Santa Messa in Suffragio dei nostri defunti e omaggio a don Emilio

La Messa in suffragio per Don Alberich e don Leandro si terrà mercoledì 16 novembre ore 12:15 – Cappella Gesù Maestro

 

Hommage à Emilio – Omaggio ad Emilio

C’est une joie pour moi d’évoquer la mémoire d’Emilio Alberich et de lui rendre hommage. J’ai eu le plaisir et l’honneur de côtoyer régulièrement Emilio durant une vingtaine d’années en maintes occasions, en particulier lors des congrès de l’Equipe Européenne de Catéchèse dont il fut le président de 1974 à 1978 et de 1994 à 1998.  Aussitôt, j’ai été frappé par ses grandes qualités humaines, par son accueil chaleureux, par sa capacité de nouer une amitié simple, durable, cordiale. Toujours avec le sourire et l’empressement à servir.

È una gioia per me ricordare e rendere omaggio a Emilio Alberich. Ho avuto il piacere e l’onore di stare regolarmente fianco a fianco con Emilio per vent’anni in molte occasioni, specialmente ai congressi dell’Équipe Europea di Catechesi di cui è stato presidente dal 1974 al 1978 e dal 1994 al 1998. Da subito mi hanno colpito le sue grandi qualità umane, la sua calorosa accoglienza, la sua capacità di stringere un’amicizia semplice, duratura, cordiale. Sempre con un sorriso e la voglia di servire.

Emilio a été pour moi un ami et un grand théologien et catéchète dont je me suis souvent inspiré, passionné qu’il était par l’évangile et par son annonce à nos contemporains. Théologien, il l’a été par l’étude assidue et approfondie des textes du Concile Vatican II. Emilio, en effet, s’est nourri abondamment des perspectives novatrices ouvertes par le Concile. Catéchète, il l’a été en mettant les perspectives conciliaires au service de la rénovation de la catéchèse.  La réflexion théologique d’Emilio ne s’isolait jamais dans une sphère spéculative abstraite, mais se mettait toujours au service de la foi dans son acte de transmission à nos contemporains, enfants jeunes ou adultes.

Emilio è stato per me un amico e un grande teologo e catecheta al quale mi sono spesso ispirato, appassionato com’era dal Vangelo e dal suo annuncio ai nostri contemporanei. Teologo, lo è stato attraverso lo studio assiduo e approfondito dei testi del Concilio Vaticano II. Emilio, infatti, fu abbondantemente nutrito dalle prospettive innovative aperte dal Concilio. Fu catecheta mettendo le prospettive conciliari al servizio del rinnovamento della catechesi.  La riflessione teologica di Emilio non è mai stata isolata in una sfera speculativa astratta, ma si è sempre posta al servizio della fede nel suo atto di trasmissione ai nostri contemporanei, bambini giovani o adulti.

Les titres de ses grandes œuvres parues en français figurent bien ses préoccupations majeures: La catéchèse dans l’Eglise (Cerf 1987), Adultes et catéchèse (Novalis – Lumen Vitae, 2000), Les fondamentaux de la catéchèse (Novalis – Lumen Vitae, 2006). L’Eglise dont il parle est l’Eglise de Vatican II. Et la catéchèse qu’il promeut est la catéchèse rénovée que le concile appelait de ses voeux aussi bien dans son contenu, que dans son esprit, sa pédagogie et son organisation. Emilio a bien mis en valeur les quatre formes essentielles de la visibilité ecclésiale, à savoir, la diakonia, la koinonia, la marturia (témoignage) et la leitourgia. Mais son apport principal est d’avoir montré comment ces quatre dimensions de l’Eglise prennent corps dans la catéchèse et viennent la féconder ensemble, par leur articulation.

I titoli delle sue grandi opere pubblicate in francese includono i suoi maggiori interessi: La catéchèse dans l’Eglise (Cerf 1987), Adultes et catéchèse (Novalis – Lumen Vitae, 2000), Les fondamentaux de la catéchèse (Novalis – Lumen Vitae, 2006). La Chiesa di cui parla è la Chiesa del Vaticano II. E la catechesi che promuove è la catechesi rinnovata che il Concilio ha richiesto sia nel suo contenuto che nel suo spirito, nella sua pedagogia e nella sua organizzazione. Emilio ha ben evidenziato le quattro forme essenziali di visibilità ecclesiale, vale a dire la diaconia, la koinonia, la marturia (testimonianza) e la leitourgia. Ma il suo contributo principale è quello di aver mostrato come queste quattro dimensioni della Chiesa prendono forma nella catechesi e arrivano a fecondarla insieme, con la loro articolazione.

Ce travail de théologien et de catéchète, Emilio l’a entrepris, avec assiduité et ténacité, en profondeur et dans le long terme. Sa vie fut entièrement consacrée à la promotion de l’action évangélisatrice de l’Eglise et à la formation de ses agents. Emilio fut un penseur, un enseignant et un écrivain dont l’influence a été et reste incommensurable.  On ne pourrait dénombrer, en effet, tous ceux et celles qui sont suivi ses cours en particulier à l’Université Salésienne de Rome, qui ont assisté à ses nombreuses sessions et conférences ou lu ses nombreux articles et ouvrages, la plupart traduits en diverses langues.

Emilio intraprese questo lavoro di teologo e catecheta, assiduamente e tenacemente, in profondità e a lungo termine. La sua vita fu interamente dedicata alla promozione dell’azione evangelizzatrice della Chiesa e alla formazione dei suoi agenti. Emilio era un pensatore, un insegnante e uno scrittore la cui influenza era e rimane incommensurabile. Non si potevano contare, infatti, tutti coloro che seguivano i suoi corsi, specialmente all’Università Salesiana di Roma, che frequentavano le sue numerose sessioni e conferenze o leggevano i suoi numerosi articoli e libri, la maggior parte dei quali tradotti in varie lingue.

Passionné par la communication de l’Evangile, Emilio était un homme qui franchissait allègrement les frontières linguistiques et culturelles, non seulement physiquement par ses nombreux voyages, particulièrement en Europe et en Amérique latine, mais aussi par sa pratique de diverses langues; l’espagnol, sa langue maternelle, l’italien, le français, l’allemand, l’anglais qu’il a pris la peine d’apprendre.  Il était multiculturel par sa connaissance des langues. Il exprimait ainsi, par ses propres aptitudes, son ouverture fraternelle à tous ainsi que la destination universelle du message évangélique dont il fut un éminent témoin.

Appassionato per la comunicazione del Vangelo, Emilio è stato un uomo che ha varcato agilmente i confini linguistici e culturali, non solo fisicamente attraverso i suoi numerosi viaggi, in particolare in Europa e in America Latina, ma anche attraverso la pratica di varie lingue; spagnolo, la sua lingua madre, italiano, francese, tedesco, inglese che si è preso la briga di imparare. Era multiculturale nella sua conoscenza delle lingue. In tal modo egli esprimeva, con le proprie attitudini, la sua fraterna apertura a tutti, come pure la destinazione universale del messaggio evangelico di cui è stato eminente testimone.

C’était un plaisir de voir Emilio vivre avec ses confrères et amis salésiens, toujours joyeux et content. Je l’entends encore chanter de sa belle voix avec cœur et plaisir: «O sole mio» ou «Granada».

Que Dieu l’accueille dans sa maison.

È stato un piacere vedere Emilio vivere con i suoi confratelli e amici salesiani, sempre gioioso e contento. Lo sento ancora cantare con la sua bella voce con cuore e piacere: “O sole mio” o “Granada”.

Dio lo accolga nella sua casa.

André Fossion s.j.

 

 

Il Papa: la tristezza non va scartata ma capita, ci aiuta a migliorare la vita

All’udienza generale Francesco prosegue le riflessioni sul tema del discernimento e nella catechesi odierna affronta un aspetto che ha a che fare con i sentimenti, la desolazione, un’esperienza comune nella vita di tutti: può scoraggiare chi vuole seguire il Vangelo e fare il bene, ma nessuna tentazione supera le nostre forze

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Dio parla al cuore”, così il discernimento non è solo una questione di testa, ma contiene anche aspetti affettivi come il sentimento della desolazione a cui il Papa dedica la catechesi di questo mercoledì. Ma di cosa si tratta? Per spiegarlo Francesco cita ciò che ha scritto a proposito Sant’Ignazio di Loyola: (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

“E’ l’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l’anima s’inclina alla sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore”

La desolazione, un’esperienza comune

Credo, prosegue Papa Francesco, che tutti abbiamo fatto esperienza di desolazione. Ma forse non tutti la sappiamo leggere “perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci” e quindi non va perduta.

Nessuno vorrebbe essere desolato, triste: questo è vero. Tutti vorremmo una vita sempre gioiosa, allegra e appagata. Eppure questo, oltre a non essere possibile – perchè non è possibile -, non sarebbe neppure un bene per noi. Infatti, il cambiamento di una vita orientata al vizio può iniziare da una situazione di tristezza, di rimorso per ciò che si è fatto.

Il rimorso può portare al cambiamento

Il rimorso “è la coscienza che morde”, afferma il Papa e osserva che nei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni la descrive in modo splendido nel celebre dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato. Quest’ultimo, dopo aver passato una notte terribile tormentato dai rimorsi, viene accolto dal cardinale come fosse portatore di una buona notizia: “Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova”, chiede l’Innominato a Borromeo che gli risponde: “Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo”. Il Papa commenta:

È importante imparare a leggere la tristezza. (…) Nel nostro tempo, essa è considerata per lo più negativamente, come un male da fuggire a tutti i costi, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme per la vita, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità e l’evasione non consentono. San Tommaso definisce la tristezza un dolore dell’anima: come i nervi per il corpo, essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso.

Per chi vuol fare del bene, la tristezza è un ostacolo

Diverso è invece la situazione di chi vuol compiere il bene, in questo caso “la tristezza è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci”. Allora non bisogna andarle dietro, ma bisogna “agire in maniera esattamente contraria a quanto suggerito, decisi a continuare quanto ci si era proposto di fare”.

Pensiamo al lavoro, allo studio, alla preghiera, a un impegno assunto: se li lasciassimo appena avvertiamo noia o tristezza, non concluderemmo mai nulla. È anche questa un’esperienza comune alla vita spirituale: la strada verso il bene, ricorda il Vangelo, è stretta e in salita, richiede un combattimento, un vincere sé stessi. Inizio a pregare, o mi dedico a un’opera buona e, stranamente, proprio allora mi vengono in mente cose da fare con urgenza per non pregare e per non fare le cose buone. Tutti abbiamo questa esperienza. È importante, per chi vuole servire il Signore, non lasciarsi guidare dalla desolazione.

Saper attraversare la desolazione fa crescere

In un momento di tristezza, prosegue il Papa, tanti decidono di abbandonare una scelta fatta, “senza prima fermarsi a leggere questo stato d’animo”. E ricorda che “una regola saggia dice di non fare cambiamenti quando si è desolati.” Un esempio è Gesù che, come leggiamo nel Vangelo, respinge con fermezza le tentazioni del demonio, che scompaiono di fronte al suo atteggiamento risoluto di compiere la volontà del Padre. Francesco afferma:

Se sappiamo attraversare solitudine e desolazione con apertura e consapevolezza, possiamo uscirne rafforzati sotto l’aspetto umano e spirituale. Nessuna prova è al di fuori della nostra portata; nessuna prova sarà superiore a quello che noi possiamo fare. Ma non fuggire dalle prove: vedere cosa significa questa prova, cosa significa che io sono triste: perché sono triste? Cosa significa che io in questo momento sono in desolazione? Cosa significa che io sono in desolazione e non posso andare avanti?

Non darsi vinti per un momento di tristezza

“Andare avanti,” questo l’invito di Papa Francesco: se non riusciamo a vincere oggi la tentazione, camminiamo e “la vinceremo domani”. E conclude: “Che il Signore ti benedica in questo cammino – coraggioso! – della vita spirituale, che è sempre camminare.”

 

La religiosità in Italia, tra incertezza e spiritualità antistituzionale

Roberto Cipriani*

 

SOMMARIO
Ad oltre venticinque anni di distanza dalla precedente indagine, sono stati pubblicati i risultati della nuova ricerca sulla religiosità in Italia. È stato analizzato lo stato della religione, o meglio delle religioni, in Italia nel corso del 2017. Non si tratta solo di un aggiornamento della ricerca del 1995. Questa volta si è fatto ricorso alla più impegnativa metodologia mista, cioè sia quantitativa (con 3238 questionari somministrati sul territorio nazionale secondo criteri di rappresentatività statistica) che qualitativa (con 164 interviste approfondite raccolte in varie città italiane).

 

SCARICA NUMERO:

CE 7(2) – 01. Cipriani

 

► PAROLE CHIAVE
Cipriani; Italia; Metodologia mista; Religiosità; Ricerca.

 

*Roberto Cipriani: già Ordinario di Sociologia nell’Università Roma Tre e Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia, Presidente del Comitato di Ricerca di Sociologia della Religione nell’International Sociological Association, Pre-sidente del Consiglio Europeo delle Associazioni Nazionali di Sociologia, nonché Editor-in-Chief della rivista International Sociology.

ACCEDI ALLA RIVISTA ONLINE nella sezione “CATECHETICA ED EDUCAZIONE”

“Dire Dio” ai margini della vita e in un tempo di incertezze”

“Parlare di Guerra. Educare alla pace” Giornata pedagogica della scuola cattolica

Si rinnova l’annuale appuntamento con la giornata pedagogica della scuola cattolica quest’anno sul tema “ Parlare di guerra. Educare alla pace”. L’evento  si  svolgerà  in presenza a Roma il 22 ottobre 2022  presso  il Green Park Hotel Pamphili – Largo Lorenzo Mossa 4

Il Centro Studi per la Scuola Cattolica della Conferenza Episcopale Italiana rinnova per l’annuale appuntamento con la giornata pedagogica della scuola cattolica dal titolo “ Parlare di guerraEducare alla pace” –  L’evento  si  svolgerà  in presenza a Roma il 22 ottobre 2022  presso  il Green Park Hotel Pamphili – Largo Lorenzo Mossa 4,  con un  massimo di 100 partecipanti  ma i  lavori saranno trasmessi anche in diretta streaming sul canale Youtube della CEI per consentire a un maggior numero di persone di seguire tutte le relazioni.

Il tema della giornata: Le vicende internazionali degli ultimi mesi hanno fatto tornare di attualità il tema della guerra, non perché le guerre fossero scomparse ma perché si è tornato a combattere in aree geografiche a noi più vicine, con un coinvolgimento materiale e immateriale, emotivo ed economico, assai superiore al passato. Queste vicende hanno avuto una ricaduta anche sulla scuola, pertanto abbiamo pensato di proporre una riflessione articolata sul senso delle “vecchie” ma sempre attuali categorie della guerra e della pace per aggiornare la cultura di cui devono essere portatori gli insegnanti di ogni ordine e grado di scuola. A uno storico il Prof. Agostino Giovagnoli è stato dato il compito di contestualizzare il discorso sulla guerra; a una pedagogista la Prof.ssa Daniela Lucangeli invece, è stato chiesto di fornire categorie e strumenti per dare un senso rinnovato all’educazione alla pace.

 

Per coloro che intendono partecipare sia in presenza che in streaming, occorre iscriversi on-line entro il 14 ottobre 2022  tramite il sistema iniziative della CEI al link  

https://iniziative.chiesacattolica.it/GiornataPed_Ottobre2022_ParlarediGuerra

 

In allegato Depliant e Note organizzative

Il 25° anniversario del Religion Today Film Festival

l prossimo 24 ottobre la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale organizza il tradizionale Seminario in collaborazione con il Religion Today Film Festival. Una tradizione che si ripete ormai da anni e che quest’anno approfondirà il tema del “dialogo”, in continuità con le celebrazioni dei 25 anni di esistenza del Festival. L’edizione si è chiusa lo scorso 21 settembre con l’assegnazione del Gran Premio nello spirito della Fede al film Darkiling, del regista serbo Dusan Milic.

La giuria degli studenti FSC ha assegnato il premio Nuovi sguardi al film Nascondino della regista italo-brasiliana Victoria Fiore, film documentario girato in 4 anni, che racconta la vicenda di un ragazzo undicenne dei Quartieri Spagnoli di Napoli e il tentativo della nonna di allontanarlo dalla criminalità.

Il programma del Seminario di quest’anno vede l’intervento dei tre direttori artistici succedutisi nei 25 anni di esperienza di cinema spirituale e del dialogo interreligioso, Lia Beltrami (in video messaggio), Katia Malatesta e Andrea Morghen, che tracceranno le caratteristiche dell’arco di tempo nell’organizzazione e proporranno un cortometraggio che rappresenti meglio il loro stile di direzione.

Il titolo scelto per questa edizione di celebrazione è stato “25 anni di dialogo”. E il dialogo è la tematica sulla quale si susseguiranno gli interventi dei relatori invitati al Seminario, ognuno dei quali ne traccerà una prospettiva specifica: quella teologica dal Prof. Guido Benzi (Teologia-UPS); la prospettiva della mediazione il Prof. Rocco Altieri (Università di Pisa); la prospettiva psicologica il Prof. Antonio Dellagiulia (Decano FSE-UPS); e quella della comunicazione la Prof.ssa Paola Springhetti (FSC-UPS).

Nel pomeriggio, verrà proiettato Nascondino, il film che la giuria della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale ha scelto di premiare con il Premio Nuovi sguardi.

Il Seminario è aperto a studenti e docenti dell’Università Salesiana e a quanti desiderano partecipare.

«PROGRESSISMO E TRADIZIONALISMO SONO PROVE D’INFEDELTÀ ED EGOISMO»

Francesco presiede la celebrazione eucaristica nel sessantesimo anniversario dell’inizio del Concilio: «Quell’evento ci ricorda che la Chiesa, a immagine della Trinità, è comunione. Il diavolo, invece, vuole seminare la zizzania della divisione. Non cediamo alle sue lusinghe e alla tentazione della polarizzazione. Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, per veleni e polemiche». Riesumata, ed esposta ai fedeli, la salma di San Giovanni XXIII

Mette in guardia sia dal «progressismo che si accoda al mondo», sia dal «tradizionalismo, o “indietrismo”, che rimpiange un mondo passato», perché entrambe «non sono prove d’amore, ma di infedeltà». E ricorda papa Francesco – come se la memoria del Concilio fosse elemento di divisione e non di comunione – «quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, “di destra” o “di sinistra” più che di Gesù; ergersi a “custodi della verità” o a “solisti della novità”, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa».

Atmosfera solenne a San Pietro per la Messa che ricorda il 60° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, aperto l’11 ottobre 1962 da San Giovanni XXIII, la cui salma per l’occasione è stata riesumata ed esposta in un’urna di vetro nella navata della Basilica, davanti all’altare centrale della Confessione.

Papa Francesco nell’omelia spiega il significato di questo anniversario che non è soltanto un ricordo di una tappa fondamentale della vita della Chiesa ma l’inizio del cammino di preparazione al Giubileo del 2025: «Il Concilio», afferma Bergoglio, «ci ricorda che la Chiesa, a immagine della Trinità, è comunione. Il diavolo, invece, vuole seminare la zizzania della divisione. Non cediamo alle sue lusinghe, non cediamo alla tentazione della polarizzazione. Quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre», ha ricordato, «quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, “di destra” o “di sinistra” più che di Gesù; ergersi a “custodi della verità” o a “solisti della novità”, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa. Il Signore non ci vuole così – ha avvertito Francesco -: noi siamo le sue pecore, il suo gregge, e lo siamo solo insieme, uniti. Superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione, diventiamo sempre più “una cosa sola”, come Gesù ha implorato prima di dare la vita per noi. Ci aiuti in questo Maria, Madre della Chiesa. Accresca in noi l’anelito all’unità, il desiderio di impegnarci per la piena comunione tra tutti i credenti in Cristo».

Il Pontefice invita a «riscoprire il Concilio per ridare il primato a Dio, all’essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati; a una Chiesa che sia ricca di Gesù e povera di mezzi; a una Chiesa che sia libera e liberante».

La celebrazione all’altare è officiata dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ed è arricchita da alcuni segni particolari. Prima della Messa, sono stati letti alcuni passaggi del significativo discorso che San Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio, Gaudet Mater Ecclesia. Inoltre, sono stati proclamati da Emanuele Ruzza e Stefania Squarcia alcuni testi delle quattro costituzioni Conciliari: Dei Verbum, Sacrosanctum Concilium, Lumen gentium, Gaudium et spes. Al termine di queste letture un gruppo di vescovi e sacerdoti è entrato nella Basilica di San Pietro con una solenne processione, per ricordare la processione di vescovi che aprì il Concilio 60 anni fa.

L’omelia di Francesco è tutta incentrata su cosa significa ricordare l’inizio del Concilio: «Riscopriamolo per ridare il primato a Dio, all’essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati; a una Chiesa che sia ricca di Gesù e povera di mezzi; a una Chiesa che sia libera e liberante», dice il Pontefice, «il Concilio indica alla Chiesa questa rotta: la fa tornare, come Pietro nel Vangelo, in Galilea, alle sorgenti del primo amore, per riscoprire nelle sue povertà la santità di Dio», «per ritrovare nello sguardo del Signore crocifisso e risorto la gioia smarrita, per concentrarsi su Gesù. Ritrovare la gioia, una Chiesa che ha perso la gioia ha perso l’amore. Chiediamoci», prosegue il Papa, «se nella Chiesa partiamo da Dio, dal suo sguardo innamorato su di noi. Sempre c’è la tentazione di partire dall’io piuttosto che da Dio, di mettere le nostre agende prima del Vangelo, di lasciarci trasportare dal vento della mondanità per inseguire le mode del tempo o di rigettare il tempo che la Provvidenza ci dona per volgerci indietro».

“Cari giovani, la Chiesa vuole per voi il vero successo”

Mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri, scrive ai giovani all’inizio dell’anno scolastico ed accademico

“Cari giovani, la mia prima lettera dell’anno pastorale vi giunge all’inizio dell’anno scolastico ed accademico. Spero che coloro che hanno concluso il percorso formativo abbiano iniziato l’inserimento nel mondo delle attività professionali. A tutti un augurio di camminare insieme con fiducia per costruire un futuro pieno di gioia e di successi”.

Inizia così la lettera ai giovani inviata da mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri, all’inizio del mese di ottobre.

Il vescovo si sofferma sul tema del successo. “Capire e vivere le opportunità da protagonista è la vera sfida di ciascuno di noi – scrive –. Ma per essere protagonista, tu devi essere qualcuno! Nel successo devi essere te stesso e non un attore del dibattito, sia pure ricercato. La società cerca attori protagonisti e non comparse! Per essere attori protagonisti bisogna capire chi sono, dove vado e, soprattutto, perché vivo”.

Davanti a questa sfida, mons. Leuzzi invita i giovani a non avere paura, perché “Ci sono tanti amici che sono disponibili a confrontarsi e a dialogare con voi. Non siete soli! La Chiesa vi è sempre vicina e, insieme, troverete occasioni per vivere momenti di condivisione”. Per questo, ribadisce, “Anche tu non aver paura di chiedere: ‘dove dimora il Maestro?’. Lo troverai nella vita della Tua Parrocchia, semplice e umile. In quella comunità dimora il Signore! È la via del successo, dell’attore protagonista e non dell’attore comparsa, che vive del successo, ma non costruisce nulla per sé e per gli altri. La Chiesa esiste perché voi giovani abbiate successo!”.

In allegato il testo integrale della lettera di mons. Leuzzi.

 

Canonizzato Artemide Zatti, salesiano laico e infermiere

Il 9 ottobre 2022 papa Francesco ha canonizzato – accanto a mons. Giovanni Battista Scalabrini – Artemide Zatti (1880-1951). Infermiere e farmacista, questo laico salesiano ha passato la vita al servizio dei malati e dei poveri in Patagonia.

Papa Francesco vede in sant’Artemide Zatti il «buon Samaritano» della pagina evangelica. È quanto ha dichiarato ai membri della famiglia salesiana in vista della sua canonizzazione:

Il Buon Samaritano ha trovato in lui un cuore, delle mani e una passione, soprattutto per i piccoli, i poveri, i peccatori, gli ultimi.

Nel suo discorso egli ha enfatizzato la devozione totale dell’infermiere e farmacista per i poveri, nonché la sua fervente fede, che irradiava l’amore di Dio nei luoghi che visitava.

Artemide Zatti, di origine italiana, emigrò in Argentina con la propria famiglia all’età di 17 anni. Si installarono a Bahia Blanca, piccola città a sud di Buenos Aires, nel nord della Patagonia argentina. Spesso Artemide ha accompagnato il proprio parroco, don Carlo Cavalli, un salesiano, nella visita ai malati. Osservando la sua dedizione e la sua profonda fede, don Carlo gli fece leggere una vita di Don Bosco. Toccato dall’esempio del prete e coinvolto dalla lettura, scelse di diventare salesiano.

A 20 entrò in seminario, ma contrasse la tubercolosi occupandosi di un giovane prete malato. Padre Evasio Garrone, che lo curò, invitò Artemide a pregare Maria Ausiliatrice per la propria guarigione, e gli suggerì di formulare un voto: «Se ti guarisce, dedicherai tutta la vita ai malati». Artemide promise e guarì. Rinunciò al sacerdozio per meglio assicurare la vocazione di infermiere presso i malati. Divenne frate laico l’11 gennaio 1908, e fece la professione perpetua l’8 febbraio 1911.

Da allora dedicò la propria vita ai malati, e specialmente ai più poveri, curandoli gratuitamente e facendo chilometri per recarsi al loro capezzale. «Una delle grandi caratteristiche di Zatti era la compassione che aveva per la gente», ha dichiarato ad i.Media Pierluigi Cameroni, postulatore generale per le cause dei santi della famiglia salesiana:

Anzitutto perché accoglieva i poveri in ospedale, ma anche perché – con la sua ben nota bicicletta – si faceva il giro di tutta la città per andare a trovare i poveri, quelli che non potevano recarsi da lui, quelli che non avevano medicine.

Vedere Cristo nei malati

Artemide Zatti vide il Signore sofferente in ciascuno dei malati affidati a lui. Diceva letteralmente alla religiosa incaricata della gestione infermieristica: «Prepari per favore un letto a un Gesù di 12 anni». Oppure: «Ha per caso un paio di scarpe per un Gesù di 30 anni?». Prima che lo facesse il Papa, per via di questa leggendaria compassione già tutti lo chiamavano “il Buon Samaritano”.

ZATTI

Si dedicò totalmente all’ospedale San José de Viedma. Nel 1913 ne assunse la responsabilità, divenendone vice-direttore, amministratore e infermiere-capo. Nel 1915 divenne direttore dell’ospedale San José e due anni più tardi, presa una licenza da infermiere professionista, divenne direttore della farmacia. Morì il 15 marzo 1951 per un cancro al pancreas.

Il prodigio che ha sbloccato la sua ascesa agli altari ha avuto luogo nel 2016 nelle Filippine: un uomo, vittima di un grave incidente vascolare cerebrale ma troppo povero per farsi operare in ospedale, ha recuperato totalmente la salute grazie alle preghiere del fratello, salesiano, al beato Artemide Zatti. «Anche in questo miracolo, direi che abbia voluto aiutare uno privo di mezzi», sottolinea Pierluigi Cameroni.

Le guarigioni miracolose non sono il solo “àmbito di competenza” del nuovo santo: papa Francesco ha invitato a considerare che Artemide Zatti è anche un potente intercessore per le vocazioni, e lo ha fatto raccontando un’esperienza personale, occorsagli quando era Provinciale dei Gesuiti di Argentina.

Gli affidai la richiesta al Signore di sante vocazioni alla vita consacrata laica, per la Compagnia di Gesù: dal momento in cui abbiamo cominciato a pregare per la sua intercessione, il numero dei giovani coadiutori è aumentato in maniera significativa.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

Mathilde De Robien – i.Media per Aleteia – pubblicato il 10/10/22