Linee orientative per la ripresa della catechesi

In sintonia con i protocolli sanitari della scuola, sono offerte linee orientative per la ripresa dei percorsi educativi in ambito parrocchiale.

 

In allegato anche

 

Dopo la pandemia quale catechesi

La pandemia ha avuto un impatto devastante sulle nostre società su scala mondiale. È ancora è troppo presto per valutare tutte le implicazioni che avrà nei diversi settori della vita pubblica.

Il recente volume (giugno 2020) curato da Javier Díaz Tejo, in edizione digitale e messo a disposizione gratuitamente ai lettori, vuole rispondere sostanzialmente a una domanda: come leggere e interpretare correttamente in prospettiva catechetica le trasformazioni che la pandemia sta causando nel mondo?

Il testo si avvale dei contributi di noti esperti di catechesi latinoamericani, diversi dei quali ex allievi dei percorsi formativi del nostro Istituto. I diversi agili articoli mettono in mostra con chiarezza che, accanto alle minacce, è possibile intravedere delle preziose opportunità per l’educazione alla fede.

 

SCARICA:

Después de la pandemia, qué catequesis

La Chiesa e i linguaggi della pandemia

Che cosa ha imparato la Chiesa dalla pandemia? O, meglio: abbiamo appreso qualcosa
nel periodo del lockdown?
La seconda puntata del convegno “La Chiesa alla prova della pandemia” tenutasi nel monastero di Camaldoli dal 24 al 28 agosto 2020 non ha voluto eludere tale interrogativo scomodo, anche rileggendo esperienze pastorali, provvedimenti assunti e
fecondità inespresse (per la prima parte si veda SettimanaNews).

Le giornate – dedicate rispettivamente a tematiche ecclesiologiche, liturgiche e comunicative – hanno evidenziato l’importanza di una riflessione critica sul momento pandemico, che ha fatto emergere problematiche e potenzialità che già c’erano, come ha premesso il monaco camaldolese Matteo Ferrari, organizzatore dell’incontro, introdotto dal priore Alessandro Barban e dal vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro Riccardo Fontana.

Chiesa

Nella sua prolusione, Giuseppe Angelini – già preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – ha segnalato come in questo periodo si sia riproposta la frattura tra coscienza e società, espressa soprattutto dalla cancellazione dell’interrogativo morale in ambito pubblico, sostituito da soluzioni tecnico-scientifiche che segnerebbero il trionfo di una mentalità clinico-terapeutica.
La presenza della Chiesa, anziché dar voce alle coscienze personali, è stata declinata «in forme molto ripetitive, litaniche, sostanzialmente gregarie rispetto al dibattito pubblico» come se «non avesse nulla di proprio da dire in proposito»; sarebbe invece di estrema importanza una mediazione nelle profondità culturali della società odierna per trasformare la pandemia in occasione di evangelizzazione.

L’ecclesiologo Dario Vitali (Pontificia Università Gregoriana) ha scelto la categoria paolina di “corpo di Cristo” per indagare gli effetti della pandemia sullo stato di salute della Chiesa; un corpo già «debole, debilitato, sfibrato» ha visto ulteriormente compromesse le proprie capacità di rigenerarsi: come un paziente anziano, ora necessita di una lunga convalescenza, nutrendosi di soluzioni condivise che riattivino le connessioni interne e di consapevolezza di ciò che ha diviso il corpo ecclesiale.

È intervenuto anche il pastore Fulvio Ferrario, decano della Facoltà valdese di teologia, a proposito dell’irrilevanza sistemica della Chiesa. Essa, più che inseguire i criteri di legittimazione della sua presenza sociale sul piano laico che la valorizzano solamente in quanto erogatrice di servizi sociali di prima necessità, potrebbe ripensarsi nella categoria del “non necessario”: non in quanto superfluo, bensì nell’ordine del “più che
necessario”, della gratuità che non può essere imposta ma solamente riconosciuta liberamente.

Di fronte alla pandemia, cattolici romani e protestanti hanno fatto ricorso alle rispettive “specialità della casa”: da un lato, la pietà sacramentale senza accesso diretto ai sacramenti, dall’altro, la predicazione della Parola con eventi domenicali su piattaforme digitali. Tuttavia proprio in questa fase si sono posti nuovi interrogativi: in campo riformato inusuali nostalgie del sacramento sino a proposte di consacrare via webcam, in quello cattolico la consapevolezza che il Vangelo può giungere anche attraverso molteplici canali, pure telematici.

Nella mia relazione ho mostrato la convergenza dei sondaggi degli ultimi mesi – uno dei quali, condotto dall’associazione “Nipoti di Maritain” da me diretta e già presentato in sintesi anche su SettimanaNews – su un aumento complessivo di un terzo, tra gennaio e aprile, delle pratiche religiose dei cattolici italiani. Non solamente quindi “messe in streaming” – le cui riprese audio/video necessitano di inedite attenzioni di estetica liturgica – e che comunque persino sommate insieme non riescono a raggiungere gli ascolti di papa Francesco, ma pure meditazioni del vangelo quotidiano e occasioni di riflessione, soprattutto da parte dei più giovani, sul senso della propria vita.

Inoltre, si è notata la divergenza di letture proprio sulle dirette social delle celebrazioni dei presbiteri: criticate come manie di protagonismo clericale da parte di altri preti che non hanno voluto farle, invece generalmente sono state molto apprezzate dal fedele medio che in esse ha trovato un’espressione di vicinanza e di cura pastorale, dato dal quale partire prima di considerazioni di altro tipo.

A partire da questa constatazione di teologia fondamentale – è vero comunque, come aveva studiato Dario Vitali, che il sensus fidei è in larga parte dipendente dall’impostazione ricevuta – è possibile poi educare il cammino dei fedeli ad una consapevolezza più matura della realtà ecclesiale e sacramentale.

Liturgia

Ma tale apprezzamento laicale per le “messe in streaming” può anche denotare, come ha rilevato nella seconda giornata la liturgista sr. Elena Massimi, docente presso gli istituti “Auxilium” di Roma e “S. Giustina” di Padova, la fatica della recezione dell’ecclesiologia del concilio Vaticano II e l’incomprensione dello statuto stesso della
liturgia, opera di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa tutta che fa l’eucaristia, la quale a sua volta costituisce la Chiesa.

L’intervento ha sottolineato alcune criticità dei decreti liturgici adottati in tempo di Covid-19, maggiormente preoccupati per la validità canonica dei sacramenti, e si è interrogata sulla rinnovata attualità di alcune pratiche discutibili come le indulgenze, le messe celebrate dal solo sacerdote e la cosiddetta “comunione spirituale”, nate in ben altri contesti; ad ogni modo si auspica che l’interesse significativo che ha investito recentemente la liturgia non venga sprecato.

Lorenzo Voltolin, presbitero della diocesi di Padova, è partito da un interrogativo: che tipo di comunità si costituisce quando i corpi non possono incontrarsi? Nel suo paradigma interpretativo i new media sono un’estensione del nostro corpo e come esso iniziano a funzionare, attivando anche dal punto di vista chimico gli stessi meccanismi percettivi inter-corporei, con la pompa sodio-potassio e i successivi effetti sulla corteccia cerebrale.
Inoltre funzionano sul corpo e permettono esperienze significative intra-corporee, nella realtà virtuale; sebbene questa non vada confusa con la realtà stessa, si tratta di un ulteriore spazio esistenziale, una realtà a pieno titolo fondata sui sensi corporei, e non sull’immaginazione.

Ciò che permette di verificarne l’autenticità è il collegamento con il proprio referente fisico: in altre parole, se vi è un legame biologicamente reale – per esempio quello tra un parroco e la propria comunità – tale percezione performativa può creare partecipazione comunitaria; se invece non vi è alcun nesso con una realtà conosciuta
fisicamente la celebrazione si fa spettacolo.

Morena Baldacci, responsabile della pastorale battesimale della diocesi di Torino, ha parlato di preghiera “in casa” (anziché di preghiera “in famiglia”, per poter includere un maggiore numero di esperienze anche di single e di conviventi) portando esempi, più che di sussidi, di pratiche concrete. Tali liturgie domestiche hanno permesso a una pur sempre esigua minoranza di fedeli già assidui di riscoprire gesti e parole del quotidiano; non un mero “trasloco” dalle chiese alle case, ma piuttosto una piccolezza scelta in cui sperimentare una pluralità di servizi e di ministeri.
In seguito, è stata proposta l’esperienza della Tenda della Parola animata dal parroco parmense Guido Pasini che, in tempo di pandemia, ha inviato a una mailing list un breve sussidio con tracce audio lette e cantate per pregare il vangelo domenicale.

Linguaggi

Nel terzo giorno dedicato alla comunicazione sono intervenuti due presbiteri della diocesi di Bergamo.
In primis Manuel Belli, che ha rilevato gli sforzi da parte delle Chiese per apprendere come stare su un web abitato da nativi digitali che hanno sempre vissuto in tempo di crisi e che possono essere sensibili, più che a spiegazioni causali o a illusori ottimismi, a una pastorale della prossimità al singolo individuo.
Giuliano Zanchi è entrato nel rapporto tra fede e arte, anche a proposito della riproducibilità tecnica dei sacramenti nell’“infosfera” in cui si è inevitabilmente immersi, dell’eloquenza (quasi sacramentale) di alcune immagini circolate durante la pandemia e dell’esigenza della ritualizzazione della vita, nel momento in cui si inventano nuovi riti alternativi personali perché quelli della liturgia non vengono percepiti più come espressivi, a causa di un sostanziale isolamento della Chiesa dal mondo culturale in cui avvengono novità.

Nel pomeriggio si è avuta l’occasione di ascoltare la testimonianza video del salesiano Alfio Pappalardo, autore di Un minuto per pregare sul social dei giovanissimi TikTok, oltre a quella del 23enne Emmanuele Magli (canale Religione 2.0 su YouTube) docente di IRC a Bologna e di Marco Scandelli, parroco di Borgo Maggiore a San Marino, che quotidianamente offre un video di #2minutiDiVangelo.

Responsabilità e vulnerabilità

La mattinata conclusiva, dopo l’esperienza del “pellegrino rosso” Matteo Bergamelli – che con entusiasmo, creatività e ironia testimonia la sua fede soprattutto su instagram – ha visto l’intervento del filosofo Stefano Biancu, docente alla LUMSA e vicepresidente del MEIC.
In quest’ultima relazione si sono rivissute le domande della filosofia morale in tempo di pandemia: abbiamo una conoscenza più limitata di quanto pensassimo anche delle realtà fisiche, non tutto è sotto il nostro controllo, eppure abbiamo una certa responsabilità – rispondere a qualcuno di qualcosa – su ciò che invece dipende da noi,
senza temere quella vulnerabilità che, esponendoci al rischio di poter essere feriti dagli altri, consente di accedere a esperienze più grandi.
Entra così in gioco una dinamica di beni “supererogatori”, cioè non esigibili (come il perdono, l’amore, l’accoglienza) eppure vissuti con la coscienza che siano tali: è il “massimo necessario”, per esempio, del personale sanitario che ha compiuto come atto dovuto il proprio servizio, definito invece da altri nei termini di “eroismo”.

Insomma, dopo la puntata di giugno più “a caldo”, anche con quella di agosto questo convegno ha voluto, su temi più specifici, offrire un aiuto per comprendere l’attuale delicata fase ecclesiale, senza offrire alcuna ricetta preordinata, ma ripensando alle ricchezze e alle debolezze che questo tempo ha fatto scoprire, al fine di investire energie e lavorare con pazienza sui punti nodali affinché i frutti vengano da cammini condivisi, e non da scorciatoie.

http://www.settimananews.it/chiesa/la-chiesa-linguaggi-della-pandemia/

grazie don Carlo

Oggi 19 luglio 2020 alle 6:30 del mattino, il prof. don Carlo Nanni, sdb, Rettore magnifico emerito dell’UPS (2009-2015), si è spento all’età di 75 anni.

A dare il triste annuncio è stato don Alvaro Forcellini, direttore della comunità salesiana della parrocchia Santa Maria della Speranza, adiacente al campus dell’UPS, dove don Carlo era stato trasferito a settembre 2018. Qui, don Carlo si era dedicato primariamente all’impegno pastorale parrocchiale continuando, nel contempo, a prestare il suo servizio all’UPS fino all’inizio del lockdown dovuto all’emergenza sanitaria per la pandemia.

Lo scorso mese di maggio le sue condizioni di salute, a seguito della frattura del femore e del successivo ricovero, hanno cominciato a destare serie preoccupazioni, evidenziando lo stato avanzato di una grave malattia che lo ha condotto, con momenti di intensa sofferenza pur alleviati dalla presenza continua e dall’affetto dei suoi familiari e dei suoi confratelli, a concludere il suo cammino terreno.

I funerali si svolgeranno martedì 21 luglio alle ore 11 nella Chiesa di Santa Maria della Speranza Via Francesco Cocco Ortu, 19 Roma.

 

Don Carlo Nanni, nato a Ischia di Castro (Viterbo) il 3 aprile 1945, era diventato salesiano nel 1962 ed era stato ordinato sacerdote il 18 marzo 1975 a Castelgandolfo (Roma).

Licenziatosi in Filosofia il 27 giugno 1968 presso il Pontificio Ateneo Salesiano, e in Teologia (specializzazione patristica e storia del dogma) presso la Pontificia Università Gregoriana il 12 giugno 1975, don Carlo conseguì anche la Laurea statale italiana in Filosofia il 26 marzo 1973 presso l’Università di Roma La Sapienza con una tesi in antropologia culturale dal titolo “La cultura d’origine nel processo d’inurbazione”.

Nella sua formazione ha sempre sentito fortemente il bisogno di coniugare laicità civile e comunitarietà ecclesiale, incarnazione nel territorio e ricerca dell’universalità cattolica “romana”, appartenenza ecclesiale e cittadinanza attiva, impegno nel sociale e ricerca del Regno di Dio e della sua giustizia, preoccupazione pastorale e vicinanza ai vissuti e ai cammini esistenziali dei giovani, di persone e di famiglie nelle loro concrete condizioni di vita.

Iniziò la sua attività didattica nella Facoltà di Scienze dell’Educazione a partire dall’anno accademico 1976/1977 con le lezioni relative alla parte filosofica del Corso di Teoria generale dell’educazione; da quel momento il suo apprezzato e appassionato insegnamento universitario fu costante fino a questo anno accademico. Don Pietro Braido (Rettore dell’UPS negli anni 1974-1977), indicò don Carlo quale suo successore nella Cattedra di Filosofia dell’Educazione.

Ripercorrendo gli anni della sua vita e in modo particolare quelli della sua attività all’UPS non si può non restare ammirati per la costante e generosa dedizione con cui don Carlo ha svolto il suo servizio accademico di docenza, di ricerca e di impegno istituzionale.

Nel 1980 assunse l’incarico di Codirettore della rivista “Orientamenti Pedagogici” e di Pro-Direttore dell’Istituto di Metodologia Pedagogica, l’anno dopo di Segretario della Facoltà. Nominato docente straordinario l’8 settembre 1984, fu promosso Professore ordinario nella Facoltà di Scienze dell’Educazione l’8 settembre 1989; per molti anni fu il più giovane Professore ordinario dell’Università. Nel 1992 fu nominato Vice-Decano della Facoltà, e il 24 aprile 1995 iniziò il suo primo mandato come Decano, riconfermato poi per un secondo triennio (1998-2001) il 24 aprile 1998. Fu nuovamente nominato Decano della Facoltà di Scienze dell’Educazione durante l’estate del 2008, incarico che lo impegnò solo per un anno, fino a quando con Decreto della Congregazione per l’Educazione Cattolica datato 5 giugno 2009, fu nominato Rettore magnifico dell’UPS dal 1° luglio 2009 fino al 15 luglio 2015.

Oltre agli insegnamenti della sua cattedra, seguitissimi da studenti e studentesse, ed altri incarichi di insegnamento esterni all’UPS presso la Diocesi di Roma e l’Università di Perugia, don Carlo Nanni seguì la riforma curricolare dei Centri di formazione del CNOS/FAP per l’ambito della cultura generale e fece parte di corsi per insegnanti di sostegno, di aggiornamento degli insegnanti delle medie e delle superiori e contribuì alla riforma curriculare dell’Insegnamento di Religione Cattolica nelle Scuole Superiori. Dal 1999 al 2012 fu anche Consulente Ecclesiastico Centrale dell’UCIIM, l’Associazione degli insegnanti cattolici delle medie e delle superiori fondata nel dopoguerra da Gesualdo Nosengo, curandone l’aggiornamento didattico e spirituale. È stato inoltre membro di comitati e scientifici di numerose riviste di pedagogia e di pastorale giovanile, dando il suo personale ed apprezzato apporto scientifico e sapienziale: cosa che del resto si evince dalla sua vastissima produzione di libri, articoli, saggi in volumi collettanei, voci di dizionari, testi di divulgazione filosofica e pedagogica, ricerche sulla storia locale, civile ed ecclesiale, dei suoi luoghi di origine. Egli si è impegnato sempre a leggere in chiave pedagogica ed educativa i problemi e le sfide del nostro tempo, e quelli della condizione giovanile in particolare, sottoponendo a serrata critica i modelli teorico-culturali tradizionali e correnti, facendo interagire ragione filosofica, riflessione di fede e tensione intellettuale per una vita civile e democratica integrale e plenaria aperta alla trascendenza. Egli ha offerto anche un prezioso e competente apporto per l’elaborazione di importanti documenti, quali per esempio gli “Orientamenti pastorali” dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 (Educare alla vita buona del Vangelo) e il sussidio per la riflessione e l’azione pubblicato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica pubblicato nell’anno del Giubileo della Misericordia (Misericordiosi educando).

Nonostante i notevoli impegni di docenza e di gestione della vita accademica dell’UPS don Carlo Nanni non ha mai tralasciato la cura pastorale diretta delle persone, attraverso la confessione e la direzione spirituale, l’offerta del ministero presbiterale presso parrocchie, Centri giovanili, Istituti religiosi maschili e femminili, l’aiuto alla sua parrocchia d’origine, la predicazione congiunta alle conferenze formative-culturali, sempre a chiara intenzionalità pastorale-educativa.

Concluso il doppio mandato come Rettore magnifico dell’UPS, ed insignito dal Gran Cancelliere dell’UPS, il 20 ottobre 2015, dopo il compiersi del suo 70.mo compleanno, del titolo di Docente emerito della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’UPS, don Carlo Nanni ha continuato il suo servizio per l’Università attraverso la docenza, la Direzione dell’Archivio storico dell’UPS e la Codirezione della rivista “Orientamenti Pedagogici”.

È unanimemente riconosciuto che il sessennio del Rettorato di don Carlo Nanni è stato caratterizzato da uno stile veramente salesiano, fatto di attenzione agli studenti e alle studentesse, alla vita personale e professionale dei colleghi, alla promozione di stili relazionali e procedurali istituzionalmente corretti e animati da vero spirito di famiglia e da promozione della corresponsabilità a tutti i livelli. Con il contributo di don Carlo Nanni l’UPS non solo si è accresciuta notevolmente dal punto di vista numerico di studenti e si è qualificata sempre più e meglio nella sua proposta formativa e per opportune iniziative culturali, ma ha realizzato anche un complesso mutamento generazionale dei docenti, ha ricercato l’adeguamento della legislazione e regolamentazione statutaria ed ordinamentale, ha rinnovato le infrastrutture di servizio e ristrutturato in più parti l’habitat del campus.

 

Ringraziamo il Signore di avere donato don Carlo Nanni all’Università e alla Congregazione Salesiana, e lo affidiamo alla misericordia del Padre.

 

Portale UPS

 

Prof. Carlo NANNI

Il prof. don Carlo Nanni è nato il 3 aprile 1945 a Ischia di Castro (VT). Salesiano di prima professione dal 1962 e con professione perpetua dal 1968. È prete dal 1975.
Ha conseguito la Licenza in Filosofia presso l’Università Sa­lesiana; si è laureato in Filosofia (con specializzazione in Antropologia Culturale) alla Sapienza di Roma e ha conseguito la li­cenza in Teologia Patristica e Storia del Dogma presso l’Università Gregoriana.
Inserito nell’UPS dall’anno accademico 1976-1977, è professore ordinario di Filosofia dell’educazione e pedagogia della scuola nella Facoltà di Scienze dell’Educazione. Da vari anni è anche supplente di Filosofia della comunicazione presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale.
Il 18 giugno 2009 è stato nominato Rettore Magnifico della Pontificia Università Salesiana, in Roma.

Tra le sue molte pubblicazioni, unanimemente apprezzate in ambito ecclesiale e nel mondo pedagogico- educativo civile, si ricordano:

  • Educazione e scienze dell’educazione, Roma, LAS, 1986.
  • L’educazione alla convivenza democratica, Torino, SEI, 1987.
  • L’educazione tra crisi e ricerca di senso, Roma, LAS, 1990.
  • Educazione e pedagogia in una cultura che cambia, Roma, LAS, 1998.
  • Antropologia Pedagogica, Roma, LAS, 2002.
  • Il sistema preventivo di don Bosco, Leumann (Torino), LDC, 2003.
  • La riforma della scuola. Le idee, le leggi, Roma, LAS, 2003.
  • Relazionalità e responsabilità in educazione, Roma, IFREP, 2007.
  • Introduzione alla filosofia dell’educazione, Roma, Las, 2007.
  • Emmanuel Mounier. Il pensiero pedagogico, Roma LAS, 2008.
  • Educare cristianamente, Leumann (Torino), ElleDiCi, 2008.

Ha curato insieme ai Proff. José Manuel Prellezo (Coor­dinatore) ed il Prof. Malizia, il Dizionario di Scienze dell’Educazione, sia nella prima edizione (1997) che nella seconda (Roma, LAS, 2008).
Cultore di studi della propria regione d’origine, l’alta Tuscia, ha pubblicato in quest’ambito Ischia di Castro. Il vecchio e il nuovo, Grotte di C., Ambrosini, 2002; Castro e il suo santo vescovo. San Bernardo Vescovo di Castro, Roma, LAS, 2004.

 

 

Il prof. don Carlo Nanni è nato il 3 aprile 1945 a Ischia di Castro (VT). Salesiano di prima professione dal 1962 e con professione perpetua dal 1968. È prete dal 1975.

Ha conseguito la Licenza in Filosofia presso l’Università Salesiana, si è laureato in Filosofia

(con specializzazione in antropologia culturale) alla Sapienza di Roma e ha conseguiito la

licenza in Teologia Patristica e Storia del Dogma presso l’Università Gregoriana.

Inserito nell’UPS dall’anno accademico 1976-1977, è dal 3 aprile 2015 Professore ordinario emerito di Filosofia dell’educazione e pedagogia della scuola

nella Facoltà di Scienze dell’Educazione dal 1989. Da vari anni è anche supplente di Filosofia della comunicazione presso la Facoltà di Scienze della Comunica-ione sociale.

La sua ricerca pedagogica verte soprattutto sulle 8ra’ioni8 e sulle prospettive di senso dell’educa-ione nell’attuale contesto di accresciuta complessità e di profondo mutamento delle strutture e dei modi di vita. Il suo approccio è caratterizzato dall’impegno di leggere in chiave pedagogica i problemi del nostro tempo e quelli della condizione giovanile in particolare, sottoponendo a serrata critica i modelli teorico-culturali tradizionali e correnti, facendo interagire ragione

Filosofica, riflessione di fede e tensione intellettuale per una vita civile e democratica aperta alla trascendenza, secondo una visione etica e religiosa della vita.

È stato Decano-Preside della Facoltà di Scienze dell’Educazione per due mandati triennali dal 1995-2001 e di nuovo dal 23 aprile 2008 al giugno 2009.

Dal1luglio 2009 è stato Rettore Magnifico dell’Università Salesiana per due mandati triennali, conclusisi il 16 luglio 2015.

Tra le sue molte pubblicazioni, unanimemente apprezzate in ambito ecclesiale e nel mondo pedagogico-educativo civile, si ricordano;

 

 Educazione e scienze dell’educazione, Roma, LAS2 1986;

 L’educazione alla convivenza democratica, Torino, SEI, 1987;

 L’educazione tra crisi e ricerca di senso, Roma, LAS, 1990;

 Educazione e pedagogia in una cultura che cambia, Roma, LAS, 1998;

 Antropologia Pedagogica, Roma, LAS 2002;

 Il sistema preventivo di don Bosco, Leumann (TO), Elledici, 2003;

 La riforma della scuola. Le idee, le leggi, Roma, LAS 2003;

 Relazionalità e responsabilità in educazione, Roma, Ifrep 2007;

 Introduzione alla filosofia dell’educazione, Roma, LAS 2007;

 Emmanuel Mounier. Il pensiero pedagogico, Roma, LAS 2008;

 Educare cristianamente, Leumann (TO), Elledici 2008;

 Educarsi per educare, Roma, LAS 2012;

 Educazione, evangelizzazione, nuova evangelizzazione, Roma, LAS 2012;

 Educare con don Bosco alla vita buona secondo il Vangelo, Roma, LAS 2012;

Immagini. Per pensare e vivere meglio, Roma, LAS 2015.

Carlo Nanni- Quinzi Gabriele – Baggio Guido, Pensare filosoficamente, Roma, LAS 2013;

Malizia Guglielmo – Nanni Carlo, Il sistema educativo Italiano di istruzione e di formazione, Roma, LAS 2010;

Carlo Nanni – Maria Teresa Moscato (a cura), La pedagogia della libertà. La lezione di Gino Corallo, Roma, LAS 2012.

 

Ha curato insieme ai Proff. José Manuel Prellezo (Coordinatore) ed il Prof. Malizia Guglielmo il

Dizionario di Scienze dell’Educazione, sia nella prima edizione (1997) che nella seconda (Roma, LAS 2008).

 

Dal 1999 al 2012 è stato Assistente Ecclesiastico Centrale dell’Uciim.

Dal 2015èAssistente Ecclesiastico Centrale dell’AIDU (Associazione Cattolica Docenti Universitari)

 

 

Cultore di studi della propria regione d’origine, l’alta Tuscia, ha pubblicato in quest’ambito:

Ischia di Castro. Il vecchio e il nuovo, Grotte di C. Ambrosini, 2002;

Castro e il suo santo vescovo. San Bernardo Vescovo di Castro, Roma, LAS 2004;

 All’indomani del Concilio di Trento. Il sinodo del Vescovo di Castro Gerolamo Maccabei (16 novembre 1564), Roma, LAS 2013.

 

 

 

 

La famiglia nella società post-familiare Nuovo Rapporto CISF 2020

Milano, 8 luglio 2020 – Il Rapporto Cisf 2020 mette a tema la società post-familiare, in cui le famiglie si frammentano, scomponendosi e ricomponendosi per dare spazio a un individuo teso a sperimentare tutte le libertà dei “possibili altrimenti” e a creare sempre nuove relazioni, favorite dalle nuove tecnologie comunicative. La recente pandemia del Covid-19 ha accelerato l’alfabetizzazione delle famiglie italiane al nuovo mondo digitale, che presenta molte opportunità ma anche tanti rischi.
Siamo in pieno family warming, un vero e proprio surriscaldamento delle relazioni familiari che rischia di portare a una evaporazione della famiglia, in un mondo proiettato verso il cosiddetto post-umano. Le famiglie stesse, del resto, di fronte alle difficoltà, si sono ritirate nel privato e hanno perduto il senso della trasmissione generazionale, mentre la società le ha abbandonate a loro stesse, in preda al mercato e alle mode che l’accompagnano.
L’alternativa sta nel promuovere una famiglia relazionale, nella quale le relazioni fra uomini e donne, così come fra generazioni, sono caratterizzate da fiducia, cooperazione e reciprocità come progetto riflessivo di vita. Del resto proprio la pandemia ha confermato che la famiglia è ancora un soggetto economico e sociale cruciale per l’intera società, facendoci toccare con mano che le relazioni – in famiglia come altrove – contano più del denaro. Solo una ripresa della solidarietà familiare e del capitale sociale comunitario potrà favorire un modello di autentico sviluppo sociale del Paese.


Centro Internazionale Studi Famiglia, La famiglia nella società post-familiare. Nuovo Rapporto CISF 2020, Edizioni San Paolo 2020, pp. 432, euro 35,00

 

IL CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA (Cisf – www.cisf.it) nasce nel 1974 su iniziativa di don Giuseppe Zilli, storico direttore di Famiglia Cristiana, che decide di istituire un centro di ricerca sulla famiglia, capace di leggerne le trasformazioni e di coglierne le difficoltà e le potenzialità, nel vivo dell’esperienza della società e della Chiesa. Da allora il Cisf ha costantemente promosso eventi e convegni di tipo culturale, con particolare attenzione al dibattito internazionale, iniziative di formazione, attività di documentazione e pubblicazioni di varia natura, tutte orientate alla promozione e al riconoscimento della famiglia come cellula fondamentale della società e come soggetto attivo e generativo, risorsa insostituibile per il benessere di ogni persona e per la società nel suo complesso.
In questa prospettiva, a partire dal 1989 il Cisf ha realizzato il “Rapporto Cisf sulla famiglia in Italia”, pubblicato a cadenza biennale, strumento oggi insostituibile per seguire i cambiamenti attraversati dalla famiglia e dalla società.

 

In allegato:

– il comunicato stampa, disponibile anche online https://www.gruppoeditorialesanpaolo.it/area-stampa/2020/la-famiglia-nella-societa-post-familiare-nuovo-rapporto-cisf-2020 ;

Nuovo Rapporto Cisf 2020_ Abstract capitoli;

Nuovo Rapporto Cisf 2020_Tabelle selezionate

 

 

Cordiali saluti,

Alessandro Fuso

 

La relazione educativa: San Giovanni Bosco e l’«assistenza» ai giovani

Il testo, dell’autore don Bruno Bordignon, SDB, affronta il tema dello stare con i giovani, secondo il vissuto che Don Bosco ha fondamentalmente descritto nei Regolamenti, pubblicati la prima volta nel 1877 insieme alla breve presentazione de Il Sistema Preventivo. La motivazione è fondata sul problema fondamentale: “come stare con i giovani oggi secondo l’esperienza vissuta da Don Bosco?” Viene proposto un approfondimento dell’esperienza del Santo attraverso l’analisi di tutti i manoscritti dei Regolamenti ed un confronto di essi con Il Sistema Preventivo, nel quale emerge come questo scritto riprenda quanto egli aveva proposto nei regolamenti. L’“assistenza” è la base della relazione educativa, nel quale l’educatore deve cercare “esclusivamente” la realizzazione del giovane.

Editrice IF Press, 155 pagine

Presentazione del nuovo Direttorio per la Catechesi

Alle ore 11.30 di ieri mattina, presso l’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, ha avuto luogo una Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Sono intervenuti: S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Octavio Ruiz Arenas, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dellaNuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, Delegato per la Catechesi del medesimo Pontificio Consiglio.

Pubblichiamo il testo italiano:

Testo in lingua italiana

 

La pubblicazione di un Direttorio per la Catechesi rappresenta un felice evento per la vita della Chiesa. Per quanti sono dediti al grande impegno della catechesi, infatti, può segnare una provocazione positiva perché permette di sperimentare la dinamica del movimento catechetico che ha sempre avuto una presenza significativa nella vita della comunità cristiana. Il Direttorio per la Catechesi è un documento della Santa Sede affidato a tutta la Chiesa. Ha richiesto molto tempo e fatica, e giunge a conclusione di una vasta consultazione internazionale.

Oggi si presenta l’edizione ufficiale in lingua italiana. Sono già pronte, comunque, le traduzioni in spagnolo (edizione per l’America Latina e la Spagna), in portoghese (edizione per il Brasile e Portogallo), inglese (edizione per USA e Regno Unito), francese e polacco. È rivolto in primo luogo ai Vescovi, primi catechisti tra il popolo di Dio, perché primi responsabili della trasmissione della fede (cfr. n. 114). Insieme a loro sono coinvolte le Conferenze episcopali, con le rispettive Commissioni per la catechesi, per condividere ed elaborare un auspicato progetto nazionale che sostenga il cammino delle singole diocesi (cfr. n. 413). I più direttamente coinvolti nell’uso del Direttorio, comunque, rimangono i sacerdoti, i diaconi, le persone consacrate, e i milioni di catechisti e catechiste che quotidianamente offrono con gratuità, fatica e speranza il loro ministero nelle differenti comunità. La dedizione con cui operano, soprattutto in un momento di transizione culturale come questo, è il segno tangibile di quanto l’incontro con il Signore possa trasformare un catechista in un genuino evangelizzatore.
A partire dal Concilio Vaticano II questo che oggi presentiamo è il terzo Direttorio.

Il primo del 1971, Direttorio catechistico generale, e il secondo del 1997, Direttorio generale per la catechesi, hanno segnato questi ultimi cinquant’anni di storia della catechesi. Questi testi hanno svolto un ruolo primario. Sono stati un aiuto importante per far compiere un passo decisivo al cammino catechetico, soprattutto rinnovando la metodologia e l’istanza pedagogica. Il processo di inculturazione che caratterizza in particolare la catechesi e che soprattutto ai nostri giorni impone un’attenzione del tutto particolare ha richiesto la composizione di un nuovo Direttorio.

La Chiesa è dinanzi a una grande sfida che si concentra nella nuova cultura con la quale si viene a incontrare, quella digitale. Focalizzare l’attenzione su un fenomeno che si impone come globale, obbliga quanti hanno la responsabilità della formazione a non tergiversare. A differenza del passato, quando la cultura era limitata al contesto geografico, la cultura digitale ha una valenza che risente della globalizzazione in atto e ne determina lo sviluppo. Gli strumenti creati in questo decennio manifestano una radicale trasformazione dei comportamenti che incidono soprattutto nella formazione dell’identità personale e nei rapporti interpersonali. La velocità con cui si modifica il linguaggio, e con esso le relazioni comportamentali, lascia intravedere un nuovo modello di comunicazione e di formazione che tocca inevitabilmente anche la Chiesa nel complesso mondo dell’educazione. La presenza delle varie espressioni ecclesiali nel vasto mondo di internet è certamente un fatto positivo, ma la cultura digitale va ben oltre. Essa tocca in radice la questione antropologica decisiva in ogni contesto formativo, come quello della verità e della libertà. Già porre questa problematica impone di verificare l’adeguatezza della proposta formativa da qualunque parte provenga. Essa diventa, comunque, un confronto imprescindibile per la Chiesa in forza della sua “competenza” sull’uomo e la sua pretesa veritativa.

Forse, solo per questa premessa si rendeva necessario un nuovo Direttorio per la catechesi. Nell’epoca digitale, vent’anni sono paragonabili senza esagerazione ad almeno mezzo secolo. Da qui è derivata l’esigenza di redigere un Direttorio che prendesse in considerazione con grande realismo il nuovo che si affaccia, con il tentativo di proporne una lettura che coinvolgesse la catechesi. È per questo motivo che il Direttorio presenta non solo le problematiche inerenti la culturale digitale, ma suggerisce anche quali percorsi effettuare perché la catechesi diventi una proposta che trova l’interlocutore in grado di comprenderla e di vederne l’adeguatezza con il proprio mondo.

Esiste, comunque, una ragione più di ordine teologico ed ecclesiale che ha convinto a redigere questo Direttorio.

L’invito a vivere sempre più la dimensione sinodale non può far dimenticare gli ultimi Sinodi che la Chiesa ha vissuto. Nel 2005 quello sull’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa; nel 2008 La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa; nel 2015 La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo; nel 2018 I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

Come si può osservare, ritornano delle costanti in tutte queste assemblee che toccano da vicino il tema dell’evangelizzazione e della catechesi come si può verificare dai documenti che ne hanno fatto seguito. Più in particolare è doveroso far riferimento a due scadenze che in maniera complementare segnano la storia di questo ultimo decennio per quanto riguarda la catechesi: il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede nel 2012, con la conseguente Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium, e il venticinquesimo anniversario
della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, ambedue toccano direttamente la competenza del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

L’evangelizzazione occupa il posto primario nella vita della Chiesa e nel quotidiano insegnamento di papa Francesco. Non potrebbe essere altrimenti. L’evangelizzazione è il compito che il Signore Risorto ha affidato alla sua Chiesa per essere nel mondo di ogni tempo l’annuncio fedele del suo Vangelo. Prescindere da questo presupposto equivarrebbe a rendere la comunità cristiana una delle tante associazioni benemerite, forte dei suoi duemila anni di storia, ma non la Chiesa di Cristo. La prospettiva di Papa Francesco, tra l’altro, si pone in forte continuità con l’insegnamento di san Paolo VI nella Evangelii nuntiandi del 1975. Ambedue non fanno altro che riferirsi alla ricchezza scaturita dal Vaticano II che, per quanto riguarda la catechesi, ha trovato nella Catechesi tradendae (1979) di san Giovanni Paolo II il suo punto focale.

La catechesi, quindi, va intimamente unita all’opera di evangelizzazione e non può prescindere da essa. Ha bisogno di assumere in sé le caratteristiche stesse dell’evangelizzazione, senza cadere nella tentazione di diventarne un sostituito o di voler imporre all’evangelizzazione le proprie premesse pedagogiche.

In questo rapporto il primato spetta all’evangelizzazione non alla catechesi. Ciò permette di comprendere perché alla luce di Evangelii gaudium, questo Direttorio si qualifica per sostenere una “catechesi kerygmatica”. Cuore della catechesi è l’annuncio della persona di Gesù Cristo, che sorpassa i limiti di spazio e tempo per presentarsi ad ogni generazione come la novità offerta per raggiungere il senso della vita. In questa prospettiva, viene indicata una nota fondamentale che la catechesi deve fare propria: la misericordia. Il kerygma è annuncio della misericordia del Padre che va incontro al peccatore non più considerato come un escluso, ma un invitato privilegiato al banchetto della salvezza che consiste nel perdono dei peccati. Se si vuole, è in questo contesto che prende forza l’esperienza del catecumenato come esperienza del perdono offerto e della vita nuova di comunione con Dio che ne consegue.

La centralità del kerygma, comunque, deve essere recepita in senso qualitativo non temporale. Richiede, infatti, che sia presente in tutte le fasi della catechesi e di ogni catechesi. E’ il “primo annuncio” che sempre viene fatto perché Cristo è l’unico necessario. La fede non è qualcosa di ovvio che si recupera nei momenti del bisogno, ma un atto di libertà che impegna tutta la vita. Il Direttorio, quindi, fa sua la centralità del kerygma che si esprime in senso trinitario come impegno di tutta la Chiesa.

La catechesi come espressa dal Direttorio, si caratterizza per questa dimensione e per le implicanze che porta nella vita delle persone. Tutta la catechesi, in questo orizzonte, acquista una valenza peculiare che si esprime nell’approfondimento costante del messaggio evangelico. La catechesi, insomma, ha lo scopo di far raggiungere la conoscenza dell’amore cristiano che porta quanti l’hanno accolto a divenire discepoli evangelizzatori.
Il Direttorio si snoda toccando diverse tematiche che non fanno altro che rimandare all’obiettivo di fondo.

Una prima dimensione è la mistagogia che viene presentata attraverso due elementi complementari tra loro: anzitutto, una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana; inoltre, la progressiva maturazione del processo formativo in cui tutta la comunità è coinvolta. La mistagogia è una via privilegiata da seguire, ma non è facoltativa nel percorso catechetico, rimane come un momento obbligato perché inserisce sempre più nel mistero che si crede e si celebra. È la consapevolezza del primato del mistero che porta la catechesi a non isolare il kerygma dal suo contesto naturale. L’annuncio della fede è pur sempre annuncio del mistero dell’amore di Dio che si fa uomo per la nostra salvezza. La risposta non può esulare dall’accogliere in sé il mistero di Cristo per permettere di fare luce sul mistero della propria esperienza personale (cfr. GS 22).

Un ulteriore tratto di novità del Direttorio è il legame tra evangelizzazione e catecumenato nelle sue varie accezioni (cfr. n.62). È urgente compiere la “conversione pastorale” per liberare la catechesi da alcuni lacci che ne impediscono l’efficacia. Il primo, lo si può identificare nello schema scolastico, secondo il quale la catechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sul paradigma della scuola. La catechista sostituisce la maestra, all’aula della scuola subentra quella del catechismo, il calendario scolastico è identico a quello catechistico…

Il secondo, è la mentalità secondo la quale si fa la catechesi per ricevere un sacramento. È ovvio che una volta terminata l’Iniziazione si crei il vuoto per la catechesi. Un terzo, è la strumentalizzazione del sacramento a opera della pastorale, per cui i tempi del sacramento della Confermazione sono stabiliti dalla strategia pastorale di non perdere il piccolo gregge di giovani rimasto in parrocchia e non dal significato che il sacramento possiede in se stesso nell’economia della vita cristiana.

Papa Francesco ha scritto che “Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù… Si rende necessario che la formazione nella via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede” (Eg 167). Una nota di particolare valenza innovativa per la catechesi può essere espressa dalla via della bellezza soprattutto per permettere di conoscere il grande patrimonio di arte, letteratura e musica che ogni Chiesa locale possiede.
In questo senso, si comprende perché il Direttorio abbia posto la via della bellezza come una delle “fonti” della catechesi (cfr. nn. 106-109).

Un’ultima dimensione offerta dal Direttorio si ritrova nell’aiutare a inserirsi progressivamente nel mistero della fede. Questa connotazione non può essere delegata a una sola dimensione della fede o della catechesi. La teologia indaga con gli strumenti della ragione il mistero rivelato. La liturgia celebra ed evoca il mistero con la vita sacramentale. La carità riconosce il mistero del fratello che tende la mano. La catechesi, alla stessa stregua, introduce progressivamente ad accogliere e vivere globalmente il mistero nell’esistenza quotidiana.

Il Direttorio fa propria questa visione quando chiede di esprimere una catechesi che sappia farsi carico di mantenere unito il mistero pur articolandolo nelle diverse fasi di espressione. Il mistero quando è colto nella sua realtà profonda, richiede il silenzio. Una vera catechesi non sarà mai tentata di dire tutto sul mistero di Dio. Al contrario, essa dovrà introdurre alla via della contemplazione del mistero facendo del silenzio la sua conquista.

Il Direttorio, pertanto, presenta la catechesi kerygmatica non come una teoria astratta, piuttosto come uno strumento con una forte valenza esistenziale. Questa catechesi trova il suo punto di forza nell’incontro che permette di sperimentare la presenza di Dio nella vita di ognuno. Un Dio vicino che ama e che segue le vicende della nostra storia perché l’incarnazione del Figlio lo impegna in modo diretto.

La catechesi deve coinvolgereognuno, catechista e catechizzando, nell’esperire questa presenza e nel sentirsi coinvolto nell’opera di misericordia. Insomma, una catechesi di questo genere permette di scoprire che la fede è realmente l’incontro con una persona prima di essere una proposta morale, e che il cristianesimo non è una religione del passato, ma un evento del presente. Un’esperienza come questa favorisce la comprensione della libertà personale, perché risulta essere il frutto della scoperta di una verità che rende liberi (cfr. Gv 8,31).

La catechesi che dà il primato al kerygma si pone all’opposto di ogni imposizione, fosse anche quella di un’evidenza che non permette vie di fuga. La scelta di fede, infatti, prima di considerare i contenuti a cui aderire con il proprio assenso, è un atto di libertà perché si scopre di essere amati. In questo ambito, è bene considerare con attenzione quanto il Direttorio propone circa l’importanza dell’atto di fede nella sua duplice articolazione (cfr. n. 18). Per troppo tempo la catechesi ha focalizzato il suo impegno nel far conoscere i contenuti della fede e con quale pedagogia trasmetterli, tralasciando purtroppo il momento più determinante come l’atto di scegliere la fede e dare il proprio assenso.
Ci auguriamo che questo nuovo Direttorio per la Catechesi possa essere di vero aiuto e sostegno al rinnovamento della catechesi nell’unico processo di evangelizzazione che la Chiesa da duemila anni non si stanca di realizzare, perché il mondo possa incontrare Gesù di Nazareth, il figlio di Dio fatto uomo per la nostra
salvezza.

[Testo originale: Italiano]

Ne pubblichiamo di seguito tutti gli interventi:

presentazione del Direttorio per la Catechesi 

 

Articoli correlati:

Vaticano. Nuovo Direttorio per la catechesi. Più attenzione al digitale e ai poveri

L’arcivescovo Fisichella ha presentato il documento, rimandarcandone i punti salienti. Non si fa catechesi solo in vista dei sacramenti, ma per inserirsi nella comunità cristiana

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/il-nuovo-direttorio

Mimmo Muolo giovedì 25 giugno 2020

 

 

Un nuovo «Direttorio per la Catechesi

Pubblicato dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-06/un-nuovo-direttorio-per-la-catechesi0.html

25 giugno 2020

Redatto dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, il nuovo «Direttorio per la Catechesi» è stato presentato in diretta streaming nella mattina di giovedì 25 giugno, presso la Sala stampa della Santa Sede. Nel link l’intervento dell’arcivescovo presidente.

 

 

Catechesi: un Direttorio molto atteso, “per far conoscere l’amore cristiano”

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-06/nuovo-direttorio-catechesi-sintesi-vangelo-cultura-incontro.html

 

La presentazione del nuovo “Direttorio per la catechesi” in Sala Stampa vaticana, con l’arcivescovo Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il vescovo segretario Ruiz Arenas e il vescovo delegato per la catechesi Tebartz-van Elst

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un documento molto atteso nella Chiesa, in tutti i continenti, che ha richiesto dodici bozze e più di 5 anni di lavoro, per il quale anche Papa Francesco ha chiesto, firmandolo, che “si suonino le campane a festa” in segno di gratitudine per l’impegno che ha richiesto. Così l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e i suoi principali collaboratori nella preparazione del nuovo “Direttorio per la catechesi”, il segretario del dicastero monsignor Octavio Ruiz Arenas e il delegato per la catechesi monsignor Franz-Peter Tebartz-van Elst, presentano il documento di quasi 300 pagine ai giornalisti di tutto il mondo, in Sala Stampa vaticana. Oggi in italiano, ma già pronto in altre sei lingue e in 10 edizioni, dallo spagnolo per l’America Latina all’inglese per gli Stati Uniti.

Un nuovo Direttorio perché c’è una nuova cultura digitale

Serviva un nuovo Direttorio, chiarisce subito monsignor Fisichella, a quasi 50 anni dal primo, il Direttorio catechistico generale (1971), e a più di 20 dal secondo, il Direttorio generale per la catechesi (1997), perché la catechesi va inculturata, e la cultura in questi vent’anni è profondamente cambiata. La sfida è rappresentata dalla nuova cultura digitale, che coinvolge tutte le Chiese locali per effetto della globalizzazione. La tecnologia creata in questo ultimo decennio, spiega l’arcivescovo lombardo, trasforma i comportamenti “che incidono soprattutto nella formazione dell’identità personale e nei rapporti interpersonali”. La velocità con cui si modifica il linguaggio, e le relazioni, porta ad un “nuovo modello di comunicazione e di formazione che tocca inevitabilmente anche la Chiesa nel complesso mondo dell’educazione”.

 

25/06/2020

Nuovo Direttorio per la catechesi: rendere il Vangelo sempre attuale

Percorsi per far comprendere la proposta

La cultura digitale, sottolinea il presidente del dicastero per la Nuova evangelizzazione, tocca la questione decisiva “della verità e della libertà”, e non basta la presenza, pur molto positiva, di diverse espressioni ecclesiali nel web. Per questo il Direttorio non presenta solo la sfida del digitale, “ma suggerisce anche quali percorsi effettuare perché la catechesi diventi una proposta che trova l’interlocutore in grado di comprenderla” e di vederla adeguata al proprio mondo.

Rivolto ai vescovi ma anche a milioni di catechisti

Il Direttorio si rivolge ai vescovi, “primi catechisti tra il popolo di Dio”, alle conferenze episcopali che dovranno preparare i Direttòri per la Chiese locali, ma anche ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate, “e ai milioni di catechisti e catechiste che quotidianamente offrono con gratuità, fatica e speranza il loro ministero nelle differenti comunità”. E giustifica la sua pubblicazione con le novità teologiche ed ecclesiali portate in questi vent’anni da cinque Sinodi dei vescovi, da quello sull’Eucaristia del 2005 fino all’assemblea sui giovani del 2018, passando per Parola di Dio e famiglia, ma soprattutto per il Sinodo sulla nuova evangelizzazione del 2012, con l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Evangelii gaudium”.

 

Quando Benedetto XVI unì la catechesi all’evangelizzazione

Dopo quel Sinodo, Papa Benedetto XVI, come ricorda nel suo intervento monsignor Octavio Ruiz Arenas, ha trasferito la responsabilità della catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, sottolineando così “l’importantissimo ruolo della catechesi nella realizzazione della missione fondamentale della Chiesa: l’evangelizzazione”. Ne aveva parlato alla fine dell’assemblea, e ha concretizzato l’intenzione nella lettera apostolica “Fides per Doctrinam”, del gennaio 2013, nella quale afferma che l’intelligenza della fede “richiede sempre che i suoi contenuti siano espressi con un linguaggio nuovo, capace di presentare la speranza presente nei credenti a tutti coloro che chiedono la loro ragione”.

 

25/06/2020

Fisichella: catechesi del primo annuncio, attenta al digitale e alla globalizzazione

Il primato spetta sempre all’evangelizzazione

L’evangelizzazione, ricorda ancora monsignor Fisichella, “occupa il posto primario nella vita della Chiesa e nel quotidiano insegnamento di Papa Francesco” che si pone in forte continuità con l’insegnamento di san Paolo VI nella “Evangelii nuntiandi” del 1975. I due documenti pontifici sono legati “alla ricchezza scaturita dal Vaticano II che, per quanto riguarda la catechesi, ha trovato nella ‘Catechesi tradendae’ (1979) di san Giovanni Paolo II il suo punto focale”. La catechesi, quindi, “va intimamente unita all’opera di evangelizzazione e non può prescindere da essa”, perché il primato “spetta all’evangelizzazione non alla catechesi”.

 

Kerygma: il cuore è l’annuncio della persona di Cristo

Questo spiega perché alla luce di “Evangelii gaudium”, il nuovo Direttorio “si qualifica per sostenere una ‘catechesi kerygmatica’. Cuore della catechesi è l’annuncio della persona di Gesù Cristo, che sorpassa i limiti di spazio e tempo per presentarsi ad ogni generazione come la novità offerta per raggiungere il senso della vita”. Il kerygma, chiarisce l’arcivescovo, “è annuncio della misericordia del Padre che va incontro al peccatore non più considerato come un escluso, ma un invitato privilegiato al banchetto della salvezza che consiste nel perdono dei peccati”. E’ il “primo annuncio” che sempre viene fatto perché Cristo è l’unico necessario. “La fede non è qualcosa di ovvio che si recupera nei momenti del bisogno, ma un atto di libertà che impegna tutta la vita”.

 

Accogliere l’annuncio, diventare discepoli evangelizzatori

La catechesi, insomma, sottolinea monsignor Fisichella, “ha lo scopo di far raggiungere la conoscenza dell’amore cristiano” che porta quelli che l’hanno accolto “a divenire discepoli evangelizzatori”. Tutte le tematiche del Direttorio portano a questo obiettivo, a partire dalla mistagogia, l’introduzione al mistero di Cristo, che viene presentata innanzitutto attraverso una “rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana”. L’annuncio della fede, ricorda il presidente del dicastero per la nuova evangelizzazione, “è pur sempre annuncio del mistero dell’amore di Dio che si fa uomo per la nostra salvezza”.

 

No allo schema scolastico e all’obiettivo-sacramento

Nel documento si invita poi a liberare la catechesi “da alcuni lacci che ne impediscono l’efficacia”, dallo “schema scolastico”, secondo il quale la catechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sul paradigma della scuola, alla mentalità per la quale “si fa la catechesi per ricevere un sacramento”. Fisichella critica anche la “strumentalizzazione del sacramento a opera della pastorale, per cui i tempi del sacramento della Confermazione sono stabiliti dalla strategia pastorale di non perdere il piccolo gregge di giovani rimasto in parrocchia” e non dal significato che il sacramento nell’economia della vita cristiana.

 

La “via della bellezza”, una fonte della catechesi

Nella “Evangeli gaudium”, Papa Francesco chiede che “la formazione nella via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede”, e così l’arcivescovo sottolinea che valorizzare nella catechesi la “via della bellezza”, che il Direttorio pone come una delle “fonti” della catechesi stessa, potrà permettere “di conoscere il grande patrimonio di arte, letteratura e musica che ogni Chiesa locale possiede”.

La forza dell’incontro: Dio presente nella nostra vita

In conclusione, il Direttorio, “presenta la catechesi kerygmatica non come una teoria astratta, piuttosto come uno strumento con una forte valenza esistenziale”. La catechesi, infatti, “trova il suo punto di forza nell’incontro che permette di sperimentare la presenza di Dio nella vita di ognuno. Un Dio vicino che ama e che segue le vicende della nostra storia, perché l’incarnazione del Figlio lo impegna in modo diretto”. Una catechesi di questo genere, per Fisichella, “permette di scoprire che la fede è realmente l’incontro con una persona prima di essere una proposta morale, e che il cristianesimo non è una religione del passato, ma un evento del presente”. Anche per questo il documento sottolinea l’importanza dell’atto di fede compiuto in assoluta libertà. “Per troppo tempo – ricorda l’arcivescovo – la catechesi ha focalizzato il suo impegno nel far conoscere i contenuti della fede e con quale pedagogia trasmetterli, tralasciando purtroppo il momento più determinante come l’atto di scegliere la fede e dare il proprio assenso”.

«CATECHETICA ED EDUCAZIONE»
da oggi puoi scaricare il primo numero del 2020!!!

Editoriale

Dentro, «a confine» ed oltre…

INTERDISCIPLINARITÀ E TRANSDISCIPLINARITÀ

 

 

Confronto tra vari ambiti scientifici e punti di prospettiva

 

 

«Se alzi un muro pensa a tutto ciò che resta fuori. Anche per chi ha passato tutta la vita in mare, c’è un’età in cui si sbarca» (Italo CALVINO, Il barone rampante).

«Chiediamo anche noi oggi allo Spirito Santo di insegnarci a costruire ponti con la cultura, con chi non crede o con chi ha un credo diverso dal nostro. Sempre costruire ponti, sempre la mano tesa, niente aggressione. Chiediamogli la capacità di inculturare con delicatezza il messaggio della fede, ponendo su quanti sono nell’ignoranza di Cristo uno sguardo contemplativo, mosso da un amore che scaldi anche i cuori più induriti» (Papa FRANCESCO, Udienza del 6 dicembre 2019).

La rivista «CATECHETICA ED EDUCAZIONE» propone un tema che recentemente è tornato alla ribalta e ha interessato già altri Centri universitari, come testimonia l’articolo apparso su «Il Corriere della sera» del 7 maggio scorso (p. 28), dal titolo La sfida dell’innovazione negli Atenei del dopo-crisi, a firma dei proff. Elio Franzini, Giovanna Innantuoni e Francesco Svelto, Rettori degli Atenei rispettivamente di Milano, di Milano Bicocca e di Pavia. Volentieri ci affianchiamo a quanti indagano in campo scientifico con passione e impegno, seguendo coloro che sono pionieri e battistrada di nuove e umanizzanti conquiste scientifiche. Grazie alla disponibilità di studiosi e cultori di varie scienze che, nonostante gli innumerevoli e cogenti impegni, si sono lasciati coinvolgere, proponiamo una riflessione a più voci sull’interdisciplinarità e la transdisciplinarità, in un contesto inedito, qual è il nostro, segnato da trasformazioni e cambiamenti, non ultima la pandemia che ci ha trovati coinvolti in modo ineludibilmente inclusivo a livello planetario.

 

La scelta tematica è fortemente motivata, inoltre, da vari e differenti stimoli culturali che all’unisono, in questi ultimi anni, continuano ad esprimere l’esigenza di non fermarsi entro i confini della propria scienza, disciplina e competenza, ma di provare a spingersi “oltre” per approdare ad una visione che sia olistica, più aperta e possibilmente condivisa sul mistero della vita umana, in un crescendo di passione investigativa e di desiderio di benessere integrale che comporta il ben-pensare e il ben-sentire. La monografia è stata ispirata in particolar modo dal recente magistero di Papa Francesco e dal gruppo di scienziati che hanno elaborato e sottoscritto un manifesto sulla transdisciplinarità del 6 novembre 1994, di cui portavoce è il fisico teorico Basarab Nicolescu. Il paragrafo 4c del Proemio della Costituzione apostolica dell’attuale Pontefice, Veritatis gaudium (2018) riporta il terzo dei quattro criteri che dovrebbero orientare al rinnovamento e al rilancio degli studi universitari (compresi quelli ecclesiastici), «l’inter- e la trans-disciplinarità esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione». Il richiamo è esplicito sull’«odierna riscoperta del principio dell’interdisciplinarità (EG 134): non tanto nella sua forma “debole” di semplice multidisciplinarità […] quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio».

 

A partire da questo criterio e dall’avvertito bisogno di un supplemento di riflessione sull’interdisciplinarità e sulla “transdisciplinarità” (quest’ultima per tanti aspetti meno chiara e meno indagata), il cui emblema è costituito dal richiamato manifesto sottoscritto da Lima de Freitas, Edgar Morin e Basarab Nicolescu, il presente numero di «Catechetica ed educazione» intende sviluppare il tema sotto vari punti di vista, non tutti, ma quelli più rappresentativi dell’attuale panorama scientifico, secondo la seguente strutturazione:
1. Prefazione e avvio ai punti di prospettiva: prof. Mauro Mantovani

2. Punto di vista filosofico: prof. Sinsin Venance Mahougnon

3. Punto di vista pedagogico: prof.ssa Maria Teresa Moscato

4. Punto di vista psicologico: prof. Mario Becciu

5. Punto di vista sociologico: prof.ssa Cecilia Costa

6. Punto di vista giuridico: prof. Emanuele Bilotti

7. Punto di vista pragmatico-comunicativo: prof. Mario Morcellini

8. Punto di vista estetico: prof.ssa Claudia Caneva

9. Punto di vista teologico: prof. Antonio Escudero

10. Punto di vista catechetico: prof. Giuseppe Ruta

11. Postfazione e visione di sintesi: prof. José Luis Moral.

 

Alla prefazione e alla postfazione, oltre che ai sommari dei rispettivi contributi, si rimanda per un ragguaglio più particolareggiato.

Il numero si chiude con una dedica grata e doverosa al prof. JOSEPH GEVAERT (1930-2019), deceduto il 29 agosto scorso, che ha dato nei lunghi e intensi anni trascorsi presso la nostra Università Pontificia Salesiana di Roma, il suo qualificato contributo al dibattito epistemologico sulla inter- e trans-disciplinarità, oltre ad aver manifestato fine sensibilità e acuta perizia antropologica e culturale in vari campi scientifici da quello filosofico, a quello teologico e catechetico.

Oltre al profilo bio-bibliografico (prof. Cesare Bissoli) e ad una prima ricostruzione della bibliografia completa (a cura del prof. Corrado Pastore), viene anche offerto ai lettori un saggio che riconsidera la visione antropologica del professore estinto (prof. José Luis Moral).

 

Ci si augura che la riflessione multidisciplinare concertata in questo numero possa continuare e approfondirsi negli anni a venire, nel confronto interdisciplinare e nella collaborazione transdisciplinare su ambiti di vita e di pensiero, comuni e condivisi.

A quanti hanno reso possibile la pubblicazione di questa riflessione congiunta va un doveroso e sentito grazie.

 

I MEMBRI DELL’ISTITUTO DI CATECHETICA

catechetica@unisal.it

Revista de Educación Religiosa – Institute dell’Università Finis Terrae.

La Revista de Educación Religiosa è una pubblicazione accademica digitale e stampata, pubblicata ogni sei mesi (maggio e ottobre), dalla School of Faith Institute dell’Università Finis Terrae.

Presentazione:

Revista Educación Religiosa

 

Scarica il primo numero:

Revista de Educación Religiosa – vol. 1 n. 4 2020

 

 

 

 

Patricio Jaramillo Fernández
Director Instituto Escuela de la Fe
Director Carrera Pedagogía en Religión
T_ +562 2420 7166
www.finisterrae.cl

Questa Pentecoste. Fare un altro mondo, essere davvero Chiesa

Il nostro mondo si è fermato: a memoria d’uomo, non avevamo mai fermato il mondo. Il nostro mondo si è fermato proprio a Pasqua. Il Signore risorto è arrivato anche per noi “a porte chiuse”, mentre eravamo chiusi in casa “per paura”. Non importa quale paura, la paura ti paralizza sempre, poco o tanto. I Discepoli non sono rimasti inerti, però, dopo l’incontro con il Signore risorto e prima dell’avvento dello Spirito che farà “uscire” la Chiesa.

Nel tempo degli incontri con il Risorto, i Discepoli riflettono insieme sugli eventi emozionanti e traumatici dell’avventura vissuta con Gesù e pregano Dio – insieme con la Madre – perché li custodisca in attesa della loro ora, che deve venire. Dopo cinquanta giorni, un rombo di tuono, un passaggio di vento, un lampo di fuoco. E i suoi “ragazzi” (così li chiamava il Signore, anche da Risorto, cfr. Vangelo di Giovanni, 21, 5) sono tutti fuori, a riaprire le promesse della vita “per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani” (Atti degli Apostoli, 2, 39).

Finiscono oggi, praticamente, anche i nostri cinquanta giorni. Vorrei prendere ispirazione dal significato di questa coincidenza della drammatica chiusura del tempo della pandemia, per illuminare l’appello che ci viene incontro: per noi e per tutti. Lo faccio, allusivamente, con due parole-chiave.

La prima è interiorità. Il lockdown ha imposto prepotentemente la forza vitale di questa risorsa, massacrata dalla società dei consumi e del godimento e dalla scuola delle competenze e delle prestazioni. Senza riserve di interiorità, ogni paura sconfina nell’angoscia e nello smarrimento totale. La nostra separazione forzata, l’isolamento, la perdita di esteriorità (pur necessaria) hanno messo alla prova le riserve dell’anima: la capacità di colloquio con sé stessi, l’attitudine a dare il giusto peso alle emozioni, il gusto di dare forma creativa ai pensieri e forza delicata alle relazioni, anche quando rimaniamo distanti. L’abitudine all’arricchimento della nostra interiorità è la riserva strategica della nostra resilienza alla forzata perdita di mondo. Questa riserva si apprende, si coltiva, si sviluppa affettivamente e culturalmente nell’intero tempo della scuola. (Nessun segno di conversione, su questo punto, è pervenuto: nonostante qualche accorato e motivato appello).

La seconda parola è delicatezza. Delicatezza è un modo di toccare i corpi che crea un contatto con la nostra anima. Lo abbiamo visto: la competenza e l’organizzazione affondano – e ci affondano – nei loro stessi apparati, senza interpreti generosi, all’altezza dell’umana capacità di toccare con delicatezza e maneggiare con cura l’umano. Una società manesca, una società dell’ammucchiata, una società delle tecniche, questa ricchezza dell’umanità la perde più velocemente della discesa del Pil. La delicatezza umana è virtù tipicamente familiare: la sua iniziazione nasce lì, non c’è altro inizio possibile. Il virus lo ha portato allo scoperto: la forma dei legami famigliari ha sopportato il peso maggiore, e retto nel modo più degno, all’aggressione. La grammatica delle relazioni famigliari è più istruttiva ed efficace di qualsiasi prontuario politicamente corretto delle buone maniere. Qualcuno ha intenzione di sostenere politicamente ed economicamente questo rovesciamento di prospettiva, nell’interesse delle giovani generazioni e della comunità tutta?

E la Chiesa? La Chiesa sapeva già da tempo che la parrocchia (Dio la benedica sempre) non è certamente più in grado di contenere neppure tutti i suoi figli battezzati: né tutti i credenti o tutti i lontani e gli estranei che il Signore chiamerebbe. L’opportunità di trarre dal segno apocalittico, che ha fermato il mondo per una buona “mezz’ora” (Apocalisse 8, 1), un cambio di passo ormai quasi obbligato, apre il verso per un tempo favorevole. Deve essere voluto, naturalmente. La piccola comunità eucaristica, ritrovata.

Pierangelo Sequeri
sabato 30 maggio 2020