“Offrire antidoti di speranza e alleanze educative”

Il messaggio del Consiglio nazionale Fidae riunito a Trento: le scuole cattoliche laboratori di futuro e di cittadinanza
31 Agosto 2021

“#insiemefuturiamo perché le scuole cattoliche, per vocazione”, sono chiamate a “offrire antidoti di speranza”, si legge ancora nel Manifesto approvato oggi dalla Fidae, a conclusione del Consiglio nazionale a Trento (27-30 agosto). “Futureremo”, prosegue il documento, se “costruiremo laboratori di futuro” ascoltando “i linguaggi dei giovani, dei loro genitori, prestando attenzione a tutto ciò che può aiutare gli attori della scuola a diventare onesti e responsabili cittadini del villaggio globale”.

Ma occorrerà anche rigenerare “la qualità della cura educativa privilegiando il dialogo con le famiglie dei nostri allievi, perché all’eccellenza e all’affidabilità delle nostre proposte educative corrisponda la condivisione di tutta la comunità educante”, e creare “alleanze per un coinvolgimento di tutti in un ampio villaggio dell’educazione che cambi il mondo continuando a costruire reti a livello provinciale, regionale, nazionale affinché gli adulti, prendendo coscienza della singolarità della fase della loro vita, possano essere testimoni qualificati, delle pietre miliari che sempre risplendono nella costruzione della civiltà umana”.

Nonostante le difficoltà del tempo presente, “anche in relazione a una non sempre reale comprensione della legge della parità”, fare scuola si traduce, per gli estensori del Manifesto, in 3 P: “Patto globale (formazione per l’insegnamento dell’educazione civica; educazione al volontariato, educazione ambientale, pastorale scolastica nella scuola); progettare insieme il futuro (outdoor education; leadership condivisa, sistemi didattici innovativi, erasmus plus, avanguardia educativa); prendersi cura (inclusione, peer education, scuola come luogo di felicità)”.

Leggi anche:

https://www.agensir.it/quotidiano/2021/8/30/scuole-cattoliche-fidae-spirito-di-comunione-stile-di-cura-della-persona-orientamento-alla-trascendenza-humus-della-civilta-dellamore/

https://www.agensir.it/quotidiano/2021/8/30/scuola-kaladich-fidae-ripartiamo-dal-patto-globale-per-prenderci-cura-e-progettare-insieme-il-futuro/

Sir, 30 agosto 2021

(foto da vita trentina.it)

Quale futuro per le comunità cristiane?

Prima di entrare nell’argomento, è fondamentale fare una breve premessa di metodo.

Nell’affrontare questioni delicate come quella del futuro della Chiesa e del cristianesimo, è essenziale una sana dose di realismo. Stiamo vivendo una profondissima crisi e ciò è innegabile per uno che legga onestamente i dati.

Come si reagisce di fronte a questa scena? Da una parte (la maggioranza), tende a rimuovere il problema, dedicandosi ad altre questioni ritenute più urgenti e non accorgendosi che questa crisi potrebbe essere micidiale. Dall’altra parte, presa coscienza della gravità della situazione appena citata, si offrono soluzioni che apparentemente sembrano logiche e realistiche, ma in realtà conducono a ottenere gli stessi risultati fallimentari.

Proporre, per esempio, l’annullamento dell’obbligatorietà del celibato o l’introduzione del sacerdozio femminile non solo è pura utopia, ma sono una distrazione di massa, perché i fautori di quelle proposte sanno bene che simili scelte, oggi, sono semplicemente impossibili, a meno di voler spaccare un tessuto già abbastanza logorato.

È emblematico quello che è accaduto dopo le proposte del papa stesso, quelle sulle diaconesse e sui viri probati: il silenzio! Ripeto: proposte del papa, non di un generico teologo di una Chiesa di periferia!

Quindi: cerchiamo qualcosa di realistico, di realizzabile adesso e non tra cent’anni. Con le regole che abbiamo, con il Codice di diritto canonico che è in vigore, in silenzio e senza far tanto rumore, con l’antico metodo di cui la Chiesa è sempre stata maestra: “Ecclesia semper reformanda”. Proponendo piccoli passi e non terremoti. I rivoluzionari appena citati, sono in fondo i veri conservatori!

Ma fondamentale è avere una “visione”, una proposta completa, una lettura sintetica di tutto il quadro e agire partendo da scelte concrete che si possono fare subito e che porteranno frutti tra dieci/vent’anni. Ci vuole il coraggio della fede e una dose di resilienza (parola diventata di moda) che nei momenti drammatici abbiamo sempre dimostrato di possedere.

Cominciamo con la comunità cristiana

Fatta questa premessa, dobbiamo porci alcune domande, sempre nella “visione” che dobbiamo avere come sfondo. Prima di tutto: da dove possiamo partire per un cambiamento che sia concreto e abbia un futuro? La risposta è: dobbiamo salvare il tesoro delle nostre comunità cristiane! Poi: quali sono gli attori nel futuro e che ruolo dovrà avere il prete in questo impianto? E, da ultimo (forse il tema più spinoso): come affrontare sul piano economico questo tentativo di cambiamento?

Dobbiamo salvare le comunità cristiane, messe in forte crisi sia dal tracollo del numero dei preti sia per la grande difficoltà di trovare un ruolo e un’identità all’interno di un mondo che sta cambiando con una velocità che ci mette con le spalle al muro.

Le nostre comunità sono in profonda crisi, ma non sono morte: ci sono ancora e devono esserci nel futuro. Se mancassero, verrebbe a mancare il cuore all’interno di un paese o di un quartiere.

Ma come immaginare la comunità cristiana del futuro?

Da una pastorale di formazione e celebrazione a una pastorale di relazione e quotidianità

La parrocchia del domani dovrà essere una collettività di persone che pongono al centro la propria vita e non l’appartenenza cristiana. La vita è il vero campo dove opera il Seminatore, la vita fatta di gioie e di dolori, di scelte e di fallimenti. È la vita la vera palestra degli uomini!

Al suo interno ci sono momenti fertili, quando le persone sono più disponibili a farsi affiancare e a lasciarsi aiutare per entrare (magari senza accorgersi) nel cuore più profondo della vita stessa, fino ad arrivare all’incontro con Dio.

La nascita, la famiglia, la malattia, la morte, il fallimento… sono gli ambiti dove la comunità cristiana dev’essere più che mai protagonista. Non per usare esclusivamente la carta del sacramento, come per secoli si è fatto, con messaggi teologici e dottrinali che la gente d’oggi sta semplicemente rifiutando, o ascoltando in modo distratto. Noi crediamo di essere maestri nel dolore, solo perché in molte parrocchie l’unica cosa che tiene ancora sono i funerali!

Il futuro della comunità cristiana dovrà essere giocato usando le relazioni, le relazioni d’amore.

Parliamo di una relazione umana semplice, schietta, sincera, empatica, quotidiana, senza pregiudizi, consapevole. Non una relazione protetta dal ruolo, ma libera e senza ombra di timore; senza i narcisismi storici degli uomini di Chiesa; con protagonisti capaci di ascolto autentico (e non solo predicato!) e sempre pronti al dialogo. Una relazione dove non ci sia l’ossessione di dover parlare di Dio e dei suoi comandamenti, perché c’è la consapevolezza piena che Dio abita già le relazioni di amore e, al massimo, è necessario evidenziare questo e aiutare a cogliere l’eco della sua presenza e della sua misteriosa energia con-creatrice senza doverlo nominare.

Abbiamo bisogno di persone capaci di entrare nelle tematiche esistenziali, senza bisogno di fare l’anticamera sui testi catechistici o liturgici. Preparate alla prossimità e alla condivisione usando una vicinanza reale condita, quando serve, con la perla del silenzio. Pronte ad usare l’arma della preghiera, dell’implorare Qualcuno affinché ci trattenga al suo fianco.

La gente ha bisogno di uscire dal triste individualismo del nostro tempo e, anche se non si riconosce in un credo particolare, apre la porta a un rappresentante della comunità che “non ha né oro né argento, ma quello che ha è pronto a donarlo: la sua prossimità!”.

Per immaginare il futuro delle parrocchie, basterebbe pensarlo senza il diluvio di riunioni com’è attualmente. Per scoprire il segreto della Trinità, non sono sufficienti le riunioni. Per entrare nell’iniziazione cristiana, bisogna smetterla con disquisizioni inutili e dannose. Appuntamenti che non solo sono superflui, ma capaci persino di allontanare i fedeli dalle parrocchie.

Sento in giro di molte persone che, pur di evitare il calvario degli incontri presacramentali, sono disposti a non battezzare i propri figli o a non sposarsi in chiesa optando al massimo per il civile. Quando saremo disposti a cambiare il calendario delle nostre comunità? Quando saremo pronti chiudere con questa triste proposta del catechismo? Quando saremo predisposti per nuovi percorsi con i nostri bambini e ragazzi per aiutarli a crescere in una vera comunità magari utilizzando il semplice oratorio?

Meno Case di dottrina e più Centri Comunitari!

Il ragazzino che siamo riusciti a trattenere in parrocchia fino al sacramento con il ricatto degli incontri catechistici il giorno dopo dirà: “non mi vedrete mai più!”. Lo stesso ragazzino inserito in un programma fatto di giochi, cultura, esperienze forti, momenti rilassanti, arriva lo stesso al sacramento; ma poi, magari, potrà continuare a sentirsi parte grazie ai legami che sono nati.

Organizzare incontri per preparare il battesimo alla sera, dopo il lavoro, magari dopo aver dovuto assumere per alcune ore una baby sitter: crediamo proprio che sia l’occasione giusta per far passare dei messaggi evangelici? Quando la gente, in maggioranza, partecipa solo perché è obbligatorio? Che non sia il caso di aprire i nostri spazi parrocchiali alle famiglie con bambini e permettere loro di inventarsi momenti di comunione e quindi di autosostegno?

E come la mettiamo con la formazione? Bisognerà prevedere qualche appuntamento! Ma non ci sono le celebrazioni eucaristiche domenicali? “Vieni per un periodo alla messa, magari ci fermiamo un attimo dopo, sarà sufficiente quello”.

I sacramenti vanno dati a tutti coloro che ne fanno richiesta, tutti! Ma la comunità è capace di accogliere al proprio interno tutte le persone, tutte, perché ha un solo desiderio: permettere loro di accedere ad un cuore, il cuore di Dio?

Quando insegnavo a scuola, c’era un collega che ragionava in questa maniera e si proponeva con offerte didattiche che erano rivoluzionarie. Noi colleghi guardavamo, chi con sospetto, chi con criticità, chi con fiducia.

La sua proposta era questa: “lasciatemi lavorare con i ragazzi a modo mio per quattro mesi!”. In questo tempo ha organizzato spettacoli teatrali e lavori di gruppo con un’unica finalità: “fare squadra”.

Ogni tanto il preside osava chiedergli: “Ma…. e il programma?”. Lui rispondeva: “Abbia pazienza e fiducia, vedrà!”. Intanto i suoi ragazzi lavoravano con entusiasmo ed erano diventati una piccola repubblica all’interno della scuola, suscitando critiche, sospetti e interrogazioni.

A gennaio questo progetto si concluse con alcune rappresentazioni che suscitarono molto interesse. Davanti avevamo un gruppo di venticinque ragazzi unito, motivato, desideroso di partecipare alla vita scolastica. Quel professore era riuscito nello scopo: aveva creato una vera comunione.

Così nei mesi successivi presero in mano il programma. Quel gruppo aveva una marcia in più e tutti (tutti!) arrivarono agli esami fornendo dei risultati nettamente superiori rispetto a tutto il resto della scuola.

L’angoscia della Chiesa è sempre stato “il programma”! Un immenso impianto formativo e dottrinale, dal bambino all’anziano. Certo, un tempo aveva il suo significato, ma il dubbio ci viene quando siamo costretti a constatare che la base dei cristiani praticanti si sta sempre più assottigliando, anno dopo anno, non trovando una risposta alle proprie esigenze esistenziali e fortemente toccata dagli scandali sia per la corruzione sia per motivi sessuali.

La parrocchia del futuro quindi non dovrà essere esposta al proselitismo:

evangelizzazione, catechismo, e tanta formazione. Dovrà essere semplicemente una realtà di vita, dove il Vangelo verrà vissuto nella quotidianità.

Dobbiamo utilizzare tutte le nostre forze e la fantasia che, per fortuna, non manca per rilanciare le nostre comunità parrocchiali. Lasciare che la crisi attuale proceda, fino a lasciarle morire, sarebbe un peccato gravissimo.

Come sarà possibile ripristinare il cuore? Un cuore silenzioso e insieme palpitante, fatto di luci e di porte aperte tutto il giorno. Un cuore che non ha bisogno di piani pastorali o di riunioni su riunioni. Una canonica aperta e sempre accessibile, una chiesa aperta tutto il giorno, una piazza aperta.

Protagonisti sono tutti, tutti coloro che sentono la necessità di stare insieme, di condividere e di incontrarsi. In modo speciale saranno protagonisti i giovani, proprio coloro che in questi anni si sono allontanati di più, trovando tempo perso tutto quello che era etichettato come “cristiano”.

Spazio per i genitori dei bambini e dei ragazzi, che sentono sulla loro pelle come ai loro figli oggi non vengono proposte le cose più importanti: le relazioni in amicizia, il gusto di creare senza farsi fagocitare dai social, la magia della musica e del gioco per imparare a “fare squadra”.

Le nostre periferie stanno morendo e per la rinascita mancano proprio i protagonisti principali: le comunità cristiane! Gli spazi ci sono, gli ambienti ci sono. Sono stati costruiti con il sacrificio di parroci coraggiosi, ma adesso sono là, quasi tutti abbandonati. Tutti sanno che, quando c’è una piazza libera, subito entrano in gioco i manovali del male: i trafficanti della droga e del vizio.

La gente, ignara di queste dinamiche nascoste, se la prende con lo spacciatore di turno, spesso immigrato e di colore e quindi trattato anche in modo razzista. La stessa gente (i cosiddetti benpensanti) chiede solo che ci sia la messa. Per loro però la chiesa deve rimanere aperta giusto il tempo della celebrazione, per poi chiuderla e tapparsi in casa, sfiduciati e arrabbiati.

Gli anziani poi! Coloro che sognano solo di gustarsi la pensione, frutto di enormi sacrifici. Costretti a stare in casa, quando la loro memoria corre ai tempi andati, quando si poteva giocare a carte e correre per una partita a bocce o gustarsi una panchina per chiacchierare.

Queste sono cose improponibili oggi? Lasciatemi gridare il mio “no”! Dobbiamo mirare a questo e le comunità cristiane sono oggi gli unici soggetti che hanno nel proprio dna queste proposte umane e culturali.

C’è attorno a noi un clima di rassegnazione e di morte che fa paura.

Immagino l’irritazione di qualche lettore più affezionato allo schema liturgico-formativo, ma io non riesco a vedere un’alternativa. Ci sarebbe una proposta possibile, quella della devozione tradizionalista. Ci sarebbe spazio e non mancherebbero i soldi, ma porterebbe la Chiesa a diventare un’altra cosa, magari una setta. Non la prendo neppure in considerazione.

Concludendo: la gente per secoli è venuta in chiesa perché c’era il precetto e la minaccia del peccato. Oggi il precetto è stato buttato via.

Come faremo a riportare in chiesa i nostri fedeli? Ricostruendo dal basso le nostre comunità e arrivando alla celebrazione come al momento più alto della comunità stessa.

 

August 1, 2021

di: Gigi Maistrello

http://www.settimananews.it/pastorale/quale-futuro-le-comunita-cristiane/

Santa Sede – Informazione vaticana: i nodi di Francesco. Cronaca da un mese difficile

Il mese di giugno e gli inizi di luglio sono stati caratterizzati da un’agenda fittissima di notizie sul fronte vaticano – escludendo la questione del DDL Zan (cf. in questo numero a p. 409) e della salute del papa –. Meritano di essere fissate nero su bianco perché sintetizzano alcuni degli snodi cruciali del pontificato di Francesco e delle Chiese locali nel seguire il percorso tracciato dal papa venuto «dalla fine del mondo».

Modifica al diritto penale canonico

Il 1o giugno il papa emana la costituzione apostolica Pascite gregem Dei (cf. Regno-doc. 13,2021,385e in questo numero a p. 416) con cui viene riformato il Libro VI del Codice di diritto canonico, che si occupa del diritto (canonico) penale. Sono almeno tre i temi caldi su cui l’innovazione ha una ricaduta: sulla «tentata ordinazione di donne» (can. 1379); sulla punizione del delitto di pedofilia (can. 1398, che, tra l’altro, passa da essere classificato da delitto «contro obblighi speciali» dei chierici a delitto «contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo»); sulla specificazione dei «delitti in materia economica», specialmente quelli compiuti da chierici.

Partiamo da quest’ultimo ambito: un primo link va al caso del card. Becciu, destituito il 24 settembre dell’anno scorso e rinviato (3 luglio) a giudizio (la prima udienza dovrebbe tenersi il 27), assieme ad altre 9 persone, dal promotore di giustizia vaticano Gian Piero Milano, per i seguenti capi d’accusa: truffa, peculato, abuso d’ufficio, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio, corruzione, estorsione, pubblicazione di documenti coperti dal segreto, falso materiale di atto pubblico, falso in scrittura privata.

Un secondo link va al Rapporto di Moneyval – organo di controllo del Consiglio d’Europa che certifica il rispetto degli standard internazionali nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo – che il 9 giugno riconosce alla «giurisdizione vaticana (…) cinque giudizi di efficacia “sostanziale” e sei di efficacia “moderata”; in nessun caso è stato espresso un giudizio di efficacia “bassa”». Anche se occorre «migliorare l’analisi dei rischi conseguenti a potenziali abusi finanziari da parte del personale interno al Vaticano (i cosiddetti insiders)».

Un terzo link va infine alla notizia che l’8 del mese viene battuta dall’ANSA su una revisione contabile che per la prima volta il vicariato di Roma sta affrontando da aprile, affidata al revisore generale vaticano A. Cassinis Righini.

La protesta di Marx e la questione pedofilia

Il 4 giugno si dimette il card. R. Marx: la notizia è così dirompente (il primo caso di vescovo che si dimetta in questa modalità, a memoria di vaticanista) che occupa buona parte dell’informazione sul Vaticano, anche se non è facile capirne il perché: dai testi della lettera di Marx, dall’intervista al presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. G. Bätzing, e infine dalla lettera che il papa gli scrive il 10 rifiutando le dimissioni (Regno-att.12, 2021), si può ricostruire per sommi capi una connessione.

Il card. Marx, da sempre molto attento alla questione delle violenze sui minori, è tra i primi a parlare della necessità di una re-azione a livello sistemico nella Chiesa;1 la violenza sui minori e le sue implicazioni per la Chiesa sono una delle voci del Cammino sinodale tedesco, il quale tuttavia ha messo in evidenza le divisioni nell’episcopato, una fra tutte quella con l’arcivescovo di Colonia, card. R.M. Woelki che viene accusato – dal 26 maggio è in corso una visita apostolica – di gestire le accuse di violenze in modo troppo procedurale e garantista per l’istituzione ecclesiastica, a danno delle vittime (cf. Regno-att. 8,2021,219).

Risposte indirette alla vicenda arrivano l’8 giugno dal presidente emerito del Pontificio consiglio per i testi legislativi card. J. Herranz che – sulle pagine dell’Osservatore romano, https://bit.ly/3r0ugwE –, propone una «sommessa» contestazione dell’aggettivo «sistemico» presente nella lettera di Marx e il 10 dal card. W. Kasper piuttosto critico verso il Cammino sinodale tedesco (https://bit.ly/3e14anY) senza tuttavia mai nominare l’arcivescovo di Monaco.

Che la questione pedofilia e più in generale delle violenze sui minori non si possa rubricare come una tra le faccende da disbrigare lo testimoniano alcuni altri recenti fatti del mese.

Innanzitutto i ritrovamenti in Canada di alcune fosse comuni con i resti di centinaia di bambini accanto a scuole per nativi gestite dalla Chiesa cattolica per conto del governo (tra la fine dell’Ottocento e gli anni Novanta del Novecento), e la richiesta dei nativi sopravvissuti di poter incontrare il papa (cosa che avverrà nel prossimo dicembre).

La prosecuzione del processo in Vaticano per un’accusa di violenza che si sarebbe perpetrata nel Preseminario S. Pio X (https://bit.ly/3jZrer4).

L’annuncio – secondo una fonte locale (https://bit.ly/3ApoPpc) improvviso – della visita ad limina a ottobre dei vescovi polacchi, dopo che ben 7 di loro (4 emeriti e 3 in carica) sono stati sanzionati per le loro coperture di casi di pedofilia (cf. Regno-att. 14,2020,393 e in questo numero a p. 429);2 a cui ha fatto eco quello del deferimento a Roma del caso di 3 vescovi argentini denunciati per lo stesso motivo presso la Congregazione per la dottrina della fede (https://bit.ly/3htPFLS).

Novità in curia ma la riforma aspetta

Il 7 giugno viene annunciato che il vescovo di Mondovì sarà il «visitatore apostolico» della Congregazione per il clero: e questa è la terza congregazione di curia che, poco dopo il pensionamento del prefetto, ha in corso un’indagine.

La prima è stata la Rota romana agli inizi dell’anno; la seconda la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti: dopo la fuoriuscita in ragione dei limiti d’età del card. Sarah (20 febbraio; cf. anche Regno-att. 6,2021,146), in marzo mons. C. Maniago, vescovo di Castellaneta, è stato incaricato del compito; la nomina a prefetto dell’ex segretario della Congregazione e in precedenza presidente della Commissione per l’inglese nella liturgia (ICEL), mons. Arthur Roche, arriva il 27 maggio.

La terza – quella, appunto, del clero –, dopo il pensionamento del card. B. Stella (79 anni) immediatamente precede di poco l’arrivo del nuovo prefetto, nominato l’11 giugno, nella persona dell’outsider mons. Lazzaro You Heung-sik, finora vescovo di Daejeon (Corea del Sud).

In realtà nei giorni successivi (il 25) viene reso noto che andrà sotto la lente di un «visitatore» anche il Dicastero per lo sviluppo umano, nella persona del card. B. Cupich, arcivescovo di Chicago.

Preludio della tanto attesa riforma della curia? Secondo il card. Ó. Rodríguez Maradiaga (https://bit.ly/3qYwQDy), membro del Consiglio dei cardinali, sembrerebbe di no, perché la tempistica del testo che sancisce la riforma sarebbe stata ulteriormente spostata a fine 2021 – ha dichiarato a Religión digital il 10 dello stesso mese –.

Le novità curiali si sono arricchite infine dall’annuncio di una nomina decisamente originale quanto a incarico: il 16, infatti, il papa nomina «assistente ecclesiastico del Dicastero per la comunicazione ed editorialista de L’Osservatore romano il rev.do Luigi Maria Epicoco, del clero dell’arcidiocesi de L’Aquila» (corsivi nostri).

Non è tanto la relativamente giovane età (40 anni) del sacerdote – molto noto nell’infosfera e nell’editoria ecclesiale – a destare stupore, quanto il fatto che Francesco abbia sentito necessario «assistere spiritualmente» l’unico dicastero che attualmente ha al suo vertice un laico, Paolo Ruffini, e dare direttamente un incarico nel suo giornale: che sia conseguenza del rimprovero non poi tanto velato manifestato dal pontefice dopo aver visitato il dicastero stesso lo scorso 24 maggio?

La sterzata democratica sui movimenti

Rispetto all’approccio cauto di Francesco nei confronti di associazioni e movimenti sorti dopo il vento conciliare (cf. Regno-att. 6,2021,148; 8,2021,216; 10,2021,285) con questo provvedimento esprime tutta la sua preoccupazione verso un prevalere malsano di fondatori e personalità carismatiche. Oltre al caso Bose, il rischio in effetti di nicchie di abusi di potere e in alcuni casi di violenze si è rivelato, alla prova dei fatti, alto.

Così si può comprendere la mens del decreto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita Le associazioni di fedeli, pubblicato l’11, che «disciplina l’esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, e negli altri enti con personalità giuridica soggetti alla vigilanza diretta del medesimo Dicastero» (Regno-doc. 13,2021,403).

Il punto centrale è (art. 1) la regolamentazione dei «mandati nell’organo centrale di governo a livello internazionale», che «possono avere la durata massima di 5 anni ciascuno», e il fatto che (art. 2) «la stessa persona può ricoprire un incarico nell’organo centrale di governo a livello internazionale per un periodo massimo di 10 anni consecutivi», anche se «i fondatori potranno essere dispensati dalle [suddette] norme» (art. 5). Il tutto, appunto, giustificato dal «fine di promuovere un sano ricambio e di prevenire appropriazioni che non hanno mancato di procurare violazioni e abusi».

Uno dei primi a rispondere è stato don Julian Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, che si è detto pronto a lasciare l’incarico entro i 3 mesi previsti dal decreto (https://bit.ly/3ANja2z). Chiara Amirante, Kiko Arguello, Salvatore Martinez, Andrea Riccardi e molti altri (secondo un noto canonista sarebbero 109 gli organismi interessati; https://bit.ly/36o9qOz)… sono avvisati.

 

Maria Elisabetta Gandolfi

IlRegno

 

1 Cf. in questo numero a p. 461; la diocesi di Monaco ha dato sostegno al primo convegno in Gregoriana nel 2012 (cf. Regno-att. 4,2012,75) cui parteciparono, tra gli altri, esponenti dei diversi dicasteri vaticani ed è anche la principale finanziatrice del Centro per la prevenzione fondato a Monaco nello stesso anno e poi confluito in Gregoriana.

2 Da segnalare inoltre che il 25 giugno viene resa nota l’esistenza di una commissione vaticana guidata dal card. A. Bagnasco per indagare sulle accuse di copertura contro il card. Stanisław Dziwisz. Mentre il 28 giugno una conferenza stampa dei vescovi presenta un’indagine realizzata sugli abusi e violenze sessuali sui minori nella Chiesa dall’Istituto di statistica della Chiesa cattolica polacca avvenuti dal 1958 al 2020.

Una pagina che evangelizza e che coltiva le relazioni

Siamo lieti di dar spazio alla notizia di una  ex allieva che ha conseguito la licenza nel nostro curricolo di licenza di “Educazione e religione”.

 

Il 6 giugno scorso suor Daniela Sanguigni ha conseguito la licenza all’Università Pontificia Salesiana (Istituto di Catechetica – Facoltà di Scienze dell’educazione) con la tesi “La Parola di Dio in Rete. Valutazione empirico-critica della pagina Facebook Parole di Vita – Una Parola al giorno”.

Lo ha annunciato sul proprio profilo e sulla pagina oggetto della tesi, di cui è amministratrice per conto della sua famiglia religiosa, l’Istituto Figlie dell’Oratorio. Questa pagina Facebook ( bit.ly/35bu1oy ), nata il 16 febbraio 2020, presto allargatasi a Instagram e WhatsApp e recentemente emigrata anche su TikTok e Twitter, pubblica ogni giorno un versetto scelto dalle letture (prevalentemente Salmi e Vangeli) del calendario liturgico, abbinato a immagini belle e cercate con cura; gli utenti sono invitati a postare dei commenti.

I follower complessivi sono oltre 2mila, 160 dei quali hanno risposto, nei mesi scorsi, a un dettagliato questionario. Sono le loro risposte, classificate ed elaborate accuratamente, a rappresentare uno dei pezzi forti, ma non l’unico, della tesi. Infatti, avendo potuto darle uno sguardo, ho appreso quanta riflessione, quanta competenza digitale, quanta sensibilità ecclesiale si celino dietro a un’iniziativa apparentemente così semplice. E ho colto quanto sia avvertita dall’amministratrice e dal suo istituto la preoccupazione che essa sia strumento di evangelizzazione. Che, come una vera “missione digitale”, sia capace di trarre frutto dalle potenzialità della Rete; che consenta di stabilire delle relazioni e non sia solo uno strumento di comunicazione da uno a molti o, peggio, un acchiappaclick; che grazie a tali relazioni la Chiesa risulti credibile. A questa preoccupazione la ricerca svolta da suor Sanguigni ha portato conforto: la pagina è percepita dai suoi follower come un servizio alla Parola di Dio, che evangelizza ed educa alla fede; ma anche come un luogo di accoglienza, ascolto, comprensione, accettazione. Ovvero: anche in Rete, quando si fanno le cose per bene, i risultati si vedono.

Guido Mocellin

domenica 13 giugno 2021

Rassegna stampa sulla ricerca “Catechisti oggi in Italia”

Formano un movimento consistente, sono consapevoli dell’importanza del proprio ruolo nelle comunità cristiane, vedono nella testimonianza lo strumento migliore per educare, chiedono una formazione di qualità, per la maggior parte sono donne ma cresce la presenza maschile.

Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine “Catechisti oggi in Italia” promossa dall’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione, presentata il 3 giugno, a pochi giorni dal Motu Proprio Antiquum ministeriumcon cui il Papa ha istituito il ministero laicale di catechista, nel segno di una valorizzazione del ruolo dei laici nella comunità.

La ricerca è stata presentata nella sala Juan Vecchi dell’Università Pontificia Salesiana e in streaming sul sito www.unisal.it

L’indagine “Catechisti oggi in Italia”, realizzata in piena pandemia, conferma alcune tendenze rilevate in altre indagini precedenti e mette in luce nuove criticità per questo settore vitale della chiesa italiana. È netto il rifiuto di un’idea di catechesi vista come trasmissione di nozioni da apprendere e come percorso finalizzato alla sola ricezione dei sacramenti. La catechesi, piuttosto, è intesa come una realtà dinamica, nella logica della formazione permanente alla vita cristiana, che ha lo scopo primario di mettere le persone in relazione con Gesù Cristo e favorire un’esistenza coerentemente ispirata ai valori evangelici.

Traspare l’esigenza di un ripensamento dei percorsi di educazione alla fede. Tra le esigenze più sentite l’attenzione da dedicare ai giovani e agli adulti; la piena valorizzazione delle famiglie e una migliore collaborazione con le varie agenzie educative presenti sul territorio; la necessità di una più solida competenza nell’utilizzo dei social media.

Gli intervistati indicano tre ambiti su cui concentrare gli sforzi per renderla significativa nell’attuale società della comunicazione: il profondo rinnovamento del linguaggio, la cura della preparazione dei catechisti, l’aggiornamento dei contenuti che trasmette.

Il quadro che viene proposto nel volume offre la mappa e la bussola per rilanciare la catechesi in Italia nell’orizzonte della “nuova evangelizzazione” il cui volano è costituito dalla formazione dei catechisti e dalla promozione di comunità cristiane adulte, capaci di “generare” alla fede.

 

 

Si allega un’utile rassegna stampa sull’indagine:

L’indagine. Donna, colta, tra i 40 e i 60 anni: ecco l’identikit del catechista

Università Pontificia Salesiana, pubblicata la ricerca “Catechisti oggi in Italia”

Catechisti: Università Pontificia Salesiana, il 3 giugno presentazione di una ricerca per “rilanciare la catechesi in Italia”

Pontificia Università Salesiana: una ricerca sui «Catechisti oggi in Italia»

Pubblicata la ricerca “Catechisti oggi in Italia”. Sempre più consapevoli di essere “testimoni di Cristo”

Catechisti in Italia: in crescita tra i giovani la percentuale di uomini

 

 

La pastorale universitaria: un ebook da scaricare

Un quaderno in formato pdf sul ruolo dell’Università nella società odierna, l’impegno della Chiesa negli atenei e le collaborazioni possibili

“La pastorale universitaria. Interventi, schede e documenti” è il titolo dell’ebook che continua la serie dei Notiziari/Quaderni curati dall’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università, dopo quelli dedicati all’Alternanza scuola lavoro e alle alleanze educative.

Il testo raccoglie alcuni contributi che, negli anni recenti, hanno contrassegnato il cammino della pastorale universitaria a livello nazionale. Si tratta di interventi pubblici, relazioni ai convegni, schede di lavoro su temi particolari, che appare utile raccogliere e mettere a disposizione. L’intento è quello di rilanciare l’attenzione della Chiesa nei confronti dell’Università, un servizio che consiste nell’impegno culturale, nell’accompagnamento delle persone che operano nel mondo accademico, nella promozione di dialogo e collaborazione a vantaggio di tutti, nell’ottica del bene comune e del “patto educativo” chiesto dal Papa e sai Vescovi italiani. Di seguito, l’indice del testo.

Ernesto Diaco – Presentazione

 

GLI INTERVENTI

Mons. Stefano Russo – L’Università di domani: valori, prospettive, responsabilità

Mons. Pierantonio Tremolada – Una nuova attenzione pastorale per l’Università

Mons. Claudio Giuliodori – Accompagnare i giovani sulle vie di Dio

Don Rossano Sala – I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Prospettive per la pastorale universitaria

Paola Bignardi – I giovani, la fede, il futuro. Esercizi di discernimento nel tempo della pandemia

Don Angelo Maffeis – Giovanni Battista Montini e la pastorale universitaria

 

LE SCHEDE

Don Marco Cianci – Pastorale universitaria e Chiesa locale

Don Luca Peyron – Pastorale universitaria, Atenei, Istituzioni e territorio

p. Giulio Parnofiello – Spiritualità e discernimento nella pastorale universitaria

 

I DOCUMENTI

Conferenza Episcopale Italiana – Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – Manifesto per l’Università

CEI – Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università – Lettera agli studenti universitari

DIOCESI DI ASTI – POLO UNIVERSITARIO ASTISS – Convenzione

 

In allegato il testo in formato pdf

«Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono

Il testo del Messaggio del Santo Padre per la 55ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno si è celebrato, in molti Paesi, il 16 maggio, Solennità dell’Ascensione del Signore.

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«Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono

Cari fratelli e sorelle,
l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia (cfr Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2020) è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano ai suoi colleghi giornalisti. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea.

Consumare le suole delle scarpe
Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione
preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero.

Quei dettagli di cronaca nel Vangelo
Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: «Venite e vedrete» (Gv 1,39), invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli “di cronaca” che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita: «Era circa l’ora decima», annota, cioè le quattro del pomeriggio (cfr v. 39). Il giorno dopo – racconta ancora Giovanni – Filippo comunica a Natanaele l’incontro con il Messia. Il suo amico è scettico: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Filippo non cerca di convincerlo con ragionamenti: «Vieni e vedi», gli dice (cfr vv. 45-46). Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia.
La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire. «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito», dice la gente alla Samaritana, dopo che Gesù si era fermato nel loro villaggio (cfr Gv 4,39-42). Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga.

Grazie al coraggio di tanti giornalisti
Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione. Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti – giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.
Numerose realtà del pianeta, ancor più in questo tempo di pandemia, rivolgono al mondo della comunicazione l’invito a “venire e vedere”. C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una “doppia contabilità”. Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti. Chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa? Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza. Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri.

Opportunità e insidie nel web
La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze.
La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Potenzialmente tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali, dare un nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.
Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere.

Nulla sostituisce il vedere di persona
Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solamente ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare. Infatti in Lui – il Logos incarnato – la Parola si è fatta Volto, il Dio invisibile si è lasciato vedere, sentire e toccare, come scrive lo stesso Giovanni (cfr 1 Gv 1,1-3). La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale.
Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica. «Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tutto il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pena della ricerca». Le sferzanti parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani. La buona novella del Vangelo si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore. Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: “Vieni e vedi”, e sono rimaste colpite da un “di più” di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo. Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale. Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove questo collaboratore di Dio non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava (cfr 1 Cor 4,17).
«Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti», affermava Sant’Agostino, esortando a riscontrare nella realtà il verificarsi delle profezie presenti nelle Sacre Scritture. Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù. Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono.

Signore, insegnaci a uscire dai noi stessi,
e a incamminarci alla ricerca della verità.
Insegnaci ad andare e vedere,
insegnaci ad ascoltare,
a non coltivare pregiudizi,
a non trarre conclusioni affrettate.
Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare,
a prenderci il tempo per capire,
a porre attenzione all’essenziale,
a non farci distrarre dal superfluo,
a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità.
Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo
e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto.

Roma, San Giovanni in Laterano, 23 gennaio 2021, Vigilia della Memoria di San Francesco di Sales.

La famiglia e la persona con disabilità durante il covid-19

Condividiamo la locandina contenente il programma del Webinar “La famiglia e la persona con disabilità durante il covid-19”, in programma mercoledì 19 maggio 2021 dalle ore 17:00 alle ore 19:00, il quarto della serie di webinar organizzati da questo Servizio dal titolo “Una Crisi da non sprecare”.

Il webinar, organizzato in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia della CEI e nel quale interverranno famiglie disabili, famiglie con figli con disabilità, case famiglie, reti associative etc., verrà trasmesso, come il precedente, in diretta sul canale YouTube della Conferenza Episcopale Italiana (https://www.youtube.com/ChiesaCattolicaItaliana) e, oltre ad essere accessibile in Lingua dei Segni con interprete in video, disporrà anche del servizio di sottotitolazione.

Per poter intervenire durante la diretta: SMS o WhatsApp al numero 342 1215390.

 

locandina-programma-Webinar-Disabilità-19.05.2021

 

ANTIQUUM MINISTERIUM

Pubblicato e presentato in conferenza stampa il Motu proprio

 

Con data dell’10 maggio 2021 viene promulgata la Lettera Apostolica in forma di motu proprio sull’istituzione del ministero del catechista. L’attenzione da parte di Papa Francesco su questa figura così importante nella Chiesa, popolo di Dio in cammino e “in uscita”, non può passare inosservata al nostro Istituto di Catechetica e ci trova concordi e in sintonia in un momento particolarmente difficile di pandemia con i tanti interrogativi che affiorano su come affrontare il “durante” che stiamo ancora vivendo e il “dopo”.

Nello stesso tempo, non dimettendoci da un sano realismo e dalla naturale preoccupazione, consideriamo questo tempo gravido di attesa e di speranza ai fini di un rilancio, che speriamo imminente, dell’evangelizzazione e della catechesi in Italia, in Europa e nel mondo. Mai come in questi momenti critici si avverte l’esigenza di uomini e donne che diano testimonianza di speranza e si facciano portavoce credibili del Vangelo e interpreti dei desideri più profondi dell’animo umano. Catecheti e catechisti potranno condividere il cammino che si apre dinanzi.

Il documento a raggio universale, pur mantenendo una sua legittima e giustificata generalità, intende rimotivare l’impegno verso questa tipica vocazione ecclesiale, costituisce un appello a riconsiderare le motivazioni, non senza un adeguato discernimento ed efficaci percorsi formativi, che esigono il conferimento di questo antico e prezioso ministero nella chiesa e per il mondo.

È questo il tempo di tante risonanze sulla dimensione della ministerialità diffusa e sull’importanza e il rilancio della catechesi. E si potrebbe dire soprattutto tempo di semina e di germinazione di nuove prospettive e sperimentazione catechistica di nuove frontiere a livello locale e planetario.

Si direbbe “provvidenzialmente”, il Motu proprio va ad incrociarsi con la ricerca sui catechisti italiani realizzata dal nostro Istituto (Catechisti oggi in Italia. Indagine “Mixed Mode” a 50 anni dal “Documento Base”, LAS, Roma 2021) e soprattutto con la pubblicazione del Direttorio per la catechesi da parte del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, insieme agli accorati e ripetuti appelli di Papa Francesco sul tema della catechesi. Si avverte l’urgenza di continuare a riflettere sulle dinamiche dell’educazione della fede e dell’evangelizzazione e di immaginare e prospettare nuovi cammini e traguardi formativi per i catechisti, verificando le pratiche e le metodologie, affinando antichi e nuovi linguaggi.

L’apertura da tempo auspicata per il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato alle donne (cfr. il motu proprio Spiritus Domini circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero istituito del lettorato e dell’accolitato del 10 gennaio 2021) e il presente motu proprio Antiquum ministerium vanno a innestarsi a pieno titolo nel processo di sensibilizzazione e di attuazione della “riforma” e della “sinodalità” che la Chiesa ha inteso avviare con le continue sollecitazioni di Papa Francesco a livello locale e a livello universale.

Si auspica che il testo presentato oggi in Conferenza stampa sia oggetto di riflessione e incentivo di ispirazione nel momento presente, guardando con speranza e impegno il futuro.

 

 

LETTERA APOSTOLICA Antiquum Ministerium Italiano

Presentazione Lettera Apostolica Antiquum Ministerium Italiano

 

 

APOSTOLIC LETTER Antiquum Ministerium English

APOSTOLISCHES SCHREIBEN Antiquum Ministerium Tedesco

CARTA APOSTÓLICA Antiquum Ministerium Español

CARTA APOSTÓLICA Antiquum Ministerium Portoghese

LETTRE APOSTOLIQUE Antiquum Ministerium Français

LIST APOSTOLSKI Antiquum Ministerium Polacco