosa sull’atlante mondiale: l’Africa centrale, India e Pakistan, la Cina.
Tuttavia è tra Europa, America e islam che si deciderà la lotta.
Per i due autori è assai più verosimile che l’Europa si avvicini al modello americano piuttosto che una secolarizzazione della politica americana.
Tuttavia, è la maggiore capacità degli americani di gestire il “God business”, il marketing di Dio, che spinge Micklethwait e Wooldridge a vedere l’America come il mercato trainante nella concorrenza tra cristianesimo e islam: «L’America contribuisce al revival religioso globale da due lati: come maggior esportatore mondiale di religione e come maggior fornitore mondiale di quel capitalismo che aumenta la domanda di religione.
Gli americani stanno esportando oppio e allo stesso tempo stimolando la domanda di oppiacei» (p.
244).
Al contrario della cultura politica europea, l’Economist non ha dimenticato né la lunga durata della “politica di Dio” né la lezione di Marx sui rapporti tra economia, politica e religione.
Tocca agli europei decidere se è ragionevole lasciare che di “religione e politica” si occupino i chierici e i manager.
Il marketing delle religioni di Massimo Faggioli in “Europa” del 16 dicembre 2009

Il lessico del secondo ciclo

Il lessico del secondo ciclo   Sergio Cicatelli       In questi giorni gli schemi di regolamento predisposti dal Ministero per i futuri licei, istituti tecnici e istituti professionali stanno affrontando l’esame degli organi di consultazione tecnico-politica.
Accanto ai pareri delle Commisioni parlamentari, della Conferenza Unificata, del CNPI, è particolarmente importante il parere tecnico del Consiglio di Stato, che proprio pochi giorni fa ha chiesto alcuni chiarimenti decisivi lamentando un eccesso di potere rispetto alla delega assegnata al Ministro.
Lasciando da parte per il momento le questioni di carattere formale, vogliamo tentare di riflettere su questi regolamenti da un’angolatura particolare per cercare di individuare la cultura e la progettualità di cui sono espressione.
Lo strumento che intendiamo adottare è quello dell’analisi lessicale, per misurare – in maniera puramente orientativa – la frequenza di alcune parole chiave nei testi in discussione.
È legittimo immaginare che alla frequenza di certi concetti corrisponda un grado di maggiore o minore attenzione da parte del legislatore.
L’esame è stato condotto sul testo dei tre regolamenti, completo di tutti gli allegati disponibili (profilo dello studente, piani orari, ecc.).
Per quanto riguarda la dimensione pedagogica, si può notare che i termini riconducibili in vario modo all’apprendimento e all’apprendere figurano con una discreta frequenza in tutti e tre i regolamenti, ma si tratta di citazioni poco significative in quanto consistono prevalentemente nel rinvio ai “risultati di apprendimento”, recente locuzione didattica di derivazione anche europea.
In questa forma, l’apprendimento ricorre 14 volte per i licei, 20 volte per i tecnici e 22 volte per i professionali, ma non si può sostenere che a ciò corrisponda una precisa ed originale scelta pedagogico-didattica.
D’altra parte, non è nemmeno possibile confrontare una pedagogia dell’apprendimento con una pedagogia dell’insegnamento, dato che il termine insegnamento ricorre sì un gran numero di volte (53 nei licei, 60 nei tecnici e 36 nei professionali), ma prevalentemente al plurale e come sinonimo di disciplina o materia scolastica nelle diverse elencazioni.
Inutile dire che il termine istruzione ricorre un numero infinito di volte per via del continuo riferimento al Ministero dell’Istruzione o al sistema di istruzione e formazione.
Non se può quindi tenere conto.
Per lo stesso motivo potrebbe essere poco significativa la presenza di formazione e formativo, proprio perché i termini compaiono prevalentemente nel contesto del citato sistema di istruzione e formazione e del piano dell’offerta formativa, cioè in doverosi contesti istituzionali più che per una scelta culturale particolare.
Le rispettive occorrenze sono 35 nei licei, 41 nei tecnici e 33 nei professionali.
Ugualmente, non è indicativa la presenza dell’educazione o dell’educativo, dato che anche in questo caso si tratta prevalentemente di citazioni relative al Profilo educativo, culturale e professionale dello studente o del sistema educativo in genere.
La radice educ- è comunque presente 25 volte nei licei, 10 nei tecnici e 11 nei professionali.
Abbiamo immaginato che potesse essere rilevante l’attenzione alla sfera socio-politica e quindi abbiamo contato le rispettive frequenze.
Di politica si parla solo 3 volte nei licei, 3 volte nei tecnici e 1 volta nei professionali.
La radice civic- non compare mai, mentre civil- compare 6 volte nei licei (ma è quasi sempre civiltà), 5 volte nei tecnici (dove invece è quasi sempre riferita alla dimensione civilistica del diritto) e 1 volta nei professionali (con l’identico significato giuridico).
La parola cittadinanza compare 1 sola volta nei licei, 2 volte nei tecnici e 3 volte nei professionali, ma si tratta solo della citazione della nuova disciplina Cittadinanza e Costituzione.
Molto più ampia è la presenza della dimensione sociale (o del prefisso socio-), che compare 28 volte nei licei, 18 volte nei tecnici e 33 volte nei professionali, ma spesso ricorre solo nel nome delle discipline scolastiche.
Era logico attendersi una massiccia presenza della storia e dei suoi derivati.
Per evitare di sovrarappresentare il concetto, si sono esclusi gli elenchi delle discipline (in cui figura sempre la storia), e ci si è limitati a rilevare le frequenze nel testo di legge e nei profili.
In tal modo, il termine ricorre 21 volte nei licei, 5 volte nei tecnici e 4 nei professionali, confermando un’attenzione storica o storicista ancora forte nei nostri corsi liceali.
All’opposto, si è misurato con lo stesso criterio (cioè escludendo gli elenchi di materie), la frequenza di scienze e scientifico, che mostra un andamento nettamente diversificato, con 55 occorrenze nei licei, 23 nei tecnici e 9 nei professionali (va tenuto presente che una parte delle citazioni nei licei era dovuta alle denominazioni dei corsi di liceo scientifico e delle scienze umane, ma il dato non è determinante).
E veniamo infine alla specifica dimensione religiosa, che risulta essere significativamente assente dalla progettualità educativa di questi documenti.
La parola religione ricorre 12 volte nei licei, ma per 11 volte è la citazione dell’Irc tra gli insegnamenti previsti dai piani di studio; lo stesso si può dire per le 3 occorrenze nei tecnici e per l’unica presenza nei professionali.
L’unica volta in cui si parla di religione in forma generica è, nei licei, per indicarla come possibile chiave interpretativa della realtà.
Inutile aggiungere che non compare mai la radice crist-, né come sostantivo né come aggettivo.
L’impostazione anti- o a-religiosa dei regolamenti Gelmini era già emersa con l’Atto di indirizzo per il primo ciclo, ma qui si incorre in assenze particolarmente clamorose, come quella relativa al liceo artistico, in cui gli studenti sono invitati a individuare solo le problematiche «estetiche, storiche, economiche, sociali e giuridiche connesse alla tutela e alla valorizzazione dei beni artistici e culturali», potendo beatamente trascurare la dimensione religiosa di tutta l’arte sacra, che pure rappresenta almeno metà del patrimonio artistico italiano.
C’è da augurarsi che si possa rimediare nel testo che fra qualche settimana dovrebbe essere approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri.
Da questo rapido e superficiale sguardo si può comunque concludere che i regolamenti non esprimono una chiara impostazione culturale e forse parlano più attraverso i loro silenzi o le loro reticenze che attraverso ciò che dicono esplicitamente.
D’altra parte, la lettura che abbiamo condotto è necessariamente superficiale dato che siamo ancora di fronte a testi provvisori che potrebbero subire significative modifiche nella loro versione definitiva.
Quando i testi saranno disponibili in versione ufficiale, suggeriamo ai lettori di esercitarsi in questo tipo di analisi per ricavare anche da questi testi normativi indicazioni e orientamenti culturali.
 

La scuola smarrita.

Nel numero di dicembre del mensile Tuttoscuola, in distribuzione nelle edicole e tra gli abbonati,(per i costi e le modalità di abbonamento, si clicchi qui), si affrontano in apertura alcune grandi questioni sulle quali è in corso un importante confronto: la sentenza della Corte europea sull’esposizione del crocifisso nelle scuole e il dibattito sulle modalità di insegnamento della nuova disciplina Cittadinanza e Costituzione, con articoli di Orazio Niceforo e Franco Camisasca.
Seguono una serie di interventi sulla politica scolastica: un’intervista a don Francesco Macrì, segretario generale della Fidae sulla scuola paritaria oggi, un articolo di Alfonso Rubinacci sul federalismo scolastico, e scritti di Giorgio Allulli, Benedetto Vertecchi e Gaetano Domenici su tematiche relative alla valutazione, oltre a un interessante contributo di Italo Fiorin sulle pluriclassi.
Nella sezione “Obiettivo docente” si parla tra l’altro di una originale applicazione del Sudoku a sostegno dell’apprendimento del latino (Patrizia Marti) e della pedagogia partecipativa che sta alla base della Social Media Classroom (Caterina Cangià).
Completano il numero di dicembre lo “Speciale strenne” a cura di Antonella Calzolari, la sezione “Turismo scolastico”, che comprende anche il “Viaggio studio del mese”, e altre rubriche.
“La riforma al tempo del web” è il tema dell’editoriale che apre la rivista.

Spagna: i crocefissi nelle aule scolastiche

Niente rimozione generalizzata dalle scuole dei crocifissi, ma una valutazione puntuale classe per classe se ci saranno richieste di genitori: questa la sentenza del tribunale superiore di giustizia di Castilla Y Leon su un ricorso presentato contro la decisione di un tribunale di Valladolid che l’anno scorso aveva imposto la rimozione di un crocifisso da una scuola della città.
Il ricorso era stato presentato dalla giunta regionale di Castilla y Leon e dall’associazione E-Cristians.
“Nelle aule in cui studiano alunni i cui genitori non hanno manifestato contrarietà alla presenza” di simboli religiosi, “non esistono conflitti” e quindi non è motivata la rimozione dei crocifissi, precisa la sentenza del tribunale superiore.
La sentenza del tribunale numero due di Valladolid del marzo 2008, su richiesta di tre genitori, parzialmente corretta oggi dal tribunale superiore, imponeva alla scuola Macias Picavea la rimozione dei crocifissi da tutte le sue aule.