Leggendo il Vangelo di Giovanni 19,5 troviamo la famosa frase di Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea, che rivolse alla folla assatanata nel momento in cui mostrò loro Gesù flagellato, coperto di piaghe e ferite sanguinanti , come per dire: vi basta? No, non bastò, tanto da indurre i sommi sacerdoti, paurosi di perdere il loro potere, da brigare in modo da farlo crocifiggere (Cfr.
commentario al versetto giovanneo in: laparola.net.
). A Torino, poi, dal 10 aprile al 23 maggio 2010 c’è l’Ostensione della Sindone, il sacro lino che- secondo la leggenda- avvolse il corpo di Gesù e che molti credenti e non credenti aspirano a vedere, tale è il fascino di quel Cristo ancora tanto amato e cercato.
Anche dagli esquimesi, arrivati apposta dal gelido Nord in un consistente gruppo.
La Mostra Alberto Barbera, direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino, assieme ai suoi collaboratori, ha avuto la geniale idea di allestire “Non una rassegna cinematografica, ma il tentativo di offrire la possibilità di un confronto iconografico sulla rappresentazione di Cristo nella storia del cinema”, una Mostra che è stata inaugurata il 26 marzo alla Mole Antonelliana, e che rimarrà aperta al pubblico fino al 6 giugno, in modo che i pellegrini che stanno arrivando numerosi dalle varie parti del mondo possano connettere il passato con il presente, aiutati dalle numerose rappresentazioni in cui Cristo è stato “letto” da registi, scrittori, pittori… Spiega sempre Barbera : “La più grande storia mai raccontata e’ anche in assoluto la storia più volte raccontata dal cinema, così tante che nessuno ha neanche mai tentato di redigere una filmografia completa .Il nostro lavoro si e’ soffermato su una settantina di titoli, da ‘La Vie du Christ’ di Alice Guy e Victorin-Hyppolyte Jasset (1906) a ‘7 Km da Gerusalemme’ di Claudio Malaponti (2006), con l’intento dichiarato di fornire – attraverso la selezione di fotografie, manifesti, riviste, libri, partiture e dischi, provenienti dalle collezioni del Museo e dagli archivi della Fondation Je’ro’me Seydoux-Pathe’ e della Cine’mathe’que Française (materiale poi raccolto anche nel catalogo realizzato in occasione della mostra) – una riflessione approfondita sulle differenti modalità espressive con cui, in determinati periodi storici, il cinema si e’ confrontato con la rappresentazione della figura di Cristo, come ad esempio le influenze della pittura ottocentesca per il periodo del muto o le derive dell’iconografia pop in un film come ‘Jesus Christ Superstar'”.
L’esposizione offre l’opportunità di una riflessione approfondita sulla rappresentazione di Cristo nella storia del cinema, dalle origini fino ai giorni nostri, attraverso un’accurata selezione di fotografie di scena e di lavorazione, manifesti, locandine, foto – soggetti, riviste, libri, partiture e dischi.
I circa trecento pezzi sono esposti lungo due percorsi di allestimento tra loro profondamente correlati, entrambi ospitati alla Mole Antonelliana.
La cancellata esterna della Mole presenta, attraverso trenta fotografie di grande formato, una selezione cronologica dei film cristologici più significativi, dalle prime Passioni del cinema muto, ancora legate alla tradizione teatrale, al recente e dibattuto La passione di Cristo di Mel Gibson.
Si passa così dalla grande stagione del kolossal americano (per esempio, con Il Re dei Re, nelle versione muta di Cecil B.
DeMille, 1927, e in quella sonora di Nicholas Ray, 1961) alle originali riletture degli anni Settanta e Ottanta (Jesus Christ Superstar, di Norman Jewison, 1973, L’ultima tentazione di Cristo, di Martin Scorsese, 1988), senza naturalmente trascurare il contributo dei grandi registi italiani (Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini, Franco Zeffirelli).
Poi , all’interno della Mole Antonelliana, vengono messe a confronto le differenti rappresentazioni dei principali eventi della vita di Gesù, dalla Natività alla Resurrezione, documentando le differenti messe in scena di episodi fondamentali della tradizione evangelica come la Chiamata degli Apostoli, i Miracoli, l’Incontro con la Maddalena, l’Ingresso a Gerusalemme, il Bacio di Giuda, il Calvario, la Resurrezione.
Il percorso propone una suggestiva tessitura di comparazioni iconografiche.
In esso si confrontano gli splendidi manifesti dipinti del cinema muto italiano e francese e le fotografie di scena scattate da Angelo Frontoni sul set di Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli (1977); le imponenti immagini, di una raffinatezza quasi pittorica, di Christus (1916), di Giulio Antamoro e Enrico Guazzoni, e le inquadrature sobrie di Rossellini; l’Ingresso a Gerusalemme in bianco e nero di Dalla mangiatoia alla croce, di Sidney Olcott (1912) a quella in Technicolor de La più grande storia mai raccontata, di George Stevens (1965); l’Ultima Cena di Quo Vadis, di Mervyn LeRoy (1951), quasi un qualcosa di vivo del Cenacolo leonardesco, e quella risolutamente più amichevole e conviviale di Jesus Christ Superstar. A conclusione , vi é una serie d’immagini tratte da film non direttamente legati alla vita di Gesù, ma che evidenziano invece la presenza dell’immagine della Croce e del volto di Cristo nel cinema come elemento non semplicemente decorativo, ma fortemente emotivo o simbolico del rapporto fra l’umano e il divino.
Tra i tanti, rammentiamo Il Cristo proibito di Curzio Malaparte del 1951, Luci d’inverno di Ingmar Bergman del 1963, Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij del 1966 e Francesco di Liliana Cavani del 1989.
Un’ulteriore proposta della mostra, infine, è costituita da una vetrina, dove sono esposti numerosi prodotti a stampa (brochure, pressbook, calendari, album di figurine, libri e riviste) variamente legati ai film documentati nel percorso o, più ampiamente, al cinema d’ispirazione evangelica.
C’è anche un catalogo edito nella collana editoriale del Museo Nazionale del Cinema, contenente la riproduzione di tutte le immagini della mostra, alcuni saggi critici a firma di Dario Viganò, Jean-Michel Frodon, Nicoletta Pacini e Silvio Alovisio, e una filmografia delle opere esposte a cura di Tamara Sillo.
Inoltre, alla Bibliomediateca del Museo Nazionale del Cinema è prevista la proiezione di un ciclo di film inerenti la vita di Gesù, mentre per l’8 maggio è in programma alla Venaria Reale una tavola rotonda sul tema, con la partecipazione di Mons.
Timothy Verdon, Mons.
Dario Viganò, del prof.
Tomaso Subini e di Don Giuseppe Ghiberti.
Sempre l’8 maggio, al Cinema Massimo è prevista una giornata dedicata ai film che hanno visto Gesù protagonista, con la proiezione di Jesus Christ Superstar di N.
Jewison, de Il Vangelo secondo Matteo di P.P.
Pasolini e Christus di G.
Antamoro e E.
Guazzoni, un film muto del 1916 accompagnato al pianoforte dal vivo dal Maestro Stefano Maccagno.
Informazioni tecniche L’orario di apertura di Ecce homo è martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica dalle 9 alle 20, il sabato dalle 9 alle 23, lunedì chiuso, ma in occasione dell’Ostensione della Sindone ci saranno aperture straordinarie lunedì 5 aprile dalle 9 alle 20, e nella settimana dal 17 al 23 maggio tutti giorni dalle 9 alle 23.
Inoltre il 15 maggio il Museo del cinema aderirà alla Notte dei Musei con ingresso gratuito al Museo dalle 21 alle 24.
Una curiosità Ogni cinque anni centinaia di persone di Pove del Grappa si mettono in moto per preparare le Feste del Cristo, come vengono comunemente chiamate le Feste Quinquennali in Onore del Divin Crocifisso.
Le vie del paese si illuminano e si vestono a festa con archi e decorazioni, negli angoli caratteristici si rivivono scene raccontate nella Bibbia, le serate si riempiono di spettacoli, mostre ed incontri.
Ma soprattutto le domeniche rendono Pove teatro della Processione, grazie alla quale si ripercorre la storia dell’Antico e del Nuovo Testamento, nonché della rappresentazione della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Per chi desidera, basta andare su: Programma 2010
Categoria: Formazione
Il razzismo
Il razzismo si è insinuato a tutti i livelli della vita sociale, negli atteggiamenti individuali e collettivi, macchiando la storia dell’umanità con l’infamia del razzismo di sfruttamento (apartheid, sfruttamento dei neri negli USA) e del razzismo di sterminio (olocausto e Germania Nazista).
Il razzismo ha continuato la sua triste marcia sino ai giorni nostri.
Ora in Italia all’antica diffidenza tra settentrionali e meridionali è stata sostituita dall’aversione verso gli immigrati.
Cresce sempre più il rifiuto nei riguardi dei diversi, il problema della xenofobia, che compromette la tendenza biologica, storica e morale dell’umanità verso l’integrazione universale.
Dalla vastissima filmografia che affronta il tema del razzismo, segnaliamo tre titoli: Concorrenza sleale, 2001, regia di Ettore Scola. Roma, 1938: Umberto e Leone sono due commercianti di stoffa che lavorano sulla stessa via.
Il primo, cattolico prepara abiti su misura, mentre il secondo, ebreo, vende capi confezionati.
Il film narra le vicende di questi due uomini e delle loro famiglie attraverso le difficoltà del periodo storico, dalla promulgazioni delle leggi razziali per la conservazione della razza alla privazione delle libertà fondamentali ai cittadini ebrei.
In my country, 2004, regia di John Boorman. Il giornalista americano Langston Whitfield viene mandato in Sud Africa per eseguire un reportage sulla Commissione per la Verità e la Riconciliazione, istituita dopo l’abolizione dell’apartheid. Qui incontra la poetessa afrikaans Anna Malan , che seguendo questi processi è colpita dalle macabre torture e sevizie a cui erano sottoposti i discriminati.
I due personaggi vengono così in contatto ed indagano loro stessi sulle atrocità commesse.
La generazione rubata, 2002, regia di Philip Noyce. Il film narra la drammatica vicenda di tre bambine.
Strappate alle rispettive mamme per ordine di un provvedimento governativo, teso alla “rieducazione” degli aborigeni australiani, le ragazzine decidono di tornare a casa.
Per giorni e intere notti camminano per piu’ di 1500 chilometri, sfuggendo alla polizia, e raggiungono infine il loro paese.
Segnaliamo inoltre dei testi: L’amico ritrovato, di Fred Uhlman, Feltrinelli.
L’amicizia tra due ragazzi bruscamente interrota dall’avvento del Nazismo.
Età di Ferro, di J.M.
Coetzee, Einaudi.
Gli ultimi mesi di vista di Elizabeth Curren, insegnante di lettere classiche ormai in pensione e malata di cancro.
L’incontro con Vercueil, il misterioso barbone che l’accompagna sino all’ultimo istante, e sullo sfondo la rivolta delle Township sudafricane.
Il corpo di Mrs Curren, divorato dal male, diviene metafora del Sudafrica lacerato dal razzismo.
Da madre a madre, di Sindiwe Magona, edizioni Gorée.
Una ragazza bianca viene uccisa nella Township e la madre dell’assassino scrive alla madre della vittima e tenta, parlando del suo dolore, di ottenere la comprensione per suo figlio dal racconto sia della vita di questi che della propria in un mondo condizionato dall’apartheid.
Home, di Larissa Behrendt, Baldini e Castoldi. Candice, la protagonista, è la pronipote di Garibooli, una bimba portata via con la forza dal campo di eualayai.
A distanza di settant’anni, ritorna con il padre Bob nei luoghi dove venne rapita la nonna.
Insieme ai ricordi che affiorano e attraverso i luoghi e i volti, si ricompone la vita di Garibooli, ribattezzata Elisabeth.
Violenze, diritti violati, ferite non rimarginabili.
per ulteriori approfondimenti, confronta Bibiani Cocchi, Per il mondo che vogliamo, percorsi per l’IRC, SEI 2007.
Nel 1876 lo Stato italiano accettava la teoria dell’esistenza di almeno due razze in Italia: la razza eurasiatica (padana e ariana) e quella euroafricana (centro-meridionale e negroide).
Alfredo Niceforo, presidente della Società Italiana di Antropologia e Criminologia, scriveva: La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiono d’Italia dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco-dannata alla morte come le razze inferiori dell’Africa e dell’Australia.
L’europa conosce il periodo di razzismo più vergognoso durante il periodo Nazista.
Di seguito riportiamo alcuni articoli delle leggi razziali naziste (leggi di Norimberga, emanate il 14 Novembre 1935), che in particolare definiscono lo status di cittadino ebraico e lo escludono da qualunque diritto politico e civile.
Articolo IV 1.
Un ebreo non può essere cittadino del Reich.
Egli non può esercitare il diritto di voto e non può ricoprire cariche pubbliche.
Articolo V 1.
Si considera ebreo chiunque discenda da almeno tre nonni di razza ebrea.
2.
Si considera ebreo anche chi discende da due nonni interamente ebrei, qualora: a) sia membro della comunità ebraica al momento dell’entrata in vigore della presente legge o vi aderisca successivamente.
b) contragga matrimonio con persona ebrea al momento dell’emanazione della presente legge o successivamente, c) nasca dal matrimonio con persona ebrea, considerata tale ai sensi di quanto stabilito al Paragrafo 1, che sia stato contratto dopo l’entrata in vigore della Legge per la promozione e conservazione del sangue tedesco del 15 Settembre 1935.
d) sia il frutto di una relazione extra-coniugale con una persona ebrea, considerata tale ai sensi di quanto stabilito nel Paragrafo 1 e nasca dopo il 31 luglio 1936.
Il regime Fascista in Italia promulgò le leggi razziali, che sostanzialmente ricalcavano quelle tedesche.
proponiamo alcuni articoli del Manifesto della razza, redatto da dieci scienziati italiani, accademici di varie università, e pubblicato il 14 Luglio 1938, in cui si affermava la “purezza” della razza italiana e la necessità di individuare e poi successivamente isolare gli elementi estranei ad essa: IV La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana.
Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane.
L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.
V È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici.
Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione.
Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.
VI Esiste ormai una pura “razza italiana”.
Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia.
Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
VII È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti.
Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo.
Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza.
La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose.
La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico.
Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa.
Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
VIII È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra.
Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
IX Gli ebrei non appartengono alla razza italiana.
Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto.
Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia.
Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
X I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo.
L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri.
Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
In sudafrica vigeva sino a pochissimo tempo fa (le prime elezioni democratiche nel paese si sono tenute nel 1994) il regime dell’apartheid (dall’inglese apart “separato” e l’olandese heit “condizione”), un complesso di leggi che discrimanva la maggioranza nera della popolazione.
Tra i decreti emanati vi erano: la proibizione dei matrimoni interrazziali; la legge secondo la quale avere rapporti sessuali con una persona di razza diversa diventava un reato penalmente perseguibile; la legge che imponeva ai cittadini di registrarsi come bianchi, neri; la legge che proibiva alle persone di diverse razze di entrare in alcune aree urbane; la legge che proibiva a persone di colore diverso di utilizzare le stesse strutture pubbliche (fontane, sale d’attesa, marciapiedi etc.); la legge che prevedeva una serie di provvedimenti tutti tesi a rendere più difficile per i neri l’accesso all’istruzione; la legge che sanciva la discriminazione razziale in ambito lavorativo; la legge che istituiva i bantustan, una sorta di “riserve” per la popolazione nera, nominalmente indipendenti ma in realtà sottoposti al controllo del governo sudafricano; la legge che privava della cittadinanza sudafricana e dei diritti a essa connessi gli abitanti dei bantustan.
Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore compresi gli asiatici.
Negli anni ’60 3,5 milioni di neri, chiamati Bantù, furono sfrattati con la forza dalle loro case e reinsediati nelle “homeland del sud”.
I neri furono privati di ogni diritto politico e civile.
Potevano frequentare solo l’istituzione di scuole agricole e commerciali speciali.
I negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri.
Dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone bianche, pena l’arresto o peggio.
In Australia, sino agli anni ’70 del Novecento, gli aborigeni non godevano dello stauts di cittadini australiani.
Considerati dei selvaggi, vennero rinchiusi in apposite riserve.
Dal 1860 sino al 1967, i bambini frutto di unioni miste (tra madre aborigena e padre bianco, per lo più si trattava di stupri), venivano tolti alle madri e “avviati alla civilizzazione”: affidati a famiglie adottive o allevati in orfanotrofio.
Ancora oggi i cosiddetti bambini della “generazione rubata”, ormai adulti, non sanno chi siano i loro veri genitori e le speranze di scoprirlo sono scarsissime, data la totale assenza di documenti.
Solo negli anni ’90 fu avviata la prima inchiesta commissionata dal governo.
In un rapporto di 600 pagine basato su lunghi colloqui con le famiglie e le vittime della separazione, enti governativi, chiese e altri gruppi, l’inchiesta descrisse la pratica come «genocidio» e «crimine contro l’umanità» collegandola direttamente alla disintegrazione delle famiglie, all’abuso di alcol e droghe, alla violenza e l’angoscia che affliggono ancora oggi le comunità aborigene.
Oltre 500 persone raccontarono di essere state separate dai genitori, metà delle quali quando avevano fra uno e cinque anni.
Uno su sei ha riferito di aver subito percosse e punizioni eccessive, uno su cinque abusi sessuali in istituti o da parte delle famiglie adottive.
I documenti ufficiali dell’epoca citati nel rapporto offrono numerosi esempi dell’evidente razzismo delle intenzioni delle autorità.
«Alla fine del 19° secolo – scrive il rapporto – si ritenne che benchè la popolazione indigena purosangue fosse in declino, quella di discendenza mista fosse in aumento.
Il fatto che avessero sangue europeo significava che per loro vi era posto nella società bianca, sia pure uno molto umile».
Il termine razzismo indica la teoria che afferma la superiorità biologica di una razza e si traduce in atteggiamenti di intolleranza (minacce, discriminazione,violenza e perfino assassinio) rivolti a gruppi di persone a causa della loro eazza, del colore della loro pelle o della loro origni etnica.
Può manifestarsi contro qualsiasi razza, colore della pelle o origine etnica.
Storicamente il razzismo è un fenomeno relativamente recente, che si è sviluppato a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
Durante l’epoca coloniale, gli stati europei si trovarono a dover giustificare la conquista dei territori situati oltremare, ricchi di materie prime e manodopera, e a risolvere la divergenza tra i valori cristiani di uguaglianza e lo sfruttamento delle popolazioni indigene.
Le scoperte delle scienze naturali e sociali furono utilizzate per dare un fondamento scientifico alla teoria di dell’esistenza di una razza superiore.
Questa teoria faceva rifermento in modo assolutamente improprio alle teorie evoluzionistiche di Chrales Darwin.
Si affermava che gli esseri umani sono classificabili in razze diverse, con gradi diversi di di evoluzione le une rispetto alle altre, creando così una sorta distinzioni tra razze superiori ed inferiori.
La razza bianca era, secondo questa teoria, quella superiore a tutte le altre, avendo raggiunto il massimo grado di evoluzione.
1-Nel 1951 l’Unesco mise a punto una dichiarazione, frutto di una commissione di cinque genetisti e sei antropologi, che confutava ogni giustificazione scientifica del razzismo.
Nella dichiarazione si afferma che: gruppi nazionali, religiosi, geografici, linguistici e culturali non possono essere definiti razze, poichè le loro caratteristiche non possono essere trasmesse per via ereditaria; non vi è alcuna relazione tra l’apparteneza a una razza e lo sviluppo intellettuale e culturale: le differenze genetiche non hanno alcun peso nel determinare differenze sociali e culturali fra individui e gruppi.
non ci sono, e probabilmente non ci sono mai state razze “pure”, il che sancisce definitivamente il fatto che la cultura non ha una base biologica.
2- Dopo la fine dell’apartheid e dopo le prime libere elezioni, in Sudafrica venne istituita la Truth and Reconciliation Commission (La commissione per la verità e la riconciliazione), presieduta dall’arcivescovo Desmond Tutu, che si propose come strumento innovativo per guidare il paese nel difficile momento di transizione tra il segregazionismo dell’apartheid e la nuova democrazia.
La commissione organizzò una serie di processi pubblici (i trials), in cui ogni persona che sentiva di essere stata oggetto di violenza negli anni dell’apartheid aveva l’opportunità di essere ascoltata.
L’ elemento più importante della TRC risiede però nel trattamento dei responsabili della violenze: i rei confessi avevano la possibilità di ottenere l’amnistia, in linea con la posizione di Nelson Mandela, che sosteneva che il perdono dovesse essere la principale risposta dei neri a ciò che avevano subito durante l’apartheid.
La TRC aveva come scopo principale una ricostruzione quanto più accurata possibile dei fatti avvenuti, e non la punizione dei colpevoli. Il tribunale, con la sua vasta eco mediatica, fu anche per molti afrikaner il momento in cui per la prima volta vennero a conoscenza degli abusi perpretrati negli anni passati dalla polizia e dalle forze dell’ordine sudafricane.
Questa fatto sancì la morte politica delle forze legate al National Party, che conobbero un crollo di consensi anche presso diversi ambienti della società dei sudafricani bianchi.
3-L’Australia chiede scusa agli aborigeni.
«Oggi onoriamo i popoli indigeni di questa terra, le più antiche culture ininterrotte nella storia umana.
Riflettiamo sui passati maltrattamenti.
Riflettiamo in particolare sui maltrattamenti di coloro che erano le generazioni rubate, questo capitolo vergognoso nella storia della nostra nazione.
È venuto il tempo che la nazione volti pagina nella storia d’Australia, correggendo i torti del passato e avanzando così con fiducia nel futuro.
Chiediamo scusa per le leggi e le politiche di successivi parlamenti e governi, che hanno inflitto profondo dolore, sofferenze e perdite a questi nostri fratelli australiani.
Chiediamo scusa in modo speciale per la sottrazione di bambini aborigeni e isolani dello stretto di Torres dalle loro famiglie, dalle loro comunità e le loro terre.
Per il dolore, le sofferenze e le ferite di queste generazioni rubate, per i loro discendenti e per le famiglie lasciate indietro, chiediamo scusa.
Alle madri e ai padri, fratelli e sorelle, per la distruzione di famiglie e di comunità chiediamo scusa.
E per le sofferenze e le umiliazioni così inflitte su un popolo orgoglioso e una cultura orgogliosa chiediamo scusa.
Noi parlamento d’Australia rispettosamente chiediamo che queste scuse siano ricevute nello spirito in cui sono offerte come contributo alla guarigione della nazione.
Per il futuro ci sentiamo incoraggiati nel decidere che ora può essere scritta questa nuova pagina nella storia del nostro grande continente.
Noi oggi compiamo il primo passo nel riconoscere il passato e nel rivendicare un futuro che abbracci tutti gli australiani.
Un futuro in cui questo parlamento decide che le ingiustizie del passato non debbano accadere mai, mai più.
Un futuro in cui si uniscano la determinazione di tutti gli australiani, indigeni e non indigeni, a chiudere il divario fra di noi in aspettativa di vita, educazione e opportunità economiche.
Un futuro in cui abbracciamo la possibilità di nuove soluzioni per problemi duraturi, dove i vecchi approcci hanno fallito.
Un futuro basato su mutuo rispetto, comune determinazione e responsabilità.
Un futuro in cui tutti gli australiani, di qualsiasi origine, siano partner veramente alla pari, con pari opportunità e con un pari ruolo nel dare forma al prossimo capitolo nella storia di questo grande paese, l’Australia».
Discorso del premier laburista Kevin Rudd.
fonte www.lastampa.it ISLAM Il concetto di razza non ha senso perchè si tratta di una religione tradizionalmente universalistica.
EBRAISMO Non attribuisce alcun valore al concetto di razza.
La definizione di popolo eletto non è da ricondurre a nessuna etnia, dal momento che chiunque può convertirsi all’ebraismo.
CRISTIANESIMO San Paolo, nella prima lettera ai Corinti richiama all’unità delle nazioni, delle culture, delle razze e dei sessi: Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo spirito Cor,12,13.
Papa Benedetto XVI ha sottolineato quanto sia importante «soprattutto nel nostro tempo, che ogni comunità cristiana approfondisca sempre più questa sua consapevolezza, al fine di aiutare anche la società civile a superare ogni possibile tentazione di razzismo, di intolleranza e di esclusione e ad organizzarsi con scelte rispettose della dignità di ogni essere.
Una delle grandi conquiste dell’umanità è infatti proprio il superamento del razzismo.
Purtroppo, però, di esso si registrano in diversi Paesi nuove manifestazioni preoccupanti, legate spesso a problemi sociali ed economici, che tuttavia mai possono giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale.
Preghiamo perché dovunque cresca il rispetto per ogni persona, insieme alla responsabile consapevolezza che solo nella reciproca accoglienza di tutti è possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera».