CARLO GNOCCHI, Cristo con gli alpini, Mursia, Milano, 2008, pp.
125, euro 14 Cristo con gli alpini non è un’opera qualunque.
Non è, insomma, un diario, un resoconto, una cronaca, una confessione, ma è un atto di fede gettato nella follia della guerra, un gesto di speranza dedicato a coloro che ormai non ripetevano più questa parola, uno slancio d’amore che replica ai colpi della violenza.
Per questo don Carlo porta Cristo al fronte, o meglio lo conduce nella disperazione degli accerchiamenti dove si consumavano le ultime forze.
Prosa semplice, piccoli esempi e un cuore immenso fanno di questo libro un documento prezioso.
Le pagine dedicate a Giorgio, il bambino che ha perso tutto e poi muore, sono più eloquenti di tutte le analisi degli storici.
Leggendole si capisce perché “tocca alla morte rivelare profonde e arcane somiglianze”; perché nei loro corpicini senza vita era racchiusa la vera condanna della guerra, il prezzo “per le colpe di tutti”.
Con un incedere commovente, don Carlo Gnocchi vedendo il piccolo corpo di Giorgio lascia sulle pagine queste frasi piene di verità che mancano ai trattati: “Quante volte l’avevo già incontrato nella mia vita di guerra! Nella ferale teoria dei fanciulli in attesa degli avanzi del rancio o randagi a cercarlo fra le immondizie; nei bambini febbricitanti e morenti sui miserabili giacigli delle isbe russe o dei tuguri albanesi; nei cadaveri stecchiti dei bimbi morti di fame o di pestilenza, sulle strade della Russia, della Croazia o della Grecia”.
Giorgio era diventato uguale a tutte quelle vittime innocenti travolte dalla guerra, che continuarono la loro agonia quando le armi tacquero e gli eserciti si allontanarono.
Lo sguardo di don Carlo è dedicato ai suoi alpini, alla popolazione incontrata, ma si carica di commozione con questi bambini.
I soldati cercano di rompere l’accerchiamento, le loro canzoni alleviano le immense solitudini della disperazione, ma i bambini mutilati non gli concedono pace.
Il suo spirito e il suo cuore ritornano in quella infelicità concreta dei loro corpicini mutilati.
Mezzo secolo prima, nella medesima terra che a un certo punto don Carlo chiama per disperazione “lurida”, uno scrittore tra i più grandi, Fëdor Dostoevskij, chiese direttamente a Dio: “Signore, perché i bambini muoiono?”.
Non ebbe risposta.
Rifece la domanda, più volte.
Don Carlo ritraduce il quesito con il piccolo Bruno.
Si chiede, gli chiede: “Ora, piccolo Bruno, come farai?”.
E due righe più avanti: “Come potrai fare senza manine?”.
Il libro si chiude con questa domanda che, anche in tal caso, non è seguita da una risposta.
Tuttavia noi la conosciamo: è il resto della vita di don Carlo a fornircela.
Insomma, tornato dalla Russia, accomiatatosi dai suoi alpini, diede vita a quell’opera che continua ancora oggi sorretta dal miracolo del suo amore.
Dedicò se stesso ai mutilatini e ai piccoli invalidi di guerra, fondando per essi una vastissima rete di collegi.
All’infanzia derelitta e minorata rispose agendo, facendo, cercando di alleviarne i problemi.
Per molti aspetti la sua vita spiega quelle domande che si pose al tempo di guerra.
Come dire: partì con gli alpini, riuscì a fare il sacerdote in Russia, conobbe gli orrori dei massacri, si pose domande alle quali non c’erano risposte e poi mise tutto nelle mani di Cristo.
Riproporre Cristo con gli alpini significa conoscere un po’ di più la guerra e la Russia; soprattutto queste pagine spiegano l’inizio di un miracolo.
Ha scritto don Carlo, tra l’altro: “Ogni opera dell’uomo naufraga silenziosamente in questa uguaglianza monotona e sterminata”.
Di chi stava parlando? Certo, della Russia, ma forse anche di lui stesso.
Nella ritirata, dove i soldati erano “mucchi di stracci che si trascinavano”, “larve inebetite dal freddo e dalla fame”, quegli spazi infiniti hanno acceso in un cappellano un’idea d’amore.
Non è il caso di spiegare ulteriormente perché, come sempre, essa si vede ma non si dimostra, si tocca ma non si afferra.
Armando Torno (©L’Osservatore Romano – 24 gennaio 2009)
Categoria: Novità
La sezione Novità con le sue rubriche tiene aggiornati gli educatori sulle novità che: negli eventi, nell’editoria e nel cinema interessano l’educazione religiosa.
“Chiesa in Rete 2.0”
“Chiesa in Rete 2.0” è il titolo del convegno nazionale promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Cei che si terrà a Roma il 19 e 20 gennaio 2009.
“Si colloca in una fase di accresciuta consapevolezza di partecipazione ad un fenomeno ampio che offre nuove e diffuse possibilità di supportare l’azione pastorale e culturale delle diocesi – spiegano gli organizzatori -.
Il Convegno vuole contribuire a collocare più saldamente le iniziative diocesane in questo contesto generale, evidenziando anche il contributo della Cei in termini di piattaforme comuni, strumenti, servizi e competenze”.
Si aprirà con il saluto e l’introduzione di S.E.
Mons.
Mariano Crociata, Segretario Generale della Cei, di Don Domenico Pompili, Direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Dott.
Giovanni Silvestri, Responsabile del Servizio informatico della Cei.
Interverranno tra gli altri il Prof.
Adriano Fabris, Docente di filosofia morale all’Università di Pisa, il Prof.
Giuseppe Mazza, Docente di Teologia fondamentale e comunicazioni sociali della Pontificia Università Gregoriana, il Prof.
Stefano Martelli, Docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Bologna, il Prof.
Daniel Arasa, docente di struttura dell’informazione e comunicazione digitale della Pontificia università della Santa Croce.
Informazioni nel sito internet: www.chiesacattolica.it/chieseinrete
“Un anno con Paolo di Tarso”
Il Servizio Nazionale IRC offre agli Idr un sussidio per l’anno Paolino con alcuni percorsi di approfondimento a cura del bibblista don Cesare Bissoli.
L’approccio è di tipo culturale-scolastico: conoscere il cristianesimo a partire da testimoni autentici.
Il docente potrà liberamente utilizzare i materiali offerti declinandoli secondo il grado e tipo di scuola.
Schede didattiche per l’IRC
Chiesa e internet
VINCENZO GRIENTI, Chiesa e internet, Academia Universa Press, pp.
130, euro 16,50.
In quanto comunione, la Chiesa cattolica è comunicazione.
Non potrebbe essere altrimenti.
Il Dio dei cristiani è egli stesso comunicazione.
Nel suo lavoro di creazione comunica senza sosta e anche la redenzione, che avviene attraverso l’invio del Figlio incarnato, è in sé un atto comunicativo.
Il mistero trinitario di un unico Dio in tre persone è anch’esso intessuto di comunicazione, e l’intera storia della salvezza, imperniata sull’alleanza fra Dio e il suo popolo, è un continuo atto di comunicazione.
Occuparsi della comunicazione, per la Chiesa, vuol dire occuparsi di se stessa.
Di qui l’attenzione da sempre riservata agli strumenti del comunicare e la disponibilità ad utilizzarli, come dimostra oggi il fiorire di siti internet cattolici.
Proprio a Chiesa e internet (Academia Universa Press, pag.
130, euro 16,50) è dedicato il nuovo saggio di Vincenzo Grienti, già autore di numerosi studi su Chiesa e mass media e ora impegnato sul fronte dell’attuale rivoluzione comunicativa, frutto di tecnologie che si evolvono rapidamente e che, offrendo possibilità inedite di utilizzo, non solo influenzano il nostro modo di vivere ma danno origine a un nuovo modo di essere, tutto da esplorare.
Un aspetto centrale è la fine della tradizionale separazione tra produttori e recettori.
Oggi le funzioni si mescolano e la recezione passiva, pur continuando a esistere per ampie fasce della popolazione, si presenta sempre più come un residuo destinato a essere superato.
È la fine della mediazione (che mette in crisi, fra l’altro, il ruolo del giornalista) e l’inizio di una fase in cui per comunicare non è necessario ricavarsi spazi ed essere legittimati dal possesso, vero o presunto, di particolari competenze, ma basta accedere al campo libero della rete, dove ognuno può essere subito in linea e assumere tutti i ruoli.
La Chiesa è tra le realtà che si stanno dimostrando più reattive sia nel cogliere le nuove opportunità sia in quell’opera di vigilanza e di esercizio del senso critico che non può mai venir meno in chi, alla fine, ha a cuore non tanto la comunicazione in sé ma il destino del comunicatore.
Nel libro, Grienti ripercorre gli ultimi dieci anni del rapporto tra Chiesa e internet e aiuta, anche illustrando alcune iniziative, a far capire il senso dei numerosi documenti elaborati sia dal magistero pontificio sia dalle varie agenzie ecclesiali che operano nel settore.
Sullo sfondo, un senso di fiducia.
Perché, come ha scritto Benedetto XVI, lo sviluppo delle nuove tecnologie rappresenta «una grande risorsa per l’umanità» e «una grande opportunità per i credenti».
di Aldo Maria Valli in “Europa” del 7 luglio 2010