A Tratti verso la Formazione

L’UCN propone un  percorso per sperimentare il lavoro d’equipe e per riappropriarsi di consapevolezza e strumenti per l’educazione nella catechesi (IG 82,85,86).

L’iniziativa avrà luogo nei giorni 17, 18 e 19 novembre 2017, a Roma, presso il “The Church Village”.

Il percorso si articola in quattro momenti che tratteggiano la formazione dell’equipe in tutti i suoi aspetti.
I Momento: A TRATTI, nelle nostre storie formative. Costruire il ritratto delle nostre e conoscere il modello formativo da cui siamo attratti.
II Momento: IL TRATTO. Formare nello stile di Dio. I modelli educativi non sono neutrali, individuare il tratto di una formazione che segue lo stile pedagogico di Gesù.
III Momento: A(T)TRAVERSO. Ritratti formativi di un’equipe. (Ri)scoprire l’arte di… saper lavorare insieme!
IV Momento: VERSO. Prospettive formative condivise. Scegliere linee condivise.

PROGRAMMA e DEPLIANT INFORMATIVO

ISCRIZIONI
Le iscrizioni avverranno on-line su
http://www.iniziative.chiesacattolica.it/formazioneucd2017
Chi riscontrasse delle difficoltà è pregato di contattare la segretaria allo 06/66398216 – 06/66398301
Le iscrizioni saranno possibili fino al 23 ottobre 2017

QUOTE:
* con alloggio: dalla cena del 17 al pranzo del 19 (non frazionabile), incluso contributo liberale:
– in singola: € 240,00
– in doppia: € 180,00

* senza alloggio:
– contributo liberale: € 30,00
– singolo pasto: € 22,00

MODALITÀ DI VERSAMENTO:
* Conto Corrente Postale: CCP n. 45508009, intestato a Conferenza Episcopale Italiana; causale 17010 Formazione Equipe UCD + Cognome del partecipante.
* Bonifico Bancario: Banca Popolare, IBAN IT17U0503411750000000165900; causale 17010 Formazione Equipe UCD + Cognome del partecipante.
La conferma del pagamento va comunicata entro il 23 ottobre inserendo il pdf o il numero CRO nell’iscrizione on-line oppure inviando copia via email a  ucn@chiesacattolica.it

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:
Ufficio Catechistico Nazionale
tel. 06/66398216 – 301 – fax 06/66398204
ucn@chiesacattolica.it
http://www.chiesacattolica.it/ucn

THE CHURCH VILLAGE
Via di Torre Rossa 94,
00165 Roma
tel. 06/660071
www.thechurchresort.com

Summer School: Le eredità del 900

Dall’11 al 13 luglio 2017 a Brescia la Summer school promossa da “Il Rischio Educativo”, Università Cattolica e Fondazione per la Sussidiarietà

Nel 2012 l’Associazione Culturale Il Rischio Educativo ha dedicato la Summer School al tema “Il Novecento. Alla ricerca del soggetto”.

Quest’anno, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione per la Sussidiarietà, intende proseguire nella riflessione in modo consapevolmente critico, entrando nel merito di altri aspetti rilevanti della storia e della cultura del XX secolo, evidenziandone i mutamenti e identificandone il paradigma. Conoscere la storia, la scienza, la letteratura e il pensiero del Novecento è indispensabile per l’uomo di oggi – e a maggior ragione per chi ha compiti educativi e di istruzione – per saper interpretare le vicende e le tendenze attuali e vivere in esse.

Lo scopo primario della Summer School è la formazione personale dei partecipanti, che possono così arricchire e aggiornare la loro preparazione e conoscenza. In secondo luogo, il corso intende fornire criteri di valutazione dell’attività didattica e strumenti di base per il rinnovamento dell’insegnamento nella scuola.

Il corso si terrà dall’11 al 13 luglio 2017 a Brescia e si rivolge a insegnanti di scuola paritaria e statale, di ogni ordine e grado, a gestori e responsabili di funzioni direttive, di guida e di sviluppo della didattica, a laureati e a giovani ricercatori. I lavori si articolano in sessioni di lavoro plenarie, curate da docenti universitari ed esperti, con discussioni di approfondimento. In ogni giornata, a completamento delle attività del corso, si svolgono incontri di cultura e arte.

I lavori e il pernottamento si terranno presso il Centro Paolo VI, Via Gezio Calini 30, Brescia (www.centropastoralepaolovi.it).

Vedi nell’allegato il programma completo e le modalità di iscrizione.

 

Convegno nazionale di pastorale della scuola e IRC

L’annuale Convegno nazionale per i direttori e responsabili diocesani della pastorale della scuola e per l’IRC si terrà a Milano da lunedì 8 a mercoledì 10 maggio 2017 sul tema: “Faccio scuola perché voglio bene a questi ragazzi”. La Chiesa per la scuola ricordando don Lorenzo Milani (1923-1967).

L’opera educativa di don Milani, di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte, farà da sfondo ai lavori, dedicati ad approfondire le sfide attuali dell’educazione e le vie attraverso cui le Chiese particolari manifestano il loro amore per la scuola e per tutte le persone che vi operano.

Nel corso dei tre giorni sarà dato spazio alla ricerca nazionale sull’IRC “Una disciplina alla prova”, pubblicata nelle scorse settimane. Un’altra importante comunicazione verterà sulla scelta di papa Francesco di dedicare a “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” la prossima Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre 2018.

La positiva e collaudata prassi di collaborazione l’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università e il Servizio Nazionale per l’insegnamento della religione cattolica si conferma anche nell’appuntamento milanese, durante il quale non mancheranno comunque sessioni specifiche sulla pastorale scolastica e sull’IRC.

Le iscrizioni vanno effettuate entro il 15 marzo 2017. Si allega a tal fine la bozza di programma del Convegno e le note tecniche contenenti anche le modalità di iscrizione.

 

SEMINARIO DI STUDIO

Educazione Religiosa nell’Istituto di Catechetica: un percorso storico.

riflessioni

Obiettivo del Seminario: raccogliere l’eredità del lavoro sviluppato dall’Istituto di Catechetica (ICa) nel campo della Pedagogia religiosa e collocarlo in un nuovo orizzonte, che serva da cornice per la progettazione futura.

Il Seminario volle anche fare memoria di don Zelindo Trenti, professore all’ICa, ad un anno dalla sua morte.

Il Seminario si  è svolto il pomeriggio del 17 marzo 2017 dalle ore 15.00 alle ore 19.00 nella sala Artemide Zatti.

Parteciparono una sessantina di persone, professori e studenti.

Dopo il saluto del Rettore, don Mauro Mantovani, e la presentazione dei lavori da parte del prof. Miroslaw Wierzbicki, fu dato spazio a tre contributi.

–  Sergio CIcatelli  tratteggiò: “L’evoluzione dell’insegnamento della Religione in Italia dal Concordato del 1984”. Servi a delineare il contesto in cui ebbe da lavorare l’ICa: contesto complesso, evolutivo, segnato dalla chiara distinzione dell‘insegnamento di religione cattolica (IRC) dalla catechesi ed insieme dalla riforma scolastica con nuovi programmi delle discipline (Indicazioni), il che ha portato ad un profondo rinnovamento epistemologico, didattico e metodologico della  stessa scuola di religione.

– Cesare Bissoli, professore emerito dell’ICa, ebbe a svolgere: “L’attività dell’ICa nel campo della pedagogia religiosa”. Evidenziò i tratti salienti dell’IRC proposto dall’Istituto, rievocando il contributo specifico di Roberto Giannatelli per la scuola elementare e media e di Zelindo Trenti per la scuola ora denominata secondaria superiore. Per il lavoro svolto nel campo dell’IRC, l’ICa si è guadagnata la stima sia ella Chiesa (CEI) che dallo stato (MIUR) promuovendo una serie di iniziative di avanguardia in tale campo.

– Salvatore Currò, parlando delle “Coordinate del pensiero sulla  religione nell’ICa” mise in luce l’eredità specificamente di Zelindo Trenti con la sua pedagogia ermeneutica, grazie a cui la questione del senso si pone al centro del discorso religioso, dove per senso si intendono le domande di umanità che si elevano dall’esperienza. Debitamente educate alla luce di quell’umanesimo che è la visione cristiana della vita, permettono di realizzare una religione per l’uomo.

– Una quarta relazione, dopo un debito intervallo, è spettata al prof. José Luis Moral che ha parlato del “Presente e futuro del  rapporto  educazione e religione nell’ICa”. La sua fu una sintesi del lavoro portato avanti nel triennio, che ora viene a terminare, incentrato sul binomio “Religione e cittadinanza”.

Seguì un dialogo con i relatori in cui diventò perno di discussione la ’pedagogia ermeneutica’, ossia come la questione centrale debba essere una rinnovata attenzione alla dimensione umana del giovane (studente) per aiutarlo a capire quanto sia umana la dimensione religiosa.

Il Seminario si concluse con  la celebrazione dell’Eucaristia in suffragio del nostro collega Don Trenti. Presiedette la celebrazione il direttore della comunità San Tommaso, Don F. Krason, attorniato da diversi concelebranti. 

In una valutazione di insieme si possono segnare queste indicazioni. 

– L’attenzione al passato storico permette di sentirsi dotati di una eredità preziosa, tanto più in un ambito come quello dell’IR complesso e controverso ed insieme così vivace e vitale. L’ICa non chiede nessuna medaglia, ma sente in coscienza di aver lavorato molto per un divenire corretto della disciplina religione nella scuola di tutti. Tale impegno continua, vuole continuare in misura aggiornata. 

– La collocazione dell’insegnamento della religione in ambito italiano richiede che il profilo dell’IR  si configuri secondo la visione globale di scuola di questo paese, conoscendo a fondo l’identità e le metodologie adeguate, tanto più che nelle iniziative formative la maggioranza, se non la totalità dei partecipanti, sono docenti di religione italiani.

– La dimensione religiosa è dimensione di umanità: ecco il nodo centrale del valido IRC. Non va dimenticato il contributo originale apportato a tale scopo dalla comprensione cristiana di religione.

– L’IRC non può essere scuola di formule dottrinali, sia teologiche che filosofiche, ma del ‘fenomeno-fatto’ umano aperto all’oltre, al trascendente, attraverso un processo culturale che coinvolge tutta la persona: ragione, cuore, azione, accettando per questo di confrontarsi con un mondo pluralista, sia culturale che religioso.

Un uomo (un giovane) può seguire e interessarsi di una proposta religiosa, se la proposta religiosa si interessa in maniera comprensibile dell’uomo (del giovane)

Cesare Bissoli

 

LE ATTIVITA’ DELL’ICA NEL CAMPO DELLA PEDADOGIA RELIGIOSA 

Cesare Bissoli

La mia esposizione fa sintesi di un’ampia esperienza da corredare con fonti specifiche.

A. Versante epistemologico- strutturale

 

1. Si può dire che l’IR è nato con l’ICA nel curriculo di catechetica, non come ramo distinto, ma come modulo di questa, una catechesi nella scuola, tale essendo la legislazione concordataria del 1929 fino al rinnovamento degli accordi concordatari del 1984. In verità in tale sessantennio   maturò una lenta evoluzione verso l’autonomia delle due parti, distinzione che oggi -inizio del II Millennio- tende, almeno in fase teorica, ad una separazione, superando il Concordato, avendo come soggetto responsabile non più la Chiesa, ma la Scuola in quanto tale, per cui non si parlerebbe più di IRC, ma di IR con svariati profili. Ma è chiaro che questo processo è ancora in divenire non senza resistenze e inadempienze dove vige la norma concordataria. Data dunque la simbiosi tra catechesi e IRC (voluta anzitutto dai Dicasteri vaticani), l’IR esistette fin dall’inizio nell’ICA come disciplina confessionale, come IRC.

Ma qui va notata una peculiarità. Siccome l’ICA è stato inserito -il che è originale e in sé fecondo- non nella Facoltà di Teologia, ma nella Facoltà di Scienze dell’Educazione, anche l’IRC, se non per un intrinseco motivo proprio, fece subito parte della FSE. Ma purtroppo, in questa collocazione, per sé adeguata, non godette di un approfondimento interdisciplinare continuo salvo in qualche momento specifico come dirò qui sotto. Però resta  vero che la riflessione sull’IRC nell’ICA non fu bloccata al “si è sempre fatto così”[1]. L’IRC sotto la guida di Roberto Giannatelli formato nell’ACR, specializzato in didattica alla scuola di Don Calonghi, poté valorizzare per l’IRC delle risorse della didattica. È merito suo l’introduzione del metodo del curricolo nell’IRC (scuola media). Dopo di lui, si spense progressivamente ogni interesse per la scuola primaria e media. La dimensione didattica non fu valorizzata nell’IRC nella secondaria superiore che iniziava il suo percorso di pedagogia ermeneutica sotto la guida di Zelindo Trenti (didattica diventata oggi scopo primario a cura di R. Romio).

L’IRC non fu dunque mai col-laborato tanto meno co-gestito da nessun altro curricolo della FSE e visto piuttosto con disinteresse perché già tanto -si diceva- funzionava bene.

Ma come sopra accennavo, non mancarono opportune scosse a livello epistemologico che poi purtroppo si spensero. La prima scossa avvenne in relazione ai nuovi accordi concordatari che si stavano preparando (assieme alla riforma globale della scuola e dunque anche dei nuovi programmi di religione). Sull’onda dei dialoghi inter-ideologici tra gli anni ‘70 e ‘80, organizzati dalla FSE, la FSE fece un Seminario di studio all’Hotel Ritz proponendo il superamento della confessionalità  con una disciplina Religione a base culturale.[2] Più avanti a proposito della Riforma della scuola primaria la FSE aderì alla proposta AIMC di dare per titolo “Fatti e fenomeni religiosi”. Ma l’interesse della FSE si fermò lì. L’IRC è in ICA, è in sua totale gestione (al tempo del Dipartimento l’IRC fu sempre considerato affare della FSE-ICA), senza negare, ma anzi riaffermandoli, utili incontri in vista di qualche Convegno o pubblicazioni, specie di ricerche sul campo (v. sotto). Come del resto ancora oggi sta facendo. Di qui un campo epistemologico scoperto. Nell’ultimo triennio l’ICA ha assunto la prospettiva nuova nel binomio di “educazione e cittadinanza”. Ad onore del vero, come già ebbi a dire, una riflessione teorica dal titolo di “ermeneutica esistenziale” fu elaborata da Trenti per la secondaria superiore.

 

2. Qualche altro dato seguendo il corso storico. La partecipazione dell’ICA all’IR inteso sempre come IRC, è stata portata avanti nel curricolo di catechetica ma in misura sempre più distinta, con la scelta di un approccio culturale all’IRC e alla non identificazione con la catechesi perfezionando e divulgando tale scelta in tutta Italia. Notevole fu la collaborazione con la CEI (fino agli anni ‘90 vigeva in essa un Ufficio unico per la catechesi e IRC) che ebbe in ICA sia per la catechesi sia per l’IRC il proprio referente di livello universitario, godendo così il nostro Istituto di alta stima e senza condizionamenti, invitati a tenere Corsi di aggiornamento sulla natura di IRC e per i docenti di religione, a livello nazionale.

 

3. L’ICA partecipò all’interpretazione ed attuazione degli accordi concordatari, collaborò pure alla riforma della scuola da Luigi Berlinguer a Stefania Giannini, partecipò pure in misura diretta alla stesura dei vari programmi di religione (oggi Indicatori nazionali) e al loro commento. Alcuni dell’ICA furono e sono membri della Consulta CEI per l’IRC. L’ICA fu pure partecipe della Consulta nazionale per la scuola cattolica.

 

B. Versante operativo-organizzativo

 

4. Le persone professionali furono R. Giannatelli, dedito -assieme a Don Gianetto- alla componente didattica, J. Gevaert a quella antropologica, U. Gianetto alla dimensione storica, Bissoli a quella biblica con l’istituzione di una cattedra apposita. Con altri docenti italiani ed esteri chiamati di volta in volta. Fu scelta assai positiva la formazione e collaborazione di un team di esperti tra cui nominiamo Marcella Pomponi come leader per le medie, e Margherita Dragoni ed équipe W la vita per le elementari. Così come Trenti con la sua équipe per la secondaria superiore.

 

6. Costante fu la cura di un’ampia base sperimentale a Roma e in Italia. Ossia un certo numero di insegnanti applicava in classe i criteri di docenza proposti dall’ICA, criteri elaborati nelle medie in un progetto dal titolo di Progetto uomo (Giannatelli e Marcella), idem per la scuola elementare, radunati anche qui in un progetto dal titolo W la Vita (Bissoli, Margherita).

 

7. Da qui l’origine di volumi per l’IRC con il titolo del progetto. Essi ebbero la diffusione italiana più grande fino a quando si pervenne alla libera composizione di libri di testo: Progetto uomo per le medie G-M); Religione e vangelo oggi in Italia ancora per le medie (Gianetto): è il testo migliore tra quanti fin qui stampati per questo tipo di scuola. Per la secondaria superiore, vanno nominati la serie di volumi a cura di Trenti-Lever-Maurizo che mirano ad un’accurata base culturale dei contenuti religiosi. Religione e cultura è il titolo del volume.

 

8. Altra caratteristica, che continua anche oggi, è l’offerta di Convegni di studio periodici lungo l’anno ed estivi per insegnanti italiani, sia qui all’UPS (Seminario di studio di autunno, Corso per docenti in primavera) sia come Corso estivo, a Colfosco, Corvara, Val di Fassa (Trenti) dagli anni ‘80 fino ad oggi. Abbondante era allora il finanziamento da parte della CEI-Miur.

 

9. La condizione universitaria dell’ICA in particolare con l’Istituto di sociologia favorì ben quattro

ricerche sociologiche nazionali sulla religione nella scuola, diversificate negli obiettivi, godendo di alta stima.

 

C. Linee di tendenza

 

10. Ricerca di dialogo a livello internazionale sulla pedagogia religiosa, in particolare con docenti universitari di Religionspädagogik (tra loro G. Stachel) e incontro biennale (in Germania e in Italia fin dagli anni ‘70 al 2011). Viaggi annuali europei di studio (Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Malta…) e nazionali (Milano, Torino, Verona…) anche sul versante IRC. Iscrizione e partecipazione al Forum europeo di insegnamento religioso.

 

11. Attenzione specifica fu sempre data alla conoscenza dettagliata dei nuovi programmi (oggi ‘Indicazioni nazionali’) di religione cattolica sul molteplice versante teologico, antropologico, biblico, storico e storico degli effetti, filosofico, pedagogico-didattico; si è curata la comprensione e possibile attuazione nel contesto scolastico italiano. Chiaramente questa impostazione non era e non è trasportabile tal quale ma semmai come modello nell’IR del curriculo accademico.

 

12. Linea di tensione fu sempre di adempire ad un compito di fedeltà spiegando l’IRC come è proposto alla Chiesa italiana a docenti italiani andando oltre a una comprensione dottrinalista (dogmatica), curando un’attenzione antropologica di un Dio per l’uomo, badando alle fonti  anzitutto biblica, elaborando una didattica più creativa, favorendo un dialogo sulle domande di senso e l’apertura ad una domanda di fede, avvertendo, ma non ancora iniziando un IR nel pluralismo religioso e interculturale.

 

D. Elementi da considerare  

           

13. Diretta attenzione anche all’insegnamento di religione come religione cattolica, almeno là dove accade (Italia, Germania, Spagna, Paesi dell’Est…) soprattutto laddove l’insegnamento è rivolto a docenti di religione italiani (Convegni per altro finanziati dal MIUR). Motivi: per un obbligato rispetto del dispositivo; perché molti docenti ne sanno ben poco materialmente e ancora meno quanto alla dinamica interna; perché gli attuali programmi (indicazioni nazionali) determinano intrinsecamente un dialogo aperto al pluralismo disciplinare, culturale (filosofico). Arricchendo così in concretezza il quadro più ampio di religione-educazione fin qui condotto. Chiaramente i programmi di religione (italiani) vanno letti e capiti nell’ambito della complessa Riforma in atto della scuola (v. Cicatelli).

 

14. Attenzione alla elaborazione di modelli didattici, da validare con forme di sperimentazione sul campo (seminari, tirocini), giungendo a produzione di pubblicazioni (articoli, libri, libri di testo).

 

15. I docenti di religione (italiani) necessitano ancora di forte approfondimento non solo pedagogico, ma anche teologico, biblico, storico, didattico, metodologico…

 

16.Riprendere attenzione alla scuola primaria e secondaria di primo grado.

 

17. Disporre all’interno dell’ICA di una équipe di professori e team di collaboratori (esperti di altre discipline, docenti di religione), sempre meglio aggiornati e preparati.

 



[1] L’Azione Cattolica e diversi Centri (salesiano, paolino, scuole cristiane…) prima e al seguito del Vaticano smossero le acque per un IRC distino da catechesi (c. di San Pio X). In ciò coinvolsero l’ICA e di fatto lo riconobbero Ventro-guida fino al 1984 (e dopo), in forza di pubblicazioni (articoli e testi scolastici).   

[2] Facoltà Scienze dell’Educazione, Dibattito sull’insegnamento della religione, PAS-Verlag, Zürich 1972. V. anche L’educazione religiosa in tempo di transizione culturale-pedagogica, in “Orientamenti Pedagogici” 47 (2000), n.3. 

 

Coordinate del pensiero sulla religione nell’ICa

Alcune nozioni-chiave: esperienza – ermeneutica – trascendenza

Salvatore Currò

 

Premessa

Mi concentro sul pensiero di Zelindo Trenti, giacché stiamo facendo memoria del primo anniversario della sua morte e giacché l’apporto da lui dato all’ICa è stato fondamentale. Cercherò di richiamare i nuclei portanti del suo pensiero. Lo faccio senza preoccupazioni di completezza ma basandomi soprattutto sulla mia amicizia personale con Zelindo e sui tanti confronti di cui ho beneficiato.

Propongo un breve percorso che ruota attorno a tre nozioni-chiave del suo pensiero: esperienza, ermeneutica e trascendenza. Lo faccio in modo schematico e riportando alcuni passaggi dei suoi testi. Concluderò evidenziando qualche criticità, alludendo a possibili ulteriori sviluppi, ma, in fondo, sulla stessa traiettoria da lui aperta.

 

  1. La prospettiva educativa dell’esperienza.

    Un elemento portante del pensiero di Trenti è l’indicazione forte che l’educazione religiosa e la catechesi, soprattutto quando si rivolgono agli adolescenti e ai giovani, sono chiamate a un cambio di prospettiva: dalla centralità della proposta alla centralità della persona, della sua esperienza e del suo progetto di vita. Non si tratta del semplice passaggio da una proposta dottrinale a una proposta esistenziale. Non si tratta nemmeno di tener viva la dimensione esperienziale della proposta cristiana. C’è di più. Si tratta di un rovesciamento di prospettiva. 

  2. Ciò implica un ripensamento dell’obiettivo stesso che non può essere pensato in termini di integrazione fede-vita. Il contesto culturale attuale richiede di pensare l’obiettivo in termini di dare pienezza all’esperienza. 

    Scrive Trenti:

    «La prima verifica da fare riguarda l’obiettivo stesso della pastorale e della catechesi: l’integrazione fede-vita.

    Dove la catechesi tende a tale integrazione, parte da un presupposto sempre meno evidente nell’adolescente di oggi. La fede potrebbe essere assente dalla sua vita. Perciò l’integrazione può forse interpretare il momento iniziale di un processo di secolarizzazione, quando si delineano le prime incrinature che compromettono una solidarietà della fede con la vita tacitamente e ovviamente presagita.

    Ma ormai la nostra situazione è diversa: per molti giovani non si tratta più di scoprire un rapporto e una solidarietà minacciata, ma di recuperare e rifondare la propria fede.

    Il recupero, se avviene, passa attraverso una considerazione prioritaria dell’esperienza che possiamo definire laica, almeno nel senso che significato e valore si sono cercati e riconosciuti a prescindere dal dato religioso. La religione può essere accettata solo se rispettosa di tale autonomia: la promuove e la garantisce.

    Per cui, più che l’integrazione fra due momenti complementari dell’esperienza, è in gioco la verità e la pienezza dell’esperienza, cui la fede deve dimostrarsi parte integrante e insostituibile.

    In altre parole, bisogna mostrare – e forse dimostrare – che una fede è irrinunciabile per un’esperienza umana pienamente realizzata e che la scelta cristiana propone una fede singolarmente sollecitante e proporzionata alla maturazione della persona» (Giovani e proposta cristiana. Saggio di metodologia catechetica per l’adolescenza e la giovinezza, Elle Di Ci, Leumann, 1985, pp. 65-66) .

    E ancora:

«Nella proporzione in cui l’educazione religiosa sposa la logica ermeneutica bisogna prendere atto che cambia l’obiettivo dell’educazione alla fede: non l’assimilazione integrale della dottrina, ma la ragione – la passione – che orienta il progetto di vita del giovane diventa l’asse portante dell’intero processo educativo» (La fede dei giovani. Linee di un progetto di maturazione alla fede dei giovani, Elledici, Leumann, 2003, p. 148).

D’altra parte, la persona (la soggettività) è a perno della riflessione pedagogica attuale. La religione stessa quindi è provocata sul versante del senso. Si tratta di verificare se essa può essere riferimento importante o addirittura  irrinunciabile per il progetto di vita.

«La persona nella sua singolarità e progettualità è decisamente a perno della riflessione pedagogica attuale. Il richiamo alla religione si giustifica in questa prospettiva, per l’apporto che vi offre, per l’orizzonte che vi apre.

Di sua natura nell’esperienza religiosa lo stesso concentrarsi sulla soggettività proprio della sensibilità contemporanea non costringe entro l’armatura angusta dell’individualità, ma presagisce ed esplora l’orma e il richiamo d’una presenza trascendente, fonte ultima di pienezza umana, che all’origine è vocazione e chiamata e solo successivamente risulta compito e impegno.

La religione sembra così provocata dal silenzio proprio dove la persona cerca “l’orientamento e il senso sia della quotidianità come della globalità della propria esperienza”.

Precisamente dove il significato situato e il senso totale si frammentano o addirittura si dissolvono la religione è chiamata in causa, non tanto per se stessa, quando per una sottesa ricerca di identità che urge soprattutto nell’età giovanile.

È proprio in quanto la religione fa riferimento ad un orizzonte trascendente e definitivo si accredita quale il riferimento irrinunciabile, forse risolutivo, fra i tanti che il contesto propone, oltre la ridda delle interferenze, delle ambiguità e delle contraddizioni.

[…]. Infatti nel riferimento più o meno esplicito e consapevole alla valenza “secolare” ed “esistenziale”, la religione viene restituita alla sua verità e alla sua funzione prioritaria di fermento orientativo dell’esperienza anche consueta, fino a situarsi nei casi in cui è vissuta con piena disponibilità quale “asse portante dell’intero progetto esistenziale”» (La fede dei giovani, p. 43).

«[In sintesi] La sfida che si delinea sembra portarsi sul rapporto che la religione è in grado di instaurare con il progetto esistenziale. “Al cuore dell’educazione attuale sta la realizzazione del singolo”. La religione quale ruolo vi gioca? In ambito educativo non è l’analisi della religione in sé, ma la verifica del suo apporto umanizzante.

Allora le domande orientative sono due:

– quale parte ha la religione nell’esperienza individuale e collettiva?

– come si innerva nei dinamismi che promuovono il progetto personale e la consapevolezza culturale?» (La fede dei giovani, p. 45).

Se nell’educazione tradizionale l’accento è posto sulla dottrina e su Dio, oggi l’accento va posto sull’esperienza e sull’uomo.

«“Concentrare l’attenzione sull’esistenza piuttosto che sulla dottrina” è una scelta che si è andata imponendo in tutte quelle elaborazioni che hanno privilegiato la consapevolezza e l’adesione interiore piuttosto che la conoscenza oggettiva o la pratica concreta. […].

«“Nell’educazione tradizionale” il presupposto di ogni considerazione educativa era l’affermazione di Dio; dato oggettivo da cui poteva ragionevolmente discendere tutta una gamma di considerazioni consequenziali, anche esigenti e rigorose […].

“In un procedimento esistenziale” il primo interesse non è centrato su Dio, ma sull’uomo. L’affermazione di Dio può risultare ineccepibile, ma non interessa (Sartre). La traccia su cui incamminarsi non è quella di Dio: è quella alternativa, che interpreta l’uomo; non tanto nell’affermazione di esistenza, evidente e scontata, quando nella ricerca di significato, tutto da esplorare.

Optare per un procedimento esistenziale è dunque cambiare radicalmente la rotta; è portarsi su un versante diverso e alternativo rispetto alla tradizione. Immaginare che si tratti di accentazioni e di ritocchi nel solco della tradizione è illusorio» (La fede dei giovani, pp. 110-111).

 

2. Una proposta nel segno dell’ermeneutica.

Lo spostamento di baricentro sull’esperienza non deve portare ad una rinuncia propositiva; al contrario, richiede di essere ancora più propositivi, ma di una propositività  ermeneutica. Si tratta di favorire un graduale ma deciso approfondimento dell’esperienza attraverso una proposta che deve caratterizzarsi ermeneuticamente.

La proposta cristiana deve guadagnarsi credibilità sul terreno dell’esperienza (credibilità esistenziale).

D’altra parte, non si può scavalcare il senso dell’essere soggetti, dell’appropriazione dei valori e delle proposte.

«I contenuti, anche quelli definitivi della tradizione, le verità della fede, non costituiscono l’ultimo obiettivo dell’educazione. Rappresentano la condizione, magari decisiva, perché la persona si confronti con i dati di fede e li faccia propri. Ma è esattamente tale appropriazione che la costituisce “credente”; che cambia il suo orizzonte di vita» (La fede dei giovani, p. 140).

La tradizione ha (solo) forza orientativa. Può offrire indicazioni preziose ma… è come un cantiere a cui attingere per la realizzazione di un progetto.

«La tradizione perde in autorevolezza normativa; acquista in forza orientativa» (La fede dei giovani, p. 141).

«La tradizione non costituisce il senso da trasmettere. Può offrire indicazioni preziose e criteri importanti di ricerca e di elaborazione del senso: si può dire, con un’immagine efficace, che la tradizione non offre un deposito di verità da trasmettere; costituisce un cantiere incomparabilmente ricco, cui attingere per la realizzazione di un progetto, ambizioso o modesto che sia, comunque non delegabile al passato» (La fede dei giovani, p. 143).

Il procedimento ermeneutico parte dalla domanda. È a partire dalla domanda che si giustifica il ricorso alla tradizione.

«Il procedimento ermeneutico parte dal soggetto, dalla domanda che gli si impone, da identificare con chiarezza.

È sulla domanda che si giustifica e si definisce il ricorso alla tradizione, alla ricerca anche attuale: queste non vengono rivisitate per se stesse, ma in vista della risposta; cosicché nel ritorno sulla persona, nella novità che la ricerca le ha consentito, si chiude “il circolo ermeneutico”» (La fede dei giovani, 146).

L’approfondimento dell’esperienza è esigente, implica un coinvolgimento graduale ma radicale. L’incontro con Dio implica apertura radicale.

«Mai come nel rapporto con Dio si rende evidente l’esigenza di totalità. Non è lecito andare all’incontro riservandosi un retroterra, per quanto piccolo, che risulti quasi estrema risorsa e un ultimo approdo: Dio non può non costituire l’ultimo approdo» (La fede dei giovani, p. 113).

In questo cammino diventa essenziale l’attenzione al linguaggio. Trenti, sulla scia di Heidegger e di Gadamer, sa che il linguaggio non è un fatto strumentale. Noi abitiamo il linguaggio. Il linguaggio religioso è contesto e possibilità di accogliere risorse di senso e di apertura a Dio.

Il linguaggio religioso, poi, non è tale quando ha Dio come contenuto. Esso si estende a tutta l’esistenza, evoca il mistero della vita e la presenza di Dio nelle vicende della vita.

«Il linguaggio non è religioso solo perché e in quanto parla di Dio: può esplorare l’intero orizzonte dell’esperienza umana, di suoi interessi, delle sue provocazioni; è per lo più in quest’orizzonte che si muove. La Bibbia offre a proposito un affresco grandioso: vicende epiche ed episodi apparentemente insignificanti ne riempiono le pagine. […] Per sé, quindi, ogni argomento può essere oggetto di discorso religioso» (La religione come disciplina scolastica. La scelta ermeneutica, Elle Di Ci, Leumann, 1990, p. 183).

Il senso del linguaggio religioso è che la proposta di fede trovi una profonda sintonia o connivenza nell’esperienza del giovane. L’educazione, di fatto, lavora su questa sintonia…

«L’attuale ricerca sul linguaggio può offrire indicazioni preziose: consente di riconsiderare la proposta evangelica sulla base di un itinerario interiore, da perseguire per “progressiva approssimazione”; che scava contemporaneamente nella sensibilità del giovane e nella verità della proposta, fino a scoprirvi una certa sintonia.

La resa di un giovane al “consumismo” non è totale: gli rimane un margine di insoddisfazione, di noia, di stanchezza che gli consentono di prendere le distanze e rendersi disponibile a scelte alternative; a sua volta la radicale povertà cui il vangelo richiama trova spunti di connivenza, di nostalgia nell’interiorità stessa del giovane: c’è dunque un margine di compatibilità da cui muovere e su cui fare forza per dilatare progressivamente la “sintonia” fra il giovane e il richiamo delle beatitudini.

Proprio “quel margine di compatibilità” è la base che può fondare un processo educativo sensato, il cui sviluppo non è naturalmente garantito: è almeno preparato e propiziato. […].

L’incontro del giovane con l’ideale evangelico suppone che la parola di Dio vi trovi una segreta connivenza. Scovare tale connivenza e dilatarla è esattamente compito dell’educazione. […].

In altre parole: più un giovane, incontrando la proposta evangelica la sente significativa e la fa sua, tanto più chiara e consapevole gli risulta la propria identità e si profila una singolare dialettica fra giovane e proposta evangelica; questa si rivela man mano in grado di offrire prospettive convincenti allo stesso progetto di vita che il giovane va faticosamente perseguendo» (La fede dei giovani, p. 163. Sul tema de linguaggio si veda anche la seconda parte di Opzione religiosa e dignità umana, Armando, Roma, 2010).

 

3. La trascendenza come struttura ultima dell’esistenza

L’esperienza è strutturalmente aperta alla trascendenza (questo è il motivo di fondo del libro Esperienza e trascendenza, Elle Di Ci, Leumann, 1982).

Le tracce della trascendenza nell’esperienza assumono tanti nomi: ricerca, attesa, presagio, provocazione, inquietudine, invocazione; anche: meraviglia, sorpresa.

Queste espressioni sono come delle piste di esplorazione delle profondità della vita. Sono espressioni molto valorizzate in Opzione religiosa e dignità umana, Armando, Roa, 2010, soprattutto la prima parte).

Nel fondo si dà una possibile alleanza tra l’uomo e Dio, anzi una segreta alleanza c’è già. 

È un’alleanza nel segno dell’incontro tra la ricerca-attesa di compimento e l’offerta della pienezza. È un’alleanza nel segno della comprensione del senso vivere. Si tratta di una comprensione esistenziale, ma si tratta pur sempre di comprensione.

È proprio questa centralità della comprensione e del senso, cioè del soggetto cercatore di senso, che pone dei problemi e che spinge a ulteriori approfondimenti.

 

Conclusione: alcune criticità e alcuni possibili approfondimenti lungo la stessa traiettoria.

Trenti è consapevole di alcune possibili critiche, in particolare due: quella relativa al primato di Dio e quella relativa alla lunghezza del percorso esistenziale da lui proposto.

La resistenza più profonda, riguardo alla formulazione dell’obiettivo centrato sul progetto esistenziale, si riferisce al primato di Dio. Ma, secondo Trenti, si onora davvero il primato di Dio, quando si mette al centro l’uomo e il percorso esistenziale. D’altra parte, la Bibbia stessa attesta il primato di una illuminazione di Dio per l’esistenza. La sproporzione poi tra la parola di Dio e l’esistenza è mantenuta nel circolo ermeneutico.

«La resistenza più profonda muove dal presupposto che Dio è il protagonista, che a lui spetta l’iniziativa: che di conseguenza l’annuncio è iscritto nel suo intervento. E questo primo intervento è individuato nella formula dottrinale o nella parola della scrittura.

È il presupposto da demolire: la stessa scrittura è elaborazione progressiva e finalmente luminosa di esperienze interiori di grande intensità religiosa che hanno fermentato il vissuto dei grandi maestri di spirito, e che la Bibbia ha raccolto.

Dio ha parlato prima che nelle scritture nell’anima di quegli uomini religiosi da cui sono nate le scritture. È quindi attraverso l’illuminazione della loro esistenza concreta che si è espresso. Proprio l’esistenza illuminata dall’azione misteriosa dello spirito è all’origine della rivelazione.

La stessa parola rivelata è precisamente illuminazione dell’esistenza. È nello spessore dell’esistenza personale, nella sua singolarità irrepetibile che Dio parla: le scritture e l’elaborazione razionale che ne hanno dato la riflessione teologica e la formulazione educativa la presuppone. Senza questa premessa che crea per così dire lo spazio di risonanza come direbbe la filosofia del linguaggio, la parola rivelata e la sua elaborazione razionale non avrebbero neppure modo di essere percepite e tanto meno accolte.

Il primato di Dio non viene meno quando lo si presagisce e lo si esplora fino a darvi accenti umani intelligibili. […].

Del resto non è neppure in discussione la sproporzione fra il presagio dell’uomo e la parola di Dio che lo interpreta: anzi, in un corretto procedimento ermeneutico è obbligante la novità della proposta e la sua sproporzione con l’esperienza del soggetto; è appunto tale esperienza che sarà messa a confronto per venir modificata e rinnovata.

Ed è scontato in ambito pedagogico che tanto più risulterà efficace la proposta quanto più saprà essere proporzionata e… “sorprendente”. L’intera pedagogia dell’apprendimento muove da presupposti ermeneutici; e se non bastasse, la riflessione sul linguaggio è lì per dirci che la comprensione e l’accoglienza di ogni nuovo contenuto di pensiero suppone una certa “fusione di orizzonti” per cui il soggetto è o entra in sintonia con quanto gli si propone.

Resta l’impressione che le resistenze si radichino in un fraintendimento del procedimento ermeneutico: quasi che tutto il processo di maturazione avvenga in un percorso chiuso del soggetto su se stesso.

A mio parere il presupposto è un altro e forse più tenace, fondato su consuetudini inveterate di “trasmissione” della fede. Per cui l’obiettivo è mandare a memoria e più recentemente trasmettere le verità della fede – traditio -.

Così si dimentica che la trasmissione delle verità della fede non è fine a se stessa ma è mirata al cambiamento – alla conversione – della persona. (La fede dei giovani, 148-149).

La seconda resistenza, come si diceva, è legata al fatto che si tratta di un cammino educativo «lungo, sinuoso, tutt’altro che garantito» (La fede dei giovani, 149).

Trenti risponde a questa critica mettendo in luce l’illusorietà di proposte troppo affrettate o addirittura fondamentaliste, che, alla lunga distanza, si rivelano poco incisive. La lunghezza del percorso, poi, esige un accompagnamento continuo caratterizzato da una logica educativa, in certo senso, costringente e provocatoria rispetto alla fedeltà alle esigenze dell’esperienza stessa.

Ma la critica più forte, a mio parere, che si può fare a Trenti, è sul concetto di esperienza e sulla centralità della conoscenza e della ricerca di senso nella comprensione del soggetto. (Bisogna tener conto che il retroterra filosofico di Trenti è quello della fenomenologia, di Max Scheler in particolare, della filosofia dell’esistenza, di Marcel in particolare).

Non bisognerebbe risalire (con l’aiuto di altre fenomenologie, ad es. quella di Merleau-Ponty, ma non solo), dall’interno stesso dell’esperienza (del soggetto), al sensibile, all’affettivo, al corporeo? Prima che conoscente e in ricerca di senso, il soggetto non è il legato-agli-altri, l’interpellato, il responsabile, l’estraneo a se stesso?

L’esperienza, poi, non è attraversata da una sorta di contromovimento, da un appello, da una chiamata, da un richiamo di responsabilità per l’altro, da momenti di rottura? Il senso dell’esperienza non è in una sorta di resa, di rottura dell’esperienza stessa? Il senso dell’umano non è nella rottura della progettualità o nel contromovimento che attraversa la progettualità?

Queste domande aprono la strada, forse, ad ulteriori approfondimenti, esigiti dall’attuale contesto culturale ed educativo. Ma si tratta di approfondimenti, pur significativi, che si pongono sulla stessa traiettoria tracciata da Trenti.

Per lavorare su questi approfondimenti, si richiede, come si è accennato, un confronto serio con le attuali fenomenologie della corporeità, del dono, della responsorialità, dell’estraneità dell’identità, ecc. Si richiede, poi, una presa in carico radicale dell’ispirazione della Rivelazione nel percorso esistenziale: non si tratta tanto di andare incontro alla Rivelazione, ma piuttosto di lasciarsi attraversare da essa o di modularsi su di essa. Si richiede, infine, un dialogo aperto e profondo tra scienze umane e teologia, in modo tale che la riflessione sull’umano possa aprirsi più radicalmente al riconoscimento delle tracce di Rivelazione e la teologia possa trovare il terreno dei vissuti (l’esperienza) come luogo teologico, luogo già abitato da Dio.

 

Alcune foto del seminario:

 

 

Accompagnare i giovani a rispondere a Cristo: un simposio europeo

Dal 28 al 31 marzo 2017 a Barcellona l’incontro dei responsabili di pastorale giovanile, scolastica, universitaria e vocazionale sull’accompagnamento dei giovani. Una tappa in vista del Sinodo dei Vescovi del 2018 su giovani, fede e discernimento vocazionale.

Circa 200 partecipanti tra vescovi, responsabili per la pastorale giovanile, scolastica, universitaria, vocazionale e della catechesi delle Conferenze episcopali in Europa s’incontreranno dal 28 al 31 marzo 2017 a Barcellona per confrontarsi e discutere sul tema dell’accompagnamento dei giovani. Il Simposio, intitolato “Camminava con loro (Lc 24,15). Accompagnare i giovani a rispondere liberamente alla chiamata di Cristo”, è promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), in collaborazione con la Conferenza Episcopale Spagnola e l’Arcidiocesi di Barcellona. L’incontro vuole essere un’occasione per riflettere insieme sulle modalità di accompagnamento dei giovani di oggi, nell’integralità della loro persona e nel loro cammino di fede.

I lavori prevedono un percorso in 3 tappe che, partendo dai giovani, procederà con una riflessione sulle sfide dell’accompagnamento alla luce dell’attuale contesto socio-culturale europeo e si concluderà sulla figura dell’accompagnatore stesso, la sua formazione, le sue esigenze. Queste tre tappe saranno successivamente approfondite attraverso lo scambio tra i partecipanti di “buone pratiche” e una presentazione-visita alla Sagrada Família, come esempio di annuncio del Vangelo e di accompagnamento  delle persone attraverso l’arte e l’architettura.

L’obiettivo principale dell’incontro è di riconoscere la centralità dell’accompagnamento dei giovani e proporre una riflessione della Chiesa europea. Il CCEE farà lavorare insieme i delegati nazionali di diversi ambiti pastorali specializzati di tutto il continente europeo (catechesi, scuola, università, vocazioni…) su di un unico soggetto: l’accompagnamento dei giovani a rispondere liberamente alla chiamata di Cristo prendendo come esempio il modello del “camminava con loro” (Lc 24,15) proposto da Gesù stesso nell’episodio dell’incontro con i discepoli sulla via di Emmaus.

Dopo il documento preparatorio “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” e in attesa della diffusione del questionario del Sinodo dei Vescovi indirizzato ai giovani di tutto il mondo, il Simposio europeo costituisce una tappa significativa del cammino che porterà la Chiesa a celebrare nell’ottobre 2018 un Sinodo su giovani e vocazioni.

Sul Sito del Simposio (http://symposium2017.ccee.eu/) sono disponibili varie informazioni.

Un laboratorio per le scuole: #essereumani

L’iniziativa è dedicata agli studenti delle scuole statali e paritarie italiane di ogni ordine e grado e ha l’obiettivo di introdurre i ragazzi nella riflessione sul tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo e stimolarli alla realizzazione di un prodotto mediale (un disegno o un fumetto, un video, una fotografia, ecc.) che possa essere poi diffuso attraverso i social network del Convegno Ecclesiale. 
L’invito è rivolto agli insegnanti, perché sappiano coinvolgere fruttuosamente i loro studenti.

Sei un insegnante? Porta in classe il laboratorio #essereumani. L’iniziativa è dedicata agli studenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado e ha l’obiettivo di guidare i più giovani nella riflessione sul tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo e stimolarli alla realizzazione di un prodotto mediale (un disegno o un fumetto, un video, una fotografia, ecc.) che possa essere poi diffuso attraverso i social network del Convegno Ecclesiale. In questa pagina puoi trovare un documento-guida (qui anche in pdf) da seguire per realizzare il laboratorio nella tua classe. Il documento è corredato da un sussidio sui temi e i contenuti del Convegno.

PREMESSA

Se il compito dell’insegnante e dell’educatore è di testimoniare il Vangelo in un mondo “che cambia”, le “relazioni digitali” possono essere di aiuto anche in questo:

«In questo decennio le comunità cristiane sono impegnate ad aggiornare l’azione pastorale, assumendo come punto prospettico l’educazione, divenuta una vera e propria emergenza: il mondo digitalizzato e sempre più pervaso dalla tecnica apre prospettive inedite non soltanto sul fronte della ricerca ma anche nelle sue applicazioni, che modificano sempre più le abitudini quotidiane; la cultura si vuole affrancare in modo disinvolto da qualsiasi tradizione e dai valori da esse veicolati, ritenendoli superati e obsoleti; l’urbanizzazione ridisegna gli spazi e i ritmi della vita umana, modificando le principali forme dei legami sociali e ambientali; in un’epoca prolungata di crisi generalizzata, la povertà sempre più estesa rischia di alimentare modelli che causano miseria umana e perdita di dignità. Come affrontare queste sfide? In una società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di beni di consumo, il compito più urgente diventa, dunque, educare a scelte responsabili». (Traccia del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale)

«Di fronte agli educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, si presenta, pertanto, la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati e di superarne l’inconsistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione». (Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali 2010-2020).

PRESENTAZIONE

Questo progetto si rivolge a tutti gli insegnanti e specificamente agli insegnanti di religione e presenta la traccia da seguire – con i dovuti adattamenti e declinazioni specifiche in funzione dell’età dei destinatari e del contesto  – per la realizzazione di un laboratorio che traduca in esperienza didattica il tema del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.

DESTINATARI

Tutti i giovani in età scolare (studenti della scuola primaria e secondaria di I e II grado).

OBIETTIVI

L’obiettivo generale è sensibilizzare i più giovani al tema del “nuovo umanesimo” alla luce della via indicata da Gesù. L’obiettivo pratico è la produzione di output mediali che stimolino la creatività e la riflessività dei destinatari, sollecitando la loro sensibilità umana e al contempo mettendo in gioco la loro competenza tecnologica e artistica nell’uso dei linguaggi e degli strumenti mediali. I prodotti del laboratorio sono destinati alla pubblicazione e alla circolazione sui social media ufficiali del Convegno Ecclesiale (Facebook, Twitter, YouTube).

PRESENTAZIONE

Questo progetto si rivolge a tutti gli insegnanti e specificamente agli insegnanti di religione e presenta la traccia da seguire – con i dovuti adattamenti e declinazioni specifiche in funzione dell’età dei destinatari e del contesto  – per la realizzazione di un laboratorio che traduca in esperienza didattica il tema del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.

DESTINATARI

Tutti i giovani in età scolare (studenti della scuola primaria e secondaria di I e II grado).

OBIETTIVI

L’obiettivo generale è sensibilizzare i più giovani al tema del “nuovo umanesimo” alla luce della via indicata da Gesù. L’obiettivo pratico è la produzione di output mediali che stimolino la creatività e la riflessività dei destinatari, sollecitando la loro sensibilità umana e al contempo mettendo in gioco la loro competenza tecnologica e artistica nell’uso dei linguaggi e degli strumenti mediali. I prodotti del laboratorio sono destinati alla pubblicazione e alla circolazione sui social media ufficiali del Convegno Ecclesiale (Facebook, Twitter, YouTube).

DEFINIZIONE DEL TEMA

Il percorso laboratoriale dovrà portare i giovani a riflettere e lavorare attivamente attorno al tema generale della propria identità e della propria umanità. Che cosa significa essere umani? Quali sono gli aspetti della sua vita personale e sociale che consentono ai destinatari di dire: sono un essere umano? In particolare, si suggerisce di utilizzare il seguente stimolo:

Quale gesto quotidiano ti fa sentire di essere umano? Raccontalo!

Questo stimolo fa leva infatti su alcune delimitazioni e specificazioni:

  • sull’elemento di concretezza della gestualità: per evitare risposte di carattere latamente esistenziali e astratte;
  • sull’elemento della quotidianità: ovvero sull’ordinarietà e non l’eccezionalità o l’estemporaneità: essere umani è uno “stato dinamico”, una condizione non biologica, bensì antropologica;
  • sull’elemento del sentire: non in senso emozionale-istintivo, bensì affettivo-soggettivo stavolta sì in senso “esistenziale”: ciò che sentiamo ci fa essere poiché è caratteristico della nostra umanità;
  • sull’elemento del racconto: per incentivare una modalità narrativa di restituzione (e confezionamento dell’output).

A un livello più specifico è possibile proporre la riflessione/produzione attorno alle cinque “vie” indicate dalla Traccia di riflessione per il cammino verso il Convegno Ecclesiale (http://www.firenze2015.it/traccia), a sua volta sintetizzata nel sussidio (non necessariamente tutt’e cinque le “vie”, eventualmente anche una soltanto):

  • Uscire: per uscire dai nostri confini, da noi stessi, superando la frammentazione del sociale.
  • Annunciare: testimoniare Gesù Cristo attraverso i nuovi modi che il nostro tempo ci suggerisce.
  • Abitare: lo stare nello spazio in cui viviamo in modo eloquente, simbolico; la capacità di cogliere i simboli di bellezza che abitano già la nostra realtà e la nostra vita.
  • Educare: la capacità di essere responsabili, educare alla libertà e alla capacità critica, il primato della relazione, le nuove iniziative e i nuovi spunti per realizzare iniziative capaci di incidere.
  • Trasfigurare: la capacità che ciascuno ha di fare la propria piccola parte per trasformare il mondo, sapendo che le tessere unite tra loro fanno molto di più della loro somma, dice qualcosa che passa attraverso di noi, ma è più grande di noi.

POSSIBILI OUTPUT

A seconda dell’età anagrafica e di maturità, del livello di competenza e dotazione tecnologica (dei destinatari e dell’istituto), la guida può richiedere la produzione di uno o più output. Ecco alcuni esempi:

  • Disegno
  • Tag Cloud. Nuvola di parole significative frutto di un brainstorming di gruppo o di una riflessione personale
  • Poesia/Aforisma. Per i più grandi anche in forma di Tweet (max 140 caratteri)
  • Vignetta
  • Fumetto
  • Poster
  • Audio (registrazione vocale, brano musicale)
  • Fotografia
  • Video (anche “solo” un selfie)

*L’istituto può eventualmente prendere contatto con esperti nel settore della produzione audiovisiva o dell’editing di immagine (pubblicisti, fotografi, ecc.) e ospitarli nel laboratorio allo scopo di offrire una preparazione di base e/o un supporto produttivo, in particolare per gli output più elaborati e complessi, come i video.

MODALITÀ DI INVIO E PUBBLICAZIONE

Gli insegnati/animatori si incaricano si raccogliere i prodotti (ed eventualmente digitalizzarli) e a prendere contatto con la Redazione (redazione@firenze2015.it) per concordare le modalità di invio. I materiali dovranno essere corredati da una scheda di sintesi che descriva le modalità di realizzazione del laboratorio, ne illustri gli aspetti positivi e negativi, riporti il nome dell’istituto e dei partecipanti (eventualmente previa liberatoria/autorizzazione in caso di destinatari minorenni), con relativi recapiti.

Gli elaborati possono essere diffusi anche attraverso i canali personali dei destinatari o degli istituti, ma soltanto dopo la loro pubblicazione attraverso i canali digitali del Convegno Ecclesiale. Questa modalità è volta non a ottenere “l’esclusiva” dei prodotti creativi, bensì a valorizzarla adeguatamente e su scala nazionale.

I progetti più significativi e meglio realizzati potranno essere valorizzati anche attraverso articoli e servizi pubblicati sulle testate giornalistiche nazionali.

Il patrimonio degli elaborati ricevuti dalla Redazione verrà conservato sul sito web del Convegno Ecclesiale anche dopo l’evento di novembre 2015 e si offrirà come un archivio di esperienze che potranno anche essere oggetto di analisi dei linguaggi, delle logiche e delle dinamiche con cui le giovani generazioni interpretano e si impegnano attorno alle questioni dell’umano e della propria identità.

SUSSIDIO TEMATICO

La presente scheda è corredata da un sussidio sui temi e i contenuti.

Scarica il banner del laboratorio #essereumani

Per ogni ulteriore informazione, si possono consultare queste pagine:
Link al progetto:  http://www.firenze2015.it/essereumani/
Link alla presentazionehttp://www.firenze2015.it/progettoscuola/
 

“Un originale progetto educativo per un’Italia prospera, libera, europea”

…) Educare è un atto d’amore, è dare vita. E l’amore è esigente, chiede di impegnare le migliori risorse, di risvegliare la passione e mettersi in cammino con pazienza insieme ai giovani. L’educatore nelle scuole Cattoliche dev’essere anzitutto molto competente, qualificato, e al tempo stesso ricco di umanità, capace Di stare in mezzo ai giovani. L’educatore nelle scuole cattoliche dev’essere anzitutto molto competente, qualificato, e al tempo stesso ricco di umanità, capace di stare in mezzo ai giovani con stile pedagogico, per promuovere la loro crescita umana e spirituale. I giovani hanno bisogno di qualità dell’insegnamento e insieme di valori, non solo enunciati, ma testimoniati. La coerenza è un fattore indispensabile nell’educazione dei giovani. Coerenza! Non si può far crescere, non si può educare senza coerenza: coerenza, testimonianza. Per questo l’educatore ha bisogno egli stesso di una formazione permanente. Occorre dunque investire affinché docenti e dirigenti possano mantenere alta la loro professionalità e anche la loro fede e la forza delle loro motivazioni spirituali …Quello dell’educazione è un grande cantiere aperto, nel quale la Chiesa è da sempre presente con istituzioni e progetti propri. Oggi occorre incentivare ulteriormente questo Impegno a tutti i livelli e rinnovare il compito di tutti i soggetti che vi sono impegnati …

(Papa Francesco, 13 febbraio 2014)
 

La nuova sfida educativa è l’essere generativi

La relazione di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti inaugura il nuovo anno accademico all’Università Salesiana di Roma. Generatività, alterità e educazione, le parole chiave del loro discorso rivolto a studenti e docentiE’ la prima volta che il neo rettor maggiore dei salesiani Ángel Fernández Artime inaugura l’anno accademico dell’Università Pontificia Salesiana di Roma di cui ne è pure gran cancelliere. Un anno ricco di avvenimenti per l’ateneo salesiano che lo scorso 16 Agosto ha aperto i festeggiamenti per il bicentenario di San Giovanni Bosco e i settantacinque anni dalla fondazione della stessa università.

Quest’anno a tenere la prolusione ufficiale è stata eccezionalmente una coppia di sposi, genitori di sei figli ed entrambi docenti presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (una scelta non indifferente a conclusione di un cruciale Sinodo straordinario sulla famiglia). Chiara Giaccardi, sociologa e docente ordinario di media research e Mauro Magatti docente ordinario di sociologia della religione. Entrambi hanno riflettuto sul significato di “Generatività” anche alla luce della loro ultima pubblicazione intitolata “Generativi di tutto il mondo, unitevi! Manifesto per la società dei liberi“ (Feltrinelli, 2014).

La generatività nasce dall’ascolto. «La generatività è un incontro di idee – spiega Giaccardi – la capacità di leggere la realtà e gli stessi segni dei tempi ascoltando l’altro. Un ascolto che deve diventare il punto di partenza dell’azione educativa. L’alterità con la quale tutti i giorni ci incontriamo e ci scontriamo provoca un movimento di apertura e da questo scombussolamento si crea generatività. Questa parola ha la stessa radice di genio, generoso, radice ed indica la capacità di fare essere qualcosa avendo ascoltato e legato».

Dall’ipersoggettivismo all’”ecologia del cognitivo”. «Nella cultura contemporanea – aggiunge Magatti – abbiamo imparato che non esiste realtà senza soggetto ma abbiamo anche ridotto ogni forma di alterità di questa stessa realtà: l’abbiamo ridotta al nostro punto di vista tralasciando la dimensione collettiva e rendendola sempre più soggettiva, comoda a noi stessi: quell’ipersoggettivismo che non accumula niente. Abbiamo, invece, bisogno di una “ecologia del cognitivo”, ovvero il cercare di riflettere rispetto alla cultura contemporanea, come possiamo tornare e interpretare questa relazionalità senza temerla. Il filosofo Panikkar ci suggerisce una visione della realtà “cosmoteandrica”, ovvero inglobante tre aspetti. Il primo è il cosmo (la relazionalità con la natura e tutto ciò che ci circonda), il secondo è il Theós (il nostro rapporto con Dio e per i non credenti con il mistero) ed infine il terzo, andrica (la nostra relazione sociale con gli altri uomini). Ripartiamo, dunque, ristrutturando il nostro concetto di realtà, con la natura con Dio e con l’altro».

L’educazione è un’alleanza che deve coinvolgere. «Da docenti ma soprattutto da genitori – continua la Giaccardi – sappiamo che “educazione” è una parola che non ha nulla a che fare con il fornire risposte alla domande ma col tenerle vive le domande, tenere viva la curiosità e far gustare il bello. Troppo spesso siamo intrappolati in un modello educativo che si struttura come trasmissione ma l’educazione non è altro che un incontro tra alterità, un incontro nel quale si costruisce qualcosa di nuovo attraverso la relazione. L’educazione è un’alleanza in cui si genere qualcosa di nuovo e in cui tutti cambiano, sia l’educatore che l’educando. L’educazione non può non coinvolgere, nessuno in questa alleanza è soltanto spettatore».

L’opportunità del rafting generativo. «Tutti certamente conosciamo la visione di Bauman sulla modernità liquida – afferma Magatti. Viviamo in una società sempre in movimento, di un’esperienza che continua cambia e con essa cambia anche la vita. Non ha senso dunque avere nostalgia di una società solida perché forse un mondo solido non sarebbe stato capace di ospitare questi nuovi equilibri. E’ vero, una modernità liquida comporta tanti rischi ma in questa liquidità siamo invitati a fornire risposte positive. La vita non è ferma, ci muoviamo all’interno di un fiume come coloro che praticano quello sport in canoa chiamato “rafting”. Ma sappiamo che questo è un rafting generativo perché questa sperimentazione di disorientamento crea nuove opportunità e nuove idee, una nuova sfida».

I due docenti, in conclusione, rivolgendosi agli studenti hanno detto: «Ci auguriamo che questa idea di generatività possa essere una via per aiutare la nostra contemporaneità a fare un passo nell’esperienza della libertà contemporanea. Amare l’idea di libertà che è figlia della cristianità. Essere capaci di entrare in ascolto con il cosmo e con l’altro. Da questo punto di vista Don Bosco è stato uno dei più grandi “generativi” della storia».

Ermanno Giuca

“Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”

INDICE 
Introduzione

I Parte
L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia
Il contesto socio-culturale
La rilevanza della vita affettiva
La sfida per la pastorale

II Parte
Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia
Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza
La famiglia nel disegno salvifico di Dio
La famiglia nei documenti della Chiesa
L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme
Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili

III Parte

Il confronto: prospettive pastorali
Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti
Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio
Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale
Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze
Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)
L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale
La trasmissione della vita e la sfida della denatalità
La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

Conclusione

Introduzione
1. Il Sinodo dei Vescovi riunito intorno al Papa rivolge il suo pensiero a tutte le famiglie del mondo con le loro gioie, le loro fatiche, le loro speranze. In particolare sente il dovere di ringraziare il Signore per la generosa fedeltà con cui tante famiglie cristiane rispondono alla loro vocazione e missione. Lo fanno con gioia e con fede anche quando il cammino familiare le pone dinanzi a ostacoli, incomprensioni e sofferenze. A queste famiglie va l’apprezzamento, il ringraziamento e l’incoraggiamento di tutta la Chiesa e di questo Sinodo. Nella veglia di preghiera celebrata in Piazza San Pietro sabato 4 ottobre 2014 in preparazione al Sinodo sulla famiglia Papa Francesco ha evocato in maniera semplice e concreta la centralità dell’esperienza familiare nella vita di tutti, esprimendosi così: «Scende ormai la sera sulla nostra assemblea. È l’ora in cui si fa volentieri ritorno a casa per ritrovarsi alla stessa mensa, nello spessore degli affetti, del bene compiuto e ricevuto, degli incontri che scaldano il cuore e lo fanno crescere, vino buono che anticipa nei giorni dell’uomo la festa senza tramonto. È anche l’ora più pesante per chi si ritrova a tu per tu con la propria solitudine, nel crepuscolo amaro di sogni e di progetti infranti: quante persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non del rancore; in quante case è venuto meno il vino della gioia e, quindi, il sapore – la sapienza stessa – della vita […] Degli uni e degli altri questa sera ci facciamo voce con la nostra preghiera, una preghiera per tutti».

2. Grembo di gioie e di prove, di affetti profondi e di relazioni a volte ferite, la famiglia è veramente “scuola di umanità” (cf. Gaudium et Spes, 52), di cui si avverte fortemente il bisogno. Nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare nei vari contesti del “villaggio globale”, il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, ad annunciare senza sosta e con convinzione profonda il “Vangelo della famiglia” che le è stato affidato con la rivelazione dell’amore di Dio in Gesù Cristo e ininterrottamente insegnato dai Padri, dai Maestri della spiritualità e dal Magistero della Chiesa. La famiglia assume per la Chiesa un’importanza del tutto particolare e nel momento in cui tutti i credenti sono invitati a uscire da se stessi è necessario che la famiglia si riscopra come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione. Il pensiero va alla testimonianza missionaria di tante famiglie.

3. Sulla realtà della famiglia, decisiva e preziosa, il Vescovo di Roma ha chiamato a riflettere il Sinodo dei Vescovi nella sua Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, per approfondire poi la riflessione nell’Assemblea Generale Ordinaria che si terrà nell’ottobre 2015, oltre che nell’intero anno che intercorre fra i due eventi sinodali. «Già il convenire in unum attorno al Vescovo di Roma è evento di grazia, nel quale la collegialità episcopale si manifesta in un cammino di discernimento spirituale e pastorale»: così Papa Francesco ha descritto l’esperienza sinodale, indicandone i compiti nel duplice ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue.

4. Alla luce dello stesso discorso abbiamo raccolto i risultati delle nostre riflessioni e dei nostri dialoghi nelle seguenti tre parti: l’ascolto, per guardare alla realtà della famiglia oggi, nella complessità delle sue luci e delle sue ombre; lo sguardo fisso sul Cristo per ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo quanto la rivelazione, trasmessa nella fede della Chiesa, ci dice sulla bellezza, sul ruolo e sulla dignità della famiglia; il confronto alla luce del Signore Gesù per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel loro impegno per la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.

PRIMA PARTE
L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia
Il contesto socio-culturale

5. Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre. Pensiamo ai genitori, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio. Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato. Vanno sottolineati prima di tutto gli aspetti positivi: la più grande libertà di espressione e il migliore riconoscimento dei diritti della donna e dei bambini, almeno in alcune regioni. Ma, d’altra parte, bisogna egualmente considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto. A ciò si aggiunge anche la crisi della fede che ha toccato tanti cattolici e che spesso è all’origine delle crisi del matrimonio e della famiglia.

6. Una delle più grandi povertà della cultura attuale è la solitudine, frutto dell’assenza di Dio nella vita delle persone e della fragilità delle relazioni. C’è anche una sensazione generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciare le famiglie. Così è per la crescente povertà e precarietà lavorativa che è vissuta talvolta come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia i giovani al matrimonio. Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle istituzioni. Le conseguenze negative dal punto di vista dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza. È responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia.

7. Ci sono contesti culturali e religiosi che pongono sfide particolari. In alcune società vige ancora la pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetudine del “matrimonio per tappe”. In altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati. Nei Paesi in cui la presenza della Chiesa cattolica è minoritaria sono numerosi i matrimoni misti e di disparità di culto con tutte le difficoltà che essi comportano riguardo alla configurazione giuridica, al battesimo e all’educazione dei figli e al reciproco rispetto dal punto di vista della diversità della fede. In questi matrimoni può esistere il pericolo del relativismo o dell’indifferenza, ma vi può essere anche la possibilità di favorire lo spirito ecumenico e il dialogo interreligioso in un’armoniosa convivenza di comunità che vivono nello stesso luogo. In molti contesti, e non solo occidentali, si va diffondendo ampiamente la prassi della convivenza che precede il matrimonio o anche di convivenze non orientate ad assumere la forma di un vincolo istituzionale. A questo si aggiunge spesso una legislazione civile che compromette il matrimonio e la famiglia. A causa della secolarizzazione in molte parti del mondo il riferimento a Dio è fortemente diminuito e la fede non è più socialmente condivisa.

8. Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni Paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito. Il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate unicamente da fattori di ordine economico. I bambini spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. I padri sono spesso assenti non solo per cause economiche laddove invece si avverte il bisogno che essi assumano più chiaramente la responsabilità per i figli e per la famiglia. La dignità della donna ha ancora bisogno di essere difesa e promossa. Oggi infatti, in molti contesti, l’essere donna è oggetto di discriminazione e anche il dono della maternità viene spesso penalizzato piuttosto che essere presentato come valore. Non vanno neppure dimenticati i crescenti fenomeni di violenza di cui le donne sono vittime, talvolta purtroppo anche all’interno delle famiglie e la grave e diffusa mutilazione genitale della donna in alcune culture. Lo sfruttamento sessuale dell’infanzia costituisce poi una delle realtà più scandalose e perverse della società attuale. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deterioratee soprattutto nelle grandi metropoli e nelle loro periferie cresce il cosiddetto fenomeno dei bambini di strada. Le migrazioni inoltre rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare.

La rilevanza della vita affettiva
9. A fronte del quadro sociale delineato si riscontra in molte parti del mondo, nei singoli un maggiore bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente, di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare relazioni affettive di qualità; tale giusta aspirazione può aprire al desiderio di impegnarsi nel costruire relazioni di donazione e reciprocità creative, responsabilizzanti e solidali come quelle familiari. Il pericolo individualista e il rischio di vivere in chiave egoistica sono rilevanti. La sfida per la Chiesa è di aiutare le coppie nella maturazione della dimensione emozionale e nello sviluppo affettivo attraverso la promozione del dialogo, della virtù e della fiducia nell’amore misericordioso di Dio. Il pieno impegno richiesto nel matrimonio cristiano può essere un forte antidoto alla tentazione di un individualismo egoistico.

10. Nel mondo attuale non mancano tendenze culturali che sembrano imporre una affettività senza limiti di cui si vogliono esplorare tutti i versanti, anche quelli più complessi. Di fatto, la questione della fragilità affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica, instabile e mutevole che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità. Preoccupa una certa diffusione della pornografia e della commercializzazione del corpo, favorita anche da un uso distorto di internet e va denunciata la situazione di quelle persone che sono obbligate a praticare la prostituzione. In questo contesto, le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale. La crisi della coppia destabilizza la famiglia e può arrivare attraverso le separazioni e i divorzi a produrre serie conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali. Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di salute riproduttiva, non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire. Lo sviluppo delle biotecnologie ha avuto anch’esso un forte impatto sulla natalità.

La sfida per la pastorale
11. In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e che, pertanto, una riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, possa trovare un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità. I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche in chi ha sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più disparate. Il messaggio cristiano ha sempre in sé la realtà e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo convergono.

II PARTE
Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia
Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza

12. Al fine di «verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto […]. Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (Papa Francesco, Discorso del 4 ottobre 2014). Gesù ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio.

13. Dato che l’ordine della creazione è determinato dall’orientamento a Cristo, occorre distinguere senza separare i diversi gradi mediante i quali Dio comunica all’umanità la grazia dell’alleanza. In ragione della pedagogia divina, secondo cui l’ordine della creazione evolve in quello della redenzione attraverso tappe successive, occorre comprendere la novità del sacramento nuziale cristiano in continuità con il matrimonio naturale delle origini. Così qui s’intende il modo di agire salvifico di Dio, sia nella creazione sia nella vita cristiana. Nella creazione: poiché tutto è stato fatto per mezzo di Cristo ed in vista di Lui (cf. Col 1,16), i cristiani sono «lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire attentamente la trasformazione profonda che si verifica in mezzo ai popoli» (Ad Gentes, 11). Nella vita cristiana: in quanto con il battesimo il credente è inserito nella Chiesa mediante quella Chiesa domestica che è la sua famiglia, egli intraprende quel «processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio» (Familiaris Consortio, 11), mediante la conversione continua all’amore che salva dal peccato e dona pienezza di vita.

14. Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8). L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. In tal modo, Gesù mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, guarisca e trasformi il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce. Dai Vangeli emerge chiaramente l’esempio di Gesù che è paradigmatico per la Chiesa. Gesù infatti ha assunto una famiglia, ha dato inizio ai segni nella festa nuziale a Cana, ha annunciato il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (Mt 19,3). Ma nello stesso tempo ha messo in pratica la dottrina insegnata manifestando così il vero significato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana (Gv 4,1-30) e con l’adultera (Gv 8,1-11) in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona peccatrice, porta al pentimento e alla conversione (“va’ e non peccare più”), condizione per il perdono.

La famiglia nel disegno salvifico di Dio
15. Le parole di vita eterna che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli comprendevano l’insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Tale insegnamento di Gesù ci permette di distinguere in tre tappe fondamentali il progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia. All’inizio, c’è la famiglia delle origini, quando Dio creatore istituì il matrimonio primordiale tra Adamo ed Eva, come solido fondamento della famiglia. Dio non solo ha creato l’essere umano maschio e femmina (Gen 1,27), ma li ha anche benedetti perché fossero fecondi e si moltiplicassero (Gen 1,28). Per questo, «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24). Questa unione è stata danneggiata dal peccato ed è diventata la forma storica di matrimonio nel Popolo di Dio, per il quale Mosè concesse la possibilità di rilasciare un attestato di divorzio (cf. Dt 24, 1ss). Tale forma era prevalente ai tempi di Gesù. Con il Suo avvento e la riconciliazione del mondo caduto grazie alla redenzione da Lui operata, terminò l’era inaugurata con Mosé.

16. Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale (cf. Mc 10,1-12). La famiglia e il matrimonio sono stati redenti da Cristo (cf. Ef 5,21-32), restaurati a immagine della Santissima Trinità, mistero da cui scaturisce ogni vero amore. L’alleanza sponsale, inaugurata nella creazione e rivelata nella storia della salvezza, riceve la piena rivelazione del suo significato in Cristo e nella sua Chiesa. Da Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria per testimoniare l’amore di Dio e vivere la vita di comunione. Il Vangelo della famiglia attraversa la storia del mondo sin dalla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 26-27) fino al compimento del mistero dell’Alleanza in Cristo alla fine dei secoli con le nozze dell’Agnello (cf. Ap 19,9; Giovanni Paolo II, Catechesi sull’amore umano).

La famiglia nei documenti della Chiesa
17. «Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha fatto mancare il suo costante insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cf. Gaudium et Spes, 47-52). Esso ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore (cf. Gaudium et Spes, 48), mettendo l’amore al centro della famiglia, mostrando, allo stesso tempo, la verità di questo amore davanti alle diverse forme di riduzionismo presenti nella cultura contemporanea. Il “vero amore tra marito e moglie” (Gaudium et Spes, 49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cf. Gaudium et Spes, 48-49). Inoltre, Gaudium et Spes 48 sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore “viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio”, e con loro rimane. Nell’incarnazione, Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cf. Lumen Gentium, 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino» (Instrumentum Laboris, 4).

18. «Sulla scia del Concilio Vaticano II, il Magistero pontificio ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, Paolo VI, con la Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce l’intimo legame tra amore coniugale e generazione della vita. San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano, la Lettera alle famiglie (Gratissimam Sane) e soprattutto con l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio. In tali documenti, il Pontefice ha definito la famiglia “via della Chiesa”; ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna; ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. In particolare, trattando della carità coniugale (cf. Familiaris Consortio, 13), ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità» (Instrumentum Laboris, 5).

19. «Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus Caritas Est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cf. Deus Caritas Est, 2). Egli ribadisce come: “Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano” (Deus Caritas Est, 11). Inoltre, nella Enciclica Caritas in Veritate, evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita nella società (cf. Caritas in Veritate, 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune» (Instrumentum Laboris, 6).

20. «Papa Francesco, nell’Enciclica Lumen Fidei affrontando il legame tra la famiglia e la fede, scrive: “L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità” (Lumen Fidei, 53)» (Instrumentum Laboris, 7).

L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme
21. Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita. Pertanto, lo sguardo della Chiesa si volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso Gesù.

22. Nella stessa prospettiva, facendo nostro l’insegnamento dell’Apostolo secondo cui tutta la creazione è stata pensata in Cristo e in vista di lui (cf. Col 1,16), il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere apprezzamento per il matrimonio naturale e per gli elementi validi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e nelle culture nonostante i limiti e le insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). La presenza dei semina Verbi nelle culture (cf. Ad Gentes, 11) potrebbe essere applicata, per alcuni versi, anche alla realtà matrimoniale e familiare di tante culture e di persone non cristiane. Ci sono quindi elementi validi anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano –comunque fondato sulla relazione stabile e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Con lo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.

Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili
23. Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del matrimonio indissolubile e fedele per sempre. Nella famiglia,«che si potrebbe chiamare Chiesa domestica» (Lumen Gentium, 11), matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità. «È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1657). La Santa Famiglia di Nazaret ne è il modello mirabile, alla cui scuola noi «comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo» (Paolo VI, Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964). Il Vangelo della famiglia, nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere trascurati.

24. La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che per i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della fede. «Pertanto, senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno. […] Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà. A tutti deve giungere la consolazione e lo stimolo dell’amore salvifico di Dio, che opera misteriosamente in ogni persona, al di là dei suoi difetti e delle sue cadute» (Evangelii Gaudium, 44).

25. In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; Gaudium et Spes, 22) la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.

26. La Chiesa guarda con apprensione alla sfiducia di tanti giovani verso l’impegno coniugale, soffre per la precipitazione con cui tanti fedeli decidono di porre fine al vincolo assunto, instaurandone un altro. Questi fedeli, che fanno parte della Chiesa hanno bisogno di un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante, distinguendo adeguatamente le situazioni. I giovani battezzati vanno incoraggiati a non esitare dinanzi alla ricchezza che ai loro progetti di amore procura il sacramento del matrimonio, forti del sostegno che ricevono dalla grazia di Cristo e dalla possibilità di partecipare pienamente alla vita della Chiesa.

27. In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel prestare attenzione alla realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, ai matrimoni tradizionali e, fatte le debite differenze, anche alle convivenze. Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale. 28. Conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta. Consapevoli che la misericordia più grande è dire la verità con amore, andiamo aldilà della compassione. L’amore misericordioso, come attrae e unisce, così trasforma ed eleva. Invita alla conversione. Così nello stesso modo intendiamo l’atteggiamento del Signore, che non condanna la donna adultera, ma le chiede di non peccare più (cf. Gv 8,1-11).

III PARTE
Il confronto: prospettive pastorali
Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti
29. Il dialogo sinodale si è soffermato su alcune istanze pastorali più urgenti da affidare alla concretizzazione nelle singole Chiese locali, nella comunione “cum Petro et sub Petro”. L’annunzio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova evangelizzazione. La Chiesa è chiamata ad attuarlo con tenerezza di madre e chiarezza di maestra (cf. Ef 4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa del Cristo. La verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma per salvarla (cf. Gv 3,16 -17). 30. Evangelizzare è responsabilità di tutto il popolo di Dio, ognuno secondo il proprio ministero e carisma. Senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese domestiche, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società (cf. Novo Millennio Ineunte, 50). I Padri sinodali hanno più volte sottolineato che le famiglie cattoliche in forza della grazia del sacramento nuziale sono chiamate ad essere esse stesse soggetti attivi della pastorale familiare.

31. Decisivo sarà porre in risalto il primato della grazia, e quindi le possibilità che lo Spirito dona nel sacramento. Si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che «riempie il cuore e la vita intera», perché in Cristo siamo «liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (Evangelii Gaudium, 1). Alla luce della parabola del seminatore (cf. Mt 13,3), il nostro compito è di cooperare nella semina: il resto è opera di Dio. Non bisogna neppure dimenticare che la Chiesa che predica sulla famiglia è segno di contraddizione.

32. Per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria: è necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone. Non va mai dimenticato che la crisi della fede ha comportato una crisi del matrimonio e della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione della stessa fede dai genitori ai figli. Dinanzi ad una fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali che indeboliscono la famiglia e il matrimonio non ha incidenza.

33. La conversione è anche quella del linguaggio perché esso risulti effettivamente significativo. L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella reciprocità, nella comunione e nella fecondità. Non si tratta soltanto di presentare una normativa ma di proporre valori, rispondendo al bisogno di essi che si constata oggi anche nei Paesi più secolarizzati.

34. La Parola di Dio è fonte di vita e spiritualità per la famiglia. Tutta la pastorale familiare dovrà lasciarsi modellare interiormente e formare i membri della Chiesa domestica mediante la lettura orante e ecclesiale della Sacra Scrittura. La Parola di Dio non solo è una buona novella per la vita privata delle persone, ma anche un criterio di giudizio e una luce per il discernimento delle diverse sfide con cui si confrontano i coniugi e le famiglie.

35. Allo stesso tempo molti Padri sinodali hanno insistito su un approccio più positivo alle ricchezze delle diverse esperienze religiose, senza tacere sulle difficoltà. In queste diverse realtà religiose e nella grande diversità culturale che caratterizza le Nazioni è opportuno apprezzare prima le possibilità positive e alla luce di esse valutare limiti e carenze.

36. Il matrimonio cristiano è una vocazione che si accoglie con un’adeguata preparazione in un itinerario di fede, con un discernimento maturo, e non va considerato solo come una tradizione culturale o un’esigenza sociale o giuridica. Pertanto occorre realizzare percorsi che accompagnino la persona e la coppia in modo che alla comunicazione dei contenuti della fede si unisca l’esperienza di vita offerta dall’intera comunità ecclesiale.

37. È stata ripetutamente richiamata la necessità di un radicale rinnovamento della prassi pastorale alla luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano. Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento della formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei catechisti e degli altri operatori pastorali, mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie.

38. Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano, come cristiani, in ambito culturale e socio-politico.

Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio
39. La complessa realtà sociale e le sfide che la famiglia oggi è chiamata ad affrontare richiedono un impegno maggiore di tutta la comunità cristiana per la preparazione dei nubendi al matrimonio. È necessario ricordare l’importanza delle virtù. Tra esse la castità risulta condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale. Riguardo a questa necessità i Padri sinodali sono stati concordi nel sottolineare l’esigenza di un maggiore coinvolgimento dell’intera comunità privilegiando la testimonianza delle stesse famiglie, oltre che di un radicamento della preparazione al matrimonio nel cammino di iniziazione cristiana, sottolineando il nesso del matrimonio con il battesimo e gli altri sacramenti. Si è parimenti evidenziata la necessità di programmi specifici per la preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di partecipazione alla vita ecclesiale e approfondiscano i diversi aspetti della vita familiare.

Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale
40. I primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio. Di qui l’esigenza di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del sacramento (cf. Familiaris Consortio, parte III). Risulta di grande importanza in questa pastorale la presenza di coppie di sposi con esperienza. La parrocchia è considerata come il luogo dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani, con l’eventuale concorso di associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità. Occorre incoraggiare gli sposi a un atteggiamento fondamentale di accoglienza del grande dono dei figli. Va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare, della preghiera e della partecipazione all’Eucaristia domenicale, incoraggiando le coppie a riunirsi regolarmente per promuovere la crescita della vita spirituale e la solidarietà nelle esigenze concrete della vita. Liturgie, pratiche devozionali e Eucaristie celebrate per le famiglie, soprattutto nell’anniversario del matrimonio, sono state menzionate come vitali per favorire l’evangelizzazione attraverso la famiglia.

Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze
41. Mentre continua ad annunciare e promuovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia anche il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà. È importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza. I pastori devono identificare elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale. Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso.

42. È stato anche notato che in molti Paesi un «crescente numero di coppie convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico, né civile» (Instrumentum Laboris, 81). In alcuni Paesi questo avviene specialmente nel matrimonio tradizionale, concertato tra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. In altri Paesi invece è in continua crescita il numero di coloro dopo aver vissuto insieme per lungo tempo chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di fatto sono molto numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e del matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è percepito come un lusso, per le condizioni sociali, così che la miseria materiale spinge a vivere unioni di fatto.

43. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza. A questo scopo è importante la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della famiglia. Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)

44. Quando gli sposi sperimentano problemi nelle loro relazioni, devono poter contare sull’aiuto e l’accompagnamento della Chiesa. La pastorale della carità e la misericordia tendono al recupero delle persone e delle relazioni. L’esperienza mostra che con un aiuto adeguato e con l’azione di riconciliazione della grazia una grande percentuale di crisi matrimoniali si superano in maniera soddisfacente. Saper perdonare e sentirsi perdonati è un’esperienza fondamentale nella vita familiare. Il perdono tra gli sposi permette di sperimentare un amore che è per sempre e non passa mai (cf. 1 Cor 13,8). A volte risulta difficile, però, per chi ha ricevuto il perdono di Dio avere la forza per offrire un perdono autentico che rigeneri la persona.

45. Nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia e riconoscendo che separazione e divorzio sono sempre una ferita che provoca profonde sofferenze ai coniugi che li vivono e ai figli, i Padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, sapendo che esse, spesso, sono più “subite” con sofferenza che scelte in piena libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socio-economici. Occorre uno sguardo differenziato come San Giovanni Paolo II suggeriva (cf. Familiaris Consortio, 84).

46. Ogni famiglia va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore facendosi compagni di cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus. Valgono in maniera particolare per queste situazioni le parole di Papa Francesco: «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana» (Evangelii Gaudium, 169).

47. Un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Di qui la necessità di una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto specializzati da stabilire nelle diocesi. Parimenti va sempre sottolineato che è indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli, in ogni caso vittime innocenti della situazione. Essi non possono essere un “oggetto” da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena. In ogni caso la Chiesa dovrà sempre mettere in rilievo l’ingiustizia che deriva molto spesso dalla situazione di divorzio. Speciale attenzione va data all’accompagnamento delle famiglie monoparentali, in maniera particolare vanno aiutate le donne che devono portare da sole la responsabilità della casa e l’educazione dei figli.

48. Un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte sono stati indicati: il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Alcuni Padri tuttavia si dicono contrari a queste proposte perché non garantirebbero un giudizio affidabile. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo. Secondo altre proposte, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio, tenendo fermo che tra battezzati tutti i matrimoni validi sono sacramento.

49. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di sottolineare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare dei consulenti debitamente preparati che possano gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Tale funzione può essere svolta da un ufficio o persone qualificate (cf. Dignitas Connubii, art. 113, 1).

50. Le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i Pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà.

51. Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.

52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).

53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio.

54. Le problematiche relative ai matrimoni misti sono ritornate sovente negli interventi dei Padri sinodali. La diversità della disciplina matrimoniale delle Chiese ortodosse pone in alcuni contesti problemi sui quali è necessario riflettere in ambito ecumenico. Analogamente per i matrimoni interreligiosi sarà importante il contributo del dialogo con le religioni.

L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale
55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).

56. È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso.

La trasmissione della vita e la sfida della denatalità
57. Non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. L’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell’amore coniugale. In questa luce, la Chiesa sostiene le famiglie che accolgono, educano e circondano del loro affetto i figli diversamente abili.

58. Anche in questo ambito occorre partire dall’ascolto delle persone e dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. È su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile. Esso aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità. L’adozione di bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli, è una forma specifica di apostolato familiare (cf. Apostolicam Actuositatem, III,11), più volte richiamata e incoraggiata dal magistero (cf. Familiaris Consortio, III,II; Evangelium Vitae, IV,93). La scelta dell’adozione e dell’affido esprime una particolare fecondità dell’esperienza coniugale, non solo quando questa è segnata dalla sterilità. Tale scelta è segno eloquente dell’amore familiare, occasione per testimoniare la propria fede e restituire dignità filiale a che ne è stato privato.

59. Occorre aiutare a vivere l’affettività, anche nel legame coniugale, come un cammino di maturazione, nella sempre più profonda accoglienza dell’altro e in una donazione sempre più piena. Va ribadita in tal senso la necessità di offrire cammini formativi che alimentino la vita coniugale e l’importanza di un laicato che offra un accompagnamento fatto di testimonianza viva. È di grande aiuto l’esempio di un amore fedele e profondo fatto di tenerezza, di rispetto, capace di crescere nel tempo e che nel suo concreto aprirsi alla generazione della vita fa l’esperienza di un mistero che ci trascende.

La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione
60. Una delle sfide fondamentali di fronte a cui si trovano le famiglie oggi è sicuramente quella educativa, resa più impegnativa e complessa dalla realtà culturale attuale e della grande influenza dei media. Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di essere nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione delle virtù che danno forma all’esistenza. Ciò indica che i genitori possano scegliere liberalmente il tipo dell’educazione da dare ai figli secondo le loro convinzioni.

61. La Chiesa svolge un ruolo prezioso di sostegno alle famiglie, partendo dall’iniziazione cristiana, attraverso comunità accoglienti. Ad essa è chiesto, oggi ancor più di ieri, nelle situazioni complesse come in quelle ordinarie, di sostenere i genitori nel loro impegno educativo, accompagnando bambini, ragazzi e giovani nella loro crescita attraverso cammini personalizzati capaci di introdurre al senso pieno della vita e di suscitare scelte e responsabilità, vissute alla luce del Vangelo. Maria, nella sua tenerezza, misericordia, sensibilità materna può nutrire la fame di umanità e vita, per cui viene invocata dalle famiglie e dal popolo cristiano. La pastorale e una devozione mariana sono un punto di partenza opportuno per annunciare il Vangelo della famiglia.

Conclusione
62. Le riflessioni proposte, frutto del lavoro sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi prevista per l’ottobre 2015, dedicata alla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo, guardando al modello della Santa Famiglia, potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti. È l’auspicio che sin dall’inizio dei nostri lavori Papa Francesco ci ha rivolto invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità.

Votazioni dei singoli numeri della “Relatio Synodi”

Totale dei presenti: 183
Non sono indicate le astensioni.
placet / non placet

1. 175   1
2. 179   0
3. 178   1
4. 180   2
5. 177   3
6. 175   5
7. 170   9
8. 179    1
9. 171    8
10. 174  8
11. 173  6
12. 176  3
13. 174  7
14. 164  18
15. 167  13
16. 171  8
17. 174  6
18. 175  5
19. 176  5
20. 178  3
21. 181  1
22. 160  22
23. 169  10
24. 170  11
25. 140  39
26. 166  14
27. 147  34
28. 152  27
29. 176  7
30. 178  2
31. 175  4
32. 176  5
33. 175  7
34. 180  1
35. 164  17
36. 177  1
37. 175  2
38. 178  1
39. 176  4
40. 179  1
41. 125  54
42. 143  37
43. 162  14
44. 171  7
45. 165  15
46. 171  8
47. 164  12
48. 143  35
49. 154  23
50. 169  8
51. 155  19
52. 104  74
53. 112  64
54. 145  29
55. 118  62
56. 159  21
57. 169  5
58. 167  9
59. 172  5
60. 174  4
61. 178  1
62. 169  8
 
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