Seminario di studio su IRC e scuola dell’infanzia

Il Servizio Nazionale per l’Irc e il Servizio nazionale per gli studi superiori di Teologia e di Scienze Religiose sono consapevoli del fatto che ci si trova ad operare in un momento caratterizzato da significativi mutamenti:
 
– la riforma degli ISSR,
– la revisione dei percorsi di formazione di base dei futuri Insegnanti di religione cattolica (Idr) che ha portato alla firma di una nuova Intesa circa i titoli di qualificazione professionale necessari per l’Irc,
– la pubblicazione di nuove Indicazioni per l’Irc per ogni ordine e grado di scuola.
 
Si svolge a Roma, presso il Centro Congressi di Via Aurelia 796, il 19 dicembre 2012, dalle ore 10,00 alle 17,00, un Seminario di studio su “Le Indicazioni di Irc per la Scuola dell’Infanzia, del Primo e del Secondo Ciclo”.
L’incontro è rivolto ai docenti di Didattica dell’Irc che sono in servizio presso le Facoltà Ecclesiastiche e strutture accademiche annesse (Centri Teologici, ISSR, Seminari Maggiori).
 
Lo scopo principale del Seminario di studio è quello di rispondere al bisogno di confronto che pervade il mondo afferente all’Irc nel rinnovato contesto socio-culturale e normativo-scolastico, avviando così, nelle comunità di ricerca e di docenza, percorsi di studio circa l’Irc, nel suo risvolto pedagogico-didattico.
 
 
L’esonero del MIUR.

Multireligione, linguaggio e traguardi di competenza nell’IRC

L’Istituto di Catechetica organizza annualmente una Giornata di Studio riservata a docenti di Pedagogia Religiosa e Catecheti, che coinvolge esperti a livello nazionale e gode del loro apprezzamento. Dedichiamo la giornata di studio alle provocazioni, cui l’Irc è chiamato a far fronte nel contesto attuale.

Ha come tema: Multireligione, linguaggio e traguardi di competenza nell’IRC. La giornata si realizzerà sabato 24 novembre 2012 presso l’Università Pontificia Salesiana dalle 9.00 alle 18.00.

Il contesto scolastico diventa sempre più vistosamente plurireligioso. L’attuale orientamento pedagogico e didattico quale consapevolezza ne prende, quale attenzione vi dedica? Le attuali ‘Indicazioni Nazionali’ offrono contributi significativi?

Inoltre la scuola va privilegiando ‘le competenze’ da identificare e promuovere in tutte le discipline. La religione ha un proprio e peculiare linguaggio difficilmente traducibile in ‘competenza’. Si profila il rischio di cogliere solo tangenzialmente la dimensione religiosa nell’elaborazione dei traguardi di competenza, che ciascuna disciplina è chiamata a perseguire.

Ci pare particolarmente urgente una riflessione e una verifica puntuale e tempestiva sulle nuove esigenze che si impongono per consentire all’IRC di stare nella scuola con un proprio apporto, senza compromettere le sue specifiche connotazioni e la sua identità.

Pensiamo ad un dialogo aperto, scandito da alcuni imputs sintetici e orientativi.

Sono previste le seguenti relazioni:

– Contesto plurireligioso e apprendimento                              Prof.  Castegnaro A.

– Profilo religioso della studente                                                  Prof.ssa Feliziani Kannheiser F.

– Il linguaggio nell’Irc                                                                       Prof. Moral J.L.

– Le Indicazioni Nazionali e i traguardi di competenza        Prof. Cicatelli S.

– Nella programmazione operativa                                              Prof. Romio R.

Naturalmente saremo onorati della tua presenza e contiamo sull’apporto che puoi offrire alla riflessione e alla migliore comprensione del tema.

Sono graditi anche eventuali contributi personali (un paio di cartelle) da inserire con le Relazioni.

Le adesioni e i contributi vanno comunicati entro il 15 novembre via E-Mail a: pastore@unisal.it.

Siamo lieti di averti ospite a pranzo.

Preghiamo quanti devono arrivare la sera di venerdì 23 novembre di segnalarlo per tempo, dal momento che non siamo sicuri di poter avere camere a disposizione nella struttura della Università.

Con viva cordialità e amicizia

Corrado Pastore                                                                      don Zelindo Trenti

Direttore dell’Istituto                                                                  Coordinatore

 

VISUALIZZA: Programma

Convegno internazionale: la tutela dei minori. Buone pratiche relazionali”

Raccontare le “buone idee” e le “esperienze che funzionano”, per dare stimolo e strumenti a “quegli operatori che raccolgono la scommessa di voler continuare a lavorare sul campo, e a lavorare bene”.

Questo l’intento del 4° Convegno internazionale sulla qualità del welfare, “La tutela dei minori. Buone pratiche relazionali”, organizzato dal Centro studi Erickson e che si terrà a Riva del Garda (Trento) dall’8 al 10 novembre.

L’appuntamento si rivolge ad assistenti sociali, educatori, magistrati, psicologi, neuropsichiatri infantili, insomma a tutti gli operatori che hanno a che fare con situazioni di gravi difficoltà nelle quali sono coinvolti i minori e le loro famiglie.

Incontro e confronto. “Vogliamo offrire una possibilità d’incontro e di confronto agli operatori del settore – spiega al Sir Maria Luisa Raineri, coordinatore scientifico del Convegno, assistente sociale e docente – raccogliendo buone prassi e proponendo riflessioni”.

La chiave di lettura degli aspetti positivi è già stata sperimentata in un analogo convegno tenuto nel 2010: lì, riporta la presentazione dell’iniziativa, “abbiamo iniziato a esplorare l’idea che i percorsi di tutela minorile, per risultare davvero efficaci, vadano costruiti partendo dal punto di vista e dai punti di forza dei minori e delle famiglie interessate”.

Il convincimento è che “le famiglie, anche e soprattutto quelle in difficoltà”, vadano “ascoltate per poter costruire progetti di aiuto che siano davvero praticabili per loro, dal loro punto di vista”. “Lavorare insieme” per “valorizzare il positivo” che si trova anche nelle famiglie in difficoltà è un imperativo per Raineri, che riprende i dati sugli affidi del Centro nazionale per l’infanzia e l’adolescenza: nel 2009 sono stati 32.400 i minori dati in affidamento familiare o accolti nei servizi residenziali; tra le motivazioni, ai primi posti figura una difficoltà educativa da parte della famiglia d’origine, gravi problemi di un genitore o la conflittualità tra i due genitori, che pure recenti casi di cronaca hanno portato alla ribalta.

Esempi di buone pratiche. In effetti, sono molte le buone pratiche che si sperimentano, in Italia o altrove, in questo settore.

Al Convegno del 2010, ad esempio, furono presentati contributi significativi sulle “family group conference”, “incontri – precisa la coordinatrice – organizzati con tutte le figure di riferimento di un bambino o ragazzo che ha un provvedimento di tutela”, al fine di ottimizzare le risorse di cui il minore può disporre, da qualsiasi parte provengano.

Una modalità, racconta Raineri, “diffusa in tutto il mondo, e di cui sono partite sperimentazioni in Italia proprio dopo la presentazione”. Altro esempio, l’operatore-portavoce, ovvero “una figura che ascolta il bambino, o il ragazzo, affinché questi possa dare il suo parere sui problemi che lo riguardano”: pure questa è una pratica che “appartiene – sottolinea – alla tradizione del servizio sociale internazionale, ma della quale non vi è traccia nel nostro Paese”. Terzo, “i gruppi di auto-mutuo aiuto per i genitori i cui figli sono destinatari di un provvedimento di tutela, o che sono stati adottati da altri”, alla stregua dei gruppi di famiglie affidatarie e adottive.

Spesso, infatti, “non si pensa a quale stigmatizzazione ci sia nel dire che il proprio figlio è in affidamento: i servizi sociali non devono solo tutelare il minore, ma pure aiutare i suoi genitori a ‘rimettersi in sesto’ per poi riaccogliere il figlio”.

Un “sostegno sostenibile”. Le buone pratiche, quindi, non mancano, e sono tanto più necessarie quanto più scarseggiano le risorse economiche. “Veniamo da una tradizione – osserva Raineri – d’interventi costosi e pesanti. Ma, se non si trovano modalità alternative, il rischio è che i fondi ci siano solo per i casi più gravi, lasciando perdere tante altre situazioni che però, così facendo, rischiano di deteriorarsi sempre più”.

La coordinatrice del Convegno parla di “sostegno sostenibile” per definire tutte quelle forme di supporto che tendono a valorizzare le risorse presenti – pure quelle, seppure scarse, delle famiglie d’origine – e che alla lunga producono “interventi più efficaci e tendenzialmente meno costosi”. “È perdente pensare di allontanare il minore e poi, in un secondo tempo, aiutare la famiglia”; viceversa, “è sempre più importante che l’operatore abbia lo sguardo rivolto a tutta la famiglia e l’accompagni passo dopo passo, se possibile assieme al loro figlio”.

INFORMAZIONI SUL CONVEGNO:

http://www.fabiofolgheraiter.it/convegni

Strategie per prevenire e combattere il disagio scolastico

Si è concluso con un ampio consenso il XXI incontro formativo intitolato ‘Territorio, patto educativo e strategie per una didattica del successo nella scuola primaria’ svoltosi mercoledì 10 e giovedì 11 ottobre all’Auditorium del Comune di San Benedetto del Tronto e diretto dalla sociologa Giuditta Castelli con il supporto tecnico del giornalista Emiliano Corradetti.

Due giorni dove i relatori, dall’alto delle loro esperienze, hanno offerto consigli e guidato docenti e genitori nel loro difficile compito di educatori.

L’obiettivo del progetto è, infatti, quello di potenziare le abilità comunicative e relazionali dei genitori, dare indicazioni normative, pedagogiche e metodologiche ai docenti al fine di prevenire il disagio scolastico e i comportamenti ad esso collegati.

L’evento autorizzato dall’Ufficio Scolastico Regionale quale progetto formativo per i docenti, è nato dalla collaborazione  fra gli  assessorati all’ambiente e alla cultura del Comune di San Benedetto del Tronto, la Helios onlus, il CSV Marche, il Coordinatore dell’Ambito Territoriale Sociale 21 di San Benedetto del Tronto ed è patrocinato dall’Università degli Studi di Camerino (partner dal 1989).

Uno dei cardini di una didattica del successo è quello di insegnare al bambino a riconoscere e a gestire le proprie emozioni. A tal proposito la giornata del 10 ottobre è stata  particolarmente  emozionante, poiché si è parlato anche di sentimenti tramite i versi  della poetessa urbinate Maria Lenti ed il racconto  ‘Cristalli di sale’ della giornalista Rosita Spinozzi, attraverso la magnifica interpretazione dell’attrice Gilda Luzzi.

La Lenti ha approfondito il tema dell’importanza dell’alfabetizzazione alla poesia già dalla scuola primaria, mentre ‘Cristalli di sale’, incentrato sulla parola chiave ‘distacco’ e  pubblicato sulla rivista bimestrale d’arte e fatti culturali UT,   ha dato il via a una serie d’interventi relativi la dolorosa esperienza del bambino nei confronti del  ‘distacco’ vissuto in tutte le sue manifestazioni.

Un racconto dalla indiscussa  valenza educativa che, come ha sostenuto  la docente Liliana Marzetti della scuola secondaria  ‘Sacconi’ di San Benedetto del Tronto, merita di essere inserito nel piano didattico come materia di lettura e riflessione per i giovani studenti. Dalla platea sono sopraggiunte espressioni di gratitudine e richieste di ulteriori incontri e nel contempo dagli addetti ai lavori è arrivata la  proposta  alla Spinozzi di attivare progetti letterari finalizzati al settore giovanile, di supporto al lavoro dei docenti.

Tantissimi gli intervenuti nelle due giornate tra cui gli assessori Margherita Sorge e Paolo Canducci (i quali non si sono limitati al saluto convenzionale ma hanno seguito sia la preparazione ai lavori che la loro attuazione), il pedagogista Emilio Vita, le psicoterapeute Daniela D’Altorio e Paola Bastarelli, l’avvocato Gabriella Ceneri, tutore e curatore dei minori; l’Ombudsman Italo Tanoni, autorità garante del rispetto dei diritti degli adulti e dei bambini nelle Marche, la psicologa infantile Stefania D’Angelo, la docente Silvana Guardiani per la rete Ecoo-School, la sessuologa Renata Bastiani. Sono intervenuti per il saluto conclusivo il presidente Pietro Colonnella del CORECOM, il past president Giuseppe Capretti e il presidente Luigi Vitali del Club Lions zona C – Ascoli e Valdaso che affiancano il progetto. Un ringraziamento degli organizzatori va all’associazione Jonas di San Benedetto del Tronto e ai docenti delle ISC Nord, e Centro di San Benedetto, di Ripatransone, Petritoli e Monteprandone, dell’ISS “A. Capriotti” di San Benedetto del Tronto.

Il secondo appuntamento è per lunedì 22 Aprile 2013 “Giornata mondiale della Terra”, sotto la presidenza dell’ ispettrice Maria Teresa Mircoli Castagna  e la direzione di Giuditta Castelli. Nel corso della giornata saranno premiati anche i partecipanti della XXI rassegna nazionale “Helios Festival – Settimana dell’amicizia fra i popoli”, progetto al quale ha già aderito anche la rete Eco-School.  Info: www.heliosnews.it

UN’AGENDA PER LA FAMIGLIA: LAVORO E SCUOLA

In Umbria il primo dei 16 Convegni pubblici regionali promossi dall’Ac

Sabato 3 novembre 2012 a Foligno, presso l’Istituto San Carlo, con inizio alle ore 16.30, si terrà il primo dei 16 Convegno pubblici regionali promossi dalla Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana congiuntamente alle Delegazioni regionali dell’associazione allo scopo di offrire un contributo alla fase di preparazione alla prossima Settimana sociale dei cattolici italiani, in programma a Torino dal 12 al 15 settembre 2013.

Si tratta di occasioni di discernimento e confronto con la società civile e con le istituzioni del territorio a partire dagli argomenti che saranno oggetto di riflessione durante i lavori dell’assise torinese.

Il tema di questo primo incontro pubblico regionale è “Un’agenda per la famiglia: lavoro e scuola”.

Interverranno Luca Diotallevi, vice presidente delle Settimane Sociali, Marcello Rinaldi, dirigente dell’Istituto Agrario di Todi, Valentina Di Maggio, responsabile del “Progetto Policoro” della diocesi di Assisi-Nocera-Gualdo, e Ulderico Sbarra, segretario regionale della Cisl. Le conclusioni sono affidate al presidente nazionale dell’Ac, Franco Miano, e al vescovo della diocesi di Foligno, mons. Gualtiero Sigismondi.

Come sottolinea Stefano Sereni, delegato regionale Ac Umbria, «in questo momento di grave crisi economica e occupazionale, come Azione Cattolica riteniamo opportuno un momento di discernimento che possa portare a un nuovo impegno come cittadini, affinché scuola e lavoro possano trovare nuove sinergie e idee di sviluppo, in una regione dove non mancano uomini e donne di buona volontà pronti a confrontarsi e a impegnarsi affinché le famiglie possano tornare a guardare con speranza al futuro, e al futuro delle nuove generazioni in particolare».

«Una nuova fase di sviluppo non solo economico potrebbe passare – rileva ancora Stefano Sereni – attraverso una diversa considerazione e un diverso impegno verso gli Istituti Tecnici Superiori, che fino a qualche decennio fa sfornavano ragazzi con una buona possibilità di collocazione sul territorio. Una diversa formula della formazione professionale e un utilizzo più efficace dei fondi che le Regioni mettono a disposizione potrebbero dare maggiori possibilità occupazionali a tanti nostri giovani, che senza un lavoro degno di questo nome difficilmente riusciranno nel progetto di formare una nuova famiglia».

* Ulteriori informazioni saranno disponibili collegandosi al sito:
http://www2.azionecattolica.it/conv-pub-reg-2012-13

“Catechesi con arte”: Speciale giovani

Le Missionarie della Divina Rivelazione presentano il nuovo itinerario di arte e fede dedicato interamente alle nuove generazioni, in occasione dell’Anno della Fede

di suor Rebecca Nazzaro, 
superiora delle Missionarie della Divina Rivelazione

Amore e fede, viaggi e conversione, santità e martirio, apostoli e primato di Pietro…. Cosa vogliono dire queste parole alle menti dei giovani, o azzarderemo, ai loro cuori?

Resta forse inconcepibile oggi far coesistere fede e amore, come splendidamente, ma non senza difficoltà, fecero gli sposi Cecilia e Valeriano. O ancor più strano può sembrare parlare di San Paolo che dopo tutti i suoi viaggi per convertire i pagani, spendendo la sua intera vita per Cristo, si ritrova solo in una minuscola prigione a scrivere le ultime righe prima di partire da questo mondo verso Gesù.

Come poter parlare poi di Pietro che dal lago della Galilea si ritrova a Roma, a morire per un Uomo che aveva detto essere il Figlio di Dio e che affidò solennemente a questo povero pescatore, la Sua Chiesa?

Queste persone possono veramente dire ancora qualcosa ai giovani del terzo millennio? Hanno lasciato tutto, hanno seguito Gesù Cristo, ma non solo, lo hanno amato fino a versare il loro sangue per Lui. Cosa vuol dire tutto questo? Cosa hanno capito queste persone tanto da agire così estremamente?

L’itinerario che proponiamo ai giovani cattolici – e non solo – consiste nel cercare di dimostrare attraverso l’arte, come tutto ciò non abbia “sapore di passato”, ma di un presente proteso verso un futuro al di là di noi.

E’ proprio conducendo i nostri giovani sui luoghi dove questi Santi hanno vissuto e testimoniato la loro fede che ci daremo tutte le risposte necessarie, cercando dunque di comprendere perché questi Santi hanno ritenuto che morire per Cristo non è stata una perdita, bensì un “guadagno”!

Per maggiori informazione sulle date e gli incontri, consultare il sito: www.divinarivelazione.org

Dalla Strenna 2013: la pedagogia della bontà al servizio dei giovani

«Rallegratevi nel Signore sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi» (Fil 4:4)

 

Come Don Bosco educatore, offriamo ai giovani il Vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà

 

Carissimi Fratelli e Sorelle della Famiglia Salesiana,

Dopo aver centrato l’attenzione sulla storia di Don Bosco ed aver cercato di comprendere meglio tutta la sua vita, segnata dalla predilezione per i giovani, la Strenna 2013 ha come obiettivo quello di approfondire la sua proposta educativa. Concretamente vogliamo avvicinarci a Don Bosco educatore. Si tratta quindi di approfondire ed aggiornare il Sistema Preventivo.

Anche in questo compito, il nostro approccio non è solo intellettuale. È certamente necessario, da una parte, uno studio approfondito della pedagogia salesiana, per aggiornarla secondo la sensibilità e le esigenze del nostro tempo. Oggi, infatti, i contesti sociali, economici, culturali, politici, religiosi, nei quali ci troviamo a vivere la vocazione ed a svolgere la missione salesiana, sono profondamente cambiati. D’altra parte, per una fedeltà carismatica al nostro Padre, è ugualmente necessario fare nostro il contenuto e il metodo della sua offerta educativa e pastorale. Nel contesto della società di oggi siamo chiamati ad essere santi educatori come lui, donando come lui la nostra vita, lavorando con e per i giovani.


ALLA RISCOPERTA DEL SISTEMA PREVENTIVO

Ripensando all’esperienza educativa di Don Bosco, siamo chiamati a riviverla oggi con fedeltà. Ora per una corretta attualizzazione del Sistema Preventivo, più che pensare immediatamente a dei programmi, a delle formule, o ribadire  degli “slogans” generici e buoni per tutte le stagioni, oggi il nostro sforzo sarà, anzitutto, quello di una comprensione storica del metodo di Don Bosco. Si tratta in concreto di analizzare come sia stato diversificato il suo operare per i giovani, per il popolo, per la chiesa, per la società, per la vita religiosa, e anche come diversificato sia stato il suo modo di educare i giovani del primo Oratorio festivo, del piccolo seminario di Valdocco, dei chierici salesiani e non salesiani, dei missionari. Ma si può osservare come già nel primo Oratorio di casa Pinardi fossero presenti alcune importanti intuizioni che saranno successivamente acquisite nella loro valenza più profonda di complessa sintesi umanistico-cristiana:

  1. una struttura flessibile, quale opera di mediazione tra Chiesa, società urbana e fasce popolari giovanili;
  2. il rispetto e la valorizzazione dell’ambiente popolare;
  3. la religione posta a fondamento dell’educazione, secondo l’insegnamento della pedagogia cattolica trasmessa a lui dall’ambiente del Convitto;
  4. l’intreccio dinamico tra formazione religiosa e sviluppo umano, tra catechismo ed educazione;
  5. la convinzione che l’istruzione costituisce lo strumento essenziale per illuminare la mente;
  6. l’educazione, così come la catechesi, che si sviluppa in tutte le espressioni compatibili con la ristrettezza del tempo e delle risorse;
  7. la piena occupazione e valorizzazione del tempo libero;
  8. l’amorevolezza come stile educativo e, più in generale, come stile di vita cristiana.

Una volta conosciuto correttamente il passato storico, occorre tradurre nell’oggi le grandi intuizioni e virtualità del Sistema Preventivo. Bisogna modernizzarne i principi, i concetti, gli orientamenti originari, reinterpretando sul piano teorico e pratico sia le grandi idee di fondo, sia i grandi orientamenti di metodo. E tutto ciò a vantaggio della formazione di giovani “nuovi” del sec. XXI, chiamati a vivere e confrontarsi con una vastissima ed inedita gamma di situazioni e problemi, in tempi decisamente mutati, sui quali le stesse scienze umane sono in fase di riflessione critica.

In particolare, desidero suggerire tre prospettive, analizzando più in profondità la prima di esse.

1. Il rilancio dell’ “onesto cittadino” e del “buon cristiano”

In un mondo profondamente cambiato rispetto a quello dell’ottocento, operare la carità secondo criteri angusti, locali, pragmatici, dimenticando le più ampie dimensioni del bene comune, a raggio nazionale e mondiale, sarebbe una grave lacuna di ordine sociologico ed anche teologico. Concepire la carità solo come elemosina, aiuto d’emergenza, significa rischiare di muoversi nell’ambito di un “falso samaritanesimo”.

Ci si impone pertanto una riflessione profonda, innanzitutto a livello speculativo. Essa deve estendere la sua considerazione a tutti i contenuti relativi al tema della promozione umana, giovanile, popolare, avendo, al contempo, attenzione alle diverse qualificate considerazioni filosofico-antropologiche, teologiche, scientifiche, storiche, metodologiche pertinenti. Questa riflessione, si  deve poi concretizzare sul piano della esperienza e della riflessione operativa dei singoli e delle comunità.

Dovremo procedere nella direzione di una riconferma aggiornata della “scelta socio-politica-educativa” di Don Bosco. Questo non significa promuovere un attivismo ideologico, legato a particolari scelte politiche di partito, ma formare ad una sensibilità sociale e politica, che porta comunque ad investire la propria vita per il bene della comunità sociale, impegnando la vita come missione, con un riferimento costante agli inalienabili valori umani e cristiani. Detto in altri termini, la riconsiderazione della qualità sociale dell’educazione dovrebbe incentivare la creazione di esplicite esperienze di impegno sociale nel senso più ampio.

Chiediamoci: la Congregazione Salesiana, la Famiglia Salesiana, le nostre Ispettorie, gruppi e case stanno facendo tutto il possibile in tale direzione? La loro solidarietà con la gioventù è solo atto di affetto, gesto di donazione, o anche contributo di competenza, risposta razionale, adeguata e pertinente ai bisogni dei giovani e delle classi sociali più deboli?

E altrettanto si dovrebbe dire del rilancio del “buon cristiano”. Don Bosco, “bruciato” dallo zelo per le anime, ha compreso l’ambiguità e la pericolosità della situazione, ne ha contestato i presupposti, ha trovato forme nuove di opporsi al male, pur con le scarse risorse (culturali, economiche…) di cui disponeva. Si tratta di svelare e aiutare a vivere consapevolmente la vocazione di uomo, la verità della persona. E proprio in questo i credenti possono dare il loro contributo più prezioso.

Ma come attualizzare il “buon cristiano” di Don Bosco? Come salvaguardare oggi la totalità umano-cristiana del progetto in iniziative formalmente o prevalentemente religiose e pastorali, contro i pericoli di antichi e nuovi integrismi ed esclusivismi? Come trasformare la tradizionale educazione, il cui contesto era “una società monoreligiosa”, in un’educazione aperta e, al tempo stesso, critica, di fronte al pluralismo contemporaneo? Come educare a vivere in autonomia e nello stesso tempo essere partecipi di un mondo plurireligioso, pluriculturale, plurietnico? A fronte dell’attuale superamento della tradizionale pedagogia dell’obbedienza, adeguata ad un certo tipo di ecclesiologia, come promuovere una pedagogia della libertà e della responsabilità, tesa alla costruzione di persone responsabili, capaci di libere decisioni mature, aperte alla comunicazione interpersonale, inserite attivamente nelle strutture sociali, in atteggiamento non conformistico, ma costruttivamente critico?

2. Il ritorno ai giovani con maggior qualificazione

 

È tra i giovani che Don Bosco ha elaborato il suo stile di vita, il suo patrimonio pastorale e pedagogico, il suo sistema, la sua spiritualità. Missione salesiana è consacrazione, è “predilezione” per i giovani e tale predilezione, al suo stato iniziale, lo sappiamo, è un dono di Dio, ma spetta alla nostra intelligenza ed al nostro cuore svilupparla e perfezionarla.

La fedeltà alla nostra missione poi, per essere incisiva, deve essere posta a contatto con i “nodi” della cultura di oggi, con le matrici della mentalità e dei comportamenti attuali. Siamo di fronte a sfide davvero grandi, che esigono serietà di analisi, pertinenza di osservazioni critiche, confronto culturale approfondito, capacità di condividere psicologicamente ed esistenzialmente la situazione. Ed allora, per limitarci ad alcune domande:

 

a- Chi sono esattamente i giovani ai quali “consacriamo” personalmente e in comunità la nostra vita?

b- Qual è la nostra professionalità pastorale, a livello di riflessione teorica sugli itinerari educativi ed a livello di prassi pastorale?

c- La responsabilità educativa oggi non può essere che collettiva, corale, partecipata. Qual è allora il nostro “punto di aggancio” con la “rete di relazioni” sul territorio e anche oltre il territorio  in cui vivono i nostri giovani?

d- Se qualche volta la Chiesa si trova disarmata di fronte ai giovani, non è che per caso lo sono anche i Salesiani o la Famiglia Salesiana di oggi?

3. Un’educazione di cuore

In questi ultimi decenni forse le nuove generazioni salesiane provano un senso di smarrimento di fronte alle antiche formulazioni del Sistema Preventivo: o perché non sanno come applicarlo oggi, oppure perché inconsapevolmente lo immaginano come un “rapporto paternalistico” con i giovani. Al contrario, quando guardiamo a Don Bosco, visto nella sua realtà vissuta, scopriamo in lui un istintivo e geniale superamento del paternalismo educativo inculcato da molta parte della pedagogia dei secoli a lui precedenti (’500-’700).

 

Possiamo chiederci: oggi i giovani e gli adulti entrano o possono entrare nel cuore dell’educatore salesiano? Che vi scoprono? Un tecnocrate, un abile, ma vacuo comunicatore, oppure una umanità ricca, completata e animata dalla Grazia di Gesù Cristo, nel Corpo Mistico, ecc.?

A partire dalla conoscenza della pedagogia di Don Bosco, i grandi punti di riferimento e gli impegni della Strenna del 2013 sono i seguenti.

  1. 1. Il ‘vangelo della gioia’, che caratterizza tutta la storia di Don Bosco ed è l’anima delle sue molteplici attività. Don Bosco ha intercettato il desiderio di felicità presente nei giovani e ha declinato la loro gioia di vivere nei linguaggi dell’allegria, del cortile e della festa; ma non ha mai cessato di indicare Dio quale fonte della gioia vera.
  1. La pedagogia della bontà. L’amorevolezza di Don Bosco è, senza dubbio, un tratto caratteristico della sua metodologia pedagogica ritenuto valido anche oggi, sia nei contesti ancora cristiani sia in quelli dove vivono giovani appartenenti ad altre religioni. Non è però riducibile solo a un principio pedagogico, ma va riconosciuta come elemento essenziale della nostra spiritualità.

3.  Il Sistema Preventivo. Rappresenta il condensato della saggezza pedagogica di Don Bosco e costituisce il messaggio profetico che egli ha lasciato ai suoi eredi e a tutta la Chiesa. È un’esperienza spirituale ed educativa che si fonda su ragione, religione ed ‘amorevolezza.

  1. L’educazione è cosa del cuore. «La pedagogia di Don Bosco, ha scritto don Pietro Braido, s’identifica con tutta la sua azione; e tutta l’azione con la sua personalità; e tutto Don Bosco è raccolto, in definitiva, nel suo cuore».[1] Ecco la sua grandezza ed il segreto del suo successo come educatore. «Affermare che il suo cuore era donato interamente ai giovani, significa dire che tutta la sua persona, intelligenza, cuore, volontà, forza fisica, tutto il suo essere era orientato a fare loro del bene, a promuoverne la crescita integrale, a desiderarne la salvezza eterna».[2]

5.  La formazione dell’onesto cittadino e del buon cristiano. Formare “buoni cristiani e onesti cittadini” è intenzionalità più volte espressa da Don Bosco per indicare tutto ciò di cui i giovani necessitano per vivere con pienezza la loro esistenza umana e cristiana. Quindi, la presenza educativa nel sociale comprende queste realtà: la sensibilità educativa, le politiche educative, la qualità educativa del vivere sociale, la cultura.

  1. Umanesimo salesiano. Don Bosco sapeva “valo­rizzare tutto il positivo radicato nella vita delle persone, nelle realtà create, negli eventi della storia. Ciò lo portava a cogliere gli autentici valori presenti nel mondo, specie se gra­diti ai giovani; a inserirsi nel flusso della cultura e dello sviluppo umano del proprio tempo, stimolando il bene e rifiutandosi di gemere sui mali; a ricercare con saggezza la cooperazione di molti, convinto che ciascuno ha dei doni che vanno scoperti, riconosciuti e valorizzati; a credere nella forza dell’educazione che sostiene la crescita del giovane e lo incoraggia a diventare onesto cittadino e buon cristiano; ad affidarsi sempre e comunque alla prov­videnza di Dio, percepito e amato come Padre”.[3]
  1. Sistema Preventivo e Diritti Umani. La Congregazione non ha motivo di esistere se non per la salvezza integrale dei giovani. Questa nostra missione, il vangelo e il nostro carisma oggi ci chiedono di percorrere anche la strada dei diritti umani; si tratta di una via e di un linguaggio nuovi che non possiamo trascurare. Il sistema preventivo e i diritti umani interagiscono, arricchendosi l’un l’altro. Il sistema preventivo offre ai diritti umani un approccio educativo unico ed innovativo rispetto al movimento di promozione e protezione dei diritti umani. Allo stesso modo i diritti umani offrono al sistema preventivo nuove frontiere ed opportunità di impatto sociale e culturale come risposta efficace al “dramma dell’umanità moderna, della frattura tra educazione e società, del divario tra scuola e cittadinanza”.[4]
  2. Per una comprensione approfondita e l’attuazione dei punti nodali suindicati sono utilmente da leggere: Il Sistema Preventivo nell’educazione della gioventù, la Lettera da Roma, le Biografie di Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco, tutti scritti di Don Bosco che illustrano bene sia la sua esperienza educativa che le sue scelte pedagogiche.

 

Don Pascual Chávez V., SDB

Rettor Maggiore


[1] Cf. P. BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di Don Bosco, LAS, Roma 1999, p. 181.

[2] P. RUFFINATO, Educhiamo con il cuore di Don Bosco, in “Note di Pastorale Giovanile”, n. 6/2007, p. 9.

[3] Cfr Art. 7 – Carta di identità carismatica della Famiglia Salesiana – Roma 2012

[4] Si veda P. Pascual Chàvez Villanueva, Educazione e cittadinanza. Lectio Magistralis per la Laurea Honoris Causa, Genova, 23 aprile 2007.

Omelia RM 16ago12

‘Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione’

«Una tra le sfide più significative dell’evangelizzazione oggi è quella che emerge dall’ambiente digitale. È su questa sfida che intende richiamare l’attenzione il tema che quest’anno papa Benedetto XVI ha scelto, nel contesto dell’Anno della fede, per la 47a Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali (12 maggio): ‘Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione’».

Il Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali apre con questa considerazione il comunicato con il quale rende noto oggi il tema della prossima Giornata delle Comunicazioni sociali.

“Gli elementi di riflessione – prosegue il Pontificio Consiglio – sono numerosi e importanti: in un tempo in cui la tecnologia tende a diventare il tessuto connettivo di molte esperienze umane quali le relazioni e la conoscenza, è necessario chiedersi: può essa aiutare gli uomini a incontrare Cristo nella fede? Non basta più il superficiale adeguamento di un linguaggio, ma è necessario poter presentare il Vangelo come risposta a una perenne domanda umana di senso e di fede, che anche dalla rete emerge e nella rete si fa strada. Sarà anche questo il modo per umanizzare e rendere vivo e vitale un mondo digitale che impone oggi un atteggiamento più definito: non si tratta più di utilizzare internet come un ‘mezzo’ di evangelizzazione ma di evangelizzare considerando che la vita dell’uomo di oggi si esprime anche nell’ambiente digitale. È necessario tener conto, in particolare, dello sviluppo e della grande popolarità dei social network, che hanno consentito l’accentuazione di uno stile dialogico ed interattivo nella comunicazione e nella relazione”.

La Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, l’unica giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II (‘Inter Mirifica’, 1963), viene celebrata in molti Paesi, su raccomandazione dei vescovi del mondo, la domenica che precede la Pentecoste (nel 2013, il 12 maggio). Il messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali viene tradizionalmente pubblicato in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio).

(Sir)

 

Indagine OCSE: cresce in Europa l’età media degli insegnanti

Bilanci per l’istruzione non adeguati ai tempi; invecchiamento medio della categoria degli insegnanti; squilibrio tra maschi e femmine tra gli iscritti negli atenei.

Sono tre dei problemi rilevati da una indagine dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici) resa nota oggi, che indaga la situazione scolastica nei 34 Paesi aderenti, 21 dei quali Ue.

Secondo la ricerca, oltre il 50% dei docenti di scuola secondaria superiore in Germania e in Italia ha superato i 50 anni di età; in altri cinque Paesi dell’Unione (Austria, Repubblica ceca, Estonia, Paesi Bassi, Svezia) il dato è oltre il 40%.

Ocse esprime preoccupazione anche per la “disparità tra i generi”: la relazione segnala che “quasi un terzo di donne in più rispetto agli uomini si iscrive all’istruzione universitaria nell’Ue”.

Permane poi la questione delle risorse finanziarie investite nell’educazione. Androulla Vassiliou, commissario europeo per l’istruzione, commenta: “Gli Stati membri dell’Ue riconoscono che l’investimento nell’istruzione è essenziale per il futuro d’Europa e per la sua prosperità nel lungo periodo. Dai dati emerge che il costo dell‘istruzione è di gran lunga controbilanciato dai vantaggi che se ne traggono. Non abbiamo però motivo di essere troppo soddisfatti: la relazione evoca anche la necessità di riforme per modernizzare l’istruzione e renderla più attraente sia agli occhi degli studenti che degli insegnanti”.

Come insegnare la religione con l’arte

Tra le tante proposte per una nuova evangelizzazione e per un insegnamento della religione che sia strettamente connesso ad un progetto culturale, ha destato grande interesse la pratica di alcuni insegnanti di utilizzare le arti visive.

Una vera e propria catechesi della bellezza che mentre fa conoscere e spiega e svela il mistero di capolavori artistici, pittorici, architettonici, scultorei, allarga gli orizzonti verso il sacro e il divino.

A questo proposito le suore Maria Luisa Mazzarello e Maria Franca Tricarico, docenti alla Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, hanno curato e pubblicato un cofanetto di cinque volumi edito da Il Capitello ed Ellenici, con il titolo “Insegnare la religione con l’arte”.

Secondo suor Mazzarello: “Comunicare la fede percorrendo la via della bellezza è certamente avvalersi più di una opportunità per incontrare e penetrare il mistero”.

L’arte – ha aggiunto – è parola silenziosa ed eloquente per incontrare Dio. L’arte, infatti, è luogo teologico, espressione della fede attraverso le formule iconografiche. L’arte è la via del concreto che apre alla comprensione del trascendente”.

Per approfondire un tema di così grande attualità e interesse ZENIT ha intervistato suor Maria Franca Tricarico.

Come è possibile insegnare religione seguendo percorsi artistici?

Nel supertecnologico XXI secolo la Chiesa non manca di richiamare l’attenzione sulla rilevanza del linguaggio dell’arte cristiana il cui scopo, oggi come nel passato, è quello di ‘demonstrare invisibilia per visibilia’  cioè ‘spiegare le cose invisibili attraverso quelle visibili’.

Dall’esperienza in aula e dialogando con gli insegnanti, risulta che il ricorso all’arte è una strada percorribile. L’arte – come aveva scritto Giovanni Paolo II nella Lettera agli artisti – è per sua natura una sorta di appello al Mistero. L’arte, dunque, è un linguaggio che attraverso le forme simboliche svela agli alunni, non solo a quelli della scuola superiore, ma anche a quelli della scuola dell’infanzia, le “cose di Dio”. I nostri ragazzi oggi, sono un po’ come quegli “illetterati” di cui parlava Gregorio Magno i quali vedendo comprendevano. Lo stesso vale a scuola. L’esperienza ci dice che per i ragazzi un’immagine è più eloquente del solo discorso che va comunque ricuperato, forse proprio a partire da un’opera d’arte.

In definitiva, il percorso artistico nell’insegnamento della religione significa riappropriarsi della tradizione antica, significa ri-attualizzarla; significa considerare l’arte quale “testo” che ri-dice la parola di Dio e, nel caso dell’arte contemporanea, quale “testo” che lascia intravedere il religioso e la dimensione spirituale anche attraverso la precarietà esistenziale dell’uomo.

In concreto, in aula le opere d’arte vanno proposte come testo-documento, come esegesi pratica, come esegesi figurativa della Scrittura. Operativamente, per l’analisi delle opere, si può prevedere

▪ la presentazione e l’osservazione dell’opera d’arte: si sollecitano i ragazzi a guardare con attenzione tutti gli elementi presenti nell’opera proposta e ad elencarli (descrizione preiconografica);

▪ il passaggio dalla descrizione dell’opera all’interpretazione simbolica: si sollecitano i ragazzi a scoprire che tutti gli elementi presenti nelle opere di diverse epoche hanno un preciso intento comunicativo, e a tentarne un’interpretazione; si provocano interrogativi che consentono di formulare ipotesi di significato da convalidare alla luce di varie fonti, in particolare il testo biblico come fonte privilegiata. Tutto questo per scoprire gli elementi di significato di cui il testo-arte è portatore (analisi iconografica e interpretazione iconologica).

Inoltre, si può pure prevedere la riespressione dei contenuti trasmessi dall’opera d’arte mediante la produzione dei ragazzi: è il momento di verifica delle competenze acquisite in ordine alla lettura e alla comprensione dell’opera d’arte la quale nasce sempre da un’idea biblico-teologica che si materializza in personaggi, forme, colori, volumi, disposizioni spaziali, ecc. I ragazzi sono invitati ad assumere i seguenti atteggiamenti: silenzio immaginativo, esternazione delle proprie idee, dialogo, produzione individuale e/o di gruppo. In questo modo la classe si costituisce quale “bottega d’arte” dove viene potenziata l’immaginazione e la creatività attraverso processi di reinterpretazione e di rielaborazione.

Un’importante attenzione didattica va rivolta alla scelta delle opere. Si escluderanno opere in cui prevalgono dettagli inutili e l’effetto scenografico; come pure quelle che “infantilizzano” il Mistero. Si sceglieranno invece opere che si propongono per la loro semplicità ed essenzialità, come pure opere che penetrano la Sacra Scrittura, la ri-dicono, la interpretano e l’attualizzano.

Una tale scelta deriva dalla consapevolezza che l’arte è un testo complesso non nel senso di difficile, ma nel senso che racchiude una molteplicità di elementi riconducibili a vari aspetti del dato cristiano. L’attenzione pedagogica e didattica che si richiede è allora quella di proporre agli alunni espressioni artistiche a seconda della loro età e delle loro capacità cognitive ben sapendo che ogni traccia, ogni espressione dell’arte cristiana è un testo che può essere letto, compreso e interpretato a vari livelli.

In definitiva, la via dell’arte cristiana nell’azione didattica è percorribile anche se richiede da parte dell’insegnante una particolare “attrezzatura” cognitiva e la passione per l’arte. Tutto ciò si acquista con una continua formazione e contemplazione.

Per questo, nel corso degli anni, con una mia collega, ho curato la pubblicazione dei sette testi della Collana “Insegnare Religione con l’Arte” (Elledici) il cui scopo è appunto quello di aiutare gli insegnanti nella loro formazione. Questi testi sono indirizzati anche agli studenti degli Istituti Superiori di Scienze Religiose e ai Catechisti.

zenit del 5/09/12