“Forti nella tribolazione” e-book del Papa

Novità editoriale della Libreria Editrice Vaticana per quanti vogliono pregare e meditare con le parole del Papa. Si tratta di un e-book dal titolo Forti nella tribolazione che la casa editrice del Vaticano mette a disposizione di tutti, dato che è scaricabile gratuitamente a questo link:

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L’e-book contiene le preghiere per vivere questo momento e le parole del Papa (omelie delle messe a Santa Marta e altri interventi di questi giorni). Il libro sarà costantemente aggiornato e dunque sarà possibile scaricarlo più volte per avere la versione con le ultime omelie.–

La civiltà è Enea che porta Anchise sulle spalle

«L’Italia vede decimata la generazione anziana, punto di riferimento per i giovani e per gli affetti». Le parole dette ieri dal presidente della Repubblica italiana, in maniera solenne e commovente, sembrano così voler far scudo contro quell’aberrante e diffusa convinzione, espressa in maniera più o meno sotterranea, che le morti così numerose non siano state poi così importanti perché riguardavano i vecchi, per di più già malati.

Mattarella al contrario ci ricorda quale patrimonio siano i vecchi, come siano indispensabili per i bambini, proprio in quanto “rimbambiti”, ovvero anche loro bambini, disposti a giocare, a divagare, a trasgredire.

E come siano importanti per i giovani, per la possibilità che hanno di trasmettere loro antichi saperi, valori vissuti, comunitarie tradizioni, forme diverse di presa dello spazio e di percezione dei tempi.

E come, in definitiva, siano importanti per ognuno di noi, perché nel tempo dell’effimero e dell’oblio, di fronte agli spettacoli e ai consumi, mostrano il valore degli affetti teneri, dei ricordi, della memoria e del compianto.

Le parole del presidente sono dunque dense di significato educativo ed esistenziale ma hanno anche un impatto politico radicale perché, per la prima volta, interrompono la filosofia eugenetica che è la pratica e lo spirito di questi insani tempi.

Dal documento degli anestesisti spagnoli alla teorizzazione dell’immunità di gregge degli inglesi, fino alla sottrazione forzata dell’assistenza sanitaria accaduta in certi ospedali italiani, si teorizza la necessità, per la “medicina delle catastrofi”, di scegliere fra i vecchi e i giovani, come fra i deboli e i forti.

Una scelta dovuta allo stato di eccezione e alla situazione estrema, tesa a sottrarre responsabilità alla coscienza personale, che porta però con sé la traccia indelebile di un giudizio di qualità dato alla vita, come se una vita – la più forte, la più abile – fosse solo per questo degna di essere mantenuta, mentre un’altra con più facilità dovrebbe essere rottamata.

In tale scelta gerarchica – che, perdurando lo stato di eccezione, potrebbe essere estesa anche a tutti i disabili e a tutti i fragili – si conserva il segreto del potere totalitario e della società “tanatologica”, la società di massa del ‘900 che si fonda su un continuo commercio con la morte.

Lo dice Elias Canetti in un libro magnifico e terribile scritto in anni bui e insani quasi come questi (Masse e Potere). In questa società tanatologica, potente diviene sia il capo, che acquisisce potere di morte, sia chi si distingue dalla morte sopravvivendo. La sopravvivenza è di per se stessa acquisizione di potere.

Chi è morto giace, sta per terra; chi sopravvive sta in piedi. Già solo questa collocazione spaziale rende “l’istante del sopravvivere, l’istante della potenza”, anche perché inconsciamente insorge la convinzione di una vera e propria “elezione”, una emozione comparativa che non risparmia nessun rapporto, nemmeno quello più affettivo, nemmeno quello con i figli o i genitori o i fratelli. Su questo senso di elezione si fonda dunque il totalitarismo, secondo Canetti. Ma, potremmo aggiungere, anche il capitalismo in quanto tale trasforma in Pil la sopravvivenza, poiché miglior produttori sono i vivi, cioè gli abili, i giovani, i forti.

C’è nel potere contemporaneo quindi, il persistere di una barbarie di fondo, una inciviltà.

La civiltà si fonda invece al contrario e nasce quando Enea in fuga dall’incendio, porta con se il vecchio padre sulle spalle e, per mano, il giovane figlio.

La pietà, che è la sua qualità esistenziale e la sua qualità sociale, lo spinge nell’aiutare, includere tutti, curare tutti, anche a scapito della propria sopravvivenza, del proprio potere.

Quella pietà è anche l’intelligenza della specie, in quanto la specie sopravvive, sottolineano i biologi della complessità, non nella lotta ma perché la madre continua ad allattare il figlio e perché gli uomini, anche quando vivono rintanati, non sono topi che si distruggono ma anzi si prestano soccorso.

Noi, nell’agenda delle cose che dobbiamo mettere in campo quando finirà la guerra e vorremmo fare il mondo nuovo, dovremmo mettere in campo la pietà.

Fin da ora, in quanto già ora abbiamo due problemi. Il primo è quello di non morire, ma il secondo è quello di vivere civili.

Il Manifesto

COVID-19 e La scuola a casa: il numero speciale di Essere a Scuola

E’ appena uscito online un fascicolo speciale della Rivista EAS – Essere a Scuola, interamente dedicato ad insegnanti e allievi in questo periodo di “scuola a casa”.

Il mese di marzo regala così ben due numeri della rivista: la casa editrice Morcelliana Scholé ha infatti deciso di aderire all’iniziativa di solidarietà digitale, rendendo scaricabile gratuitamente (fino al 5 aprile) e per intero il fascicolo n° 7/2020 dedicato alla Comunicazione didattica, consultabile al seguente link. Inoltre, sul sito dell’editrice è disponibile anche il numero speciale La scuola a casa, scaricabile gratuitamente e per intero al seguente link.

In particolare, il numero speciale può rivelarsi di grande utilità in questo periodo difficile per la scuola, per contrastare l’ipertrofia informativa e non rischiare di perdere di vista la realtà.

Qui, di seguito, riportiamo Sommario ed Editoriale.

Prima di augurarvi buona lettura, vogliamo soffermarci su un passaggio dell’editoriale di Pier Cesare Rivoltella:

[…] La verità è l’altra grande istanza che il contagio porta in gioco. Si esprime in una gamma di vissuti che punteggiano la quotidianità: la condizione di esilio, l’esperienza della separazione, la solitudine, le relazioni di cui si ha nostalgia. Il tratto comune a tutti è che, per chi li sappia valorizzare, essi funzionano da esperienze fondamentali. Sono tali quelle esperienze che distillano l’essenziale lasciando venire a tema quel che conta nella vita.

[…] Hartmut Rosa (2016) parlerebbe di risonanza. E risonanza sono anche le parole scritte sui container arrivati dalla Cina con mascherine e ventilatori polmonari al seguito della delegazione di medici specializzati nella lotta al virus: «Siamo onde dello stesso mare, rami dello stesso albero, fiori dello stesso giardino». Qui c’è un secondo grappolo di temi per gli insegnanti con le loro classi: il superamento dello stereotipo, sulla distanza che allontana, come sui cinesi; il pensiero posizionale, e cioè il sapersi mettere nei panni degli altri e guardare le cose dal loro punto di vista (Nussbaum, 2010); la cittadinanza come ascolto e relazione; il legame che la tecnologia può aiutare a costruire, o a ricostruire (Rivoltella, 2017).

Scuola. Tecnologia più condivisione: così si può fare buon e-learning

Riportiamo l’articolo di Pier Cesare Rivoltella, uscito martedì 17 marzo su Avvenire.it

Una riflessione, quanto mai attuale e necessaria alla luce delle sfide di queste settimane, sul valore aggiunto della tecnologia accompagnata da un’intenzionalità metodologica sempre più forte e condivisa.

Tecnologia più condivisione: così si può fare buon e-learning

L’emergenza costringe a ripensare le pratiche didattiche. E rivalutare il digitale. Il bisogno, l’emergenza, le situazioni estreme sono il momento in cui ci si accorge del valore delle cose. È vero per tante esperienze della vita: in questi giorni lo si sta sperimentando anche per la scuola, l’università, la possibilità della formazione. Lo capiscono i docenti, privati dei loro studenti; lo capiscono gli studenti, cui sono sottratte le relazioni con maestri e amici. Occorre partire da qui per provare a comprendere il significato di quello che da più parti, anche se impropriamente, viene definito home schooling. Si fa lezione, si impara, si studia a casa, ma non perché si sia scelta questa situazione come alternativa alla scuola (è quel che capita nell’educazione parentale, l’home schooling vero), bensì perché lo stato del contagio ci ha costretti a questo. Sarebbe più opportuno parlare di smart learning, o di smart teaching, dove lo smart allude alle possibilità che la tecnologia ci garantisce di surrogare l’impossibilità della presenza. Gli ambienti di videocomunicazione, le piattaforme eLearning, le applicazioni per l’apprendimento a distanza come un modo per non rimanere deprivati di tutto ciò che la scuola, dall’infanzia all’Università, rappresenta.

L’esperienza non è nuova nel nostro Paese, anche se forse ce ne siamo dimenticati. La formazione per corrispondenza nel secondo Dopoguerra aveva risposto al bisogno di manodopera specializzata. La Scuola Radioelettra di Torino rappresenta in questa prospettiva un momento importante della nostra storia. Come Telescuola, il protocollo di intesa tra la Rai e il ministero dell’Istruzione che aveva pensato alla televisione come strumento di massa per la lotta all’analfabetismo e l’innalzamento dei livelli culturali della popolazione: il volto del maestro Manzi e le trasmissioni di Non è mai troppo tardi ne sono una pagina indimenticabile. E poi la stagione della FAD, la formazione a distanza, la nascita dei primi centri universitari alla fine degli anni 90 – il CARID all’Università di Ferrara, il CEPaD all’Università Cattolica di Milano – l’esperienza del consorzio Nettuno fino al decreto Moratti/Stanca che sancisce la nascita delle università telematiche. Nel frattempo la scuola, con il Piano Nazionale per l’Informatica e il primo Piano di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche, tra anni 70 e 80 aveva cominciato a ridurre il gap con gli altri Paesi europei. Da lì erano seguite le stagioni del multimedia in classe, delle Lim, delle classi 2.0, con l’Indire a svolgere una funzione importante nell’affermare, anche nella formazione degli insegnanti, la cultura dell’eLearning e dell’uso della tecnologia. Occorre ricordare questi passaggi per capire che quel che di positivo sta succedendo oggi tra classi di scuola e aule universitarie non è frutto del caso ma di un lungo percorso di preparazione. Anche se poi, nell’opinione diffusa, alla formazione a distanza si è finito per associare l’idea di qualcosa che ha meno valore rispetto alla formazione fatta in aula, in presenza.

Ma cosa sta succedendo oggi? Stante lo stop alle attività didattiche in presenza, il ricorso alla tecnologia sta garantendo che la scuola e l’università non si fermino. Certo, la situazione è a macchia di leopardo, c’è chi lavora più e meno bene, ci sono esperienze di eccellenza e altre che andrebbero riviste. Ma è importante che tutti ci stiano provando e, soprattutto, che ci si accorga che non è solo un problema di tecnologia. Non basta mettere gli studenti davanti allo schermo di un computer o assegnare loro compiti attraverso il registro elettronico. Occorre che tutto questo si inserisca all’interno di una progettazione didattica, si avvalga di una regia metodologica. L’apprendimento on line richiede un’attenzione particolare allo studente, ne vanno gestite la motivazione e l’attenzione. Non basta ‘mandare in onda’ la lezione e continuare a parlare come si sarebbe fatto in aula. Va studiata una sceneggiatura: materiali da mettere a disposizione prima, indicazioni di lavoro precise, ricorso alla comunicazione sincrona (chat e videocomunicazione) per chiarire i dubbi, discutere i problemi. E poi si tratta di favorire la cooperazione tra gli studenti: il vero valore aggiunto della tecnologia è la possibilità della condivisione, di lavorare in gruppo. Si tratta di una modalità di lavoro che già dovrebbe appartenere alla normale didattica degli insegnanti e che ora le condizioni eccezionali in cui siamo costretti a muoverci stanno rendendo necessaria. Qui troviamo un primo aspetto di grande rilievo. È probabile che il virus stia riuscendo laddove anni di politiche educative hanno fallito: costringerci tutti a riflettere sulle nostre pratiche didattiche, studiare nuove forme per renderle efficaci, fare tutto questo in vista dello studente.

Si scopre così che il digitale si può rappresentare diversamente. Non è solo ciò che erode spazio alle nostre relazioni, indebolisce i legami sociali, genera una vera e propria dipendenza. Al contrario il digitale può riallestire il tessuto sociale, creare le condizioni perché le persone si riavvicinino, generare nuove reti di rapporti e di significati. Le tecnologie diventano allora tecnologie di comunità. Significa porsi il problema del divario ed eliminarlo: accorgersi che molti non hanno connessione, non hanno strumenti, non posseggono gli alfabeti, e creare le condizioni perché questi impedimenti siano superati. Significa chiedersi come fare inclusione nei confronti di chi fa fatica, soffre una disabilità, sconta la differenza della lingua e della cultura: sono di comunità le tecnologie se sanno trasformare tutto questo in una diversità che arricchisce e non in un ostacolo che aggiunge separazione. Significa attivare i territori. Le ‘aule digitali’ sono aperte: aperte ai genitori, alla comunità locale con le sue risorse, alle altre agenzie educative. Da questa crisi possiamo uscire più forti, più coesi, più uniti. È in questi momenti che il capitale sociale può essere ripristinato e questo nel caso della comunità cristiana aggiunge valore al valore.

C’è un rischio. Che finita l’emergenza si torni alla normalità: la vecchia didattica trasmissiva, il ‘bla bla bla’ per dirla con Paulo Freire. Occorre lavorare a che non succeda. E per farlo serve pensare che la qualità della relazione non è una questione di formati o di strumenti e che il digitale non è un’alternativa alla presenza ma una sua dimensione. La relazione è il risultato dell’intenzionalità educativa, è la consapevolezza che l’altro è al centro della mia attenzione. E il digitale può essere uno dei modi per mantenercelo. Lo è se diviene carezza nei momenti di sconforto, supporto nei momenti di difficoltà, legame nelle situazioni di solitudine, presenza quando si sperimenta l’assenza. Capitava già prima del virus: nelle scuole in ospedale, nei progetti di istruzione domiciliare, nelle scuole dei piccoli plessi, in tutte quelle situazioni in cui tanti docenti anonimi, senza protagonismi, hanno sempre dato testimonianza di cosa significhi insegnare.

Pier Cesare Rivoltella, Avvenire.it, 17 marzo 2020

Qui un’altra intervista a Pier Cesare Rivoltella, pubblicata sul Corriere della Sera di Brescia: Scuola a distanza, «La situazione ci porterà a essere in linea col futuro»

Qui anche l’intervista di Diregiovani a Paolo Raviolo, professore associato di pedagogia sperimentale presso l’Università eCampus e membro di Cremit: Coronavirus. Didattica, esperto eCampus: “Sì valutazione competenze e accessibilità”

Il “Global Compact on Education”

Comunicato della Congregazione per l’Educazione Cattolica

Il Global Compact on Education, incontro promosso da Papa Francesco per ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, avrà luogo tra l’11 e il 18 ottobre 2020. L’adesione al Patto sarà siglata il 15 ottobre.

L’evento, affidato alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, avrebbe dovuto aver luogo il prossimo 14 maggio, con una serie di appuntamenti complementari tra il 10 e il 17 maggio, come il “Villaggio dell’Educazione”, con le migliori esperienze educative internazionali, illustrate da giovani studenti e studentesse provenienti da tutto il mondo. L’incertezza legata alla diffusione del Coronavirus, così come le decisioni assunte dalle Autorità pubbliche su scala mondiale, hanno portato alla decisione di rinviare l’atteso incontro, proprio per permettere la più ampia e serena partecipazione possibile.

Il Patto globale non si limita alle Istituzioni scolastiche e accademiche ma, nella convinzione che l’impegno educativo debba essere condiviso da tutti, coinvolge i Rappresentanti delle religioni, degli organismi internazionali e delle diverse istituzioni umanitarie, del mondo accademico, economico, politico e culturale. In quest’ottica, si comprende come la più estesa e variegata partecipazione voluta da Papa Francesco non sia una dimensione accessoria al Global Compact on Education ma costituisca la premessa ed il fine di una siffatta alleanza. La Congregazione per l’Educazione Cattolica continua a lavorare per questo fondamentale incontro, secondo le intenzioni manifestate dal Santo Padre: “Cerchiamo insieme di trovare soluzioni, avviare processi di trasformazione senza paura e guardare al futuro con speranza. Invito ciascuno ad essere protagonista di questa alleanza, facendosi carico di un impegno personale e comunitario per coltivare insieme il sogno di un umanesimo solidale, rispondente alle attese dell’uomo e al disegno di Dio”

(Messaggio per il lancio del Patto Educativo).

Quaresima, il Papa: con Dio è sempre un dialogo cuore a cuore

Nonostante il male nella vita della Chiesa e del mondo, il Signore continua a offrirci un tempo “favorevole” alla conversione. Lo evidenzia Francesco nel Messaggio per la Quaresima, in cui ricorda che la nostra vita nasce dall’amore di Dio, respingendo la menzogna secondo cui essa sarebbe originata da noi stessi, quando diamo ascolto alla voce del diavolo. Quindi esorta alla compassione per i sofferenti. Tra gli appuntamenti del periodo quaresimale, ricorda “Economy of Francesco”, l’appuntamento di marzo ad Assisi

Giada Aquilino – Città del Vaticano

Convertiamoci a un dialogo “aperto e sincero” con il Signore. È l’esortazione del Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2020, che si apre il 26 febbraio, mercoledì delle Ceneri. Il titolo è: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”.

Cambiamento di rotta

Non dobbiamo mai dare “per scontato” il fatto che, osserva il Pontefice, il Signore ci offra “ancora una volta un tempo favorevole alla nostra conversione”. Anzi: tale “opportunità” dovrebbe suscitare in noi un senso di “riconoscenza” e scuoterci dal “nostro torpore”.

Malgrado la presenza, talvolta anche drammatica, del male nella nostra vita, come in quella della Chiesa e del mondo, questo spazio offerto al cambiamento di rotta esprime la tenace volontà di Dio di non interrompere il dialogo di salvezza con noi.

Uso fuorviante dei mezzi di comunicazione

Francesco definisce “appassionata” la volontà di Dio di dialogare con i suoi figli, che giunge al punto di “far ricadere” su Gesù tutti i nostri peccati, fino a “mettere Dio contro Dio”, come scrisse – ricorda il Pontefice – il Papa emerito Benedetto XVI nella sua Prima Enciclica, Deus Caritas Est. Dio, rimarca Francesco, ama infatti “anche i suoi nemici”. Il dialogo che vuole stabilire con ogni uomo, mediante il Mistero pasquale del suo Figlio, non è “parlare o ascoltare le ultime novità”.

Questo tipo di chiacchiericcio, dettato da vuota e superficiale curiosità, caratterizza la mondanità di tutti i tempi, e ai nostri giorni può insinuarsi anche in un uso fuorviante dei mezzi di comunicazione.

Dare la vita

L’invito del Papa è ancora una volta a lasciarci coinvolgere dal “dinamismo spirituale” del “grande Mistero della morte e risurrezione di Gesù”, aderendo ad esso “con risposta libera e generosa”. La gioia del cristiano – evidenzia Francesco – scaturisce proprio dall’ascolto e dall’accoglienza “della Buona Notizia della morte e risurrezione” di Cristo, il kerygma.

Chi crede in questo annuncio respinge la menzogna secondo cui la nostra vita sarebbe originata da noi stessi, mentre in realtà essa nasce dall’amore di Dio Padre, dalla sua volontà di dare la vita in abbondanza. Se invece si presta ascolto alla voce suadente del “padre della menzogna” si rischia di sprofondare nel baratro del nonsenso, sperimentando l’inferno già qui sulla terra, come testimoniano purtroppo molti eventi drammatici dell’esperienza umana personale e collettiva.

 

L’attualità della Pasqua

La Pasqua di Gesù, si legge nel testo firmato dal Papa a San Giovanni in Laterano il 7 ottobre scorso nella memoria della Beata Maria Vergine del Rosario, “non è un avvenimento del passato”.

Per la potenza dello Spirito Santo è sempre attuale e ci permette di guardare e toccare con fede la carne di Cristo in tanti sofferenti.

 

Un dialogo cuore a cuore

Grazie al Mistero pasquale, aggiunge Francesco parlando di una “urgenza della conversione”, ci è stata “donata” la misericordia di Dio, che possiamo sperimentare “solo in un ‘faccia a faccia’ col Signore crocifisso e risorto”.

Un dialogo cuore a cuore, da amico ad amico. Ecco perché la preghiera è tanto importante nel tempo quaresimale. Prima che essere un dovere, essa esprime l’esigenza di corrispondere all’amore di Dio, che sempre ci precede e ci sostiene. Il cristiano, infatti, prega nella consapevolezza di essere indegnamente amato. La preghiera potrà assumere forme diverse, ma ciò che veramente conta agli occhi di Dio è che essa scavi dentro di noi, arrivando a scalfire la durezza del nostro cuore, per convertirlo sempre più a Lui e alla sua volontà.

 

Le piaghe di Cristo oggi

Il Papa spinge il cristiano a non lasciar “passare invano” questo tempo di grazia, nella “presuntuosa illusione” di essere noi i padroni “dei tempi e dei modi della nostra conversione a Lui”. E quanto più ci lasceremo coinvolgere dalla sua Parola, tanto più riusciremo a sperimentare – assicura Francesco – la sua misericordia “gratuita” per noi.

Mettere il Mistero pasquale al centro della vita significa sentire compassione per le piaghe di Cristo crocifisso presenti nelle tante vittime innocenti delle guerre, dei soprusi contro la vita, dal nascituro fino all’anziano, delle molteplici forme di violenza, dei disastri ambientali, dell’iniqua distribuzione dei beni della terra, del traffico di esseri umani in tutte le sue forme e della sete sfrenata di guadagno, che è una forma di idolatria.

 

Condivisione della ricchezza

Anche oggi, evidenzia, è importante richiamare gli uomini e le donne di buona volontà alla “condivisione dei propri beni” con i più bisognosi “attraverso l’elemosina”, come forma di “partecipazione personale” all’edificazione di un mondo più equo.

La condivisione nella carità rende l’uomo più umano; l’accumulare rischia di abbrutirlo, chiudendolo nel proprio egoismo. Possiamo e dobbiamo spingerci anche oltre, considerando le dimensioni strutturali dell’economia.

 

Economy of Francesco

È per tale motivo, spiega il Pontefice, che in questo tempo quaresimale, dal 26 al 28 marzo prossimi ad Assisi, ha convocato “giovani economisti, imprenditori e change-makers”.

Come ha più volte ripetuto il magistero della Chiesa, la politica è una forma eminente di carità. Altrettanto lo sarà l’occuparsi dell’economia con questo stesso spirito. Altrettanto lo sarà l’occuparsi dell’economia con questo stesso spirito evangelico, che è lo spirito delle Beatitudini.

L’obiettivo è dunque quello di “contribuire a delineare un’economia più giusta e inclusiva di quella attuale”.

24 febbraio 2020, 11:30

L’Istruzione religiosa nelle scuole pubbliche d’Europa. Vol. 1. e 2.

Pajer Flavio, L’Istruzione religiosa nelle scuole pubbliche d’Europa. Vol. 1.  Rapporti, analisi comparative, prospettive. Un’antologia cronologica di testi sparsi 1980-2020, [Tipografia Bevilacqua], Torino 2020, pp. 1-878.

Pajer Flavio, L’Istruzione religiosa nelle scuole pubbliche d’Europa. Vol. 2.  Cronache, riflessioni, appunti, interviste 1980-2020, [Tipografia Bevilacqua], Torino 2020, pp. 879-1319.

 

Flavio Pajer, dal 1991 al 2012 Docente presso l’Istituto di Catechetica di Roma UPS, è noto al mondo scientifico della pedagogia religiosa e della didattica scolastica, come uno dei maggiori studiosi dell’insegnamento della religione o istruzione religiosa del continente europeo. Ha fatto parte di numerosi organismi nazionali ed internazionali sui diritti umani, educazione e formazione, attento osservatore e redattore di informazioni sull’istruzione religiosa scolastica.

Dal 2003 continua a rendere un servizio ininterrotto tramite il notiziario EREnews (European Religious Education newsletter). Autore di varie e pregevoli pubblicazioni, dal volume curato L’insegnamento scolastico della religione nella Nuova Europa (Elledici, Leumann 1991) al recente come autore unico, Dio in programma. Scuola e religioni nei sessant’anni dell’Europa unita 1957-2017 (Morcelliana, Brescia 2017), è sempre stato impegnato a scandagliare il mondo della scuola con particolare attenzione alla dimensione religiosa della vita.

Egli ha redatto un’opera voluminosa, e si potrebbe aggiungere monumentale, in due tomi che raccoglie integralmente il frutto della sua ricerca sul tema dell’istruzione religiosa in un tempo segnato dal pluralismo religioso ed etico e che si sviluppa in un contesto di laicità. La tiratura ridotta dell’opera (appena sei copie) di cui un esemplare è stato donato all’Istituto di Catechetica dell’UPS di Roma, con dedica del 1 dicembre 2019, e che sarà conservato nella Biblioteca Centrale dell’Ateneo, merita una menzione speciale circa il valore e il significato che essa ricopre in campo scientifico al fine di una conoscenza ad ampio raggio sul tema.

Per chiunque voglia indagare su questa frontiera culturale sarà arricchente e imprescindibile consultare i due volumi ben organizzati in ordine cronologico di cui rendono ragione i due indici posti nelle prime pagine (vol. 1, pp. 5-8; vol. 2, pp. 881-884, quest’ultime pagine non numerate). I ricercatori potranno avere immediatamente disponibili i contributi di Flavio Pajer sull’argomento in quarant’anni di attività, come l’autore stesso annota nella Presentazione (vol. I, p. 3). Palese l’utilità pratica di una opera collettanea in due volumi, di cui il primo assembla i contributi di tenore scientifico, mentre il secondo quelli di divulgazione colta. In appendice di quest’ultimo le Informazioni e valutazioni sul sistema IRC italiano presentato in nazioni estere. I testi riportati conservano la lingua originale in cui sono stati formulati o dallo stesso Pajer o tradotti da altri d’intesa con l’autore; sono anche indicate eventuali traduzioni in italiano quando trattasi di testi originali in altre lingue.

Non sono riportati i volumi che l’Autore richiama a p. 4 della presentazione e che sono disponibili ancora nelle librerie o nelle biblioteche più attrezzate. A Flavio Pajer va certo il plauso per il suo impegno riflessivo, auspicando che altri autori si interessino all’argomento e che studenti possono approfondire i contenuti della sua produzione davvero ingente e originale.

 

Recensione a cura di Giuseppe Ruta, docente dell’Istituto di Catechetica UPS

“Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2).

La Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto il testo del Messaggio di Papa Francesco per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra domenica 24 maggio 2020 sul tema “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia. L’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, contemporaneamente, ha diffuso il Manifesto che accompagnerà il lavoro di approfondimento e animazione in vista della Giornata.

24 Gennaio 2020
Il contributo di Vincenzo Corrado al Portaparola del 28 gennaio 2020, dedicato al tema della prossima GMCS. In allegato l’intera pagina di Avvenire, con altri quattro contributi.
28 Gennaio 2020

C’è un’immagine molto efficace che il Papa consegna a tutti gli operatori della comunicazione – ma non solo – nel messaggio a loro dedicato per la 54ª Giornata mondiale che celebreremo domenica 24 maggio. È l’immagine del telaio: uno strumento con cui leggere tutte le dimensioni della comunicazione. «Le storie di ogni tempo – scrive Francesco – hanno un ‘telaio’ comune: la struttura prevede degli ‘eroi’, anche quotidiani, che per inseguire un sogno affrontano situazioni difficili, combattono il male sospinti da una forza che li rende coraggiosi, quella dell’amore. Immergendoci nelle storie, possiamo ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita». Comunicare è anche e soprattutto narrare, un

aspetto oggi molto trascurato. C’è invece un bisogno di narrazione che emerge dagli ambienti digitali e che va colto e indirizzato nella giusta dimensione: la Storia che ci unisce, generandoci comunità. La narrazione è l’ordito della comunicazione: l’insieme dei fili che raccontano la vita di ciascuno di noi e tra i quali viene inserita la trama a formare l’intreccio delle nostre storie.

Da bambino mi piaceva ascoltare le storie di mio nonno. È ancora lì nella mia mente e nel mio cuore: con la pipa in bocca e il suo fare affabulatorio tesseva – inconsciamente – la mia vita intorno alla sua e radicava la mia storia nella sua. M’insegnava l’importanza di far parte di una famiglia e insieme a contribuire a creare una famiglia più grande, la realtà del nostro Paese… È quel dialogo generazionale che potrebbe risolvere tante crisi della nostra società. «Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano – scrive il Papa – abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri». Ed è proprio questa la cifra con cui ri-comprendere tutto il magistero di papa Francesco rivolto ai comunicatori. La narrazione è criterio antropologico per comprendere chi siamo e dove andiamo, dove la memoria è unico criterio per sfuggire all’assolutizzazione della novità. L’istantaneità dei messaggi fagocita la tessitura del messaggio, e fa perdere quel senso che aiuta a comprendere i fatti. La comunicazione non deve possedere solo il carattere di novità ma anche quello della memoria. Perché senza questa, non c’è identità.

Vincenzo Corrado

 

Il Papa e le donne: assumetevi responsabilità con coraggio

CITTÀ DEL VATICANO. «Prendete le cose in mano con coraggio!». Questa l’esortazione del Papa ad una delegazione dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche (Umofc/Wucwo), ricevuta nei giorni scorsi in Vaticano, alla quale Francesco ha indicato l’esempio di Maria Maddalena, «che ha annunciato coraggiosamente la risurrezione di Gesù, anche quando gli apostoli non gli hanno creduto», e non ha mancato di indirizzare una raccomandazione: «Senza follia non c’è santità».

«Quando abbiamo chiesto al Papa un messaggio per le 8 milioni di donne che appartengono alle organizzazioni membri dell’Umofc in tutti continenti, il Santo Padre ci ha incoraggiato e ha sottolineato che per andare avanti nel cammino verso la santità ci vuole molto coraggio e anche una certa pazzia», racconta Maria Lia Zervino, presidente generale dell’organizzazione. «In quel senso, ha espresso: “Senza pazzia non c’è santità”. Ci ha spinto a essere come Maria Maddalena, che ha avuto la follia di annunciare la resurrezione di Gesù agli apostoli, anche se non le credevano. La sua esortazione è stata: “Fatevi carico con coraggio”».

L’udienza «ha avuto una durata più o meno di 40 minuti. Il clima è stato molto accogliente, fraterno e anche gioioso per il sense of humor del Papa», afferma Zervino.

Una nota dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche riferisce che con il Papa la delegazione ha discusso «della realtà della Chiesa, delle donne e del principio mariano; della sinodalità dei laici; dell’ideologia del genere a livello internazionale; del dialogo interreligioso per la fratellanza umana e della missione specifica delle donne in tutti questi ambiti pastorali».

«Il tema centrale», spiega Zervino, «è stato proprio quello delle donne e la Chiesa, però non soltanto sul “ruolo” che, come ha detto il Papa tante volte, deve essere più approfondito e molto più esteso, ma anche su come noi donne dell’Umofc, con il nostro modo femminile di essere donne laiche, possiamo contribuire a sviluppare il “principio mariano” all’interno della Chiesa e a manifestare il volto femminile della Chiesa nel mondo di oggi».

Le donne dell’Umofc sono «convinte che le donne organizzate sinergicamente tra di loro possano prestare un incalcolabile servizio alla Chiesa», spiega ancora la presidente. «Non vogliamo occupare posti per ottenere potere o fare rivendicazioni e nemmeno per essere lì per decorazione, come un vaso di fiori. Pensiamo invece che sia fondamentale che le diverse strutture ecclesiali accolgano il desiderio di Papa Francesco di contare su donne con una formazione adeguata che intervengano nei processi decisionali».

Quanto al tema della sinodalità, Zervino spiega: «“Le donne sono quelle che portano avanti la Chiesa, senza ricoprire cariche”. In questo quadro, la sinodalità è stata considerata come il camminare insieme del Popolo di Dio. All’interno di questo Popolo di Dio, è stato evidenziato quanto possono aiutare a superare le ideologie le esperienze concrete delle donne dell’Umofc che, cercando la “santità della porta accanto”, tutti i giorni si impegnano in azioni meravigliose ma silenziose per l’evangelizzazione e lo sviluppo umano integrale. Ascoltare le testimonianze di queste donne è un passo importante per il cammino sinodale della Chiesa, perché costituiscono un osservatorio vivente sulle donne nel mondo».

“Aprite le porte alla vita”

Questo il titolo del Messaggio dei Vescovi per la 42° Giornata per la Vita prossimo  2 febbraio 2020.

“Osiamo sperare che la Giornata per la vita divenga sempre più un’occasione per spalancare le porte a nuove forme di fraternità solidale. Un abbraccio di pace e bene”, queste le parole del direttore a conclusione della lettera (in allegato) con cui invita gli Uffici diocesani di pastorale familiare, le diocesi e le Associazioni ad animare la Giornata 2o2o