E’ stato presentato in “Controcampo Italiano” il film documentario Se hai una montagna di neve, tienila all’ombra, diretto da Elisabetta Sgarbi ed Eugenio Lio ed ispirato alla omonima raccolta di poesie di Tito Balestra.
Un viaggio lungo l’intera Penisola dello scrittore Edoardo Nesi e dello stesso Lio consistente in una sorta di inchiesta sulla situazione e lo stato della cultura in Italia.
Domande asciutte e fondamentali quanto imbarazzanti per molti degli (imbarazzati) intervistati, che si tratti dei nomi noti della cultura nostrana che della più numerosa schiera della cosiddetta gente comune; oppure viatico per illuminanti parole offerte da una ristretta minoranza: da Franco Battiato al lavoratore delle saline siciliane; da Umberto Eco all’agricoltore padano; da Manlio Sgalambro al pescatore lungo il corso del Po.
Primi piani semplicissimi ed implacabili che molto ricordano i pasoliniani Comizi d’amore, come i ragazzi e le ragazze di Campo de’ Fiori a Roma nella loro inconsapevole e toccante contraddittorietà o l’arditissimo Antonio Rezza che tira in ballo nientemeno che Elias Canetti per esporre il suo spiazzante parere sul tema.Tra i volti partecipanti, un’esperienza interessante è stata quella di Arialdo Ceribelli, gallerista di Bergamo e studioso della ricerca estetica del pittore ed incisore Gianfranco Ferroni; collaboratore di Elisabetta Sgarbi alla quale nel 2002 ha commissionato il mediometraggio La notte che si sposta – Gianfranco Ferroni, intervistato sul film ha affermato che “il lavoro della Sgarbi e di Loi è particolarmente importante in quanto mette in luce come sia complesso parlare di cultura e come sia facile scadere nella banalità; e quanto sia però utile discuterne in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, soprattutto attraverso il linguaggio lucido e poetico dei registi”.
Il film è dedicato a Luciano Emmer e a Tito Balestra.
Categoria: Novità
La sezione Novità con le sue rubriche tiene aggiornati gli educatori sulle novità che: negli eventi, nell’editoria e nel cinema interessano l’educazione religiosa.
Giovanni Reale: “Ma Platone aveva previsto questa Italia”
L’intervista Giovanni Reale, lei si definisce filosofo cattolico.
È così? «Credente, cristiano, cattolico in senso agostiniano, ma molto liberale».
Cosa vuol dire? «Essere cristiano significa aver incontrato una persona, Cristo, che il credente pensa sia Dio fattosi uomo nella storia.
La sua presenza, inoltre, per chi crede in lui non è limitata al tempo in cui è vissuto, ma è eterna.
La fede dura sulla Terra finché qualcuno continua a credere alla presenza eterna di Cristo nella storia.
Quando si dirà “Cristo è stato e non è più” la fede sparirà».
In che senso si sente vicino ad Agostino? «Agostino non dogmatizza il pensiero, ma lo trasforma in vita spirituale vissuta».
Oggi per il pensiero cristiano è un’epoca felice o infelice? «È infelice per il pensiero filosofico.
Uno dei più intelligenti filosofi contemporanei, Jürgen Habermas, scrive: “La filosofia non è più autorizzata a intervenire in modo diretto nei problemi morali.
Proprio nelle questioni per noi più rilevanti la filosofia si limita a indagare le caratteristiche formali dei processi di autocomprensione, facendo astrazione dai loro contenuti.
È la massima infelicità».
E la politica? «Anche quella non interviene più direttamente.
È per questo che si pubblica un libro al giorno o su Agostino o di Agostino.
Platone, da parte sua, è molto più venduto di qualsiasi altro filosofo di qualunque tempo».
E questo come mai? «Perché è arrivato alla radice dei problemi ed è un grande scrittore».
Ma San Tommaso e Aristotele? «Hanno straordinarie doti speculative.
Però parlano solo a chi è interessato, al pensatore astratto, e meno all’uomo».
Lei parla di queste e altre cose nel film «Se hai una montagna di neve tienila all’ombra».
«È un lungo documentario di Elisabetta Sgarbi sulla cultura e la lettura che è stato appena presentato al Festival di Venezia nella sezione Controcampo Italiano.
Tenga presente che si è diffuso in televisione e nei giornali un concetto di cultura assolutamente sbagliato.
Per esempio, si dice che lo sport, quello che viene trasmesso in televisionee, è cultura al più alto livello.
Io ho detto, invece, che in realtà è “controcultura”.
Sbagliano quelli che fanno cultura non a 360 gradi.
Io pubblico nelle mie collane da Marx ai mistici.
La cultura è cibo spirituale di cui l’uomo ha un bisogno assoluto.
L’uomo ricerca la verità e secondo Hegel lo fa seguendo tre strade: l’arte, la filosofia e la religione.
Il primo grande manifesto che lo teorizza attraverso l’arte è la Stanza della Segnatura di Raffaello, in Vaticano».
A settembre usciranno tre suoi volumi in cofanetto e un film di Elisabetta Sgarbi che ha avuto il permesso da Antonio Paolucci, dopo 40 anni di proibizione, di filmare quel luogo altamente simbolico.
Ma che cos’è la Stanza della Segnatura? «Era la biblioteca privata del Papa: la rappresentazione del concetto rinascimentale di cultura che si amplia notevolmente rispetto al Medioevo e la prova mostrata in modo stupendo di come l’uomo cerca la verità attraverso l’arte, la filosofia e la religione.
Del resto alcune volte nel verso profondo di un grande poeta si dicono molte cose in più che in un trattato di filosofia» L’Italia di oggi vista da un filosofo va avanti o va indietro? «Da un punto di vista generale succede che i nostri giovani risultino, rispetto a tutti gli altri giovani del mondo, i più preparati in filosofia.
E c’è una ragione.
Il merito è di Croce e Gentile.
Abbiamo tuttora il beneficio di quelle grandi riforme.
Sono invece atterrito dall’attuale situazione politica che corrisponde a quello che Platone descrive come “il momento in cui per eccesso di libertà e di licenza, ed essendo l’unico interesse quello per la ricchezza, si rischia di cadere in una forma di tirannide”.
Per esempio, i tre mali supremi che colpiscono la gioventù indicati da Platone sono identici a quelli di oggi: lui parlava di forme di ebbrezza, di eccesso dell’amore sessuale e di melancolia: che corrisponde alla depressione, il male oggi più diffuso».
Secondo lei Papa Benedetto XVI è un filosofo? «Di grande levatura e non a caso ama la cultura, l’arte e la musica.
Sono molto d’accordo su tante delle sue affermazioni e divido con lui l’ambito culturale tedesco in cui si è formato».
Quello che accade oggi nella Chiesa le sembra positivo? «La Chiesa deve essere sempre più in questo mondo, ma non con la logica di questo mondo.
Cristo ha detto a Pilato: “Il mio regno non è di questo mondo”.
Da agostiniano, credo che la Chiesa debba distinguersi dai palazzi vaticani.
Ogni filosofia che si sposi con il messaggio cristiano fa parte della Chiesa: il messaggio cristiano non è limitabile da alcuna cultura e non è vincolabile.
Come è detto nell’enciclica “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II, ispirata dalle idee dell’allora cardinale Ratzinger».
in “La Stampa” del 5 settembre 2010
The Accordion: alla 67. ma Mostra di Venezia
Prima di vedere il suo breve e commovente Accordion, che ha inaugurato alla 67.
ma Mostra di Venezia le Giornate degli Autori, è stata letta davanti ad una platea gremitissima ed attenta, la Lettera che il regista iraniano ha inviato a Roberto Barzanti e a Giorgio Gosetti, essendo impossibilitato a lasciare l’Iran, “reo” di fare film per la gente e per la società..
Panahi – arrestato a Teheran il 2 marzo scorso e rilasciato alla fine di maggio, dietro pagamento di una cauzione di circa 200mila dollari.
– non è venuto a Venezia, però le sue parole scritte sono come terribili macigni lanciati contro il suo governo che reprime violentemente la libertà di espressione.
Tantissimi sono stati gli applausi alla fine del suo breve film che è un auspicio alla tolleranza e alla capacità di comprensione Cosa abbiamo visto Il cortometraggio The Accordion è stato girato a Teheran da Jafar Panahi, il premiato autore iraniano di The Circle / Il cerchio, presentato il 1 settembre 2010, nella giornata inaugurale delle Giornate degli Autori, mentre il 2 settembre, si terrà un dibattito con il regista iraniano Mazdak Taebi sui temi trattati nella sua opera con la partecipazione della stampa internazionale, e una masterclass con giovani cinefili provenienti da tutti i paesi dell’Unione europea.
The Accordion riflette l’ emozione di Panahi di fronte agli accadimenti ed esprime la sua maniera di osservare la realtà.
È la storia di due giovani musicisti ambulanti che si vedono sottrarre la fisarmonica a causa di un incidente.
In questo breve ed intenso racconto c’è tutto il suo universo poetico , una metafora sulla comprensione delle nuove generazioni che scelgono la condivisione al posto del conflitto.
Il cortometraggio ‘The Accordion’, é prodotto da Art for The World’Then and now, Beyond Borders and Differences sulla tolleran all’interno del nuovo progetto za e la consapevolezza della complessità delle culture.
Ma a Panahi bisognerebbe comunicare che tutta la gente che ama il cinema e coloro che lo sanno fare come lui, non solo sostengono la sua lotta ma condividono sinceramente la sua ricerca per la libertà di espressione e di vita.
Di: Maria – Elisa- Antonio Marotta
L’intima mano.
EMANUELE SEVERINO, L’intima mano.
Europa, filosofia, cristianesimo e destino, Adelphi 2010, pp.
179 euro 26,00 L’ultimo libro di Emanuele Severino, pubblicato da Adelphi e del quale anticipiamo in questa pagina un brano, si intitola L’intima mano.
Europa, filosofia, cristianesimo e destino (pp.
188, 26).
Cosa significa «intima mano?».
Per meglio comprendere tale locuzione occorre ritornare al giorno di Natale del 1784, quando Herder visitando Goethe gli donò gli Opera postuma di Spinoza.
E proferì queste parole: «Rechi oggi il santo Cristo in dono di amicizia il santo Spinoza».
Il gesto era carico di significati, anche perché il filosofo ebreo odiato e dimenticato per oltre un secolo stava per essere riscoperto dall’idealismo tedesco, a cominciare da Jacobi, Fichte, Schelling, Hegel, in un crescendo che porterà decenni più tardi Nietzsche a vedere in lui il pensatore «più vicino».
Herder aggiunse: «Quale intima mano congiunge i due in uno?».
In questa raccolta di scritti «molto organizzati», Severino si propone di «andare più a fondo della risposta a cui Herder può aver pensato»; ovvero rilevare che il legame tra Cristo e Spinoza accomuna anche tutte le grandi opposizioni dell’Occidente (illuminismo e coscienza religiosa, Cristo e demonio nel dialogo del Grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov eccetera).
Sottolinea che non si può distruggere nulla senza creare qualcosa, e che il produrre distruggendo è anche alla radice della teologia di Cristo, «creatore e distruttore».
Questo ultimo libro esce nel primo anniversario della scomparsa di Esterina, la moglie di Severino, che cade il 5 settembre.
Ma a lei il filosofo dedicherà un saggio a cui sta lavorando da quattro anni, che sarà ultimato entro la fine del 2010, nel quale svilupperà la linea primaria del suo discorso, accanto a Destino della necessità (1980), La gloria (2001), Oltrepassare (2007).
Intanto si registra una incessante pubblicazione di studi sul suo pensiero, mentre la Morcelliana in ottobre riproporrà le lezioni universitarie tenute alla Cattolica di Milano nel 1968.
Severino confessa di sentirsi in debito rispetto a molti interlocutori, soprattutto con Carlo Scilironi (Università di Padova) e Andrea Tagliapietra (San Raffaele).
E ora invita a riflettere su questa «intima mano» che unisce le molte opposizioni dando loro un’unità.
Il libro — al quale ha atteso anche in ospedale, durante gli ultimi giorni della moglie Esterina — è un tentativo di configurare la struttura di fondo degli antagonisti.
Dio crea Adamo e Adamo vuole distruggere Dio mangiando la mela: creazione distruttiva; Dio è d’accordo con Adamo e il serpente.
Del resto, negli scritti di Severino «l’intima mano» è anche la Follia estrema che oggi domina l’intero pianeta.
di Armando Torno in “Corriere della Sera” del 3 settembre 2010
XXIII Domenica Tempo Ordinario Anno C
XXIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO Lectio Anno c Prima lettura: Sapienza 9,13-18 Quale, uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza».
v È un brano della preghiera di Salomone per ottenere la sapienza.
Lo spunto è preso dai testi di 1Re 3,6-9 e 2Cr 1,8-10, in cui il Signore invita Salomone a fargli delle richieste che egli avrebbe esaudite e questi non chiede lunga vita, né ricchezza, né la morte dei suoi nemici, ma domanda solo la saggezza per governare bene il suo popolo.
Questa richiesta piace al Signore, che l’esaudisce donandogli il discernimento.
La strofa della preghiera che viene letta in questa domenica insiste sul tema della debolezza umana e ha al suo centro ancora la richiesta della sapienza (v.
17).
I progetti del Signore infatti per la vita dell’uomo sono celesti e si possono comprendere solo con uno spirito che viene dall’alto.
Solo con il dono del discernimento l’uomo può percorrere la via che lo conduce alla salvezza.
Senza il dono della sapienza e dello spirito, considerato come fonte di rinnovamento e di vita interiore, non è possibile per l’uomo conoscere la volontà di Dio e trovare la vita.
Questo tipo di sapienza non si ottiene con i propri sforzi: può essere solo invocata dall’alto.
Seconda lettura: Filemone 1,9-10.12-17 Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù.
Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene.
Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo.
Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.
v La lettera a Filemone conta in tutto 25 versetti: è la più breve dell’epistolario paolino.
Paolo parla di se stesso come prigioniero per Gesù Cristo.
Forse si trova a Roma, perché la sua situazione non è molto dissimile all’arresto domiciliare romano descritto in Atti 28.
L’apostolo chiede a Filemone di accogliere lo schiavo Onesimo, che era fuggito dal padrone — forse per malefatte — non più come schiavo ma come fratello nel Signore.
Dice di averlo generato, perché Onesimo era diventato cristiano per opera sua durante la prigionia.
Paolo non contesta la validità giuridica e sociale della schiavitù.
Inserendo però in quella tremenda struttura lo spirito del vangelo, la faceva scoppiare dal suo interno.
Vangelo: Luca 14,25-33 In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù.
Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Esegesi Gesù sta parlando alle folle e indica loro quali siano le condizioni per seguirlo e per essere suoi discepoli.
Egli vuole essere scelto come l’assoluto e determinante nella vita del discepolo.
Chi vuole seguire la vita di Cristo deve «non amare» il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli e le sorelle.
Gesù ha spiegato con la vita che cosa significhi.
Ecco le sue parole alla madre e al padre quand’era ancora ragazzo: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).
E durante la vita pubblica: «mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21).
Solo chi è veramente libero da ogni affetto che lo trascini a adorare gli idoli dei genitori, dei parenti e degli amici, può mettersi in cammino con Gesù Cristo.
Una seconda condizione è odiare la «propria vita».
I progetti di Gesù sulla vita del discepolo sono sempre sorprendenti.
Solo chi è disposto a lasciare che i propri progetti vengano sconvolti può mettersi in cammino con lui.
La terza condizione è «portare la propria croce».
La croce è il simbolo della storia concreta e personale di ogni uomo e donna chiamati a seguire Gesù.
Significa vincere ogni giorno la seconda tentazione che Gesù ha avuto all’inizio della vita pubblica, quella di chiedere miracoli a Dio, perché si è scontenti della propria situazione familiare, sociale, ecclesiale.
Non è possibile seguire Gesù mormorando continuamente nel proprio cuore come la generazione testarda del deserto.
Quarta condizione: «rinunciare a tutti i propri averi».
Gesù è il vero figlio d’Israele che ha compiuto le esigenze del credo ebraico recitato ogni giorno, lo shemà, in cui si dice di amare Dio con tutte le forze, o meglio — secondo traduzione aramaica del tempo — con tutto mammona.
Anche il discepolo, che vuole seguire Gesù, diventerà un vero figlio d’Israele, se amerà Dio rinunziando a tutti i propri averi.
Si farà così un tesoro nel cielo e allora anche il suo cuore sarà nel cielo, ma solo da lì discende la vita vera, e la felicità piena.
Meditazione La sapienza come coscienza della alterità del volere di Dio rispetto al volere umano per poter abitare la distanza fra uomo e Dio (I lettura) e rendere praticabile l’«impossibile sequela» del Cristo (vangelo): questa può essere colta come tematica unificante le letture odierne.
La sapienza evangelica consiste nel calcolare ciò che non è calcolabile e predisporsi con libertà e amore alla rinuncia radicale che sola consente la sequela Christi.
«In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù.
Egli si voltò e disse loro: …» (Lc 14,25 ss.).
La quantità, il numero, non incanta Gesù, anzi lo preoccupa.
Gesù non esita a mettere in guardia i tanti che lo seguono ponendoli di fronte alle esigenze dure della sequela e quasi scoraggiandoli.
Dovrebbe preoccuparci il fatto che questa preoccupazione di Gesù non sia la nostra e che noi ci preoccupiamo proprio del contrario, del numero basso, della scarsità dei praticanti.
A costo di perdere aderenti, Gesù non esita a proclamare con vigore la durezza delle esigenze della sequela.
L’esigenza non va edulcorata illudendo circa la facilità della sequela.
Seguire Gesù forse è semplice, ma certamente non è facile.
Anzi, Gesù per tre volte (Lc 14,26.27.33) parla di una impossibilità: «Non può essere mio discepolo».
Vi sono condizioni da ottemperare, pena il fallimento della sequela, la sua impraticabilità.
Anzi, in fondo non vi è che una esigenza imprescindibile che si situa sul piano della relazione con Gesù, il Signore («viene a me», «mio discepolo», «viene dietro a me») e non sul piano delle prestazioni.
La sequela richiede, come istanza basilare, di rivolgere al Signore tutto il cuore: essa è un evento nell’ordine dell’amore, e l’amore è un lavoro, una fatica, un’ascesi.
Evento di amore, la sequela è, simultaneamente, evento di libertà.
Le esigenze della sequela che Gesù pone al discepolo sono la necessaria pedagogia verso la libertà e l’amore.
I legami famigliari (Lc 14,26), il possesso di beni (Lc 14,33), l’attaccamento stesso alla «propria vita» (Lc 14,26) sono chiamati a vedere regnare il Signore su di essi.
Si tratta di amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.
E se l’amore è questione di spazio interiore, di far spazio all’altro, allora esso si nutre della preziosità del vuoto, della ricchezza della mancanza, della grazia della carenza.
Al contrario, il possesso, colmandoci, ci ottura interiormente, ci sazia, ci chiude in noi stessi, ci rende preoccupati di noi stessi, impedendoci di riconoscere la povertà profonda che è lo spazio aperto all’accoglienza dell’amore.
Il carattere esigente della sequela di Gesù è connesso alla difficoltà di apprendere l’arte di amare, ed è connesso al nostro preferire la facilità del possedere cose alla fatica della libertà e dell’amore.
Gesù chiede ai suoi seguaci di porre al cuore delle relazioni con le persone a loro care la relazione con lui.
Ma questo significa porre al cuore del nostro cuore la relazione con il Signore.
Insomma, le esigenze della sequela sono le esigenze dell’amore.
La sequela è esigente perché il discepolo è chiamato non solo a iniziare, ma anche a portare a compimento (Lc 14,28.30).
Come per costruire una torre o affrontare una battaglia vi è un indispensabile, così anche per la sequela.
Ma l’indispensabile per la sequela è la disponibilità a perdere tutto, non solo i beni, ma anche «la propria vita» (Lc 14,26).
Il bene da possedere è la rinuncia ai beni e l’arte da imparare è l’arte di perdere, di diminuire, di non cadere nelle maglie del possesso, della logica dell’avere.
Gesù «svuotò se stesso» (Fil 2,7); «Dio è Dio perché non ha niente» (Barsanufio).
Occorre libertà e leggerezza per condurre a termine il lungo cammino della vita percorso come sequela di Cristo.
L’amore è chiamato a divenire responsabilità e la libertà perseveranza: lì si situa la necessaria rinuncia, purificazione, spogliazione.
Le esigenze della sequela hanno dunque a che fare con il tutto della persona (il suo cuore) e con il tutto del suo tempo, con la durata della sua vita.
E ci mettono in guardia dal rischio di lasciare a metà l’opera intrapresa.
Preghiere e Racconti La rinuncia a se stessi Quando una situazione umana ci chiede una totale rinuncia a noi stessi, istintivamente cerchiamo il compromesso o semplicemente imbocchiamo la strada della fuga; ci accomuniamo agli apostoli, che anch’essi sono fuggiti di fronte al realismo della Passione di Gesù.
A tanti livelli e su tanti piani dobbiamo cercare di smascherare le forme di fuga che caratterizzano il nostro preteso “servizio agli altri”.
Quante volte a livello della famiglia, ci lasciamo andare alla ricerca soltanto della gratificazione, dell’affermazione di noi stessi e non accettiamo le persone che ci sono vicine, così come sono, nella loro realtà; le vorremmo sempre diverse e ci arrovelliamo? Quante volte nell’ambito professionale ci lasciamo trascinare solo dall’interesse e non cerchiamo di rendere un servizio fino in fondo, servizio che ci chiede di uscire da noi stessi, di prendere parte in qualche modo alla croce e di partecipare alla sua forza rivelatrice? Quante volte di fronte alle richieste che i nostri fratelli avanzano, noi manifestiamo disagio, stizza, rifiuto? Ecco: tante realtà semplici della nostra vita quotidiana in cui Gesù dalla croce ci chiede di operare una profonda conversione, di metterci davvero in ginocchio davanti alla croce per coglierne il realismo e la fedeltà che cambiano la vita.
Donarsi a tutti non appartenendo a nessuno Il sacerdote deve amare tutti non appartenendo a nessuno.
Un modo di sentire che non rientra nella percezione comune.
Si tratta di amore che prevede di darsi senza ricevere un amore simmetrico, perché la mercede egli la ottiene non dall’amore umano ma da quello divino.
Sembra una scissione innaturale dell’amore, che prevede nella dinamica umana la partecipazione simultanea.
Io ti amo perché mi ami, e sento di doverti amare sempre più, perché tu possa voler bene ancora di più.
Quello del sacerdote è invece un amore gratuito, che manca della parte che proviene dall’altro.
E per questo egli giunge ad amare anche chi non lo ama, chi lo ignora, persino chi lo detesta.
Si tratta di un paradosso che però è ben rappresentato nella figura di Cristo, che non solo ha detto di amare anche i nemici e di perdonare chi ci ha procurato danno e dolore, ma addirittura di porgere l’altra guancia per essere pronti a ricevere un altro affronto, un’altra mortificazione.
Del danno ingiustamente subito si offre il pieno perdono e la totale comprensione fino a stabilire che la violenza non fa parte mai della risposta del sacerdote, perché egli non fa altro che imitare Cristo, che così ha detto e così ha mostrato di fare.
[…] Non vi è dubbio che questa condizione d’amore è difficile, ma il sacerdote è anche consapevole di potersi fondare sulla forza di un amore ideale, di un amore verso Dio.
La parola “ideale” è probabile che sia inadatta, ma interpreta il concetto psicologico di sublimazione dell’amore in idee e in immagini astratte e dunque il trasferimento di un amore carnale in uno puramente spirituale, si potrebbe dire platonico.
Una dimensione che nel sacerdote raggiunge però espressioni concrete (incarnate), perché il Dio a cui si lega, parla, quel Dio è presente, quel Dio vive con lui quotidianamente.
È importante che tutto ciò sia reale e non una congettura, non uno spostamento, non solo una sublimazione, che rimanderebbe sempre al problema della mancanza d’amore umano.
I meccanismi di difesa non permettono mai di risolvere il bisogno d’amore di cui il sacerdote deve essere consapevole, ma anche esperimentare che l’amore che riceve dalla comunità e da Dio valgono la rinuncia insita nella scelta sacerdotale.
Del resto Cristo ha mostrato di essersi dedicato tutto all’amore per gli uomini sostenuto dall’amore grandissimo del Padre.
(Vittorino ANDREOLI, Preti, Milano, Piemme, 2009, 82-83; 86).
Svuotamento Un maestro di sapienza e di spiritualità, noto per la saggezza delle sue dottrine, ricevette la visita di un professore universitario, che era andato da lui per interrogarlo sul suo pensiero.
Il saggio servì del tè: colmò la tazza del suo ospite e poi continuò a versare, con espressione serena e sorridente.
Il professore guardò traboccare il tè, tanto stupefatto da non riuscire a chiedere spiegazione di una distrazione così contraria alle norme più elementari della buona educazione.
Ma a un certo punto non poté più contenersi: «È ricolma! Non ce ne sta più», gridò con agitazione.
«Come questa tazza», disse il saggio imperturbabile, «tu sei ricolmo della tua cultura, delle tue opinioni e congetture erudite e complesse.
Come posso parlarti della mia dottrina, che è comprensibile solo agli animi semplici e aperti, se prima non vuoti la tua tazza?».
(L.
Vagliasindi (ed.), La morale della favola, Milano, Gribaudi, 1983, 11-12).
Esci dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre Dobbiamo ora parlare delle rinunce.
Esse sono tre, come attesta la tradizione patristica e l’autorità delle Scritture, e le dobbiamo adempiere con ogni nostro impegno.
La prima è materiale; con essa rinunciamo a tutte le ricchezze e a tutti i beni di questo mondo; con la seconda rinunciamo alle abitudini della vita passata, ai vizi e alle passioni dello spirito e della carne.
Con la terza richiamiamo il nostro spirito da tutte le realtà presenti e visibili, contempliamo unicamente le realtà future e non desideriamo se non le realtà invisibili.
È necessario compierle tutte e tre; leggiamo che questo il Signore l’aveva comandato anche ad Abramo quando gli disse: Esci dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre (Gen 12,1).
Esci dalla tua terra, cioè: rinuncia ai beni di questo mondo e alla ricchezze terrene.
In secondo luogo: dalla tua parentela, cioè: rinuncia alla tua vita e alle abitudini di un tempo che sono unite a noi fin dalla nascita a motivo di una specie di affinità o di parentela di natura e di consanguineità.
In terzo luogo: dalla casa di tuo padre, cioè da ogni ricordo di questo mondo visibile ai tuoi occhi.
Abbiamo infatti due padri: uno è quello che dobbiamo abbandonare, l’altro lo dobbiamo cercare.
Davide fa dire a Dio queste parole: Ascolta, figlia, e guarda; porgi l’orecchio e dimentica la tua gente e la casa di tuo padre [Sal 44 (45),11].
Colui che dice: Ascolta, figlia indubbiamente è padre, eppure attesta che è padre della propria figlia anche colui che convince a dimenticare la casa paterna e il popolo a cui appartiene.
Ora, questo oblio si realizza quando, morti con Cristo agli elementi di questo mondo, contempliamo, secondo le parole dell’Apostolo, non più le cose che si vedono, ma quelle che non si vedono poiché le cose visibili sono temporanee, quelle invisibili sono eterne (2Cor 4,18); quando uscendo con il cuore dalla casa di questo mondo visibile, volgiamo lo sguardo verso quella in cui abiteremo per l’eternità.
(CASSIANO, Conferenze 3,6, SC 42, pp.
145-146).
La lotta spirituale La lotta spirituale è innanzi tutto ascesi, esercizio.
Chiunque scelga un fine, deve sottomettersi alle fatiche che questo fine richiede per essere raggiunto: negli studi, nella vita morale, nella vita spirituale.
La necessità dell’ascesi si pone dunque sul piano prettamente umano, ancor prima che su quello della vita cristiana.
Ha scritto Dietrich Bonhoeffer: «Se parti alla ricerca della libertà, impara innanzitutto disciplina dei sensi e dell’anima, affinché i desideri e le membra non ti portino a caso qua e là.
Casti siano lo spirito e il corp, sottomessi e obbedienti nel cercare la meta assegnata.
Nessuno penetra il mistero della libertà, se non con la disciplina» (Dietrich BONHOEFFER, Stazioni sulla via della libertà, in Resistenza e resa, Bompiani, Milano 1969, p.
270).
Rinnega se stesso chi ama se stesso Che cosa significano le parole: «Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»? (Mt 16,24).
Comprendiamo che cosa vuol dire: «Prenda la sua croce»; significa: «Sopporti la sua tribolazione»; prenda equivale a porti, sopporti.
Vuol dire: «Riceva pazientemente tutto ciò che soffre a causa mia.
«E mi segua».
Dove? Dove sappiamo che se ne è andato lui dopo la risurrezione.
Ascese al cielo e siede alla destra del Padre.
Qui farà stare anche noi.
[…] «Rinneghi se stesso».
In che modo si rinnega chi si ama? Questa è una domanda ragionevole, ma umana.
L’uomo chiede: «In che modo rinnega se stesso chi ama se stesso?» Ma Dio risponde all’uomo: «Rinnega se stesso chi ama se stesso».
Con l’amore di sé, infatti, ci si perde; rinnegandosi, ci si trova.
Dice il Signore: «Chi ama la sua vita la perderà» (Gv 12,25).
Chi da questo comando sa che cosa chiede, perché sa deliberare colui che sa istruire e sa risanare colui che ha voluto creare.
Chi ama, perda.
È doloroso perdere ciò che ami, ma anche l’agricoltore perde per un tempo ciò che semina.
Trae fuori, sparge, getta a terra, ricopre.
Di che cosa ti stupisci? Costui che disprezza il seme, che lo perde è un avaro mietitore.
L’inverno e l’estate hanno provato che cosa sia accaduto; la gioia del mietitore ti dimostra l’intento del seminatore.
Dunque chi ama la propria vita, la perderà.
Chi cerca che essa dia frutto la semini.
Questo è il rinnegamento di sé, per evitare di andare in perdizione a causa di un amore distorto.
Non esiste nessuno che non si ami, ma bisogna cercare un amore retto ed evitare quello distorto.
Chiunque, abbandonato Dio, avrà amato se stesso e per amore di sé avrà abbandonato Dio, non dimora in sé, ma esce da se stesso.
[…] Abbandonando Dio e preoccupandoti di te stesso, ti sei allontanato anche da te e stimi ciò che è fuori di te più di te stesso.
Torna a te e poi di nuovo, rientrato in te, volgiti verso l’alto, non rimanere in te.
Prima ritorna a te dalle cose che sono fuori di sé e poi restituisci te stesso a colui che ti ha fatto e che ti ha cercato quando ti sei perduto, ti ha trovato quando sei fuggito, ti ha convertito a sé quando gli volgevi le spalle.
Torna a te, dunque, e va’ a colui che ti ha fatto.
(AGOSTINO DI IPPONA, Discorsi 330,2-3 NBA XXXIII, pp.
818-822).
* Per l’elaborazione della «lectio» di questa domenica, oltre al nostro materiale di archivio, ci siamo serviti di: – Temi di predicazione, Napoli, Editrice Domenicana Italiana, 1997-1998; 2002-2003; 2005-2006.
– COMUNITÀ MONASTICA SS.
TRINITÀ DI DUMENZA, La voce, il volto, la casa e le strade.
Tempo ordinario – Parte prima, Milano, Vita e Pensiero, 2010.
– La Bibbia per la famiglia, a cura di G.
Ravasi, Milano, San Paolo, 1998.
– C.M.
MARTINI, Incontro al Signore risorto.
Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2009.
– @lleluia 3/C.
Animazione liturgica e messalino, Leumann, Elle Di Ci Multimedia, 2009.
Il cattolicesimo verde (Le catholicisme vert.)
OLIVIER LANDRON, Le catholicisme vert.
Histoire des relations entre l’Église et la nature au xx siècle, Paris, Cerf, 2008, pagine 527, euro 48 Lo studio di Olivier Landron, Le catholicisme vert.
Histoire des relations entre l’Église et la nature au xx siècle, (Paris, Cerf, 2008, pagine 527, euro 48), è interessante fin dal titolo.
L’autore insegna storia del cristianesimo contemporaneo nella facoltà di teologia dell’università di Angers in Francia ed è già noto, non solo in Francia, per la sua tesi di dottorato in storia sulle nuove comunità francesi, sintetizzata nel libro Les nouvelles communautés (Paris, Cerf, 2004).
Basato su una notevole informazione e su una vasta bibliografia, Le catholicism vert è strutturato in quattro parti, la prima delle quali (“Nature et réflexion”) è dedicata a un esame dei numerosi pensatori (teologi e filosofi in particolare) che nel corso del ventesimo secolo hanno riflettuto sui rapporti tra natura e religione.
In questo quadro un posto particolare occupano sia il concilio Vaticano i che il concilio Vaticano ii, il pensiero dei Pontefici (in particolare Paolo VI, che già nel 1972 alla Conferenza di Stoccolma aveva ricordato lo stretto legame tra uomo e ambiente, e Giovanni Paolo II, il cui messaggio per la pace del primo gennaio 1990 costituisce, secondo Landron, una specie di manifesto della Chiesa sul tema della protezione dell’ambiente) il gesuita Teilhard de Chardin, la teologia della liberazione, la teologia femminista e, in una ricostruzione storica che Landron ovviamente desidera completa, anche i movimenti ecologici anticristiani, tra i quali la New Age.
Nella seconda parte, “Nature et contemplation”, Landron si sofferma su alcuni movimenti religiosi e artistici (pittura, musica, cinema, letteratura) nei quali il rapporto con la natura acquista un ruolo notevole.
Nota come l’eremitismo, in ripresa in Francia dopo il 1960, è certamente diverso dalle nuove comunità neo-rurali, ma alla base di entrambi c’è il “deserto”: un luogo di rifugio, di riparo per un avvicinamento a se stessi, di contemplazione, di stretto rapporto tra uomo e Dio.
E questo tema (deserto, Eden, salmi, e così via) trova espressione anche nelle arti: pittura, cinema, letteratura, qui con Léon Bloy, Charles Péguy e Paul Claudel.
La riscoperta di Ildegarda di Bingen, con i suoi lavori di teologia ma anche di medicina e sulla natura, nonché di san Francesco d’Assisi – designato da Papa Giovanni Paolo II nel 1979 “patrono degli ecologisti” – con il suo Cantico delle creature, senza ovviamente dimenticare la sua attrattiva per l’eremitismo, documentata dalla sua regola per i frati che vogliono vivere nei romitori, costituiscono un ulteriore capitolo di questa seconda parte del lavoro.
La terza parte, “Nature et animation” prende in considerazione i tanti movimenti e iniziative che hanno voluto porre la natura al centro delle loro riflessioni.
In questo ambito l’interesse della Chiesa per la natura si è manifestato anche attraverso la fondazione di movimenti e di istituzioni a favore dell’infanzia e della gioventù: in primo luogo le colonie di vacanze, lo scoutismo, i campi estivi, i pellegrinaggi, la pastorale del turismo, la difesa della terra.
Uno spazio particolare è assegnato, in questa rassegna, ai Compagni di san Francesco, fondati in Francia nel 1927, la cui posizione è significativa per la rivalorizzazione del pellegrinaggio e la critica al mondo industriale.
E in questa terza parte non poteva mancare un esame dei rapporti tra politica e religione, sempre sul tema natura (che però Landron aveva in qualche modo già anticipato, ricordando nel primo capitolo una religiosa americana, suor Dorothy Mae Stand, che si era prodigata in difesa dei contadini senza terra e dell’Amazzonia e che nel 2005 era stata assassinata) nonché un capitolo sugli animali e sul loro ruolo terapeutico.
La quarta parte, “Nature et protection”, prende in esame la posizione della Chiesa, qui intesa come istituzione, nei confronti della natura, e quindi: i vari movimenti a protezione della natura, il movimento Pax Christi, il commercio equo e solidale (secondo cui la miglior difesa a favore del commercio equo è quella di “consumare di meno”) lo sviluppo durevole, la salvaguardia dell’acqua, degli oceani, l’agricoltura biologica, la protezione degli animali, e la questione della corrida in Spagna.
Il quadro che risulta da questa ricostruzione storica è ricco di luci e ombre.
A ritardare la presa di coscienza del valore dell’ambiente da parte della Chiesa starebbe il fatto, secondo Landron, che il cristianesimo ha anzitutto poggiato sul rapporto uomo-Dio, considerando, sulla base di Genesi, 1, 26, che l’uomo avrebbe avuto a sua disposizione tutto il creato.
D’altro canto c’è il fatto, testimoniato dallo stesso Landron, che la prima esperienza di valorizzazione delle colonie di vacanze venne avviata da don Bosco nel 1848, quando ancora nulla esisteva in ambito civile e quando non v’era alcuna teorizzazione circa la salvaguardia dell’ambiente.
Inoltre, alcune discussioni di principio (per esempio, se gli animali abbiano o no un’anima, se il creato possa essere considerato una reale espressione di Dio, in una visione panteistica) hanno certamente contribuito in alcuni ambienti a frenare l’entusiasmo e la stima per il creato, così come aveva suscitato discussioni il portare gli animali in chiesa per la messa e una loro benedizione.
C’è dell’ambiguità, di fatto, o, se si vuole, qualche cosa di discutibile in questo ritorno alla natura e Landron non manca di annotarlo: nei “verdi” che misconoscono qualsiasi legame con la trascendenza; il rischio di panteismo nel modo di considerare il creato; l’amore esagerato degli animali in bambini (e anche in adulti) che sembrarimandare al bisogno di spiegazioni psicologiche sulla mancanza di amore.
In tutte queste esperienze un ruolo notevole giocano i religiosi, sia nella elaborazione teorica di una difesa dell’ambiente, e quindi dell’ecologia; sia nelle numerosissime iniziative che consapevolmente i religiosi hanno sviluppato, legandosi in vario modo alla natura.
Nell’elaborazione teorica trovano posto, e forse in primo piano, i gesuiti (Paul Beauchamp) e i francescani, accusati di essere rimasti a una visione un po’ romantica del Poverello, hanno ripreso lo studio del loro fondatore vedendolo come “protettore della natura”, in contrasto con la società industriale che tende invece a dominarla e a sfruttarla.
Per quanto riguarda le iniziative pratiche, esse spaziano dalle colonie di vacanze al microcredito elargito da tante congregazioni religiose nelle missioni per facilitare lo sviluppo locale; dalla difesa della terra (in Francia e all’estero) all’agricoltura biologica (in questo contesto interessante risulta quanto fatto dai monaci dell’abbazia de La Pierre-qui-Vire, una delle prime abbazie francesi ad adottare l’agricoltura biologica) dalla promozione dello scoutismo (il gesuita padre Jacques Sevin vi occupa un posto di rilievo) alla difesa degli animali (il padre Carré, domenicano, diventa membro del Comitato consultivo della Lega francese dei diritti dell’animale).
Le esperienze presentate nel volume di Landron sono fondamentalmente francesi, anche se non mancano indicazioni per altre di carattere internazionale (come per esempio, quanto viene detto circa la cosiddetta “ecologia francescana”) o sovranazionale, come il pellegrinaggio a Santiago di Compostella, e sarebbe facile indicare altre esperienze analoghe in tante nazioni, arricchendo l’informazione: i pellegrinaggi ad Assisi e a Loreto, per l’Italia; i tanti eremiti ed eremite negli Usa; le nuove comunità che hanno fatto del legame con la natura la base del loro nuovo monachesimo.
Se poi si volesse andare indietro nel tempo, ricordando, nel monachesimo i giardini, la medicina (e i tantissimi orti presenti in quasi tutti i monasteri per la coltivazione delle erbe medicinali) l’astronomia, la botanica nella congregazione di Vallombrosa o addirittura la viticultura (il monaco Pierre Pérignon che nel 1698 avviava la produzione dello Champagne) si otterrebbe certamente un quadro di stretta vicinanza tra religiosi e mondo della natura molto più ricco di quanto le riflessioni teoriche in difesa della natura, necessariamente più tardive, possono lasciar supporre.
di Giancarlo Rocca (©L’Osservatore Romano – 5 settembre 2010)
La sposa di Damasco
STEPHANIE SALDAÑA, La sposa di Damasco, Newton Compton, 2010,ISBN 978-88-541-1827-0, pp 384 , Euro 14,90 Alcuni racconti autobiografici riescono, meglio di un saggio specialistico, a mettere il lettore a contatto con questioni intricate come il dialogo tra cristianesimo e islam, il conflitto mediorientale, il discernimento spirituale tra vocazione monastica e vita coniugale, la ricerca di un equilibrio tra felicità pubblica e felicità privata in un mondo che sembra ricaduto nella spirale delle guerre di religione.
Uno di questi racconti è il bel libro dell’americana Stephanie Saldaña, La sposa di Damasco (Newton Compton, 2010, 432 pp., edizione originale pubblicata in America nel marzo 2010 col titolo di The Bread of Angels: A Journey to Love and Faith).
È l’estate del 2004 e la ventisettenne Stephanie vince la prestigiosa borsa di studio Fulbright per trascorrere un anno a Damasco e studiare la lingua araba e la figura di Gesù nell’islam.
La “liberazione” dell’Iraq sta per diventare guerra civile, e in molti pensano che il prossimo obiettivo di G.W.
Bush sarà la Siria, l’ultimo paese arabo in cui governa il partito Baath.
La prospettiva di trascorrere un anno in un paese sulla lista ufficiale dei nemici degli Stati Uniti non ferma Stephanie, che lascia Harvard e Boston, e presto scopre la ricchezza umana, culturale e religiosa della Siria, anche grazie agli esercizi spirituali vissuti al monastero ecumenico di Mar Mousa, rifondato dal gesuita italiano Paolo Dall’Oglio sulla base dei resti di un antico monastero del VI secolo nel deserto siriano a nord di Damasco.
L’autrice fa convergere nel libro la necessità di dare una misura alle distanze e alle vicinanze tra Occidente e mondo arabo-musulmano, e il bisogno di dare senso ad un itinerario personale non privo di traumi.
Stephanie Saldaña intreccia tensione spirituale, straniamento culturale, ricerca religiosa, e senso di colpa in quanto americana per le azioni del presidente Bush in Medio Oriente.
Le diverse latitudini di questo percorso (gli Stati Uniti, l’Europa, l’Asia) convergono sulla città di Damasco, una delle più antiche capitali del mondo e, da san Paolo in poi, uno dei maggiori centri del cristianesimo mondiale.
I personaggi e gli ambienti descritti dall’autrice offrono un affresco poetico e allo stesso tempo realistico di uno scenario mediorientale fatto di componenti religiose, sociali, etniche, nazionali profondamente intrecciate con il mondo occidentale.
La forma autobiografica dà a questo libro la forza di una lunga lettera d’amore inviata a Frederic non meno che ai cristiani e ai musulmani del Medio Oriente e a tutti quanti si sforzano di capire miserie e splendori di quelle terre.
di Massimo Faggioli in “Europa” del 26 agosto 2010
“Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”
Che cos’è il Meeting Con le sue quasi 800.000 presenze il Meeting di Rimini – che dal 1980 ha luogo ogni anno, in una settimana della seconda metà di agosto – è il festival estivo di incontri, mostre, musica e spettacolo più frequentato del mondo.
Si tratta di una realtà unica nel suo genere: una fondazione che da 30 anni si propone di creare occasioni di incontro tra persone di fedi e culture diverse, nella certezza che luoghi di amicizia fra gli uomini possano essere l’inizio della costruzione della pace, della convivenza e del bene comune.
Questa posizione umana e culturale, che ha origine nell’appartenenza all’esperienza cristiana, è stata in questi anni capace di un’apertura testimoniata dalle personalità più significative della scena mondiale che si sono avvicendate sul palcoscenico del Meeting: dal Santo Padre Giovanni Paolo II a Chaim Potok, dall’allora cardinale Ratzinger a Madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama a Eugène Ionesco, da Andrei Tarkovskij a Riccardo Muti, da Lech Walesa a Ibraim Rugova, dal cardinale Jean-Louis Tauran a Amre Moussa, da Carlo Rubbia a George Smoot, da Ennio Morricone a José Carreras, da Jean Guitton a Luigi Giussani, da Simone Veil a Martha Graham, da David Rosen a François Michelin, da Mario Draghi a Tony Blair; e ancora, politici, imprenditori, scienziati, filosofi, artisti.
Al di sopra di ogni diversità, l’esperienza elementare dell’uomo si rivela come il terreno comune per l’incontro e il dialogo.
Non il dubbio sull’identità, ma la certezza, spalanca la persona alla scoperta e al riconoscimento di tutto ciò che è bello e buono, e così il Meeting è diventato un luogo dove l’altro non è innanzitutto qualcuno da combattere, ma un aiuto a scoprire la verità che corrisponde alle esigenze più profonde dell’uomo.
A parte un piccolo nucleo di 14 persone che lavora a tempo pieno alla sua preparazione, il Meeting di Rimini viene organizzato, allestito, gestito e poi smontato grazie all’appassionato e generoso lavoro dei volontari: sono oltre 3.000 ogni anno, in gran parte giovani, provenienti dall’Italia e da molti altri Paesi del mondo.
E’ soprattutto grazie al loro contributo che il Meeting di Rimini è diventato anche una manifestazione dai grandi numeri: 439 mostre, circa 3300 incontri e 6000 personaggi.
Sono oltre 900 i giornalisti accreditati durante l’ultima edizione.
Il Meeting è un grande evento sociale, una festa, un luogo dove, come disse Giovanni Paolo II nella sua visita nel 1982, si costruisce “una civiltà che nasca dalla verità e dall’amore”, ma soprattutto è un gesto di gratuità: migliaia di persone, di ogni età e condizione sociale, che donano tempo ed energie per realizzare la manifestazione.
Il discorso culturale che vi si svolge, ne è solo una conseguenza.
Il meeting Tema Programma Mostre Uomini all’opera Villaggio ragazzi Sala stampa Quotidiano Meeting TV Sponsor Servizi Gallery Pianta interattiva Espositori Indice edizioni Tema e Personaggi La provocazione contenuta nel titolo del Meeting 2010, come anticipato durante il comunicato conclusivo della scorsa edizione, “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”, afferma che la natura dell’uomo è innanzitutto il suo cuore che si esprime come desiderio di cose grandi.
Il motore di ogni azione umana è questa aspirazione a qualcosa di grande, l’esigenza di qualcosa di infinito.
È questa tensione il tratto inconfondibile dell’umano, la scintilla di ogni azione, dal lavoro alla famiglia, dalla ricerca scientifica alla politica, dall’arte all’affronto dei bisogni quotidiani.
I grandi desideri e le grandi aspirazioni non sono un ostacolo o qualcosa che complica l’esistenza, ma sono ciò che rende l’uomo irriducibile proprio perché essi sono il segno del suo rapporto con l’infinito.
Clicca qui per leggere gli spunti sul tema.
Vi presentiamo alcuni personaggi che interverranno al Meeting 2010 con le tematiche che verranno affrontate: La relazione fondamentale sul tema del Meeting Stefano Alberto, Docente di introduzione alla Teologia all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano Nato nel 1959, sacerdote della Fraternità dei Missionari di San Carlo Borromeo, è docente di Introduzione alla teologia nell’Università Cattolica del S.
Cuore di Milano.
Membro del Consiglio nazionale di Comunione e Liberazione, ha curato diversi volumi trai quali: Vangelo e storicità.
Un dibattito (1995), La Chiesa Corpo mistico di Cristo nel primo capitolo della Lumen Gentium (1996) e Generare tracce nella storia del mondo.
Nuove tracce d’esperienza cristiana (1998) con Luigi Giussani e Javier Prades.
Le sfide della modernità S.
Em.
Card.
Angelo Scola, Patriarca di Venezia Dottore in filosofia e teologia, è ordinato prete nel 1970.
Nel 1991 viene ordinato vescovo di Grosseto.
Dal 1995 al 2002 è stato Rettore della Pontificia Università Lateranense e Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.
Nel 2002 viene nominato Patriarca di Venezia e nel 2003 creato Cardinale.
Scenari internazionali Libertà religiosa e responsabilità politica, Medio Oriente, integrazione e convivenza tra i popoli, immigrazione e multiculturalità.
“Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”: è ancora valida questa provocazione nello scenario attuale? Su questo si confronteranno capi di stato e protagonisti della scena mondiale.
Miguel Diaz, Ambasciatore USA presso la Santa Sede (E’ stato invitato) Prima di diventare Ambasciatore, Miguel Diaz, 45 anni, nato ad Havana (Cuba), è stato professore di teologia al College of Saint Benedict in St.
Joseph, e alla Saint John’s University di Collegeville entrambi in Minnesota.
È consigliere della Catholic Theological Society of America ed ex presidente della Academy of Catholic Hispanic Theologians degli Stati Uniti.
Diaz è il primo Ispanico a rappresentare gli USA presso la Santa Sede.
Diaz è stato un membro del “Voices for the Common Good”, ufficio di esperti in materia di pensiero cattolico sociale.
In anni recenti ha partecipato a diversi dialoghi ecumenici alcuni di questi presieduti da alte cariche religiose, e ha organizzato incontri con teologi Africani, Americani e Latini sul tema dell’umanità.
Franco Frattini, Ministro degli Esteri Italiano Nato a Roma nel 1957, è ministro degli Esteri nell’attuale governo.
Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri durante il governo Berlusconi I, è stato ministro della Funzione pubblica e degli Affari regionali del successivo governo Dini.
Nel 1996 si dimette dall’incarico di governo per candidarsi alle elezioni politiche con il Polo per le Libertà, nella lista di Forza Italia.
Dal 14 novembre 2002 al 18 novembre 2004 è stato Ministro degli Affari esteri del governo Berlusconi II, del quale era già componente dal 2001 in qualità di Ministro della Funzione pubblica.
Dal novembre 2004 al maggio 2008 Frattini è stato vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo alla Giustizia, Libertà, e Sicurezza.
Joaquin Alliende-Luco, Presidente Associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre Eletto presidente dell’associazione nel 2008, Padre Joaquín Alliende-Luco nasce 1935 a Santiago del Cile ed è ordinato sacerdote nel 1961.
Ha preso parte come esperto di Teologia ai lavori preparatori delle ultime tre assemblee generali del Consiglio dei Vescovi Latinoamericani (CELAM), svoltesi nel 1979 a Puebla (Messico), nel 1992 a Santo Domingo (Repubblica Dominicana) e nel 2007 ad Aparecida (Brasile).
È tuttora membro di numerose commissioni teologiche in vari Paesi ed è particolarmente interessato alle questioni di Teologia pastorale, tra cui l’importanza della pietà popolare per la Chiesa in America Latina, su cui ha scritto varie opere.
L’associazione che guida è presente in 17 paesi del mondo con lo scopo di portare soccorso alla chiesa.
Le sezione italiana pubblica ogni due anni un rapporto sulla libertà religiosa nel mondo.
Mary McAleese, Presidente dell’Irlanda Nominata ottavo Presidente d’Irlanda l’11 Novembre del 1997, e rieletta l’1 Ottobre 2004, Mary McAleese è avvocato e Professore di Diritto.
Nata nel 1951 a Belfast è il primo Presidente proveniente dall’Irlanda del Nord.
Sposata, con tre figli, è cresciuta durante il periodo più violento dell’Irlanda, che venne poi chiamato “The Troubles” e la sua famiglia è stata una delle più colpite dal conflitto.
Mary McAleese è anche una giornalista, ha lavorato come presentatrice in radio e in televisione con la Radio Telefís Éireann.
Giustizia, uguaglianza, integrazione, antisettarismo, riconciliazione sono i suoi interessi personali, il tema della sua Presidenza è “costruire ponti”.
L’uomo e il diritto Quali sono le radici di una convivenza post moderna che si fondi sull’esperienza elementare dell’uomo, cioè su quell’insieme di esigenze e evidenze che lo caratterizzano, al di là del principio hobbesiano e della tradizione del diritto naturale? Al Meeting incontri con giuristi di livello internazionale.
Paolo Carozza, Associate professor of Law nella University of Notre Dame Paolo Carozza, nato nel 1963, è associate professor of Law nella University of Notre Dame, Indiana, dove è anche membro del Kroc Institute for International Peace Studies, membro del Nanovic Institute for European Studies e membro di facoltà del Center for Civil and Human Rights.
I suoi campi di interesse e di insegnamento riguardano il diritto internazionale e il diritto comparato europeo e latino americano, sui quali ha scritto numerosi articoli e saggi John Milbank, Professor in Religion, Politics and Ethics at the University of Nottingham Nato nel 1952, teologo cristiano, è professore di Religione, Politica e Etica alla Università di Nottingham.
In precedenza, ha insegnato alle Università di Lancaster, Cambridge e Virginia.
È uno dei fondatori del movimento Radical Orthodoxy.
Il suo libro più conosciuto è Theology and Social Theory, mentre il più recente è Being Reconciled: Ontology and Pardon.
Carter Snead, Fellow at the Ethics and Public Policy Center and Associate Professor of Law at the University of Notre Dame È professore di diritto e bioetica alla Notre Dame University dell’Indiana, nonché consulente giuridico della presidenza del Comitato di bioetica americano e delegato Usa all’Unesco per la stesura della Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani.
Collabora con numerose testate giornalistiche americane.
Joseph H.
H.
Weiler, Director, The Straus Institute for the Advanced Study of Law & Justice, Co-Director, Tikvah Centre for Law & Jewish Civilization New York University Nasce nel 1951 a Johannesburg, in Sud Africa.
È professore universitario presso l’Università di New York (NYU).
Ha ricoperto la carica di Membro del Comitato di Giuristi della Commissione per gli Affari Istituzionali del Parlamento europeo che ha co-redatto la Dichiarazione sui Diritti e sulle Libertà dell’Uomo del Parlamento Europeo.
È membro dell’Accademia Americana delle Arti e delle Scienze.
È inoltre autore di articoli e libri nei settori del diritto internazionale, comparativo e europeo.
Il suo contributo alla teoria giuridica europea è stato di grande valore, impegnandosi in lavori sul mercato interno, sulle relazioni esterne e sulla legge sociale.
Testimonianze dal mondo Uomini e donne da ogni parte del mondo che raccontano come la vita rinasce quando, nell’esperienza del quotidiano o in circostanze estreme, il desiderio di felicità si scopre irriducibile e incontra un’ipotesi positiva di risposta.
Margherita Coletta, Presidente Associazione Coletta E’ la vedova del brigadiere Giuseppe Coletta, morto a Nassiriya nel 2003 nell’attentato che costò la vita a 19 italiani tra militari e civili.
Dopo l’attentato, ha costituito un’Associazione che continua l’opera del marito che già in missione organizzava container di aiuti diretti ai bambini che incontrava nelle varie missioni all’estero.
Shodo Habukawa, Monaco Buddista e Docente alla Koyasan University Docente alla Koyasan University, è uno dei leader del buddismo giapponese, veterano nel Meeting.
Vi partecipò la prima volta nel 1998, affascinato da un incontro con don Luigi Giussani, andato in Giappone per una conferenza su buddismo e cristianesimo.
Fredy Komakech, Degracious Adrawa, Luigi Emalu, Denis Oryem, Caesar Nyeko (Meeting Point International, Uganda) Sono alcuni dei tanti ragazzi raccolti per strada a Kampala, spesso orfani o abbandonati dalle famiglie, cresciuti da Rose Busingye e dalle donne del Meeting Point International in Uganda.
Cinque volti, cinque storie che racconteranno come anche in Africa è possibile la rinascita di uomini nuovi.
Marie Therèse, Presidente della Cooperativa Karibu Marie Therese Mukamitsindo, è una delle tante donne scappate dal Rwanda, lacerato dalla guerra civile.
Trovato rifugio in Italia, inizialmente ha lavorato come badante, poi stabilitasi a Sezze Romano (Latina) ha fondato nel 1996 la cooperativa Karibu (che in swahili indica un benvenuto cordiale e sincero), con lo scopo di accogliere altre donne che come lei ricevono lo status di rifugiate oppure hanno appena intrapreso l’iter legale per poterlo ottenere.
Nel 2004 nasce una collaborazione ufficiale con il Ministero degli Interni, che ha riconosciuto la cooperativa come luogo privilegiato per offrire prima accoglienza, sostegno e formazione a donne e bambini rifugiati che arrivano dal Corno d’Africa.
A Karibu vengono accolti ragazze e bambini, malati nel fisico e nella mente, che devono superare traumi orribili e cercare di tornare a una vita normale.
Mireille Yoga, Educatrice al Centro Sociale Edimar (Yaoundé, Camerun) Educatrice al Centro Sociale Edimar, in Camerun, centro che si dedica al reinserimento famigliare e sociale dei ragazzi raccolti per strada; la rinascita di Mireille avviene proprio nell’incontro con alcuni missionari, “un colpo di luce” che apre a una vita nuova, pur tra mille difficoltà.
Lei sposata da dieci anni, non riesce ad avere figli, più di una croce per la società in cui vive, e il marito, pur tra le pressioni del clan e dei genitori, decide di non lasciarla perché affascinato dal suo modo di stare con i ragazzi.
Maria Teresa Landi, Senior Investigator al National Institutes of Health (NIH), Bethesda, MD Ricercatrice al National Institute of Health, il cuore della ricerca scientifica americana, laureata a Milano, Maria Teresa Landi è professore associato di Epidemiologia presso la Johns Hopkins University e professore aggiunto di Epidemiologia presso la George Washington University.
Le sue ricerche si muovono nel campo della ricerca genetica applicata al cancro e porterà al Meeting una testimonianza sul suo lavoro.
Scienza Le ricerche scientifiche, lo sguardo all’universo e la curiosità verso l’origine e la natura stessa delle cose, sono state sempre l’occasione per l’uomo di scoprire “cose grandi”.
Attraverso incontri con scienziati e una mostra dedicata alla matematica, il racconto dell’avventura umana della ricerca.
Laurent Lafforgue, Professore all’IHÉS (Institut des Hautes Études Scientifiques) È professore permanente presso l’ HIÉP (Institut des Hautes Études Scientifique di Parigi).
Si è dedicato allo studio del cosiddetto “programma di Langlands” conseguendo quei risultati che nel 2002 gli sono valsi la Medaglia Fields (il più prestigioso riconoscimento internazionale assegnato nell’ambito della Matematica).
Nel 2003 è nominato Cavaliere della Legione d’Onore e membro dell’Académie des Sciences.
Sensibile al problema dell’educazione, dal 2004 inizia a interessarsi al sistema educativo in Francia pubblicando un documento-manifesto sulla scuola; nel 2005 Chirac lo nomina membro dell’Alto Consiglio dell’Educazione, ma Lafforgue darà le dimissioni all’indomani della prima riunione di lavoro in durissima polemica con funzionari ed esperti del Ministero dell’Educazione, che il matematico ritiene responsabili del tracollo del sistema scolastico francese.
Edward Nelson, Docente di Matematica al Department of Mathematics presso la Princeton University, Membro della National Academy of Sciences e Membro dell’American Academy of Arts and Sciences Nato nel 1932 in Georgia, è docente di Matematica al Department of Mathematics presso la Princeton University, Membro della National Academy of Sciences e Membro dell’American Academy of Arts and Sciences.
E’ famoso per i suoi lavori in fisica, matematica e logica matematica, in particolare per la cosiddetta “Internal Set Theory”.
Ha lavorato anche all’università di Chicago ed è stato membro dell’ “Institute for Advanced Study”.
Incontri con Da una passione grande per il proprio lavoro, una passione per la vita.
Giornalisti, filosofi e storici, incontreranno il grande pubblico del Meeting.
Fabrice Hadjadj, Filosofo e Scrittore Nato nel 1971 a Nanterre, filosofo ed intellettuale francese di cultura ebraica, si è convertito nel 1998 al cristianesimo.
Collabora con Figaro Littéraire e Art press, insegna filosofia e letteratura al liceo privato cattolico Sainte-Jeanne-D’Arc di Brignoles.
Nei diversi libri, tra i quali troviamo Réussir sa mort– Anti-méthode pour vivre, grazie al quale nel 2006 ha vinto il Grand Prix catholique de littérature, Hadjadj, affronta il tema della sessualità e della morte.
Vladimir Legojda, Docente di Giornalismo all’Istituto di Relazioni Internazionali MGIMO di Mosca Direttore del mensile giovanile ortodosso «Tommaso» (in russo «Foma»), principale periodico ortodosso, con una tiratura di circa 40mila copie diffuse nelle chiese e nelle edicole di tutta la Federazione e dell’omonimo centro culturale e formativo, conduttore televisivo, autore di numerose pubblicazioni.
Laureato in giornalismo presso l’Università di Relazioni Internazionali di Mosca (MGIMO), ha effettuato il dottorato in Scienze Politiche ed è ordinario di giornalismo internazionale presso la medesima università.
Nel 2009 gli è stato affidato dal patriarca Kirill il nuovo Dipartimento sinodale per l’informazione.
Diarmuid Martin, Arcivescovo di Dublino Dottore in filosofia e teologia, è ordinato prete nel 1969, nel 1994 diviene nominato segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e rappresenta la Santa Sede all’assemblea generale dell’Onu per le questioni sociali Nel marzo del 2001 viene nominato Arcivescovo a Nunzio Apostolico a Ginevra e nel 2004 diventa Arcivescovo di Dublino.
E’ attualmente il vice presidente della conferenza episcopale d’Irlanda.
A pochi giorni dalla beatificazione di John Henry Newman, il cardinale interverrà in un incontro su uno dei più grandi pensatori cristiani degli ultimi secoli John Waters, Columnist de The Irish Times Nato nel 1955, John Waters è scrittore, editorialista e vicedirettore di The Irish Times, il più autorevole quotidiano di Dublino.
Ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1981 con Hot Press, la più importante rivista irlandese politicomusicale.
Protagonista della cultura musicale irlandese, è diventato uno dei più autorevoli critici musicali in patria e incontri programma 86 in seguito scrittore ed anche cantante.
Ha pubblicato sei libri, l’ultimo nel 2007 dal titolo Lapsed Agnostic e diverse commedie per radio e teatro.
Dopo aver vissuto “l’etica della ribellione”, ha incontrato la verità cristiana che sembrava sepolta nelle nebbie dell’infanzia.
È un sostenitore del movimento irlandese dei diritti dei padri.
martedì 27 aprile 2010 Back Altre news Guarnieri e Vittadini, interviste sul Meeting 21/08/2010 La compagnia di don Giussani al Meeting 21/08/2010 Omaggio a don Giussani (1922–2005) 21/08/2010 Ecco cosa l’Islam può imparare dal Meeting 20/08/2010 Meeting: selezione rassegna stampa 20/08/2010 Il Meeting si unisce al cordoglio per la scomparsa del presidente emerito Francesco Cossiga 17/08/2010 Gli spettacoli del Meeting 12/08/2010 Arrivati i primi volontari 11/08/2010 Teologia della liturgia 10/08/2010 Anteprima Meeting: da Caligola a Fellini 10/08/2010 Il presidente Emilia Guarnieri illustra i contenuti dell’edizione 2010, ricca di letteratura, poesia, musica e di incontri con personaggi della cultura e delle religioni.
«In un momento così drammatico c’è bisogno di uomini capaci di desiderare cose grandi non riducendo la realtà a partire dai propri interessi Smettiamola di conformarci al coro relativista secondo cui ognuno ha la sua verità».
Quattro anni dopo il Meeting della ragione Comunione e Liberazione propone quello del cuore.
Nel frattempo c’è stata la battaglia sui Dico, la crisi è ancora lì, la Fiat ha “disdetto” il contratto dei metalmeccanici…
La scelta di questo tema significa che le capacità concertative della ragione vi hanno deluso? “La ragione è esigenza di infinito” suggeriva il Meeting del 2004, stesso contenuto del “cuore” che “desidera cose grandi” del titolo di quest’anno.
Cuore e ragione – ci risponde Emilia Guarnieri, presidente del Meeting per l’amicizia tra i popoli – non sono contrapposti, questo è il dogma del razionalismo moderno che “fa fuori” il desiderio infinito dell’uomo, riducendo la ragione a misura di ciò che già si conosce.
In un momento così drammatico c’è bisogno di uomini capaci di desiderare cose grandi e di usare la ragione in tutta la sua capacità, non riducendo la realtà a partire dai propri istinti o dai propri interessi.
Smettiamola di conformarci al coro relativista secondo cui ognuno ha la sua verità, il cuore è puro soggettivismo, il bene comune è un’utopia, i desideri non c’entrano con la politica o con l’economia… Il Meeting, dite, è “un luogo dove la storia passa in anticipo”: perché quest’anno fa tappa in Irlanda? Quando abbiamo incontrato il presidente di Irlanda e ci ha colpito il suo accento sulle relazioni internazionali: la relazione tra persone, capace anche di andare oltre un puro rapporto istituzionale, può essere un fattore imprescindibile anche per affrontare i grandi conflitti.
Il Meeting molto spesso è arrivato in anticipo proprio perché invita persone che abbiano qualcosa da dire, al di là della loro notorietà.
Spesso per fortuna succede che “chi ha qualcosa da dire” prima o poi riesca a “dirlo” e conti nella storia.
Per esempio nel 1981 è stato nostro ospite il giornalista Tadeusz Mazowiecki, che nel 1989 fu il premier del primo governo non comunista della Polonia.
Il cartellone è sempre stato il luogo dei messaggi forti: per restare al protagonista dello spettacolo di apertura, oggigiorno chi è Caligola e cosa significa avere “bisogno della luna”? Caligola è l’uomo che scopre il suo desiderio di infinito – “ho bisogno della luna” – e non trovando una risposta a questo desiderio impazzisce.
Un grande testo teatrale, una provocazione attuale, perché spesso tanti drammi umani, che sfociano poi nella droga, nella violenza, nella malattia, hanno alle spalle un esasperato ed inappagato desiderio di giustizia, di amore, di verità.
Lunedì chiederete al cardinale Erdö e al Metropolita di Minsk Filaret se un europeo moderno possa “credere proprio” alla divinità di Cristo: la cultura aiuta a desiderare “cose grandi” oppure è una zavorra? Viva la cultura, sempre! Cultura è consapevolezza del rapporto con il reale, è l’humus nel quale si tirano su i figli, è di ogni uomo e di ogni popolo.
Sono cultura il volontario che lavora al Meeting, come la donna che canta al proprio piccolo, perché in ogni gesto si esprime la coscienza del rapporto che il particolare ha con la totalità, tant’è vero che quanto più questa coscienza è forte, tanto più è alta la cultura che si esprime.
Anche la cultura intellettuale e accademica o esprime una concezione della vita o resta pura chiacchera: non serve né interessa a nessuno.
Al Meeting inoltre ci sarà letteratura, poesia, musica, perché niente come la poesia è in grado di evocare l’infinito sospingendo il cuore verso le cose grandi. Da qualche tempo, il “Meeting della politica” è sottotono: segno che la politica non ha “cuore”? Un politico che il cuore ha mostrato di averlo è stato Cossiga.
Al Meeting ci aveva invitato ad essere liberi dal potere e ad avere la fantasia dei figli di Dio.
Uno che la politica la faceva, che ha fatto parlare di sé perché le idee le aveva.
Ciò che oggi manca è il dibattito ideale, non astratto, ma quello che di fronte ai problemi ha la libertà di identificarli e il coraggio di lanciare un progetto, un’idea.
Al Meeting la politica non manca, ciò che ci interessa è che si parta dai reali bisogni.
Un esempio? L’incontro-confronto del ministro Maroni con opere che lavorano in tema di immigrazione.
Di anno in anno, aumenta la caratura degli incontri economici: dobbiamo aspettarci una “ricetta ciellina” contro la crisi? L’economia è un test per verificare se l’uomo può compiere il proprio desiderio di felicità da solo, rifugiandosi nell’individualismo più sfrenato, oppure se ha bisogno dell’altro.
La mostra “Dentro la crisi, oltre la crisi” curata dalla Fondazione per la Sussidiarietà, così come la presenza delle opere della Cdo rappresentano il contesto nel quale abbiamo invitato Marchionne, Tremonti, Passera, Marcegaglia… Con loro vogliamo verificare quanto una concezione ideale c’entri anche con l’economia.
Paolo Viana Avvenire 21 08 2010
“La sortie de religion, est-ce une chance?”
La Buona Novella deve essere annunciata a tutti.
Alcuni preti operai spiegano come la Chiesa, diventando una religione nel corso dei secoli, si è appropriata, snaturandolo, del messaggio di Gesù Cristo, e lo ha quindi reso inudibile da coloro che cercano Dio in verità.
Cogliere l’occasione! “La sortie de religion, est-ce une chance?”(L’uscita dalla religione, è un’opportunità?), è un libro frutto della partecipazione di molte mani, di cui sarebbe troppo lungo elencare tutti gli autori.
Citiamone però alcuni, innanzitutto e fondamentalmente quelli di una “mano” formata da cinque preti operai del Calvados, alla base della progettazione del libro.
Troviamo frequenti citazioni di teologi: del gesuita Joseph Moingt, del pastore Dietrich Bonhoeffer (morto in campo di concentramento nel 1945), di Hans Küng…; di pensatori e filosofi: Marcel Gauchet, Mary Balmary, Jacques Duquesne…; di vescovi, di preti e di laici in gran numero…
Insieme, con le loro parole, le loro esperienze personali, le loro convinzioni, le loro attese, uniti dalla fede in Gesù Cristo saldamente stretta al cuore, vogliono comunicare ai lettori, e al di là di questi, ai credenti, che “l’essenza del messaggio evangelico è che l’umanità si realizzi pienamente”.
Non a seguito di lunghe dispute teologiche né di discorsi ex cathedra, ma attraverso lo sguardo d’amore che hanno tentato di rivolgere ai loro compagni di lavoro, questi preti hanno preso coscienza, una coscienza di fede viva, che “è passato il tempo in cui si poteva dire tutto agli uomini con parole teologiche e pie…
Stiamo andando verso un’epoca totalmente senza religione”.
(1) Appropriazione Fin dal secondo secolo della nostra era nascono le primissime, sporadiche comunità di discepoli di Gesù, spesso segretamente, senza alcuna intenzione nascosta di creare una religione, nel ricordo dell’amicizia di Gesù che alcuni affermano essere risuscitato.
Il messaggio evangelico lentamente si propaga tra i “testimoni” che naturalmente cercano in maniera spontanea di trasmettere il messaggio della Buona Novella.
A poco a poco – era inevitabile? – una certa organizzazione, comunque leggera, prenderà forma a partire dal IV secolo con l’impulso di Costantino e di Teodosio.
E fu nei secoli seguenti che rapidamente prenderà il sopravvento l’aspetto istituzionale, soffocando a volte e troppo spesso, la spontaneità di una fede che chiede comunque solo di diffondersi.
Nel Nord Ovest Alcuni preti del Calvados hanno percepito nella loro vita di tutti i giorni, durante il loro servizio come preti e lavoratori, che il messaggio di Gesù nel XX e nel XXI secolo era diventato inudibile.
I primi capitoli del libro presentano molteplici testimonianze rese da loro stessi e dai loro compagni operai che esemplificano la deriva della Chiesa, che è diventata, da umile e al servizio della Buona Novella, una istituzione umana che viene chiamata “religione”.
Joseph Moingt riassume così l’evoluzione: “Il seguito di questa storia, che non ha mantenuto le promesse delle origini, lo si può riassumere dicendo che a poco a poco, nella Chiesa, la forma della religione ha coperto quella dell’annuncio, invece del contrario! L’annuncio è appello alla libertà, la religione è la costrizione di una determinata via di salvezza.
Da questa conversione della Chiesa in semplice religione, che trasformava l’invito alla salvezza in ingiunzione minacciosa, è derivato il fatto che essa non ha più fatto sentire agli uomini la via della libertà né dell’umanesimo, poiché essa parlava solo un linguaggio religioso, tessuto di comandamenti, di mistero e di simbolismi sacri”.
(2) Da questa convinzione nasce allora una lunga, semplice e appassionante scoperta di ciò che può essere ancora oggi l’annuncio della Buona Novella.
La pratica Essere “praticante” consiste nel contribuire alla riuscita e alla crescita dell’umanità e non nel compiere atti rituali di una religione.
“Essere cristiano, diceva Bonhoeffer, significa diventare radicalmente uomo e invitare anche gli altri a diventarlo”.
Gesù invita a reintegrare l’uomo ferito, nudo, prigioniero, infermo nella società degli uomini.
“Ciò che fate al più piccolo, lo fate a me” (Matteo 25, 31-46).
La salvezza assume un altro senso in questa prospettiva.
La liberazione dal giogo della religione è uno degli aspetti della salvezza portati da Gesù.
È il Regno che bisogna testimoniare e la Chiesa ha un senso solo se ciò che essa fa e dice è a servizio della vita e della felicità degli uomini e li apre così al vero progetto di Dio.
E gli autori, come una sorta di riassunto dell’opera, affermano, a rischio di scioccare: “Dio si è fatto presente in una umanità da umanizzare, ciò obbliga a pensare un Dio in divenire, Dio impegnato nella storia degli uomini.
Dio non sarà totalmente Dio finché l’umanità non sarà davvero in piedi, autenticamente umana”.
E terminano – o quasi – il loro saggio con un paragrafo importante: “La salvezza, (la riuscita dell’umanità) si gioca nell’oggi, nel quotidiano della vita”.
Queste conclusioni, che si basano sull’esperienza di uomini di fede impegnati nel mondo operaio, si rivolgono anche a tutti coloro che vogliono vivere intensamente la loro fede, quale che sia il contesto in cui vivono: “Sì, noi crediamo che non ci sia altro luogo per incontrare Dio che l’umanità”.
“Il cristianesimo, è la religione dell’uscita dalla religione”, scrive con umorismo ma seriamente Marcel Gauchet.
(3) È un libro molto facile da leggere, che invita ciascuno ad interrogarsi sulla propria fede: “Credo in te, Dio in divenire, Dio in movimento, Dio presente ma allo stesso tempo futuro, Dio che rendi liberi e che ci aiuti a scrollarci di dosso la polvere delle nostre certezze” (Claude Simon).
(1) Joseph Moingt, Dieu qui vient à l’homme, Le Cerf, 2002 (2) Dietrich Bonhoeffer, Résistance et soumission, Lettres et notes de captivité, Les Editions Labor et fides (3) La condition historique, Stock 2003 La sortie de religion, est-ce une chance? (L’Harmattan), di Michel Gigand, Michel Lefort, Jean-Marie Peynard, José Reis, Claude Simon, pp.
193, € 18.
in “www.temoignagechretien.fr” del 13 agosto 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)
Mostra internazionale del cinema di Venezia
Per forza, Venezia è la regina dei Festival.
Il suo fascino e la sua seduzione perdurerà nei secoli.
Tra, l’altro, sebbene sia il più vecchio festival del mondo di arte cinematografica, quest’anno sarà la Mostra più giovane: 47 anni la media dei registi in concorso (fuori target solo il regista statunitense classe 1932 Monte Hellman).
E sarà la Mostra dei fuori formato: un fiume di medio metraggi e corti.
Ma soprattutto una Mostra che vuole essere sempre più spirito del tempo, secondo le affermazioni del Direttore Marco Mueller. Le opere breve che interessano soprattutto la sezione Orizzonti – che si è rinnovata andando a caccia delle nuove sperimentazioni – è frutto di una scelta stilistica ma soprattutto dei tempi: i budget ridotti hanno indotto anche i grandi autori a dedicarsi a opere più brevi in nome di quella sobrietà di cui ha parlato il presidente della Biennale Paolo Baratta portando il festival che comunque ha conservato sia l’anima di laboratorio che quella di arte cinematografica .
Non pensiamo- inoltre- che non ci saranno tante più cena di gala sulla spiaggia, né altre ridicoli sperperi per quanti frequentano il Lido per vedere le opere d’arte cinematografiche dei nuovi artisti..
La misura, l’economia, il risparmio riguardano tutti gli italiani: dai “grandi” ai “piccoli”.Noi abbiamo sempre avversato l’orribile ostensione della ricchezza al Lido, magari per film per cui non valeva la pena spendere neanche un euro.
Allora… Ben 83 sono i lungometraggi nelle quattro sezioni ufficiali di cui 79 in prima mondiale e 4 in prima internazionale: il concorso Venezia 67 contempla 23 prime mondiali (ne sono state annunciate 22, la 23esima sarà resa nota lunedì 6 settembre: speriamo che non sia la solita “bufala” che ha fatto vincere alla Cina più di un premio con la scusa che presentavano opere interdette dal Regime comunista che lì funziona ancora egregiamente); Fuori concorso ci sono 27 opere di cui 23 in prima mondiale; Orizzonti presenta 21 prime mondiali e Controcampo italiano 12.
Numerosa la presenza italiana 41 opere di cui quattro in concorso :La pecora nera di Ascanio Celestini, con Giorgio Trabassi, Maya Sansa e lo stesso Celestini; La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo con Alba Rohrwacher, Filippo Timi e Isabella Rossellini; Noi credevano di Mario Martone con Luigi Lo Cascio, Toni Servillo, Luca Zingaretti, Michele Riondino, Francesca Inaudi e Anna Bonaiuto; e La passione di Carlo Mazzacurati con Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Corrado Guzzanti..
Troppi film italiani? E’ l’eterno problema.
La Francia se ne infischia ed infila a Cannes tutti i registi francesi che ritiene adatti al Concorso nelle sue varie sezioni.
Noi italiani ci scandalizziamo sempre per la presenza di più artisti nel nostro meraviglioso Concorso internazionale.
Sarà anche vero che gli artisti nominati non siano al top della loro creatività, ma che importa? Tanto la giuria internazionale , quest’anno presieduta da Quentin Tarantino che –come sappiamo- è famoso per essere uno spirito libero ed estroverso, non si spaventerà nel togliere di mezzo film che non corrispondono all’idea base della Mostra, cioè dare al pubblico dei cinefili un prodotto possibilmente “artistico”, con qualcosa che vale la pena di vedere a cinema. Ecco, i 22 film annunciati della selezione ufficiale in concorso della 67/a Mostra del cinema di Venezia (1-11 settembre): – BLACK SWAN (film d’apertura) di Darren Aronofsky, Usa – LA PECORA NERA di Ascanio Celestini, Italia – SOMEWHERE di Sofia Coppola, Usa – HAPPY FEW di Antony Cordier, Francia – LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI di Saverio Costanzo, Italia, Germania, Francia – OVSYANKI (Silent Souls) di Aleksei Fedorchenko, Russia – PROMISES WRITTEN IN WATER di Vincent Gallo, Usa – ROAD TO NOWHERE di Monte Hellman, Usa – BALADA TRISTE DE TROMPETA di Alex De La Iglesia, Spagna, Francia – VENUS NOIRE di Abdellatif Kechiche, Francia – POST MORTEM di Pablo Larrain, Cile, Messico, Germania – BARNEY’S VERSION di Richard J.
Lewis, Canada, Italia – NOI CREDEVAMO di Mario Martone, Italia, Francia – LA PASSIONE di Carlo Mazzacurati, Italia – JUSAN-NIN NO SHIKAKU (13 Assassins) di Takashi Miike – Giappone, Regno Unito – POTICHE di Francois Ozon, Francia – MEEK’S CUTOFF di Kelly Reichardt, Usa – MIRAL di Julian Schnabel, Usa, Francia, Italia, Israele – NORUWEI NO MORI (NORWEGIAN WOOD) di Anh Hung Tran, Giappone – ATTENBERG di Athina Rachel Tsangari, Grecia – DI RENJIE ZHI TONGTIAN DIGUO (Detective Dee and the mystery of Phantom Flame) di hark Tsui, Cina – DREI di Tom Tykwer, Germania.
La 67.
Mostra in numeri I nuovi lungometraggi nelle quattro sezioni ufficiali 83 di cui: 79 in prima mondiale 4 in prima internazionale Venezia 67 23 lungometraggi in concorso tutti in prima mondiale Fuori Concorso 27 lungometraggi di cui 23 in prima mondiale Orizzonti 21 lungometraggi tutti in prima mondiale Controcampo Italiano 12 lungometraggi tutti in prima mondiale Numero dei titoli visionati da 102 paesi (lo scorso anno erano 74) 4251 di cui: 2395 lungometraggi 416 mediometraggi 1440 cortometraggi lo scorso anno erano: 2208 lungometraggi 311 mediometraggi La 67.
Mostra per Paesi (34) Nel 2009 i Paesi erano 27 ARGENTINA (1) Mauro ANDRIZZI, En el Futuro (Orizzonti) AUSTRIA (4) Martin ARNOLD, Shadow Cuts (Orizzonti) Heral HUND, Paul HORN, Mouse Palace (Orizzonti) Sasha PIRKER, The Future will not be capitalist (Orizzonti) Peter TSCHERKASSKY, Coming Attractions (Orizzonti) BANGLADESH (1) Ishtiaque ZICO, 720 Degrees (Orizzonti) BELGIO (1) Nicolas PROVOST, Stardust (Orizzonti) BRASILE (1) Luiz PRETTI, O mundo é belo (Orizzonti) CANADA (1) Richard J.
LEWIS, Barney’s Version (Venezia 67) CILE (1) Pablo LARRA, Post Mortem (Venezia 67) CINA (7) HUANG Wenhai, Qiao (Crust) (Orizzonti) HUANG Wenhai, Xifang qu ci bu yuan (Reconstructing Faith) (Orizzonti) Stanley KWAN, Yongxin tiao (Showtime) (Fuori Concorso) Xun SUN, 21 ke (21 Grams) (Orizzonti) TSUI Hark, Di Renjie zhi Tongtian diguo (Detective Dee and the Mystery of Phantom Flame) (Venezia 67) John WOO, SU Chao-Pin, Jianyu (Reign of Assassins) (Fuori Concorso – Leone d’Oro alla carriera 2010) ZHANG Yuan, Taikong xia (Space Guy) (Fuori Concorso) COREA DEL SUD (2) HONG Sang-soo, Oki-eui young-hwa (Oki’s Movie) (Orizzonti) KIM Gok, KIM Sun, Bangdokpi (Anti Gas Skin) (Orizzonti) ECUADOR (1) SEMICONDUCTOR (Ruth JARMAN, Joe GERHARDT), Indefatigable (Orizzonti) EGITTO (1) Marianne KHOURY, Mustapha HASNAOUI, Zelal (Orizzonti) FINLANDIA (2) Elina TALVENSAARI, Miten marjoja poimitaan (How to pick Berries) (Orizzonti) Hannes VARTIAINEN, Pekka VEIKKOLAINEN, Erään hyönteisen tuho (The Death of an Insect) (Orizzonti) FRANCIA (11) Catherine BREILLAT, La Belle Endormie(Orizzonti) Antony CORDIER, Happy Few (Venezia 67) Abdellatif KECHICHE, Venus Noire (Venezia 67) Bertrand MANDICO, Lif og daudi Henry Darger (The life and death of Henry Darger) (Orizzonti) F.
J.
OSSANG, Dharma Guns (Orizzonti) François OZON, Potiche (Venezia 67) Arnaud des PALLIERES, Diane Wellington (Orizzonti) Jean Gabriel PERIOT, Les Barbares (Orizzonti) Gianfranco ROSI, El Sicario Room 164 (Orizzonti) Oleg TCHERNY, La linea generale (Orizzonti) Olivier ZABAT, Fading (Orizzonti) GERMANIA (3) Markus LOFFLER, Andrée KORPYS, Atom (Orizzonti) David OREILLY, The External World (Orizzonti) Tom TYKWER, Drei (Venezia 67) GIAPPONE (7) MIIKE Takashi, Jûsan-nin no shikaku (13 Assassins) (Venezia 67) MIIKE Takashi, Zebraman (Fuori Concorso) MIIKE Takashi, Zebraman: Zebra City no gyakushu (Zebraman 2: Attack on Zebra City) (Fuori Concorso) Takashi SHIMIZU, Senritsu Meikyu 3D (Shock Labirinth 3D) (Fuori Concorso) Sion SONO, Tsumetai Nettaigyo (Cold Fish) (Orizzonti) TRANAnh Hung, Noruwei no mori (Norwegian Wood) (Venezia 67) Atsushi WADA, (Haru no shikumi) Mechanic of Spring (Orizzonti) GRAN BRETAGNA (6) John AKOMFRAH, The Nine Muses (Orizzonti) Douglas GORDON, k.364 a journey by train (Orizzonti Fuori Concorso) Isaac JULIEN, Better Life (Orizzonti) Isaac JULIEN, The Leopard (Orizzonti Fuori Concorso) Patrick KEILLER, Robinson in Ruins (Orizzonti) Emily RICHARDSON, The Futurist (Orizzonti) GRECIA (2) Athina Rachel TSANGARI, Attenberg (Venezia 67) Georgios ZOIS, Casus Belli (Orizzonti) HONG KONG (3) Andrew LAU, Jingwu fengyun – Chen Zhen (Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen) (Fuori Concorso) Clara LAW, Chi di (Red Earth) (Orizzonti) Oxide PANG, Danny PANG, Tungngaan 3D(The Child’s Eye 3D) (Fuori Concorso) INDIA (3) Anurag KASHYAP, That Girl In Yellow Boots (Fuori Concorso) Mani RATNAM, Raavan [versione Hindi] (Fuori Concorso) Mani RATNAM, Raavanan [versione Tamil] (Fuori Concorso) ISRAELE (1) Roee ROSEN, Tse (Out) (Orizzonti) ITALIA (41) Aureliano AMADEI, 20 sigarette (Controcampo Italiano) Yuri ANCARANI, Il capo (Orizzonti) Marco BELLOCCHIO, Sorelle Mai (Fuori Concorso) Giorgia CECERE, Il primo incarico (Controcampo Italiano) Ascanio CELESTINI, La pecora nera (Venezia 67) Michela CESCON, Come un soffio (Controcampo Italiano) Giada COLAGRANDE, A Woman (Controcampo Italiano) Andrea COSTANTINO, Sposerò Nichi Vendola (Controcampo Italiano) Saverio COSTANZO, La solitudine dei numeri primi (Venezia 67) Roberto DE PAOLIS, Bassa Marea (Controcampo Italiano) Antonio DI TRAPANI, Marco DE ANGELIS, Tarda estate (Controcampo Italiano Fuori Concorso) Gaetano DI VAIO, Il loro Natale (Controcampo Italiano Fuori Concorso) Giorgia FARINA, Achille (Controcampo Italiano) FLATFORM, Non si può nulla contro il vento (Orizzonti) Giuseppe GAUDINO, Isabella SANDRI, Per questi stretti morire (ovvero cartografia di una passione) (Orizzonti) Piergiorgio GAY, Niente Paura – Come siamo come eravamo e le canzoni di Ligabue (Fuori Concorso) Gianfranco GIAGNI, Dante Ferretti: Scenografo italiano – Production Designer (Fuori Concorso) Simone GODANO, Leonardo GODANO, Niente Orchidee (Controcampo Italiano) Emidio GRECO, Notizie degli scavi (Fuori Concorso) Stefano INCERTI, Gorbaciof (Fuori Concorso) Carlo LIBERATORE, Antonio IACOBONI, Stefano IANNI, Marco CASTELLANI e altri, Un anno dopo – Progetto Memory Hunters (Orizzonti Fuori Concorso) Armin LINKE, Francesco MATTUZZI, Future Archaeology (Orizzonti) Monica MAGGIONI, Ward 54 (Controcampo Italiano Fuori Concorso) Mario MARTONE, Noi credevamo (Venezia 67) Carlo MAZZACURATI, La Passione(Venezia 67) Carlo MAZZACURATI, Sei Venezia (Fuori Concorso) Gianfranco PANNONE, Ma che storia (Controcampo Italiano) Michele PLACIDO, Vallanzasca – Gli angeli del male (Fuori Concorso) Paola RANDI, Into Paraiso (Controcampo Italiano) Nadia RANOCCHI, David ZAMAGNI, All Inclusive 3D (Fuori Concorso) Gabriele SALVATORES, 1960 (Fuori Concorso) Antonello SARNO, La prima volta a Venezia (Fuori Concorso) Giancarlo SCARCHILLI, Vittorio racconta Gassman – Una vita da Mattatore (Fuori Concorso)