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Catechesi, come ripartire insieme

L’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI ha messo a disposizione le registrazioni degli interventi del convegno nazionale “Ripartiamo insieme”, tenutosi online il 25 settembre 2020 e rivolto ai direttori degli Uffici catechistici diocesani, ai catechisti e ai collaboratori pastorali delle parrocchie impegnati territorialmente nell’annuncio e nella catechesi. Il primo è quello di Roberto Repole, presbitero docente di Teologia sistematica presso la sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e la Facoltà Teologica del Triveneto e presidente dell’Associazione Teologica Italiana, che ha riflettuto sul volto della comunità oggi, in tempo di pandemia.

 

Il secondo intervento è quello di Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, presidente della SIREM – Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale, direttore del CREMIT, dove ha inaugurato l’Osservatorio sui Media e i Contenuti digitali nella scuola, e membro del consiglio direttivo dell’associazione WeCa – Web Cattolici, che ha approfondito il tema dal punto di vista della comunicazione e dei linguaggi.

 

Infine, Pierpaolo Triani, professore ordinario e direttore del Centro studi per l’educazione alla legalità presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ex direttore della Rivista Scuola e Didattica e membro dell’Osservatorio Nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ha dato una lettura e una prospettiva sulle linee guida.

 

Non è un luogo per credenti

Le grandi e storiche istituzioni, laiche o religiose che siano, sembrano in egual misura divenute spazi di pratiche e retoriche incapaci di rinnovarsi e che gli individui faticano a sentire propri. Si amplificano così le dinamiche del fai-da-te, dove quegli aspiranti credenti che restano gli esseri umani tracciano itinerari sempre più personalizzati, che prevedono qualche volta l’abbandono, la diserzione, ma molto più spesso la selezione, il patteggiamento, l’appartenenza condizionata, l’autogestione e molte altre tattiche simili. Non è più necessario addentrarsi in qualche complesso studio demoscopico per avere riscontri di questi processi.

Nella crisi delle istituzioni

Basta osservare quello che succede anche alla nostra Chiesa. Che l’istituzione stia vivendo momenti di non felice reputazione sembra chiaro a tutti. Eppure le sue palesi inadeguatezze non riguardano tanto gli “scandali” con cui a ripetizione i suoi luoghi di potere allietano la nostra cronaca, meglio di Netflix, con i loro noir quotidiani. Sesso, soldi e potere sono in fondo zone d’ombra facili da riconoscere, da stigmatizzare e a limite, per il credente, anche da perdonare.

Quello che resta più difficile da vedere è la conclamata incapacità del cattolicesimo istituito nell’essere luogo che consenta alla fede di avere una forma reale. Possibilmente nel presente, non in un ideale senza tempo. L’impressione è che cresca sempre di più il numero di quanti per poter dare forma alla propria fede devono mettersi, se non fuori, per lo meno ai margini della Chiesa, in qualche circoscritta oasi di condivisione personalizzata. Il quesito che grava sulla Chiesa di oggi è se essa sia ancora un posto per credenti (per credenti, non per affezionati alle pratiche religiose).

Una domanda come questa, adeguatamente calibrata secondo i rispettivi domini, potrebbe riguardare allo stesso modo tutte le Chiese, i partiti, la scuola, i sindacati, persino la scienza e tutte quelle istituzioni che ogni giorno fanno i conti con la crescente disaffezione degli individui che dovrebbero trovare in esse forme compatibili alle loro attese. Bisogna rendere atto a papa Francesco, almeno per quel che riguarda i problemi della Chiesa, di aver provato a prendere il toro per le corna. Quanto la sfida si stia rivelando ardua lo vediamo tutti. Nondimeno non va misconosciuto il coraggio spirituale di un tentativo che mira a salvare proprio l’esausta vocazione generativa di una Chiesa molto prossima alla sterilità clinica. Attraverso segni, discorsi, simboli, uomini, scelte, per la verità non tutto andato sempre a segno, Francesco ha perlomeno immesso nei discorsi di Chiesa il vocabolo «riforma», conferendo a esso un significato di trasformazione che ha di mira un cattolicesimo nuovamente ospitale delle differenze in cui chiunque può trovare la forma della propria fede. Fratelli tutti, seconda enciclica del pontificato, fa parte di questo tentativo.

L’intuizione di Francesco

La sua intuizione principale consiste nel comprendere che di una simile questione il cristianesimo tradizionale e istituito non può venire a capo da solo, ma soltanto occupandosi contemporaneamente del “credere” di tutti, che anzitutto riguarda la possibilità di porre quotidianamente fiducia in un mondo umano e ospitale, luogo di quella giustizia che, sperimentata nella storia, può anche essere attesa anche dopo di essa. Senza la cura seria e concreta di una tale giustizia anche la speranza religiosa finisce per gracchiare dagli altoparlanti di un’ideologia come le altre. L’“aver fede” di ciascuno riguarda sempre anche il “poter credere” di tutti. E il tema della “fraternità”, in questo senso, rappresenta qualcosa di più del suono familiare e un po’ bigotto del gergo religioso che di fatto ne è rimasto l’erede quasi esclusivo.

Ispirato per esplicita ammissione alla tradizione francescana, “fraternità” è nel contempo il termine rimosso dalla triade che ha fatto nascere la nostra modernità illuminata e secolare: liberté, egalité, fraternité. La civiltà scaturita da quelle parole d’ordine è anche quella che ha sostanzialmente privilegiato le prime due, fondando un sistema sociale basato sulle libertà individuali e sull’uguaglianza dei diritti che, senza il principio attivo di un primato dei legami, ha trasformato il mondo nello spazio antagonistico di un’arena in cui tutti vogliono tutto come tutti ma dove pochi possono avere quello che resta solo di qualcuno.

Molti segnali, allarmanti quanto normalmente ignorati, contribuiscono a rendere seri questi discorsi e sottrarli al sorrisetto impudente dei cinici. Le strutture economiche, i metodi della produzione, la burocrazia dei diritti, il sistema comunicativo, le prassi politiche, le deviazioni finanziare e tutto quanto compone l’impalcatura di questa civiltà esaltata e frenetica, viene messo allo specchio dei suoi costi sociali, degli “scarti” sistematici che, trasformati in numeri statistici, non disturbano col loro volto umano e personale. L’intensità della sua marcia, senza fine e senza fini, domina il mondo proclamando il convincente slogan «Liberi tutti!», motto araldico della presente ecumene capital informatica.

Qualcosa di epocale

Diffondendo l’espressione Fratelli tutti, il papa compie qualcosa di molto più grande che immettere nel chiacchiericcio globale qualche goccia di francescanesimo edificante; rivendica la completezza dei sogni moderni compromessi da pericolose omissioni, come un composto chimico che, senza uno solo dei suoi elementi, diventa un veleno mortale. È qualcosa di francamente epocale. I primi a capirlo saranno ancora una volta i difensori di un paradigma tecnomercantile che, per quanti inconvenienti stia incontrando, non mostra affatto segni di indebolimento: non mancheranno di screditare un pontificato che non detesteranno mai abbastanza; gli ultimi a capirlo saranno ancora una volta quei mandarini ecclesiastici che troveranno questo documento non sufficientemente religioso perché eccessivamente sociale: non mancheranno di contare i giorni in vista di un cambio di pagina.

In questa enciclica, che tra vari (per qualcuno irritanti) primati ha anche quello di contenere (credo per la prima volta) la citazione di una canzone (Samba da Benção, di Vinicius de Moraes), scommette sulla resa di un capitale spirituale che da troppo tempo il cristianesimo tiene sotto la mattonella dell’immobilità. Far valere qualcosa che è di tutti non significa scordare quello è proprio. Significa alimentare l’aria in cui esso può respirare.

Giovanni XXIII insisteva nel perseguire quello che unisce anziché quello che divide. Francesco mobilita ogni energia possibile per dare a questo principio forma sociale. Sa di poter parlare a molta «gente di fede» che non necessariamente si trova oggi tra la «gente di Chiesa». Nella speranza di riportare molta «gente di Chiesa» a essere anche e ancora «gente di fede».

di: Giuliano Zanchi

WEBINAR formativi di approfondimento

Proposta sostenuta dagli uffici catechistici regionali e diocesani e che prevede la scelta di alcune tematiche specifiche del territorio ed essere così oggetto di incontri on line di formazione.

Cercando di accompagnare l’attività del territorio ed offrire proposte di formazione che sostengano e affianchino gli uffici diocesani, nel pieno rispetto della sensibilità delle singole comunità, l’Ufficio Catechistico Nazionale ha il piacere di presentarvi i “Webinar formativi di approfondimento”. Idea nata durante i Laboratori sull’Annuncio che si sono svolti nel mese di luglio e presentata lo scorso 25 settembre in occasione del Convegno Nazionale on line dei Direttori UCD e dei Catechisti.

Tale proposta, sostenuta dagli uffici catechistici regionali e diocesani, prevede la scelta di alcune tematiche che possano raccogliere le esigenze specifiche del territorio ed essere così l’oggetto degli incontri on line di formazione. Affidati ad esperti di diversi ambiti, gli incontri diverrebbero opportunità di formazione e condivisione per operatori pastorali delle parrocchie e delle diocesi.

Come UCN proponiamo di raccogliere le varie proposte sulle tematiche da approfondire che perverranno dalla rete diocesana: dai catechisti, attraverso i propri direttori diocesani e regionali.

A tal scopo è stato istituito l’indirizzo di posta elettronica ucnrisponde@chiesacattolica.it, al quale dovranno pervenire le varie proposte sui temi, indicando: nome e cognome del referente, diocesi di appartenenza, ufficio o gruppo diocesano, proposta di tematica.

Siamo certi che la strada che abbiamo intrapreso insieme, nella piena condivisione di obiettivi e metodi, sia la migliore da percorrere per accompagnare le nostre comunità in questo periodo delicato e impegnativo.

Equipe UCN

Videocatechismo: “LearninGod”

È stata lanciata  alla 77ma Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia la Piattaforma digitale “LearninGod”, che offrirà al grande pubblico contenuti religiosi, artistici e culturali ispirati al messaggio del sacro universale.

Sulla nuova Piattaforma sarà possibile vedere in esclusiva il kolossal Videocatechismo della Chiesa Cattolica, opera multimediale e multilingue della durata di 25 ore suddivise in 46 episodi, prodotto da Tania Cammarota e Gjon Kolndrekaj, realizzato dalla Società CrossInMedia, con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, sui testi della Libreria Editrice Vaticana. Un’opera artistica unica, che aiuta a scoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, rivolta a tutti gli uomini del nostro tempo.

Girato con la tecnologia del 4K in 70 Paesi nel mondo, il Videocatechismo ha visto la partecipazione di 60mila persone, in 16mila differenti location. I testi del Catechismo sono stati letti in 37 lingue diverse, mentre 1200 attori in costume hanno ricostruito in fiction scene del Vecchio e del Nuovo Testamento.

La Piattaforma “LearninGod” nasce adesso per arricchire, tramite il Web e le nuove tecnologie, l’esigenza di approfondimento su Dio e sul Sacro avvertita dalle nuove generazioni. L’alto livello delle opere e dei contenuti, difficilmente reperibili sia sui canali tradizionali che all’interno di piattaforme online, la pone ai primi posti tra le piattaforme che presentano prodotti di qualità. Si va così a completare l’offerta multimediale dell’opera, affiancandosi ai formati già presenti: editoriale, libri illustrati con dispositivo digitale, serie televisiva, audiobook.

Il lancio della Piattaforma è avvenuto questa mattina nel corso di una conferenza stampa che si è svolta presso lo spazio dell’Ente dello Spettacolo all’Hotel Excelsior, e che ha visto la partecipazione del patriarca di Venezia monsignor Francesco Moraglia, di padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, di Mogol, poeta e autore, di Gjon Kolndrekaj, regista del Videocatechismo.

I relatori hanno aiutato a comprendere il valore delle parole a confronto con la Parola, e la complessa opera di “traduzione” delle parole in immagine, come è avvenuto con il Videocatechismo, in cui un testo di oltre 1000 pagine densissimo di concetti è divenuto un film di 25 ore, opera che ha richiesto quasi sei anni di lavoro.

In un mondo di parole, la Parola della fede cattolica, cioè universale, è capace di connettere persone, lingue, culture e competenze. Questa è la sfida di chi ha realizzato il Videocatechismo, tra le cui ambizioni vi è quella di garantire il passaggio forte dalla parola scritta al digitale, inserendo il discorso della fede all’interno dell’ambiente digitale in streaming e tramite app. Questa non è una sfida da poco”, ha rilevato il gesuita padre Spadaro.

Secondo Mogol, “si tratta di un lavoro immenso: il Videocatechismo è un’opera colossale, grandiosa, che rimarrà nella storia e per la quale dobbiamo ringraziare Gjon Kolndrekaj”. “Gli uomini – ha aggiunto il celebre autore – quando ripetono le parole di Gesù si illuminano”.

La mia esperienza con le tre religioni abramitiche – ha spiegato il regista Kolndrekaj a proposito della nuova piattaforma ‘LearninGod’ – mi ha portato alla considerazione finale che tutti i popoli della terra trovano un equilibrio e la pace attraverso un Dio che assicura una convivenza pacifica e dignitosa, tema su cui insiste spesso Papa Francesco. E l’unico modo per esprimere questi concetti di pace, solidarietà, giustizia, bene comune e dignità dell’uomo si trova nel Catechismo, adesso tradotto in immagini. Attraverso il cuore e i sentimenti che suscita la visione cinematografica, si potrà trovare risposta alle tante domande della nostra mente”.

Trovandoci nel tempio della cinematografica, quale è il Festival di Venezia – ha concluso Kolndrekaj – non posso che ricordare come il primo regista della storia sia stato Gesù, che mediante le parabole ha dato spazio all’immaginario, realizzando copioni straordinari e intramontabili”.

Il Catechismo ci aiuta a comprendere quanto noi siamo funzionali a una realtà più grande di noi – ha osservato il patriarca Moraglia –. E credo che l’uomo abbia bisogno di capire di non essere il centro, ma colui che in qualche modo indica qualcosa agli altri. Il Catechismo ci aiuta a indicare nella fede, nella preghiera, nella celebrazione qualcosa che va al di là dell’uomo, ma rispetta profondamente la coscienza di ogni uomo. E credo che questo, veicolato nelle immagini, nei suoni, nelle musiche, nelle bellissime inquadrature di quest’opera sia qualcosa di importante che diventa un annuncio di fede”.

La piattaforma “LearninGod” intende proporre una grande vastità di argomenti che si snoderanno attraverso diverse sezioni: un ricco elenco di libri riguardanti il settore del sacro, attraverso interviste agli autori, presentazioni e approfondimenti; reportage realizzati in varie parti del mondo, in offerta multilingue; interviste inedite ed esclusive in più lingue con capi religiosi, membri del Corpo Diplomatico della Santa Sede ed esperti in diverse materie (arte sacra, storia, letteratura, sport, cinema, spettacolo, teatro); forum digitali per il dibattito con esperti di vari settori, con i quali lo spettatore potrà interagire; eventi di solidarietà realizzati con l’apporto della Fondazione del gruppo, o da organizzazioni religiose e laiche nel mondo; Sezione Giovani, dedicata ai giovani filmaker; news dal mondo.

La creatività educativa
come ambito della catechesi con i ragazzi

La creatività educativa come ambito della catechesi con i ragazzi

La ricerca nasce dall’esigenza di dare vita a un dialogo proficuo tra scienze umane e verità di fede, che è il servizio proprio del catecheta. La creatività è forse la dimensione e la competenza più richiesta, ma nello stesso tempo anche quella più fraintesa. Nel volume l’autore conduce un’indagine di tutti gli ambi che un’azione catechistica efficace deve tenere in conto: scienze umane, teologia, catechesi e lettura del magistero,. Lungi dall’essere un saggio esauriente, esso si offre come base per un proficuo cammino di ricerca e sviluppo del tanto desiderato incontro tra la Parola annunciata e la vita degli uomini che la ricevono.

 

Fabio Fanisio è un sacerdote della Diocesi di Frosinone–Veroli–Ferentino con la vocazione da educatore alla quale ha dedicato il suo ministero e i suoi studi. Ha frequentato l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, dove ha conseguito la laurea magistrale in Scienze pedagogiche e in seguito l’Università Pontificia Salesiana, dove ha ottenuto la licenza in Scienze dell’educazione con la specializzazione in Catechetica.

Una nuova guida per comunità e parrocchie sull’ecologia integrale

L’ecologia integrale è un faro che illumina la via di sempre più comunità, diocesi e parrocchie, che stanno attuando una conversione ecologica e sociale. Ma per questa trasformazione collettiva non c’è molto tempo, come ricorda Papa Francesco: curare e custodire il creato, le sorelle e i fratelli, a partire da quelli più svantaggiati, è ormai un imperativo morale. Per aiutare in questo percorso, la seconda edizione della Guida per comunità e parrocchie sull’ecologia integrale, a cura di FOCSIV in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, propone pratiche di conversione ecologica, sociale e ambientale tramite la presentazione di venti esempi concreti dal Nord al Sud dell’Italia, in collegamento con gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Il documento è rivolto non solo ai responsabili diocesani, parrocchiali e di comunità, ma a tutte le persone di buona volontà che intendono agire per rendere concreto il proprio impegno di conversione sociale e ambientale. Prendendo spunto dalle pratiche presentate, che possono essere replicate, la Chiesa può dimostrarsi in uscita e profetica soprattutto in quei territori che vivono importanti problemi ambientali e sociali. Nell’introduzione di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio della CEI, si legge:

«La Guida è insieme una raccolta e un invito. Raccoglie le buone pratiche già esistenti e le ripropone con libertà. Ciascuno così può fare discernimento e progettare il suo impegno. Invita a generare altre buone pratiche, che possono arricchire il patrimonio già consistente e rafforzare il processo avviato da papa Francesco con Laudato si’. L’impegno riguarda le diverse realtà ecclesiali: le diocesi, le parrocchie, gli istituti religiosi, i monasteri, le associazioni, i movimenti, i gruppi, le famiglie… fino ai singoli cristiani. Ciascuno può, per il semplice fatto che abita questo bellissimo e fragile pianeta. Ma soprattutto, perché custodisce una riserva etica che nasce dal progetto di Dio sulla creazione. La cura della casa comune è parte integrante del servizio credente al bene comune. Non si aggiunge come un di più o come un occhiolino schiacciato alle mode del momento. È un colossale “sì” al dono del Creatore.»

Scarica qui la Guida per comunità e parrocchie sull’ecologia integrale

da Rete Sicomoro del 12/10/2020

La missione dell’Università nel tempo attuale

La Commissione Episcopale CEI per l’educazione cattolica, la scuola e l’università scrive agli studenti universitari ricordando l’insegnamento del cardinale Newman a un anno dalla canonizzazione.

Un anno fa, il 13 ottobre 2019, durante una celebrazione in piazza San Pietro, papa Francesco proclamava santo il cardinale John Henry Newman, beatificato da Benedetto XVI il 19 settembre 2010 a Birmingham. Nell’omelia della Messa, papa Francesco ricordava la “santità del quotidiano, di cui parla il santo Cardinale Newman, che disse: «Il cristiano possiede una pace profonda, silenziosa, nascosta, che il mondo non vede. […] Il cristiano è gioioso, tranquillo, buono, amabile, cortese, ingenuo, modesto; non accampa pretese, […] il suo comportamento è talmente lontano dall’ostentazione e dalla ricercatezza che a prima vista si può facilmente prenderlo per una persona ordinaria» (Parochial and Plain Sermons, V,5). Chiediamo di essere così, ‘luci gentili’ tra le oscurità del mondo. Gesù, «resta con noi e noi cominceremo a brillare come Tu brilli, a brillare in modo da essere una luce per gli altri» (Meditations on Christian Doctrine, VII,3). Amen”.

A distanza di un anno, la Commissione Episcopale della CEI per l’educazione cattolica, la scuola e l’università ricorda l’anniversario in una Lettera agli studenti universitari, rilanciando l’insegnamento del cardinale Newman nel momento particolare che anche il mondo accademico sta vivendo.

“Il nuovo Anno Accademico – esordisce la lettera – prende avvio, in questi giorni, in circostanze didattiche, sanitarie e sociali ancora assai particolari. Forse alcuni di noi o le nostre famiglie siamo stati toccati in prima persona dalle difficili conseguenze della pandemia; altri ne hanno subito gli effetti indiretti; tutti ne siamo stati in qualche modo coinvolti: come studenti, come cittadini, come cristiani. Tutto ciò interessa anche il vostro essere universitari. La missione dell’Università, infatti, ha certamente molto da dire alla società in cui viviamo e a ciascuno di noi, proprio in queste circostanze”.

Le circostanze attuali indotte dalla pandemia – prosegue il testo – “ci hanno persuaso una volta di più che le soluzioni alle grandi emergenze sociali, ma anche umane e scientifiche, non si ottengono solo mediante conoscenze di ordine pragmatico, ma fanno appello anche ad una serie di virtù che si fondano in una dimensione sapienziale trasmessaci da tanti autori, sia umanisti che uomini e donne di scienza. La solidarietà, l’amore alla verità, il sapere come servizio, la condivisione dei risultati scientifici, la prudenza, la capacità di perseverare nella ricerca del vero e del bene – solo per fare alcuni esempi – sono virtù e atteggiamenti propri di chi si forma con serietà nello studio e nella ricerca, e dunque appartengono a una vera esperienza universitaria”.

La lettera si conclude con l’augurio che lo studio profondo della natura, della storia e della vita, possa “contribuire ad una sintesi più profonda tra fede e ragione, diventando anche solidarietà con tutti e carità che trasforma il mondo”.

In allegato il testo della Lettera agli studenti universitari.

“Fratelli tutti”, ecco l’enciclica sociale di Papa Francesco

Fraternità e amicizia sociale sono le vie indicate dal Pontefice per costruire un mondo migliore, più giusto e pacifico, con l’impegno di tutti: popolo e istituzioni. Ribadito con forza il no alla guerra e alla globalizzazione dell’indifferenza

Isabella Piro – Città del Vaticano

Quali sono i grandi ideali ma anche le vie concretamente percorribili per chi vuole costruire un mondo più giusto e fraterno nelle proprie relazioni quotidiane, nel sociale, nella politica, nelle istituzioni? Questa la domanda a cui intende rispondere, principalmente, “Fratelli tutti”: il Papa la definisce una “Enciclica sociale” (6) che mutua il titolo dalle “Ammonizioni” di San Francesco d’Assisi, che usava quelle parole “per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo” (1).

Sulla tomba di san Francesco il Papa firma “Fratelli tutti”

Il Poverello “non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio”, scrive il Papa, ed “è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna” (2-4). L’Enciclica mira a promuovere un’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale. A partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico Creatore, tutti sulla stessa barca e dunque bisognosi di prendere coscienza che in un mondo globalizzato e interconnesso ci si può salvare solo insieme. Motivo ispiratore più volte citato è il Documento sulla fratellanza umana firmato da Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar nel febbraio 2019.

La fraternità è da promuovere non solo a parole, ma nei fatti. Fatti che si concretizzano nella “politica migliore”, quella non sottomessa agli interessi della finanza, ma al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Una politica che, lontana dai populismi, sappia trovare soluzioni a ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali e che punti ad eliminare definitivamente la fame e la tratta. Al contempo, Papa Francesco sottolinea che un mondo più giusto si raggiunge promuovendo la pace, che non è soltanto assenza di guerra, ma una vera e propria opera “artigianale” che coinvolge tutti.

Guardare gli altri come fratelli e sorelle per salvare noi e il mondo

Legate alla verità, la pace e la riconciliazione devono essere “proattive”, puntare alla giustizia attraverso il dialogo, in nome dello sviluppo reciproco. Di qui deriva la condanna che il Pontefice fa della guerra, “negazione di tutti i diritti” e non più pensabile neanche in una ipotetica forma “giusta”, perché ormai le armi nucleari, chimiche e biologiche hanno ricadute enormi sui civili innocenti. Forte anche il rifiuto della pena di morte, definita “inammissibile”, e centrale il richiamo al perdono, connesso al concetto di memoria e di giustizia: perdonare non significa dimenticare, scrive il Pontefice, né rinunciare a difendere i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio. Sullo sfondo dell’Enciclica c’è la pandemia da Covid-19 che – rivela Francesco – “ha fatto irruzione in maniera inattesa proprio mentre stavo scrivendo questa lettera”. Ma l’emergenza sanitaria globale è servita a dimostrare che “nessuno si salva da solo” e che è giunta davvero l’ora di “sognare come un’unica umanità” in cui siamo “tutti fratelli” (7-8).

Problemi globali esigono azioni globali, no alla “cultura dei muri”

Aperta da una breve introduzione e articolata in otto capitoli, l’Enciclica raccoglie – come spiega il Papa stesso – molte delle sue riflessioni sulla fraternità e l’amicizia sociale, collocate però “in un contesto più ampio” e integrate da “numerosi documenti e lettere” inviate a Francesco da “tante persone e gruppi di tutto il mondo” (5). Nel primo capitolo, “Le ombre di un mondo chiuso”, il documento si sofferma sulle tante storture dell’epoca contemporanea: la manipolazione e la deformazione di concetti come democrazia, libertà, giustizia; la perdita del senso del sociale e della storia; l’egoismo e il disinteresse per il bene comune; la prevalenza di una logica di mercato fondata sul profitto e la cultura dello scarto; la disoccupazione, il razzismo, la povertà; la disparità dei diritti e le sue aberrazioni come la schiavitù, la tratta, le donne assoggettate e poi forzate ad abortire, il traffico di organi (10-24). Si tratta di problemi globali che esigono azioni globali, sottolinea il Papa, lanciando l’allarme anche contro una “cultura dei muri” che favorisce il proliferare delle mafie, alimentate da paura e solitudine (27-28). Inoltre, oggi si riscontra un deterioramento dell’etica (29) cui contribuiscono, in un certo qual modo, i mass-media che sgretolano il rispetto dell’altro ed eliminano ogni pudore, creando circoli virtuali isolati e autoreferenziali, nei quali la libertà è un’illusione e il dialogo non è costruttivo (42-50).

L’amore costruisce ponti: l’esempio del Buon Samaritano

A tante ombre, tuttavia, l’Enciclica risponde con un esempio luminoso, foriero di speranza: quello del Buon Samaritano. A questa figura è dedicato il secondo capitolo, “Un estraneo sulla strada”, in cui il Papa sottolinea che, in una società malata che volta le spalle al dolore e che è “analfabeta” nella cura dei deboli e dei fragili (64-65), tutti siamo chiamati – proprio come il buon samaritano – a farci prossimi all’altro (81), superando pregiudizi, interessi personali, barriere storiche o culturali. Tutti, infatti, siamo corresponsabili nella costruzione di una società che sappia includere, integrare e sollevare chi è caduto o è sofferente (77). L’amore costruisce ponti e noi “siamo fatti per l’amore” (88), aggiunge il Papa, esortando in particolare i cristiani a riconoscere Cristo nel volto di ogni escluso (85). Il principio della capacità di amare secondo “una dimensione universale” (83) è ripreso anche nel terzo capitolo, “Pensare e generare un mondo aperto”: in esso, Francesco ci esorta ad “uscire da noi stessi” per trovare negli altri “un accrescimento di essere” (88), aprendoci al prossimo secondo il dinamismo della carità che ci fa tendere verso la “comunione universale” (95). In fondo – ricorda l’Enciclica – la statura spirituale della vita umana è definita dall’amore che “è sempre al primo posto” e ci porta a cercare il meglio per la vita dell’altro, lontano da ogni egoismo (92-93).

I diritti non hanno frontiere, serve etica delle relazioni internazionali

Una società fraterna, dunque, sarà quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” (105) e per permettere a tutti di dare il meglio di sé. A partire dalla tutela della famiglia e dal rispetto per la sua “missione educativa primaria e imprescindibile” (114). Due, in particolare, gli ‘strumenti’ per realizzare questo tipo di società: la benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro (112), e la solidarietà che ha cura delle fragilità e si esprime nel servizio alle persone e non alle ideologie, lottando contro povertà e disuguaglianze (115). Il diritto a vivere con dignità non può essere negato a nessuno, afferma ancora il Papa, e poiché i diritti sono senza frontiere, nessuno può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato (121). In quest’ottica, il Pontefice richiama anche a pensare ad “un’etica delle relazioni internazionali” (126), perché ogni Paese è anche dello straniero ed i beni del territorio non si possono negare a chi ha bisogno e proviene da un altro luogo. Il diritto naturale alla proprietà privata sarà, quindi, secondario al principio della destinazione universale dei beni creati (120). Una sottolineatura specifica l’Enciclica la fa anche per la questione del debito estero: fermo restando il principio che esso va saldato, si auspica tuttavia che ciò non comprometta la crescita e la sussistenza dei Paesi più poveri (126).

Migranti: governance globale per progetti a lungo termine

Al tema delle migrazioni è, invece, dedicato in parte il secondo e l’intero quarto capitolo, “Un cuore aperto al mondo intero”: con le loro “vite lacerate” (37), in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi naturali, trafficanti senza scrupoli, strappati alle loro comunità di origine, i migranti vanno accolti, protetti, promossi ed integrati. Bisogna evitare le migrazioni non necessarie, afferma il Pontefice, creando nei Paesi di origine possibilità concrete di vivere con dignità. Ma al tempo stesso, bisogna rispettare il diritto a cercare altrove una vita migliore. Nei Paesi destinatari, il giusto equilibrio sarà quello tra la tutela dei diritti dei cittadini e la garanzia di accoglienza e assistenza per i migranti (38-40). Nello specifico, il Papa indica alcune “risposte indispensabili” soprattutto per chi fugge da “gravi crisi umanitarie”: incrementare e semplificare la concessione di visti; aprire corridoi umanitari; assicurare alloggi, sicurezza e servizi essenziali; offrire possibilità di lavoro e formazione; favorire i ricongiungimenti familiari; tutelare i minori; garantire la libertà religiosa e promuovere l’inserimento sociale. Dal Papa anche l’invito a stabilire, nella società, il concetto di “piena cittadinanza”, rinunciando all’uso discriminatorio del termine “minoranze” (129-131). Ciò che occorre soprattutto – si legge nel documento – è una governance globale, una collaborazione internazionale per le migrazioni che avvii progetti a lungo termine, andando oltre le singole emergenze (132), in nome di uno sviluppo solidale di tutti i popoli che sia basato sul principio della gratuità. In tal modo, i Paesi potranno pensare come “una famiglia umana” (139-141). L’altro diverso da noi è un dono ed un arricchimento per tutti, scrive Francesco, perché le differenze rappresentano una possibilità di crescita (133-135). Una cultura sana è una cultura accogliente che sa aprirsi all’altro, senza rinunciare a se stessa, offrendogli qualcosa di autentico. Come in un poliedro – immagine cara al Pontefice – il tutto è più delle singole parti, ma ognuna di esse è rispettata nel suo valore (145-146).

La politica, una delle forme più preziose della carità

Il tema del quinto capitolo è “La migliore politica”, ossia quella che rappresenta una delle forme più preziose della carità perché si pone al servizio del bene comune (180) e conosce l’importanza del popolo, inteso come categoria aperta, disponibile al confronto e al dialogo (160). Questo è, in un certo senso, il popolarismo indicato da Francesco, cui si contrappone quel “populismo” che ignora la legittimità della nozione di ‘popolo’, attraendo consensi per strumentalizzarlo al proprio servizio e fomentando egoismi per accrescere la propria popolarità (159). Ma la migliore politica è anche quella che tutela il lavoro, “dimensione irrinunciabile della vita sociale” e cerca di assicurare a tutti la possibilità di sviluppare le proprie capacità (162). L’aiuto migliore per un povero, spiega il Pontefice, non è solo il denaro, che è un rimedio provvisorio, bensì il consentirgli una vita degna mediante l’attività lavorativa. La vera strategia anti-povertà non mira semplicemente a contenere o a rendere inoffensivi gli indigenti, bensì a promuoverli nell’ottica della solidarietà e della sussidiarietà (187). Compito della politica, inoltre, è trovare una soluzione a tutto ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali, come l’esclusione sociale; il traffico di organi, tessuti, armi e droga; lo sfruttamento sessuale; il lavoro schiavo; il terrorismo ed il crimine organizzato. Forte l’appello del Papa ad eliminare definitivamente la tratta, “vergogna per l’umanità”, e la fame, in quanto essa è “criminale” perché l’alimentazione è “un diritto inalienabile” (188-189).

Il mercato da solo non risolve tutto. Occorre riforma dell’ONU

La politica di cui c’è bisogno, sottolinea ancora Francesco, è quella che dice no alla corruzione, all’inefficienza, al cattivo uso del potere, alla mancanza di rispetto delle leggi (177). È una politica incentrata sulla dignità umana e non sottomessa alla finanza perché “il mercato da solo non risolve tutto”: le “stragi” provocate dalle speculazioni finanziarie lo hanno dimostrato (168). Assumono, quindi, particolare rilevanza i movimenti popolari: veri “poeti sociali” e “torrenti di energia morale”, essi devono essere coinvolti nella partecipazione sociale, politica ed economica, previo però un maggior coordinamento. In tal modo – afferma il Papa – si potrà passare da una politica “verso” i poveri ad una politica “con” e “dei” poveri (169). Un altro auspicio presente nell’Enciclica riguarda la riforma dell’Onu: di fronte al predominio della dimensione economica che annulla il potere del singolo Stato, infatti, il compito delle Nazioni Unite sarà quello di dare concretezza al concetto di “famiglia di nazioni” lavorando per il bene comune, lo sradicamento dell’indigenza e la tutela dei diritti umani. Ricorrendo instancabilmente “al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato” – afferma il documento pontificio – l’Onu deve promuovere la forza del diritto sul diritto della forza, favorendo accordi multilaterali che tutelino al meglio anche gli Stati più deboli (173-175).

Il miracolo della gentilezza

Dal sesto capitolo, “Dialogo e amicizia sociale”, emerge inoltre il concetto di vita come “arte dell’incontro” con tutti, anche con le periferie del mondo e con i popoli originari, perché “da tutti si può imparare qualcosa e nessuno è inutile” (215). Il vero dialogo, infatti, è quello che permette di rispettare il punto di vista dell’altro, i suoi interessi legittimi e, soprattutto, la verità della dignità umana. Il relativismo non è una soluzione– si legge nell’Enciclica – perché senza principi universali e norme morali che proibiscono il male intrinseco, le leggi diventano solo imposizioni arbitrarie (206). In quest’ottica, un ruolo particolare spetta ai media che, senza sfruttare le debolezze umane o tirare fuori il peggio di noi, devono orientarsi all’incontro generoso e alla vicinanza agli ultimi, promuovendo la prossimità ed il senso di famiglia umana (205). Particolare, poi, il richiamo del Papa al “miracolo della gentilezza”, un’attitudine da recuperare perché è “una stella nell’oscurità” e una “liberazione dalla crudeltà, dall’ansietà e dall’urgenza distratta” che prevalgono in epoca contemporanea. Una persona gentile, scrive Francesco, crea una sana convivenza ed apre le strade là dove l’esasperazione distrugge i ponti (222-224).

L’artigianato della pace e l’importanza del perdono

Riflette sul valore e la promozione della pace, invece, il settimo capitolo, “Percorsi di un nuovo incontro”, in cui il Papa sottolinea che la pace è legata alla verità, alla giustizia ed alla misericordia. Lontana dal desiderio di vendetta, essa è “proattiva” e mira a formare una società basata sul servizio agli altri e sul perseguimento della riconciliazione e dello sviluppo reciproco (227-229). In una società, ognuno deve sentirsi “a casa” – scrive il Papa – Per questo, la pace è un “artigianato” che coinvolge e riguarda tutti e in cui ciascuno deve fare la sua parte. Il compito della pace non dà tregua e non ha mai fine, continua il Pontefice, ed occorre quindi porre al centro di ogni azione la persona umana, la sua dignità ed il bene comune (230-232). Legato alla pace c’è il perdono: bisogna amare tutti, senza eccezioni – si legge nell’Enciclica – ma amare un oppressore significa aiutarlo a cambiare e non permettergli di continuare ad opprimere il prossimo. Anzi: chi patisce un’ingiustizia deve difendere con forza i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio (241-242). Perdono non vuol dire impunità, bensì giustizia e memoria, perché perdonare non significa dimenticare, ma rinunciare alla forza distruttiva del male ed al desiderio di vendetta. Mai dimenticare “orrori” come la Shoah, i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki, le persecuzioni ed i massacri etnici – esorta il Papa – Essi vanno ricordati sempre, nuovamente, per non anestetizzarci e mantenere viva la fiamma della coscienza collettiva. Altrettanto importante è fare memoria del bene, di chi ha scelto il perdono e la fraternità (246-252).

Mai più la guerra, fallimento dell’umanità!

Una parte del settimo capitolo si sofferma, poi, sulla guerra: essa non è “un fantasma del passato” – sottolinea Francesco – bensì “una minaccia costante” e rappresenta la “negazione di tutti i diritti”, “il fallimento della politica e dell’umanità”, “la resa vergognosa alle forze del male” ed al loro “abisso”. Inoltre, a causa delle armi nucleari, chimiche e biologiche che colpiscono molti civili innocenti, oggi non si può più pensare, come in passato, ad una possibile “guerra giusta”, ma bisogna riaffermare con forza “Mai più la guerra!” E considerando che viviamo “una terza guerra mondiale a pezzi”, perché tutti i conflitti sono connessi tra loro, l’eliminazione totale delle armi nucleari è “un imperativo morale ed umanitario”. Piuttosto – suggerisce il Papa – con il denaro che si investe negli armamenti, si costituisca un Fondo mondiale per eliminare la fame (255-262).

Pena di morte è inammissibile, abolirla in tutto il mondo

Una posizione altrettanto netta Francesco la esprime a proposito della pena di morte: è inammissibile e deve essere abolita in tutto il mondo. “L’omicida non perde la sua dignità personale – scrive il Papa – Dio ne è garante”. Di qui, due esortazioni: non vedere la pena come una vendetta, bensì come parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale, e migliorare le condizioni delle carceri, nel rispetto della dignità umana dei detenuti, pensando anche che l’ergastolo “è una pena di morte nascosta” (263-269). Viene ribadita la necessità di rispettare “la sacralità della vita” (283) laddove oggi “certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili”, come i nascituri, i poveri, i disabili, gli anziani (18).

Garantire libertà religiosa, diritto umano fondamentale

Nell’ottavo e ultimo capitolo, il Pontefice si sofferma su “Le religioni al servizio della fraternità nel mondo” e ribadisce che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose, bensì nelle loro deformazioni. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tanto meno con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale e come tale va condannato (282-283). Al contempo, il Papa sottolinea che un cammino di pace tra le religioni è possibile e che è, dunque, necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano fondamentale per tutti i credenti (279). Una riflessione, in particolare, l’Enciclica la fa sul ruolo della Chiesa: essa non relega la propria missione nel privato – afferma – non sta ai margini della società e, pur non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica dell’esistenza. L’attenzione al bene comune e la preoccupazione allo sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l’umanità e tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa, secondo i principî evangelici (276-278). Infine, richiamando i leader religiosi al loro ruolo di “mediatori autentici” che si spendono per costruire la pace, Francesco cita il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza”, da lui stesso firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib: da tale pietra miliare del dialogo interreligioso, il Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio (285).

Il Beato Charles de Foucauld, “il fratello universale”

L’Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e soprattutto il Beato Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi con gli ultimi per divenire “il fratello universale” (286-287). Le ultime righe del documento sono affidate a due preghiere: una “al Creatore” e l’altra “cristiana ecumenica”, affinché nel cuore degli uomini alberghi “uno spirito di fratelli”.

 

https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-10/enciclica-fratelli-tutti-papa-francesco-sintesi-fraternita.html

 

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Fratelli tutti Lettera Enciclica Francesco

Conferenza sulla Lettera Enciclica Fratelli tutti

 

Convegno Nazionale UCN online

È stato il primo Convegno online per i Direttori degli Uffici Catechistici Diocesani e tutti i catechisti delle parrocchie italiane, ed è stato un successo: grazie a tutti voi. Un ringraziamento particolare va a S.E. Mons. Erio Castellucci, a don Roberto Repole, al prof. Pier Cesare Rivoltella e al prof. Pierpaolo Triani per i qualificati e preziosissimi interventi, offrendo ulteriori spunti per approfondire e continuare ad arricchire le linee guida della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi.

“Ripartiamo insieme” è stato un successo! Oltre 40.000 collegamenti per la diretta streaming del primo Convegno Nazionale online dell’Ufficio Catechistico Nazionale, tenutosi venerdì 25 settembre 2020, dalle 17:30 alle 20:00. L’evento era rivolto a tutti i direttori degli uffici catechistici diocesani, ma anche a tutti i catechisti e collaboratori pastorali delle parrocchie italiane.

L’incontro si è svolto con una doppia modalità di partecipazione: i direttori diocesani avevano a disposizione un collegamento riservato in videocall, attraverso le piattaforme di Cisco Webex Events; mentre tutti i catechisti e collaboratori diocesani impegnati sul territorio potevano seguire i lavori in diretta streaming tramite i canali social Facebook e Youtube della Conferenza Episcopale Italiana.

Ecco il link per rivedere la registrazione dell’incontro:

FACEBOOK
Intero evento: https://www.facebook.com/conferenzaepiscopaleitaliana

YOUTUBE
Intero evento: https://m.youtube.com/ChiesaCattolicaItaliana

Video dei relatori:

  1. Relazione di S.E. Mons. Erio Castellucci
  2. Relazione di don Roberto Repole
  3. Relazione del prof. Pier Cesare Rivoltella
  4. Relazione del prof. Pierpaolo Triani
  5. Risposte di S.E. Mons. Castellucci
  6. Risposte di don Roberto Repole
  7. Risposte di Pier Cesare Rivoltella
  8. Risposte di Pierpaolo Triani

Video Interviste:

  1. S. Em. Card. Gualtiero Bassetti – Arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve – Presidente della Cei
  2. Cristina Mastrantonio – Segretaria dell’Ufficio Catechistico Diocesano di Albano
  3. Virginio Mancini – Catechista della Pastorale Familiare – Diocesi di Albano
  4. Sonia Paolo – Neofita – Diocesi di Roma
  5. don Massimiliano Parrella – Parroco di Santa Maria Assunta e San Giuseppe – Diocesi di Roma
  6. Famiglia – Genitori catechisti – Vanessa ed Emanuele Crociani – Diocesi di Albano
  7. S.E. Mons. Marcello Semeraro – Vescovo di Albano e membro della CEDAC
  8. Nicoletta Scialpi – Catechista e accompagnatrice catecumeni – Diocesi di Roma
  9. S.E. Mons. Rino Fisichella – Presenta il Nuovo Direttorio per la Catechesi e Saluta i Convegnisti (versione breve)
  10. S.E. Mons. Rino Fisichella – Presenta il Nuovo Direttorio per la Catechesi e Saluta i Convegnisti (versione integrale)

Sono intervenuti:

  • S. E. Mons. Erio Castellucci, arcivescovo-abate di Modena-Nonantola e Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, che ha introdotto il convegno e presieduto i lavori.
  • Roberto Repole, presbitero docente di Teologia sistematica presso la sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, docente di Teologia sistematica presso la Facoltà teologica del Triveneto e Presidente dell’Associazione Teologica Italiana (A.T.I.). Don Roberto ci ha aiutato a riflettere sul volto della comunità oggi, in tempo di pandemia.
  • Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; Presidente del SIREM (Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale) e Direttore del CREMIT, ove, nel 2013, ha inaugurato l’Osservatorio sui Media e i Contenuti digitali nella scuola nell’ambito delle attività del progetto SMART FUTURE. Membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione WeCa (Web Cattolici).  Il professore Rivoltella ha approfondito il tema dal punto di vista della comunicazione e dei linguaggi.
  • Pierpaolo Triani, professore ordinario e Direttore del Centro studi per l’Educazione alla legalità presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. É stato direttore della Rivista Scuola e Didattica e membro dell’Osservatorio Nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Il professore Triani ci ha dato una lettura ed una prospettiva sulle linee guida.

L’Equipe dell’UCN vi ringrazia per la evidente e numerosa adesione all’incontro.

«Ripartiamo insieme». Linee guida per la catechesi in Italia in tempo di Covid19

Il contributo ripercorre il percorso storico che ha portato all’elaborazione del documento dell’UCN «Ripartiamo insieme» (pubblicato il 5 settembre 2020) e si sofferma poi a presentare i principali orientamenti pastorali contenuti nel testo, con la carica di novità e insieme problematicità che essi portano in sé. La riflessione si avvantaggia del fatto che chi scrive è membro della Consulta dell’UCN e, in questo ruolo, è stato testimone diretto della realizzazione dell’iniziativa.

 

 

«Ripartiamo insieme». Linee guida per la catechesi in Italia in tempo di Covid19

Ubaldo Montisci

Durante la pandemia che ha colpito duramente il nostro Paese, le attività catechistiche non si sono mai interrotte del tutto. L’Ufficio Catechistico Nazionale (UCN) ha voluto accompagnare la fatica delle catechiste e dei catechisti impegnati nei diversi percorsi di educazione alla fede con una serie di iniziative a loro favore. È nato così, ad esempio, il progetto «Catechesi: proposte per il Tempo Pasquale», una raccolta di buone pratiche inerenti la catechesi, con i ragazzi, in famiglia, con gli adolescenti e giovani, di commenti alla Parola per adulti, di indicazioni per l’iniziazione cristiana. Nello stesso periodo, i Vescovi hanno manifestato la loro premura pastorale con la traccia di riflessione «È risorto il terzo giorno. Una lettura biblico spirituale dell’esperienza della pandemia» (questa documentazione, come pure quella che seguirà, è reperibile in https://catechistico.chiesacattolica.it/).

 

  1. Alle origini del documento

Progressivamente è emersa sempre più forte – da più parti – la domanda sul che cosa fare dopo l’estate, quando riprendono ordinariamente le attività pastorali parrocchiali. Da subito, ci si è resi conto che a quest’interrogativo non è possibile dare le “solite” risposte o escogitare soluzioni semplicistiche, perché la pandemia ha reso evidente che le proposte del passato non intercettano più le esigenze spirituali e pastorali del tempo presente. Pertanto l’UCN, tramite la sua Consulta, ha promosso nel periodo estivo una serie di “tavoli di lavoro” che hanno coinvolto numerosi interlocutori su scala nazionale. L’iniziativa ha preso il nome di «Laboratorio sull’annuncio».

Le tappe del percorso ipotizzato sono state illustrate dal Direttore dell’UCN, Mons. Valentino Bulgarelli, durante i lavori della Consulta dell’UCN dell’11 giugno 2020. Al termine dell’incontro, egli sintetizzava così il significato dell’iniziativa: il laboratorio dell’annuncio vuol essere un modo diverso di agire ecclesialmente, motivato dalla constatazione che qualsiasi proposta partita “dall’alto” durante la pandemia ha generato una frattura nelle comunità; l’impegno prioritario è sostenere le comunità cristiane; alla base di tutto sta lo sforzo di un ascolto attento e prolungato.

Gli incontri – rigorosamente online – sono avvenuti a due livelli: da un lato sono stati consultati gli altri Uffici della CEI e alcune Associazioni cattoliche, con l’obiettivo di tentare di concordare insieme delle linee operative comuni per l’annuncio e la catechesi; dall’altro è stato avviato il confronto con i Direttori degli Uffici catechistici regionali e diocesani e le loro equipe.

I lavori a questo secondo livello hanno seguito dinamiche partecipative usate raramente nella elaborazione dei documenti ecclesiali. Si è voluti partire “dal basso”, cioè dall’ascolto dei reali protagonisti dell’attività catechistica, di coloro che quotidianamente e direttamente s’impegnano nell’educazione alla fede soprattutto delle nuove generazioni. Perciò, il primo momento è stato dedicato all’ascolto del vissuto. Con quest’obiettivo sono stati attivati dieci gruppi di lavoro costituiti ciascuno di 25 persone (Direttori di Uffici catechistici, membri delle loro equipe, alcuni membri della Consulta). In due sessioni di due ore ciascuna nella seconda e quarta settimana di luglio, seguite entrambe da un tempo di condivisione dei risultati degli incontri con i catechisti delle proprie diocesi, si è riflettuto sull’impatto che ha avuto la pandemia sulla vita personale e parrocchiale e sono state fornite delle indicazioni generali per ridare slancio alla catechesi al momento della ripresa dell’attività in autunno (si veda l’organizzazione del processo nell’Allegato 1).

All’inizio di agosto c’è stata la raccolta delle sintesi degli incontri online e poi una Commissione ristretta ha elaborato una prima bozza del testo che, sottoposta all’esame degli organismi episcopali deputati, degli Uffici CEI e Associazioni coinvolti, dei membri della Consulta, è stata progressivamente “raffinata” fino a costituire il testo «Ripartiamo insieme. Linee guida per la catechesi in Italia in tempo di Covid».

 

  1. Presentazione del documento

Il documento, volutamente sintetico, è composto di tre parti distinte: un’introduzione; la sintesi dei lavori laboratoriali; una riflessione di carattere sapienziale sul discernimento pastorale.

 

  1. Introduzione

La pagina introduttiva, firmata dal Direttore dell’UCN, contiene due affermazioni importanti per comprendere il significato dei due testi che seguono. La prima riguarda lo stile di lavoro: una modalità “sinodale” e “dal basso”, che ha inteso coinvolgere il maggior numero di persone possibile e che ha permesso di scattare una foto realistica dell’esistente, individuando problemi concreti e vie di soluzione praticabili. La seconda si riferisce al fatto che l’UCN, con questo documento, non vuole principalmente dare soluzione alle urgenze pastorali (pure prese in considerazione), ma avviare dei “processi” di rinnovamento catechistico di largo respiro.

 

  1. Sintesi sui “Laboratori ecclesiali sulla catechesi”

Nell’Introduzione alla sezione c’è una riflessione sulla pandemia e le sue conseguenze sui ritmi quotidiani e sulla vita di fede. Dei titoletti posti a margine della pagina, sulla sinistra, consentono di seguire l’articolazione del pensiero che si va sviluppando. Ogni paragrafo contiene non solo degli elementi che permettono di riflettere su quanto è capitato e sta ancora accadendo, ma pure delle indicazioni generali che riguardano la catechesi.

Nel rispetto dell’autonomia delle Chiese locali, il documento non fornisce indicazioni dettagliate ma prospetta ambiti di impegno e iniziative per qualificare sempre più le attività di educazione alla fede. Così, ad esempio, dopo aver constatato una certa disaffezione alla pratica liturgica domenicale, si suggerisce di rinnovare le catechesi che mettono in risalto la centralità dell’Eucaristia nella vita cristiana, alla luce anche di una più attenta cura delle celebrazioni; se poi è la carità l’attività ecclesiale che ha riscosso il massimo di apprezzamento tra la gente, il testo invita i catechisti a tenere maggiormente in considerazione questa dimensione; per quanto riguarda la comunicazione digitale – vera protagonista nella fase che stiamo vivendo – si propone una formazione specifica sul valore e l’utilizzo degli ambienti digitali.

Alla fine dell’introduzione è posta una domanda cruciale: si tratta di ricominciare o ripartire? Di fronte al sentito bisogno di riprendere la catechesi nelle parrocchie, il documento invita a distinguere tra l’urgente e l’importante e opta decisamente per un intervento di tipo “strutturale”: «È importante rifuggire la tentazione di soluzioni immediate e cercare di discernere una nuova gerarchia pastorale» (p. 4).

In questa linea, si identificano quattro punti su cui porre l’accento, strettamente collegati tra loro: l’ascolto, che mette al centro le persone; la narrazione, la forma di comunicazione privilegiata di chi si percepisce amato da Dio e vive da discepolo di Gesù; la comunità, che favorisce una rete di relazioni; la creatività, una sfida che richiede ingegno e realismo da parte di tutti i soggetti ecclesiali impegnati nell’evangelizzazione.

Come operare, quindi, in questo tempo di ripresa delle attività? Sotto il titolo Trasformazioni pastorali vengono date cinque indicazioni che richiedono un deciso cambio di mentalità:

  • Ai responsabili e agli operatori pastorali viene suggerito di agire con calma sapiente, riservando cioè del tempo disteso per l’ascolto di tutti e una formazione che portino a processi decisionali che coinvolgano le intere comunità.
  • Il coinvolgimento delle famiglie è necessario: «Abbiamo compreso di dover assumere la catechesi nelle famiglie» (p. 7). Quest’affermazione di principio è di per sé scontata, ma è resa concreta dalla consapevolezza di dover rispettare i ritmi e le risorse reali, valorizzando le famiglie per quello che possono dare. Le parrocchie e i catechisti si mettono al servizio delle famiglie, fornendo sussidi e accompagnando e sostenendo il loro sforzo di educazione nella fede.
  • La cura dei legami è un’azione essenziale per le comunità. Durante la pandemia, l’isolamento forzato è stato in qualche modo reso meno duro dall’utilizzo degli strumenti di comunicazione; si tratta ora di riflettere e formare a un loro utilizzo non ingenuo. Non c’è contrapposizione tra reale e online, bisogna favorire una sana integrazione tra le due forme di comunicazione. La catechesi, viene sottolineato, deve assumere un carattere “inclusivo”.
  • I tempi della catechesi attualmente sono dettati dall’anno scolastico. Il testo afferma con forza che quest’impostazione va modificata facendo riferimento all’anno liturgico, che offre alla catechesi un respiro diverso imperniato intorno allo sviluppo progressivo del kerygma. Occorre anche restituire alla domenica la centralità che le spetta nella vita del cristiano.
  • Nelle pratiche formative è necessario valorizzare il vissuto personale, dedicando del tempo all’ascolto e alle narrazioni di vita. Una particolare attenzione va posta alla catechesi degli adulti e degli adolescenti e giovani.

 

  1. Per dirci nuovamente “cristiani”

Quest’ultimo testo è stato elaborato dall’Équipe dell’UCN. L’idea sottostante, che forse poteva essere meglio espressa nel titolo, è quella di fornire degli spunti per il necessario discernimento pastorale in vista di una vita cristiana di qualità, rinnovata alla luce del Vangelo.

Il tempo che stiamo vivendo è interpretato come opportunità, come occasione favorevole per un cambio di mentalità, per un’autentica conversione pastorale: «Pensare che la pastorale e la catechesi possa riprendere come prima del lockdown sarebbe un’ingenuità e un’occasione sprecata» (p. 10).

Alla luce dell’episodio di At 11,19-26, che descrive la nascita della Chiesa di Antiochia, vengono suggerite quattro piste per ricominciare. Si tratta di due auspici e di due orientamenti concreti per l’annata catechistica che ci attende. Tra i primi, l’attesa di vescovi e presbiteri capaci di «svolgere lietamente e con larghezza di vedute il compito di “esortare”», come Barnaba (p. 12), e di catechisti, formatori ed educatori «che abbiano orizzonti grandi e il coraggio di percorrere nuove vie di evangelizzazione», come Saulo (p. 13). Tra i secondi, la spinta verso una catechesi biblica: «Nel prossimo anno pastorale immaginiamo una catechesi sempre più squisitamente biblica, che parta dal cuore del kerygma cristiano: “Il Signore è risorto”» (p. 12), e una maggiore attenzione all’azione dello Spirito: «Il nuovo anno pastorale potrebbe essere il tempo in cui sviluppare il tema dell’opera dello Spirito nella vita dei cristiani» (p. 13).

 

  1. Alcune battute conclusive

Il documento «Ripartiamo insieme» segna una tappa importante per la catechesi italiana. Non ha certo l’ambizione di sostituirsi al «Documento Base» (1970; 1988) o a «Incontriamo Gesù» (2014); eppure, nella sua essenzialità, ha probabilità non piccole di incidere in maniera notevole sulle prassi ordinarie di educazione alla fede. Rappresenta, pertanto, un’opportunità da cogliere per favorire un cambio di mentalità e imprimere una svolta nella pratica catechistica.

I suoi punti di forza sono dati dal coinvolgimento, il più ampio possibile, dei soggetti che a diverso titolo operano nella pastorale: è un progetto operativo realmente “condiviso”; e dal fatto che non si limita a tentare di dare soluzioni sull’immediato ma intende avviare “processi”, di cui però traccia già le coordinate essenziali. Tra queste, si segnalano: l’importanza dell’ascolto in vista del discernimento; la centralità delle persone e delle loro relazioni nell’azione educativa; il riferimento paradigmatico alla catechesi missionaria, fondata sul kerygma; l’ancoraggio dei ritmi della catechesi intorno all’anno liturgico e non al calendario scolastico; il riferimento privilegiato alla Bibbia per favorire il discepolato; il ruolo determinante delle famiglie, al cui servizio e sostegno si pone l’opera dei catechisti; il riconoscimento della rilevanza e allo stesso tempo insufficienza dei mezzi di comunicazione sociale per la condivisione della fede; la valorizzazione di linguaggi nuovi o comunque diversi da affiancare a quello prevalentemente dottrinale ancora utilizzato nella catechesi; la creatività nell’organizzare le riunioni dei piccoli gruppi.

Quali gli ostacoli più rilevanti per l’azione trasformatrice insita nel testo dell’UCN?

Sicuramente l’abitudinarietà, la forza frenante del “sì è sempre fatto così”, unita alla frettolosità di ritornare quanto prima alle cose di sempre, come se nulla fosse successo in questi mesi. Ecco allora che proposte come quella di «attendere l’inizio dell’anno liturgico ed iniziare gli incontri con l’Avvento, dedicando i mesi precedenti alla formazione, all’ascolto, alla cura dei legami» (p. 8), potrebbero trovare resistenze o persino avversione in chi ha già previsto il riavvio delle attività nel proprio ambiente o paventa il rischio della perdita dei catechizzandi. Ci vuole da parte di tutti un sano senso della realtà unita, però, alla cura di una certa idealità e una determina volontà di dialogo e collaborazione, senza mai trascurare il bene delle persone per le quali si è inviati a evangelizzare.

Un possibile ulteriore ostacolo può essere costituito dal non pervenire in tempi ragionevoli a dare applicazione sufficientemente dettagliata a queste che rimangono ancora delle semplici linee guida. Un esempio tra i diversi che si potrebbero citare: che cosa comporta concretamente l’affermazione: «Il servizio dei catechisti non sostituisce, ma sostiene il mandato missionario degli sposi e dei genitori» (p. 7)? Quale funzione assumono a questo punto i catechisti nei confronti delle famiglie nell’educazione dei loro figli? Per questo e altri punti critici ci sarà bisogno dello sforzo di riflessione degli esperti unito alla competenza maturata sul campo dai responsabili locali e dagli operatori di base. Un luogo privilegiato per il confronto è la Consulta dell’UCN, in sinergia con gli altri Uffici e Associazioni: la attende sicuramente un periodo di lavoro intenso per dare continuità all’iniziativa, individuando priorità e strategie.

Un’occasione per cominciare a dare attuazione a questo progetto affascinante è costituita dal Convegno annuale dei Direttori degli Uffici catechistici diocesani aperto anche a tutti i catechisti, che si terrà online il prossimo 25 settembre (ore 17:30-20:00). Sarà un momento significativo per ripartire davvero “insieme”.

 

SCARICA ALLEGATI:

 

Ripartiamo_insieme

Allegato 1. Laboratorio sull’Annuncio

LetturaBiblicoSpiritualePandemia

 

per approfondire:

Cei. La catechesi ai tempi del Covid, per ripartire insieme e costruire il futuro


Riccardo Maccioni sabato 5 settembre 2020