“Il Signore è grande e non si può disegnare, perché nel foglio non ci sta”.

PEIRCE GUALTIERO, Il signore è grande e non si può disegnare (perché nel foglio non ci sta), Einaudi Torino 2008, ISBN: 8806193082, pp.
132, € 12.50 Per la prima volta bambini ebrei, cristiani e musulmani raccontano come vedono Dio e ci parlano della paura, del perdono, della colpa e dell’eternità…
Peirce ha trascorso molto tempo ad ascoltare gli alunni di tre scuole confessionali di Roma.
Ne è nato un reportage in cui i bambini ci regalano momenti di candore e stralunata saggezza, definizioni buffe, visioni e concetti che ci riportano alle origini del pensiero religioso.
Peirce ha trascorso molto tempo ad ascoltare gli alunni di tre scuole confessionali di Roma.
Ne è nato un magnifico reportage in cui i bambini ci regalano momenti di candore e stralunata saggezza, definizioni buffe, visioni e concetti che ci riportano alle origini del pensiero religioso.
Prima C, scuola elementare ebraica.
Gaia punta al cuore del problema: «Maestra, ma Dio come è nato?» «Secondo voi? Chi ha un’idea?».
«Con la mamma!» «Con il vento!» «Con le nuvole!» «Ma bambini, questa è una storia difficile da capire, per ora…» Invece no.
C’è un bimbo di 6 anni che lo sa: «Maestra…
Dio è nato con le parole».
Seconda B, scuola elementare cattolica: «Ditemi un po’, a chi somiglia Dio?» Un paio di alunni si mettono subito al sicuro: «Alla maestra!», «Ai genitori!» Poi alza la mano Sofia, guardando dritto dritto dietro gli occhiali rossi: «Dio assomiglia a Giulio!» E con l’indice benedice il compagno che le sta di fronte, tutto rosso di imbarazzo.
Moschea, scuola integrativa per bimbi musulmani.
«Noi siamo tutti figli di Adamo…», racconta l’imam.
Tasnim, il velo intorno al viso, si fa due conti: «Tutti? Ma proprio tutti? Madonna, quanti figli!»

Laicità della ragione, razionalità della fede?

A.A.V.V.
, Laicita’ della ragione razionalita’ della fede? la lezione di Ratisbona, CLAUDIANA, 2008, EAN : 9788870167469, € 15,00 A partire dalla cosiddetta “lezione di Ratisbona” del pontefice Benedetto XVI e dalla risposta del vescovo luterano di Berlino Huber, giuristi, politologi, teologi e filosofi si confrontano da posizioni diverse sul rapporto tra fede e ragione, interrogandosi sull’influenza della religione sulla sfera pubblica.
Dalla quarta di copertina: Dalla “lezione di Ratisbona” di Benedetto XVI alla replica del vescovo evangelico di Berlino, Wolfgang Huber: un problema che ha segnato la storia del cristianesimo occidentale si trova nuovamente al centro di un’accesa disputa sui criteri etici e politici della convivenza civile.
Fede e ragione oggi: non solo una riflessione sui fondamenti del cristianesimo e sui rapporti con la cultura religiosa e scientifica occidentale, ma una discussione sul rapporto tra religione e modernità, sul ruolo pubblico della religione e sulla laicità.
La crisi del pluralismo liberale, il “ritorno” del religioso sulla scena pubblica e il risorgere dei fondamentalismi ripropongono il nodo filosofico del rapporto tra fede e ragione.
Un testo dove giuristi e politologi, filosofi e teologi si confrontano e si incontrano nel tentativo di disegnare uno spazio di discussione tra credenti, protestanti e cattolici, e laici.

Classe prima – Maggio

Quinta fase dell’attività L’insegnante propone agli allievi le seguenti attività, seguite dal confronto tra loro e dalle sue conclusioni.
a) Dopo aver letto con attenzione il terzo testo-guida e i Documenti, prova a descrivere il Volto di Dio secondo i Cristiani, immaginando di rivolgerti a un interlocutore che non sappia assolutamente nulla.
Si potrà lavorare individualmente oppure in piccoli gruppi con portavoce, producendo semplici testi sintetici ed esponendoli in classe.
Tale procedimento potrà essere utilizzato anche per la proposta successiva.
b) Riprendi i primi testi-guida e confronta le “visioni di Dio” ebraica, islamica e cristiana.
– Quali sono gli aspetti specifici, originali di ciascuna tradizione religiosa? – Quali comportamenti e azioni di Dio sono comuni alle tre religioni? Per l’inserimento dell’argomento in Unità di Apprendimento articolate, vedere Tiziana Chiamberlando, Sentinelle del Mattino, SEI, Volume per il biennio e Guida Terza fase dell’attività L’insegnante presenta alla classe l’ultimo testo-guida.
Quarta fase dell’attività – DOCUMENTI Nei tre monoteismi…
Nell’Antico Testamento Dio si definisce: «Io sono colui che sono» (Jahvé), cioè «l’essere»; il passato, il presente, il futuro: definizione misteriosa ma piena di significato.
Nel Nuovo Testamento Dio si rivela come «l’amore», definizione che apre alla speranza; la felicità cercata dall’uomo è l’amore, e ha la sua sorgente in Dio.
Per parlare di Dio nell’Islam il Corano recita: «Nel nome di Dio, clemente e misericordioso! Sia lode a Dio, il Signore del Creato, il Clemente, il Misericordioso, il Padrone del dì del Giudizio! Te noi adoriamo, Te invochiamo in aiuto: guidaci per la retta via, la via di coloro con i quali non sei adirato, la via di quelli che non vagano nell’errore».
Per incontrare Dio, che è l’Essere, bisogna meditare; per incontrare Dio, che è l’Amore, bisogna amare.
Colui che non pensa non può conoscere Dio; colui che non ama non può incontrare Dio.
Ci vorranno secoli prima che l’umanità capisca e si convinca che Dio è «uno solo»: è l’Essere, è l’Amore.
(A.
Viganò, Dio cammina con gli uomini, Elledici, collana «Chi è Dio Padre?», p.
21) Divinità di Cristo nel Nuovo Testamento «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato» (Gv 1,18) «Per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili…
Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui…
Il primogenito di coloro che risuscitano dei morti…
Perché piacque a Dio fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose» (Col 1,15-20)  Sullo Spirito…
    «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista…» (Lc 4,18-19, richiamo a Is 61,1-2) «Lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
(Rm 8,15-16)   3) Il Dio dei Cristiani Dio-Amore: la Trinità In Gesù di Nazareth, Uomo e Dio, secondo i Cristiani il Signore realizza pienamente la rivelazione di sé avviata ai tempi dell’Antico Testamento, si avvicina intimamente a ogni essere umano.
Afferma l’evangelista Giovanni, in tre parole: «Dio è Amore».
Per il Cristiano, credere in Dio non significa soltanto essere certo della sua esistenza; significa soprattutto essere certi che Dio “è” Amore, che l’amore generoso e illimitato, quello che vuole il bene supremo di chi viene amato, è ciò che Egli offre…
significa anche credere che il suo atto di amore più grande sia stato quello di rendersi visibile assumendo la natura umana.
Egli è in sé comunicazione, corrente di amore.
È la Trinità, mistero e luce per l’uomo, unico Dio in tre persone.
Dio Padre, l’Onnipotente, l’Onnisciente, l’Eterno, crea l’universo e chiama l’uomo alla vita unicamente per amore; il suo progetto è quello di un cosmo riconciliato in una perfetta armonia tra Lui e le sue creature, degli uomini tra loro e con l’intera creazione…
Egli è Amore che genera.
Il Padre invia il Figlio che si incarna, che diviene espressione umana della Divinità; Egli è il mezzo attraverso cui tutte le azioni amorose di Dio giungono a compimento.
Il Cristo, infatti, è il Verbo di Giovanni, la Parola suprema di Dio: rivela l’identità di Dio attraverso il proprio agire, rivela chi sia l’uomo, figlio di Dio e fratello degli altri uomini, e quale sia il destino di riconciliazione del creato (tema del “Regno di Dio”).
Egli soprattutto redime, salva l’uomo dal male e dalla morte attraverso la propria morte e il trionfo della Resurrezione; quest’ultima anticipa il destino di tutti e inaugura un tempo in cui uomini e donne di fede, insieme con il Risorto invisibile ma presente, possono lavorare per costruire una nuova realtà.
Lo Spirito Santo è l’Amore che unisce Padre e Figlio e che viene da loro donato all’umanità (pensiamo al tramite dei Sacramenti), espressione divina della saggezza e della forza di amare e combattere il male.
Lo Spirito prega con e per l’uomo, lo ispira nel profondo, gli permette di migliorare nei rapporti come da solo non potrebbe fare; porta con sé doni che producono forza, sete di giustizia, capacità crescenti di rinuncia all’egoismo…
Gesù, Uomo e Dio Il Cristiano vede in Gesù il suo unico Maestro: medita sul suo insegnamento, vuole seguirlo, vorrebbe imitarlo…
Soprattutto, può guardare a Lui ed esclamare come l’apostolo Tommaso, quando accettò l’evidenza della resurrezione: «Mio Signore e mio Dio!» «Nessuno viene al Padre se non attraverso di me…» (Gv 14, 6).
Gesù soltanto, che è una cosa sola con il Padre, può rivelare il volto di Dio.

«Credete almeno alle opere, perché sappiate che il Padre è in me ed io nel Padre»…
L’opera suprema del Padre, compiuta in Gesù, è il trionfo della vita («Io sono la Resurrezione e la Vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà», Gv 11,25) «Prima che Abramo fosse, Io Sono…» (Gv 8,58), afferma Gesù: utilizza il nome stesso di Dio rivelato a Mosé (Es 3,14).
Gesù si identifica apertamente nei titoli messianici degli antichi profeti: «Figlio dell’Uomo», Colui che ristabilirà la giustizia universale al termine della storia umana; «Servo», venuto a dare la vita (Isaia)…
Di fronte al Sinedrio che vuole condannarlo, Egli proclama la propria divinità (Mt 26,63-64).
Nei Vangeli, tuttavia, Gesù evita qualsiasi manifestazione di potenza; preferisce lasciare segni perché la gente si avvicini al mistero della Sua persona con una comprensione graduale.
Pienamente Dio, Gesù è anche pienamente uomo: ha voluto condividere tutto della condizione umana, tranne il peccato; immensamente grande, si è fatto “piccolo” per essere uno di noi…
Non c’è fatica umana che il nostro Dio non abbia provato, secondo i Cristiani.
«Poiché è uomo, Gesù sa quali problemi dobbiamo affrontare; poiché è Dio, può aiutarci» (N .Warren).
Padre suo e nostro, dall’Antico al Nuovo Testamento La paternità di Dio, nel Nuovo Testamento, esprime un’intimità totale con i figli: ogni uomo ‒ non più soltanto nell’ambito del popolo ebraico ‒ è “figlio adottivo” di Dio e fratello di Gesù; il Padre desidera che ogni essere umano gli si affidi con la fiducia di un bambino nei confronti del papà, ed Egli si cura di lui come il pastore della parabola della pecorella smarrita (Lc 15,4-7), o come il padre del “figlio prodigo”, che lo attende a lungo e lo perdona nonostante il suo egoismo e le sue esperienze sbagliate.
L’istituzione dell’Eucaristia rappresenta il rinnovarsi del rapporto tra Dio e uomo, la Nuova Alleanza.
«Se Dio ci ha amati per primo, noi dobbiamo rispondere a questo amore, coinvolgendo in questa onda di calore i nostri fratelli, gli altri uomini.
Avvolta da questo amore, l’intera umanità diventa una famiglia…
comprendiamo la portata dei due comandamenti del cristiano: amore di Dio e amore del prossimo, alimentati da un’unica fiamma che parte da Lui e investe tutta l’umanità» (Carlo Fiore).
Gesù si ricollegò chiaramente all’Antico Testamento: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti.
Io non sono venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17); in Lui, anche gli antichi insegnamenti del Decalogo possono essere compresi nel loro più profondo e autentico significato.
Unità di Lavoro di approfondimento storico-biblico-teologico  Seconda parte OSA di riferimento Conoscenze – Ricerca umana e Rivelazione di Dio nella storia: il Cristianesimo a confronto con l’Ebraismo e le altre religioni.
– Il libro della Bibbia, documento storico-culturale e Parola di Dio.
Abilità – Evidenziare gli elementi specifici della dottrina, del culto e dell’etica delle altre religioni, in particolare dell’Ebraismo e dell’Islam.
– Individuare il messaggio centrale di alcuni testi biblici, utilizzando informazioni storico-letterarie e seguendo metodi diversi di lettura.
– Riconoscere le caratteristiche della salvezza attuata da Gesù in rapporto ai bisogni e alle attese dell’uomo.
Obiettivi Formativi ipotizzabili Conoscenze e abilità – Conoscere e saper descrivere “il volto di Dio” secondo Ebrei, Musulmani e Cristiani, evidenziando aspetti comuni ed eventuali divergenze.
– Individuare il messaggio centrale di testi biblici inerenti l’argomento trattato.
Competenze di riferimento dell’allievo in prospettiva triennale – Possedere essenziali conoscenze bibliche, storiche e dottrinali inerenti il Cristianesimo, soprattutto sulla base della tradizione cattolica.
– Sapersi esprimere nell’ambito del linguaggio specifico.
– Saper cogliere i messaggi fondamentali di passi biblici basilari.

Classe seconda – Maggio

Unità di Lavoro di approfondimento interdisciplinare (religione, educazione musicale).
Seconda parte OSA di riferimento (Irc) Conoscenze – Conoscere e saper descrivere vari modi di interpretare il messaggio di Gesù nell’arte.
– Conoscere e saper descrivere dati, inerenti la storia della musica, di supporto allo studio sulla storia e l’“identità” della Chiesa (aspetti liturgici).
Obiettivi Formativi ipotizzabili (Irc, educazione musicale) – Conoscere e saper descrivere elementi basilari di storia della musica sacra e il loro significato religioso.
– Conoscere le “intenzioni espressive” di alcuni compositori di musica sacra.
– Dopo averli ascoltati, descrivere i messaggi spirituali di alcuni brani di musica sacra, cogliendo in modo personale il collegamento tra espressione musicale e sentimento religioso.
Competenze di riferimento dell’allievo in prospettiva triennale: – Comprendere e/o utilizzare espressioni artistiche in relazione all’esperienza e alla ricerca religiosa.
Seconda fase dell’attività Al fine di indurre gli allievi alla riflessione sul collegamento tra arte musicale e dimensione religiosa, l’insegnante di religione presenta l’opinione di un grande artista e quella di un grande santo e teologo, s.
Agostino.
La vicenda La musica, la spiritualità, la famiglia e la natura sono protagonisti di questo film-fiaba intensamente poetico, che esalta la vita come stupendo mistero da svelare, che invita ad affinare l’“orecchio interiore” per cogliere l’armonia dell’esistenza stessa, che è l’armonia…
dell’Amore.
L’irlandese ribelle Louis, chitarrista in una band e cantante rock, s’innamora istantaneamente e profondamente della violoncellista Lyla, una ragazza riservata di “buona famiglia”; persino i gusti musicali sembrano dividerli…
Eppure, l’una coglie nell’altro il completarsi della melodia che avverte in sé.
Dal loro brevissimo incontro nasce il piccolo August…
Sottratto con un inganno dal nonno a Lyla, che lo crede morto, crescerà in orfanotrofio.
11 anni dopo, August, sensibile e maturo, è determinato a ritrovare i genitori ed è convinto che essi possano sentire, come lui, la musica nel vento, nell’aria, ovunque; egli sente di incontrarsi con loro in questa dimensione.
Nella mente di August, qualsiasi rumore, qualsiasi sensazione divengono armonia e melodia…
Scappato dall’orfanotrofio, raggiunge New York, dove cade nelle mani di un lestofante chiamato il Mago, che sfrutta ragazzi musicisti soli al mondo mandandoli a suonare sulle strade e offrendo loro, ipocritamente ‒ ma forse non del tutto ‒, una sorta di “famiglia”.
August impara a suonare la chitarra e l’organo, rivelando un talento eccezionale: il Mago diviene il suo “impresario” e ostacola in tutti i modi la sua ricerca dei genitori.
In una chiesa, August verrà “scoperto” da una dolce, piccola cantante gospel e dal sacerdote, grazie a cui riuscirà a entrare in una prestigiosa scuola di musica; lo straordinario talento gli consentirà ben presto di comporre una sinfonia per orchestra ‒ che sembra unificare la forza espressiva e un po’ trasgressiva del padre e la perfezione classica della madre ‒ e di poter debuttare in un grande concerto, in Central Park.
Louis, il papà di August, alla ricerca di Lyla, l’amore vero della sua vita che vuole assolutamente ritrovare e la mamma, alla ricerca del figlio dopo aver appreso dal padre morente che è ancora vivo, verranno attirati dalla sinfonia del loro August, mentre il piccolo dirige l’orchestra.
I genitori riconoscono, nella musica, se stessi, il loro reciproco amore e un amore nuovo e forte, quello del figlio e per il figlio, da sempre certo di quel meraviglioso ritrovarsi.
I contenuti Nel film, la musica è l’espressione, il “farsi udire” di tutto il creato: dei sentimenti umani, della natura…
tutto ciò che vive e si armonizza con ogni altro elemento della realtà.
«È intorno a noi», dice August, «non bisogna fare altro che aprire l’anima, non bisogna fare altro che ascoltare».
È il farsi udire della Verità di ogni essere…
Dunque è anche voce di Dio, del Creatore, voce che è bellezza, appello alla ricerca di legami tra le persone, di collegamenti tra situazioni…
L’armonia è l’esprimersi della sostanza dell’Essere: dell’Amore che è anche grande progetto di Dio per tutte le creature, perfetto come una sinfonia di cui ogni creatura rappresenta una nota insostituibile, in cui nulla è casuale.
Non tutti sanno ascoltare, forse tutti potrebbero imparare.
Afferma il Mago, in un momento in cui un effettivo amore per la musica gli permette di esprimere la sua parte migliore: «Sai cos’è la musica? È Dio che ci ricorda che esiste qualcos’altro a parte noi, in questo universo: la connessione armonica unisce creature che vivono in ogni parte, e persino le stelle.
Tutto scorre dentro di noi, alcuni di noi ascoltano ma altri non ascoltano…».
La vita è presentata come un viaggio alla ricerca dell’essenziale, dei rapporti importanti; “vince” chi coltiva tenacemente dei grandi sogni e che, attimo dopo attimo, affronta con coraggio le difficoltà, senza dimenticare…
i “compagni di viaggio”.
August, geniale eppure umile, è capace di amicizia, di ascolto e di compassione (pensiamo agli altri ragazzini musicisti sfruttati dal Mago); non è mai egocentrico, pur essendo tenace nel ricercare la propria strada; è il “viaggiatore” ideale, guidato dal suo mondo interiore che lo rende saggio anche se è piccolo, pronto a cogliere le occasioni e pronto a dialogare, ottimista come chiunque abbia una meta.
I legami familiari, in questo caso riconquistati a qualsiasi costo, rappresentano i rapporti umani basilari e la prima missione affidata da Dio all’essere umano: sono legami misteriosamente voluti da Lui, al cui interno ciascuno può cogliere la verità e la bellezza dell’altro e il reciproco affetto può creare una somma di armonie ‒ idee, sentimenti, progetti…
‒.
August e i genitori percepiscono il canto delle loro anime ancora prima di incontrarsi…
Forse perché, in una storia così, il “caso” proprio non esiste e tutto è volontà buona di Qualcuno, dal dolore che fa crescere alle porte che possono aprirsi.
1) G .F .Haendel (Halle 1685-Londra 1759) “Alleluja” per coro a voci miste e orchestra, dall’Oratorio “Il Messia”.
Haendel compose musica per il teatro d’opera, musica sacra (21 Oratori) e musica strumentale.
Morì, come aveva sempre sperato, nel giorno di Pasqua.
Dalla “Lauda”, composizione popolare profondamente spirituale, nacque l’Oratorio di cui Haendel fu considerato il padre, forma musicale drammatica con narratore, personaggi, dialogo: uno spettacolo sacro senza scene né azione, per raccontare fatti biblici con meditazioni morali.
Gli Oratori esprimono una visione autenticamente e gioiosamente “cristocentrica” dell’esistenza: il Cristo è unica Verità, Significato, Via, Vita trionfante; Egli è Origine e Destino.
Il famoso “Messia” è dedicato alla nascita di Cristo e alla sua Passione, Morte e Resurrezione: è un affresco musicale grandioso.
Arie toccanti di cantanti solisti sintetizzano e commentano i messaggi biblici; gli interventi corali sono maestosi e possenti, come a rappresentare le grandi folle protagoniste degli eventi biblici e l’intera umanità.
In quello che ascolteremo, molto celebre, il grido di esultanza per la resurrezione di Gesù si ripercuote da una voce all’altra, mentre il martellante ripetersi di note acute sembra accendere lampi di luce.
2) Antonio Vivaldi (Venezia 1678-Vienna 1641) Dal “Gloria” in Re maggiore, “Domine Deus” per soprano e orchestra.
Il compositore e violinista, sacerdote poi dispensato dal suo ministero a causa di problemi di salute, compose moltissima musica vocale e strumentale.
Il “Gloria” fu composto nel 1713: la musica vocale è inserita in un ampio disegno sinfonico in cui la preghiera di lode sembra davvero universale, il canto gioioso di tutta la creazione.
Quest’aria per soprano esprime esultanza, commozione e adorazione del “Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente…”.
I vocalizzi guidano il pensiero e il cuore “verso l’alto”.
3) J .S.
Bach Toccata e fuga in re minore, organo solo.
Il geniale compositore tedesco fu organista, violinista, Maestro di Cappella presso corti e chiese protestanti; compose musica per strumenti solisti, le Passioni per soli, coro e orchestra, simili all’Oratorio ma in lingua tedesca, Cantate corali in cui espresse una fede profonda e severa.
Credette nel potere formativo della musica; in essa espresse la sua contemplazione del mistero trinitario e del mistero della Croce.
Seppe armonizzare in modo geniale la polifonia antica con nuovi spunti.
La grandiosa e celebre Toccata e Fuga che ascolteremo svela tutte le potenzialità dell’organo, uno strumento che può esprimere grandiosa solennità quanto la sottigliezza del virtuosismo.
In Bach, la geometrica precisione crea perfette “architetture musicali”, comunicando contemporaneamente il calore della sua umanità e la forza della sua fede.
Con l’aiuto aggiuntivo dell’insegnante di educazione artistica, gli allievi sceglieranno il brano istintivamente “preferito” tra i 3 proposti, per poi fare, di getto, un disegno colorato con una tecnica comune concordata, attraverso cui esprimere: – le “immagini mentali” immediatamente suggerite dal brano in relazione a sentimenti (colori, forme astratte, paesaggi, persone…); – eventuali messaggi colti sul senso della vita, sulla missione dell’essere umano nel mondo; – eventuali intuizioni, idee, pensieri sul rapporto con Dio.
Ogni allievo potrà corredare il proprio disegno con una breve spiegazione; i lavori saranno infine esposti e commentati in un dibattito.
Rispondi e confrontati con i tuoi compagni.
– Riassumi con parole tue ciò che la musica rappresenta per August.
Per te, che cosa rappresenta? – La musica, per August, è “voce di Dio”.
In che senso? Qual è la tua opinione personale? – Con le persone mature, sensibili e un po’ speciali come August, il “mondo” si comporta prevalentemente come il Mago o come gli amici che lo hanno aiutato? Fai qualche esempio pratico.
– La musica “unisce”? Se sì, quando e come? Per l’inserimento dell’argomento in Unità di Apprendimento articolate, vedere Tiziana Chiamberlando, Sentinelle del Mattino, SEI, Volume per il biennio e Guida 1) Cantare la verità Con il “senso esterno”, io sento la realtà del mondo e del mio corpo, frammento del mondo; il “senso intimo” mi fa sentire me stesso e gli altri esseri umani; con il “senso divino”, trovo Dio nel fondo dell’anima, che è la Sua immagine.
Il mondo è superficie; Dio è la radice.
L’anima, a contatto della sua radice, comprende le idee eterne, di cui l’arte è immagine, trova la reale essenza dei valori e acquista il potere di elevarsi dal naturale al soprannaturale; suoni e forme, luci e ombre, chiaroscuro e sfumature sono eco di una verità che si trova alla radice dell’essere.
Il cantante non sarà mai un autentico artista, se non adeguerà il senso esterno, quello intimo e quello divino, con il quale acquisterà la facoltà di penetrare nel nucleo della nota musicale e nella radice del suo cuore.
(Giacomo Lauri Volpi, tenore di fama internazionale e uomo di grande fede, in A viso aperto, Edizioni Bongiovanni, p.
146) 2) Cantare e camminare Canta e cammina.
Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica.
Cantiamo da viandanti.
Canta, ma cammina.
Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando non indulgere alla pigrizia.
Canta e cammina.
Che significa camminare? Andare avanti nel bene, avanzare nella retta fede, progredire nella santità.
Canta e cammina.
(s.
Agostino) Quinta fase dell’attività La musica, voce dell’universo e di Dio LAVORA SUL FILM Gli insegnanti di religione ed educazione artistica presentano agli allievi, suddividendone la visione nelle loro ore di insegnamento, il film – “La musica nel cuore” (August Rush) di Kristen Sheridan con Freddie Highmore (August), Robin Williams (il Mago) Stati Uniti 2007 Distribuzione Medusa Film Terza fase dell’attività L’insegnante di religione propone le seguenti domande, utili alla riflessione.
Dopo aver letto il primo testo-guida, proposto ad aprile, e le testimonianze di Giacomo Lauri Volpi e s.
Agostino, – racconta, sintetizzando al massimo, la storia della musica liturgica.
Rifletti e rispondi.
– Secondo te, la musica eseguita o ascoltata ‒ in particolare, il canto ‒ può aiutare il credente nella preghiera, o addirittura essere una forma di preghiera? – Secondo il tenore Lauri Volpi, cosa può esprimere di straordinario un vero cantante? – Secondo s.
Agostino, il canto è simbolo di quali atteggiamenti della persona di fede? Quarta fase dell’attività Ascolto, riflessione, espressione e musica classica Gli insegnanti di religione ed educazione musicale propongono all’ascolto degli allievi tre brani di musica: uno corale, uno vocale e uno strumentale.
L’insegnante di educazione musicale approfondirà la biografia dei compositori e le caratteristiche tecniche dei brani, l’insegnante di religione aiuterà gli allievi a trovare in essi l’intenzione “spirituale” degli autori.

Classe terza – Maggio

Prima fase dell’attività Gli insegnanti di religione e scienze presenteranno i testi-guida insieme, commentandoli e approfondendoli in base alle rispettive competenze.
3) Alle origini dell’esistere Biologicamente, l’embrione unicellulare è il risultato della fusione delle due cellule umane fondamentali, dell’ovulo femminile fecondato dallo spermatozoo maschile; in esso ha origine un nuovo “genoma” (insieme del patrimonio genetico inscritto nel DNA).
Evidenziamo tre aspetti del “genoma”.
– Ha un’individualità somatica, è un’entità con una sua originale corporeità.
– È unico e irripetibile.
Non è esistito né mai esisterà, nell’ambito del genere umano, un altro embrione identico.
– Secondo la legge “ontogenica” di sviluppo, «tutto ciò che l’embrione da quel momento in poi è, tutta la sua storia biologica, è già tutta presente in codice.
Se dal quattordicesimo-sedicesimo giorno si formerà la stria, il primo abbozzo di cellule del cervello, se dopo cinque mesi avrà già tutti gli organi strutturati, se dopo nove mesi nascerà, se a un anno circa camminerà, se a una certa età spunteranno i capelli bianchi, tutto ciò è già iscritto in codice nel genoma dell’embrione.
Tutto ciò che si formerà successivamente è già presente nell’embrione fin dal primo istante.
Non è quindi accettabile l’ipotesi che l’embrione sia un essere umano in potenza.
In potenza è soltanto il suo sviluppo; ci troviamo di fronte non a un essere umano potenziale, ma in atto» (Giovanni Russo in Bioetica e Cristiani, ElleDiCi, collana “Mondo nuovo”, p.
13).
La scienza afferma e dimostra come l’embrione sia un essere umano.
Secondo la Chiesa ‒ e non solo ‒ non è lecito rivendicare il “diritto” di poter interrompere una gravidanza, tranne che nel caso in cui la madre si trovi in reale pericolo di vita a causa della gravidanza stessa (in una situazione praticamente di “legittima difesa”): i genitori non sono padroni della vita dei figli.
Giovanni Paolo II affermò: «Confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale.
Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore, è riaffermata dalla Sacra Scrittura» (Evangelium Vitae, N57).
La mancanza di tutela dell’embrione a livello legislativo rappresenta una lacerante contraddizione in qualsiasi assetto sociale in cui si affermi teoricamente il principio di tutela della persona umana: ciò che, su di esso, è scientificamente dimostrato viene ipocritamente ignorato per lasciare spazio a una visione “di comodo”, che consenta al cittadino una “semplificazione della vita” ottenuta ignorando le verità il cui rispetto richiede impegno.
L’embrione non potrebbe neppure essere oggetto di “sperimentazione selvaggia” che ne comporti la disinvolta manipolazione e la frequente soppressione: quando c’è di mezzo il mistero della vita, il fine non può giustificare i mezzi.
Riflettiamo, con il seguente documento, su quest’ultima problematica.
1) La “scienza della sopravvivenza” Oggi, il rapporto tra scienza e pensiero religioso è basato sul rispetto della reciproca autonomia: sono diversi i campi d’indagine, diversi i metodi e gli obiettivi…
Scienza e fede non sono dimensioni “in opposizione”: la scienza indaga sui fenomeni, le leggi naturali e la loro interazione (sul “come”…); il pensiero religioso va alla ricerca del senso di ogni realtà…
S’interroga sul “perché”.
Si tratta di due approcci a due diversi tipi di conoscenza.
Per lo scienziato credente, le leggi della natura sono altrettanti doni di Dio.
Tuttavia, la Chiesa invita i Cristiani ad assumere un ruolo profetico nei confronti della scienza, che può sia costruire che distruggere, che dev’essere “servizio e non fine”, “mezzo e non termine”, nella consapevolezza che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente lecito.
Il problema è sempre quello della tutela dei diritti fondamentali della persona; il diritto alla vita, alla tutela della sua dignità, della sua complessità e degli equilibri psico-fisici che la caratterizzano…
di tutto ciò si occupa la bioetica.
La “bioetica” nacque come nuova disciplina, nel 1970: l’oncologo americano Van Rensselaer coniò l’espressione presentandola come “scienza della sopravvivenza”, con l’obiettivo di tutelare la qualità della vita.
La “bioetica medica” ne è l’aspetto più conosciuto: tratta le nuove frontiere della medicina, la genetica, e affronta la questione della tutela della persona dal suo nascere, nella fase embrionale, fino alla morte cerebrale, trattando di eutanasia, clonazione, sperimentazioni cliniche…
2) La vita: un valore assoluto? «Ho iniziato il mio tunnel 19 anni or sono.
Ho subito una decina di interventi chirurgici, la radioterapia mi ha distrutto le ossa del viso: mi manca il mento, un pezzo di mascella, non ho la lingua.
Praticamente non ho la bocca, infatti da 36 mesi mi nutro per via enterale (sarebbe un tubetto piantato nello stomaco).
Non sono contento, però sono felice di essere vivo.
Faccio sport, oggi sarò con la mia squadra al Giro della Collina.
Tutte le domeniche, se non sono ricoverato, vado a correre con la squadra.
Arrivo sempre ultimo! Ma quando vedo lo striscione dell’arrivo sono felice.
Il più felice di tutti.
Se fossi morto 19 anni fa, sarei stato sfortunato! Questo sì! Sono 19 anni che mi godo una famiglia meravigliosa e degli amici magnifici» (Lettera firmata, in «La Stampa», «Lettere al giornale», 12 ottobre 1997) L’atleta così sofferente della testimonianza vive una vita difficile, eppure ricca di significato per gli obiettivi da raggiungere, per i rapporti costruiti, per il suo coraggio che sembra avere la forza profetica di far apprezzare agli altri, come un dono, tutto ciò che hanno…
La persona umana è un mistero complesso e splendido: ciascuno può scoprire, o comunque vivere in modo diverso da chiunque altro, una “missione speciale” da portare a termine, con le risorse sorprendenti che porta in sé.
Il concetto di “qualità della vita”, nella nostra società, sta sostituendo quello di “sacralità della vita”.
La vita umana non vale forse “di per sé”, prima ancora che sia caratterizzata da benessere psico-fisico? Il ragazzo “down” può sorprendere ed essere un insegnamento vivente con la sua dolcezza e la sua capacità di gioire per le piccole cose; il bimbo vissuto poche ore può risvegliare nei genitori, nonostante il dolore, un amore così profondo da farli cambiare, progredire; il nonno, dalla sedia a rotelle, può essere una presenza indispensabile per i nipoti, nonostante non sia più giovane, né “bello”, né “utile” nel senso comune del termine…
In un’ottica di fede, ogni persona, unica e irripetibile, è voluta da Dio, l’unico che possa stabilire nell’ambito di un progetto di bene quanto sia giusto che duri un’esistenza terrena, palestra per imparare e insegnare l’amore.
Un’ottica semplicemente umana può comunque giungere alla stessa conclusione: esistere è un diritto intangibile.
La convinzione che l’essere umano debba avere dei diritti e dei doveri assoluti rientra in quei valori scritti nel profondo della coscienza, in quella “legge naturale” che tutti possono condividere, prima che entrino in gioco le differenze ideologiche? Se la risposta è affermativa, il “diritto originario” non è forse quello di…
poter “provare a esserci”? E se un altro principio può essere quello dell’uguaglianza tra esseri umani, con quale autorità un uomo potrebbe decidere della vita di un altro uomo? Il coesistere democratico di opinioni diverse non significa rinuncia alla ricerca di “principi veri” condivisi, che consentano la tutela della persona anche a livello legislativo.
In caso contrario, tutto è “una questione di opinioni”…
E quelle di una Madre Teresa di Calcutta devono avere lo stesso peso di quelle…
di un Adolf Hitler.
Compito fondamentale della bioetica è il riconoscimento di questi principi superiori.
La Chiesa valorizza, tramite le scelte concrete dei cristiani e i documenti del Magistero, questa concezione della bioetica.
DOCUMENTO Cellule staminali ed embrioni Le cellule staminali sono cellule il cui destino non è stato ancora “deciso”.
Possono originare vari tipi di cellule diverse.
Nelle fasi iniziali dello sviluppo umano esse sono situate nell’embrione.
Le cellule staminali (originarie basilari) sono cellule capaci di replicarsi e di dare origine a molti altri tipi di cellule, via via più specializzate.
L’embrione, all’inizio, è composto di cellule ciascuna delle quali è capace di dare origine a tutto l’organismo; per questo, tali cellule vengono chiamate “totipotenti”.
Quando l’embrione arriva ad avere sedici cellule (circa tre giorni di vita), questa capacità viene perduta; le cellule che costituiscono la massa interna dell’embrione divengono “pluripotenti”, rimangono cioè capaci di produrre tutti i tessuti dell’organismo.
Sono queste in senso proprio le cellule staminali.
Subito dopo, le cellule si differenziano ulteriormente e, attraverso vari passaggi, andranno a costituire tutti i diversi tessuti dei vari organi.
Le cellule staminali, oltre che nell’embrione nella sua prima fase di vita, si trovano nel cordone ombelicale e, come si è scoperto negli ultimi anni, anche in molti tessuti dell’adulto: il sistema delle cellule staminali attivo all’inizio della vita dell’embrione si conserva dunque, in parte, per tutta la vita.
Cellule staminali embrionali umane La preparazione di tali cellule, in modo che siano adatte alla sperimentazione, richiede che vengano appositamente prodotti embrioni umani, o che si utilizzino quelli congelati in seguito a tecniche di fecondazione artificiale.
Cellule staminali adulte Nella maggior parte dei tessuti dell’adulto esistono cellule staminali capaci di produrre cellule di ricambio, non solo per il tessuto nel quale risiedono, ma anche per tessuti di altri organi.
Anch’esse sono capaci, attraverso l’applicazione dei più avanzati metodi di biologia molecolare, di dare origine a più tipi di cellule che, impiantate in tessuti sofferenti, si sono mostrate capaci di restituire loro le normali funzioni.
La terapia attraverso le staminali adulte è già una realtà per la leucemia, le lesioni ossee, le ustioni, il trapianto di cornea.
L’uso delle cellule staminali adulte non prevede la soppressione di embrioni né la loro clonazione.
(da A.M.
Baggio, Per la democrazia e la vita, speciale “Città Nuova”, Roma, n.
3, 2005) (Nella seconda parte, una riflessione sull’eutanasia e le attività).
Per l’inserimento dell’argomento in Unità di Apprendimento articolate, vedere Tiziana Chiamberlando, Sentinelle del Mattino, SEI, Volume per la classe terza e Guida.
Unità di lavoro interdisciplinare (religione, scienze) Prima parte OSA di riferimento per l’Irc Conoscenze – Fede e scienza, letture distinte ma non conflittuali dell’uomo e del mondo.
– Vita e morte nella visione di fede cristiana.
Abilità – Confrontare spiegazioni religiose e scientifiche del mondo e della vita.
– Descrivere l’insegnamento cristiano sui rapporti interpersonali, l’affettività e la sessualità.
– Motivare le risposte del Cristianesimo ai problemi della società di oggi.
– Confrontare criticamente comportamenti e aspetti della cultura attuale con la proposta cristiana.
Obiettivi Formativi ipotizzabili Conoscenze e abilità Conoscere e descrivere – termini e concetti fondamentali riguardanti la bioetica; – la posizione della Chiesa cattolica su alcune questioni di bioetica, nel confronto con opinioni diverse.
– Esprimere opinioni motivate sui “vincoli morali” che la scienza dovrebbe avere e sul concetto di “tutela della vita umana”.
Competenze di riferimento dell’allievo in prospettiva triennale – Saper prendere in considerazione il progetto di vita cristiano e la visione cristiana dell’esistenza.
– Sviluppare interesse alla distinzione tra bene e male, alla ricerca della verità.

Siamo tutti nella stessa barca

CARLO MARIA MARTINI, LUIGI MARIA VERZÉ,  Siamo tutti nella stessa barca, EditoreSan Raffaele, Milano, 2009,   EAN9788886270908, pp.
140, € 14,50  “Sono contento che la Chiesa mostri in alcuni casi benevolenza e mitezza, ma ritengo che dovrebbe averla verso tutte le persone che veramente la meritano.” Nuovo ‘sasso nello stagno’ del cardinal Martini, arcivescovo emerito di Milano, che negli ultimi anni ha fatto sentire piu’ volte la propria voce per suggerire alla Chiesa inedite – almeno recentemente – possibilita’ di dialogo con le esigenze del mondo contemporaneo.
L’occasione, questa volta, e’ costituita da un libro-dialogo con don Luigi Maria Verze’, fondatore dell’Ospedale San Raffaele di Milano, dal titolo ”Siamo tutti nella stessa barca” e edito dalla Editrice San Raffele, di cui il Corriere della Sera anticipa oggi alcuni brani.
Per il card.
Martini, dopo la revoca della scomunica ai lefebvriani voluta da papa Benedetto XVI, potrebbe essere giunto il momento di un simile gesto di ”misericordia” verso i divorziati risposati, a cui e’ negata dalla Chiesa la possibilita’ di ricevere la comunione.
”Io mi sono rallegrato per la bonta’ con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani – afferma Martini -.
Penso, pero’, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perche’ si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro.
E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati.
Non a tutti, perche’ non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialita’, ma promuovere la fedelta’ e la perseveranza.
Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole.
Hanno magari assunto dei nuovi doveri verso i figli avuti dal secondo matrimonio, mentre non c’e’ nessun motivo per tornare indietro; anzi, non si troverebbe saggio questo comportamento.
Ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone”.
Il cardinale prosegue: ”Sono contento che la Chiesa mostri in alcuni casi benevolenza e mitezza, ma ritengo che dovrebbe averla verso tutte le persone che veramente la meritano.
Sono, pero’, problemi che non puo’ risolvere un semplice sacerdote e neppure un vescovo.
Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita”.
Nel libro, Martini affronta anche il tema del celibato obbligatorio per i preti della Chiesa cattolica occidentale, dicendosi convinto ”che il celibato sia un grande valore, che rimarra’ sempre nella Chiesa: e’ un grande segno evangelico.
Non per questo e’ necessario imporlo a tutti, e gia’ nelle chiese orientali cattoliche non viene chiesto a tutti i sacerdoti”.
Sulla scelta dei vescovi, oggi scelti da Roma mentre un tempo ‘eletti’, tra l’altro, dal popolo cristiano, il cardinale afferma: ”E’ sempre stato un problema difficile nella Chiesa.
Nelle situazioni antiche in cui partecipava maggiormente il popolo, si verificavano litigi e molte divisioni.
Oggi forse e’ stata portata troppo in alto loco.
Vi sono alcune diocesi in Svizzera e in Germania che lo fanno, ma e’ difficile dire che le cose vadano senz’altro meglio.
In conclusione – conclude Martini – si tratta di una realta’ molto complessa”.
Una conversazione tra il cardinale e don Luigi Verzé Carlo Maria Martini — Non so se sono sveglio o sto sognando.
So che mi trovo completamente al buio, mentre un lento sciabordio mi fa pensare che sono su una barca che scivola via sull’acqua.
Cerco a tastoni di stabilire meglio il luogo in cui mi trovo emi accorgo che vicino ame vi è un albero, forse l’albero maestro dell’imbarcazione.
A poco a poco mi avvicino così da potermi aggrappare a esso con le mani, per avere un po’ di sicurezza e di stabilità nei sempre più frequenti moti della barca sulle onde.
In questo tentativo incontro qualcosa che mi sembra come una mano d’uomo.
Forse è un altro passeggero che sta cercando anche lui di appoggiarsi all’albero maestro.
Non so chi sia, come non so io stesso come mi sia trovato su questa barca.
Ma il tocco di quella mano mi dà fiducia: mi spingo avanti così da poterla stringere ed esprimere la mia solidarietà con qualcuno in quell’oscurità che mette i brividi.
Vorrei anche tentare di dire qualcosa, pur non sapendo se il mio compagno di barca capisce l’italiano.
Ma nel frattempo lui inizia a farmi qualche breve domanda, a cui sono lieto di rispondere.
Si tratta di una persona che non conoscevo, ma di cui avevo sentito parlare.
Mi colpiva il suo interesse per me in quel momento difficile, in cui ciascuno avrebbe voglia di pensare solo a se stesso.
Dialogando così nella notte fonda, in quel momento di incertezza e anche di pericolo si videro a poco a poco spuntare le prime luci dell’alba.
Riconobbi il luogo in cui mi trovavo: eravamo noi due soli in barca.
E usando alcuni remi che trovammo in fondo a essa, ci mettemmo a remare verso la riva, fermandoci ogni tanto per assaporare la tranquillità del lago.
Ci siamo detti molte cose in quelle ore.
È venuto chiaramente alla luce durante la conversazione che eravamo tanto diversi l’uno dall’altro.
Ma ci rispettavamo come persone e ci amavamo come figli di Dio.
Anche il fatto di trovarci sulla stessa barca ci permetteva di comprenderci e di accoglierci, così come eravamo.
Tra le prime cose che ci siamo detti c’è naturalmente un poco di autopresentazione.
Così ho appreso che il mio interlocutore aveva nientemeno che ottantanove anni, mentre io ne avevo ottantadue.
Don Luigi Verzé (tale appresi poi essere il nome di colui che viaggiava con me) presentava la sua vita come quella di uno che aveva vissuto sessantuno anni di sacerdozio.
(…) Luigi Maria Verzé — Quanto è cambiata ora la valutazione etica ecclesiastica, rispetto a quella imposta ai tempi della mia infanzia.
D’altra parte, poiché la moralità è imperativo categorico, la gente si fa una propria etica laica e la Chiesa resta con un’etica cristiana incongruente perché incondivisa dagli stessi devoti.
Ricordo, per esempio, che nella mia visita alle favelas del Brasile frequentemente mi incontravo con povere donne senza marito con un bimbo in seno, un altro in braccio e una sfilza di altri che le seguivano, tutti prodotti di diversi mariti.
Era giocoforza concludere che la pillola anticoncezionale andava consigliata e fornita.
Il Brasile, totalmente cattolico fino agli anni Ottanta, ora è disseminato di chiese e chiesuole semicristiane, organizzate però sui bisogni anche spiccioli della gente.
La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate e delle feste per la dea Iemanjà, l’antica Venere cui tutti, compreso il prefetto cristiano, gettano tributi floreali.
La Chiesa, più che vivere, sopravvive sulle ossa degli eroici primi missionari.
E poiché siamo in tema di morale pratica, che cosa dice, Eminente Padre, della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati? Io penso che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato, poiché temo che per molti il celibato sia una finzione.
E non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio, oggi così estraneo ai fatti della Chiesa? Forse non si è ancora maturi per tutto questo, ma Lei non crede che siano temi ai quali si dovrebbe pensare pregando lo Spirito? Carlo Maria Martini — Oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele.
Per questo, la Chiesa appare un po’ troppo lontana dalla realtà.
Purtroppo sono d’accordo che le fiumane di gente che vanno a manifestazioni religiose non sempre le vivono con profondità.
Occorre prepararle, e occorre dopo dare un seguito di riflessione nell’ambito della parrocchia o del gruppo.
Non credo, però, che si possa dire che in Paesi come il Brasile, la Chiesa non vive ma sopravvive soltanto sulle ossa dei primi eroici missionari.
La Chiesa vive là anche su gente semplice, umile, che fa il proprio dovere, che ama, che sa comprendere e perdonare.
È questa la ricchezza delle nostre comunità.
Tanti laici di queste nazioni e anche tanti laici vicino a noi sono seri e impegnati.
Lei mi chiede che cosa penso della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati.
Io mi so no rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani.
Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro.
E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati.
Non a tutti, perché non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialità, ma promuovere la fedeltà e la perseveranza.
Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole.
Hanno magari assunto dei nuovi doveri verso i figli avuti dal secondo matrimonio, mentre non c’è nessun motivo per tornare indietro; anzi, non si troverebbe saggio questo comportamento.
Ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone.
Ho detto spesso, e ripeto ai preti, che essi sono formati per costruire l’uomo nuovo secondo il Vangelo.
Ma in realtà debbono poi occuparsi anche di mettere a posto ossa rotte e di salvare i naufraghi.
Sono contento che la Chiesa mostri in alcuni casi benevolenza e mitezza, ma ritengo che dovrebbe averla verso tutte le persone che veramente la meritano.
Sono, però, problemi che non può risolvere un semplice sacerdote e neppure un vescovo.
Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita.
Dopo di ciò Lei affronta un problema molto importante, dicendo che ai sacerdoti andrebbe tolto l’obbligo del celibato.
È una questione delicatissima.
Io credo che il celibato sia un grande valore, che rimarrà sempre nella Chiesa: è un grande segno evangelico.
Non per questo è necessario imporlo a tutti, e già nelle chiese orientali cattoliche non viene chiesto a tutti i sacerdoti.
Vedo che alcuni vescovi propongono di dare il ministero presbiterale a uomini sposati che abbiano già una certa esperienza e maturità (viri probati).
Non sarebbe, però, opportuno che fossero responsabili di una parrocchia, per evitare un ulteriore accrescimento del clericalismo.
Mi pare molto più opportuno fare di questi preti legati alla parrocchia come un gruppo che opera a rotazione.
Si tratta in ogni caso di un problema grave.
E credo che quando la Chiesa lo affronterà avrà davanti anni davvero difficili.
Non mancheranno coloro che diranno di aver accettato il celibato unicamente per arrivare al sacerdozio.
D’altra parte, sono certo che ci saranno sempre molti che sceglieranno la via celibataria.
Perché i giovani sono idealisti e generosi.
Inoltre ci sono nel mondo alcune situazioni particolarmente difficili, in alcuni continenti in particolare.
Penso però che tocchi ai vescovi di quei Paesi fare presente queste situazioni e trovarne le soluzioni.
Lei si domanda anche se non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio.
L’elezione dei vescovi è sempre stato un problema difficile nella Chiesa.
Nelle situazioni antiche in cui partecipava maggiormente il popolo, si verificavano litigi e molte divisioni.
Oggi forse è stata portata troppo in alto loco.
Mi ricordo che un canonista cardinale intervenne in una riunione per dire che non era giusto che la Santa Sede facesse due processi per la stessa persona: uno dovrebbe essere fatto in loco e il secondo dal Nunzio.
Quanto alla partecipazione della gente, vi sono alcune diocesi in Svizzera e in Germania che lo fanno, ma è difficile dire che le cose vadano senz’altro meglio.
In conclusione, si tratta di una realtà molto complessa.
Però l’attuale modo di eleggere i vescovi deve essere migliorato.
Sono temi sui quali si dovrebbe riflettere molto, e parlare anche di più.
Nei sinodi qualcosa emergeva, ma poi non veniva mai approfondito.
Il problema, però, esiste e deve potersi fare una discussione pubblica a questo proposito.
CARLO MARIA MARTINI e LUIGI MARIA VERZÉ 19 maggio 2009

“Lettera ai cercatori Dio”

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA , Lettera ai cercatori di Dio, Ed.
PAOLINE , maggio 2009, Collana : LA VOCE DELLE CHIESE LOCALI (73), EAN : 9788831536989, € 2,50 «La Commissione Episcopale si augura che la Lettera possa raggiungere tanti e suscitare reazioni, risposte, nuove domande, che aiutino ciascuno a interrogarsi sul Dio di Gesù Cristo e a lasciarsi interrogare da Lui» (dalla Presentazione di Bruno Forte).
In una sorta di dialogo tra amici, i vescovi italiani in questo importantissimo documento scritto in forma di «Lettera», si rivolgono a tutti coloro che sono alla ricerca del volto del Dio vivente.
Con rispetto e amicizia, vogliono parlare a tutti i cercatori di Dio, cioè a quegli uomini e donne del nostro tempo che cercano ragioni per vivere.
Frutto di un lavoro collegiale che ha coinvolto vescovi, teologi, pastoralisti, catecheti ed esperti nella comunicazione, la Lettera, articolata in tre parti, è fondamentalmente: un invito a riflettere insieme sulle domande che uniscono credenti e non credenti; una testimonianza che rende ragione della speranza che è in coloro che credono; una proposta fatta a chi cerca la via di un incontro possibile con il Dio di Gesù Cristo.

Storia della Mariologia: Dal modello biblico al modello letterario.

Pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione del preside della Pontificia Facoltà Teologica Marianum, direttore generale dell’opera.
Se è vero che una Storia della mariologia deve contribuire anche allo studio mariologico e mariano, il progresso e gli approfondimenti epistemologici e metodologici che questo studio ha registrato prima e soprattutto dopo l’evento del concilio Vaticano ii, hanno indubbiamente qualificato l’orizzonte dei criteri guida per fare una storia della mariologia, per orientare e delineare le sue caratteristiche, per porre quelle domande di fondo che pur soggettivizzando il fare storia, siano tali da non relativizzare una “oggettività” del passato.
Continuo è stato il confronto con quelle testimonianze, quelle fonti in nostro possesso che significano e costituiscono il tramite basilare della nostra conoscenza di una realtà in sé non più percepibile, ma per molti aspetti comunicabile e interpretabile.
Un primo orientamento è suggerito dal riconosciuto intrinseco legame che la Madre di Gesù ha con la storia della salvezza, tanto che alcuni teologi ritengono la figura della Vergine “chiave del mistero cristiano”, “icona del Mistero”, “microstoria della salvezza”, “modello rivelatore”.
Il riferimento costitutivo a Cristo di Maria di Nazaret, rinvia il raccontare e l’interpretare di come di lei si è raccontato e vissuto, alle fonti della rivelazione attestata nelle Scritture e alla crescente comprensione della relativa Tradizione, “tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr.
Luca, 2, 19-51), sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità” (Dei Verbum, 8).
Un secondo orientamento, consequenziale al primo, si fonda sulla consapevolezza di dover considerare il “detto” su Maria e il vissuto che a lei si riferisce, nella contestualità del mistero di Cristo e della Chiesa, cosicché il fare storia mariologica non sia un ripiegamento a-temporale e disincarnato sulla figura di Maria, ma una lettura interpretativa calata nelle varie epoche e nei singoli momenti storici in cui maturano e si esplicitano, a opera degli autori, i contenuti mariologici e più ampiamente le forme e le pratiche della pietà mariana.
Senza tralasciare sia le concezioni antropologiche soggiacenti, sia gli schemi rappresentativi, sia il sistema dei valori e dei significati, a cui si fa riferimento.
L’approccio culturale è approccio necessario e disincantato.
Necessario perché facilita la comprensione di quanto Maria e la sua immagine sia riconducibile alla invariabilità dei contenuti di fede e quanto sia frutto di una elaborazione teologica influenzata da tempi e contesti di variabili culturali.
Disincantato, perché non teme, oltre la fede e le pratiche della fede in atto, di componenti o aspetti compositi di arcaicità culturale, di influenza espressiva non pertinente, non esclusi aspetti fantasiosi.
La stessa Esortazione apostolica Marialis cultus (2-2-1994) di Papa Paolo VI indirizza efficacemente all’approccio culturale per comprendere la figura e la missione di Maria anche per superare quelle difficoltà di comprensione dovute a trasmissioni letterarie o popolari segnate da categorie e raffigurazioni troppo condizionate dalla cultura in cui sono emerse.
In essa si afferma che: “La Chiesa, quando considera la lunga storia della pietà mariana, si rallegra constatando la continuità del fatto culturale, ma non si lega agli schemi rappresentativi delle varie epoche culturali né alle particolari concezioni antropologiche che stanno alla loro base, e comprende come talune espressioni di culto, perfettamente valide in se stesse, siano meno adatte a uomini che appartengono a epoche e civiltà diverse” (n.
36).
Alla luce di questi orientamenti si comprendono i consequenziali criteri che emergono dalla organicità dei contributi dei volumi.
Se Maria è comprensibile come luogo in cui il nexus mysteriorum si evidenzia peculiarmente e se a questo concorrono molteplici e vari fattori culturali, soltanto col dare ampi orizzonti, anche geograficamente intesi, alla raccolta e descrizione e interpretazione del “teologare” su Maria, è possibile offrire una visione di comprensione plausibile.
Così si transita dall’Oriente all’Occidente, con particolare attenzione all’Occidente europeo; dai luoghi segnati dalla presenza della Chiesa cattolica a quelli della Chiesa ortodossa, della Comunione anglicana e della Riforma; ai vari continenti dove è possibile mettere insieme fonti e documentazione pertinenti.
Il transitare geografico, edotti dall’approfondimento dello studio sulle mentalità che si sviluppano in quei luoghi, ha impegnato a rapportarsi in modo appropriato alla storia della Chiesa, alla storia della politica e degli Stati, anche se, non sempre i risultati acquisiti sono di spessore o esaurienti.
La lettura spazio-temporale impegna o coinvolge anche quelle discipline che concorrono a configurare una riflessione teologica, non soltanto basata sulla reperibilità delle fonti classiche del teologare.
Da qui risulta necessario ricorrere alla teologia liturgica e alla storia della liturgia e della pietà, ma anche alla spiritualità propria dei movimenti spirituali che qualificano più luoghi e più epoche, alla letteratura, all’iconografia e all’arte nelle sue manifestazioni più diverse.
La Storia della mariologia è opera interdisciplinare che ha voluto correre il rischio della frammentazione e della parcellizzazione dei saperi.
D’altra parte la compresenza di diversi livelli nella realtà spazio-temporale obbliga a tenere dialetticamente la lettura dinamica e quella sincronica, una storia quantitativa e quella qualitativa, una macro-storia e una micro-storia pur intese in senso lato.
di Silvano M.
Maggiani (©L’Osservatore Romano – 23 gennaio 2009) E.
DAL COVOLO – A.
SERRA, Storia della Mariologia 1.
Dal modello biblico al modello letterario.  Città Nuova, Roma, 2009, pp. 1032, EAN : 9788831192934, Euro 90 È appena uscito il primo volume di Storia della Mariologia (Roma, Città Nuova, 2008, pagine 1032, euro 90) curato da Enrico dal Covolo e Aristide Serra che ha come titolo Dal modello biblico al modello letterario.
Seguiranno il secondo: Dal modello letterario europe0 al modello manualistico a cura di Emanuele Boaga e Luigi Gambero; e il terzo: Dal modello neo-ortodosso al modello africano a cura di Stefano De Fiores e Fabrizio M.
Bosin.
Il primo volume si caratterizza per l’amplissimo materiale documentaristico e interpretativo che spazia geograficamente dal Medio Oriente ai Paesi di più antica cristianità orientale e occidentale, dalle origini al xv secolo.
Storia della mariologia intende offrire una panoramica storica della riflessione fondamentalmente teologica sulla missione e la persona di Maria di Nazaret.
Si tratta di una prospettiva teologica profondamente calata nelle varie epoche e nei singoli momenti storici.
L’intento, infatti, è quello di descrivere e interpretare la mariologia e la pietà mariana delle varie epoche e dei vari autori illustrandone sia le concezioni antropologiche sia gli schemi rappresentativi sia il sistema di valori e significati a cui fanno riferimento.
A tal fine l’approccio dell’opera è interdisciplinare, per cui, pur essendo di natura essenzialmente teologica, si arricchisce del contributo di altre discipline quali l’iconografia, lo studio dei movimenti spirituali, la letteratura, la liturgia, la pastorale… Un’opera di ampi orizzonti, che tiene conto cioè del “teologare” su Maria in Oriente e in Occidente; nella Chiesa cattolica, nella Chiesa ortodossa, nella Comunione anglicana, nelle Chiese della Riforma, nei vari continenti.
Elaborata prevalentemente da studiosi italiani, la Storia della mariologia si avvale del contributo di studiosi di altre aree geografiche e linguistiche.

Apprendere la Religione

OSSERVATORIO RELIGIOSO TRIVENETO, A.
CASTEGNARO (a cura ), Apprendere la religione.  L’alfabetizzazione religiosa degli studenti che si avvalgono dell’insegnamento di religione cattolica, Edizioni EDB, Bologna 2009, ISBN 978-88-10-60610-0,  pp.
264, Euro 21,60 Che cosa sanno i ragazzi e i giovani di oggi della religione, e in particolare della religione cattolica? È proprio vero che la nostra società si caratterizza per una crescente ignoranza religiosa, che le nuove generazioni anticipano? E che ciò avviene nonostante l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, sia pubbliche sia paritarie? E nonostante la partecipazione dei bambini e dei ragazzi alla catechesi? Questi interrogativi sono all’origine dell’indagine sui livelli di alfabetizzazione religiosa manifestati, al termine della scuola secondaria di I e II grado, dagli studenti che frequentano l’ora di religione.
La ricerca ha coinvolto oltre 5000 studenti delle scuole statali e paritarie ai quali è stato sottoposto un test e un questionario mirato.
L’indagine getta uno sguardo sui livelli di conoscenza acquisiti.
Perché alcuni studenti ne sanno di più e altri di meno? C’è qualcosa nel modo in cui i corsi vengono impostati, nella didattica o nei contenuti proposti, che può influenzare i livelli di apprendimento? I risultati sembrano smentire il luogo comune secondo cui i giovani di oggi non sanno niente di religione.
Gli studenti paiono aver acquisito in maggioranza una significativa formazione di base, forse più ampia di quella posseduta dalle generazioni precedenti, comparabile a quella ottenuta in altri campi del sapere, che esigono un diverso impegno di studio e dispongono di orari più ampi.
I risultati migliori si ottengono non dove l’offerta formativa enfatizza i contenuti di istruzione religiosa, ma quando i docenti propongono una sintesi tra la riflessione sui problemi della vita e le conoscenze relative alla religione.
Non dall’insistenza sugli specifici contenuti conoscitivi deriva l’apprendimento, ma dalla capacità di porre in relazione la materia studiata con l’esperienza di vita.
Una conclusione il cui valore va probabilmente al di là dell’ora di religione.
è presidente dell’Osservatorio Socio¬Religioso Triveneto e membro del Consiglio Scientifico dell’Associazione Italiana di sociologia, sezione sociologia della religione.
Tra le sue più recenti pubblicazioni: Fede e libertà.
Indagini sulla religiosità nel Patriarcato di Venezia, Marcianum Press, Venezia 2oo6; Preti del Nord Est.
Condizioni di vita e questioni di pastorale, Marcianum Press, Venezia 2oo6; Religione in Standby, Marcianum Press, Venezia 2008.
Marcianum è un centro di ricerca promosso dalle diocesi del Triveneto.
Conduce attività di documentazione e ricerca sulle trasformazioni socio-culturali e religiose oltre che sull’evoluzione delle Chiese del Nord Est.

Costituzione, religione, scuola

SERGIO CICATELLI, Costituizione religione, scuola.
L’insegnamento della religione cattolica nella giurisprudenza costituizionale, Lateran University Press, Roma 2009, pp.118, Euro 10,00.
Presentazione Linsegnamento della religione cattolica (IRC) è spesso motivo di contestazioni o discussioni per l’evidente significato ideale e valoriale ad esso legato.
Nel 1984 l’Accordo di revisione del Concordato lateranense ha motivato autorevolmente la presenza dell’IRC nelle scuole italiane con il valore della cultura religiosa e con il peso che i principi del cattolicesimo hanno nel patrimonio storico del popolo italiano, collocando altresì tale insegnamento nel quadro delle finalità della scuola.
L’attuazione della nuova normativa concordataria è stata accompagnata da un ampio e vivace dibattito nel Parlamento e nell’opinione pubblica, sfociando infine anche nelle aule dei tribunali.
Data la delicatezza della materia, che im¬pegna da un lato i rapporti istituzionali tra Stato e Chiesa e dall’altro le respon¬sabilità educative della sede scolastica, più volte è stata chiamata ad intervenire la Corte Costituzionale, sia per dare un giudizio di legittimità dello stesso assetto concordatario, sia per risolvere questioni più particolari che comunque pote¬vano avere una rilevanza costituzionale.
Il presente volume raccoglie tutti i pronunciamenti della Corte Costituzio¬nale sull’IRC per offrire una documentazione completa e corretta ad un pub¬blico di non specialisti.
Di fronte a controversie suscettibili di ripresentarsi periodicamente per motivi strumentali o per passione ideale, è sembrato op¬portuno invitare alla lettura dei testi prodotti dalla Corte, che rappresentano un riferimento ultimativo e sono lezioni imprescindibili di alta cultura giuri¬dica e civile.  I  testi delle ordinanze e sentenze riprodotti in questo volume sono ripresi, con la sola correzione di qualche refuso, dal sito web della Corte Costituzionale (www.cortecostituzionale.it).
Nel suo intento divulgativo, il sintetico saggio introduttivo rifugge da tecnicismi giuridici e si rivolge principalmente ad operatori della scuola, in particolare agli insegnanti di religione, per fornire un utile strumento di riflessione ed una fondazione autorevole per la natura dell’IRC e per la vita dell’intera scuola.
Riper¬correre gli interventi della Corte Costituzionale diventa così un punto di osserva¬zione privilegiato per ricostruire la storia recente dell’IRC e fissare le coordinate – non solo dal punto di vista giuridico – del suo statuto epistemologico.
Roma, dicembre 2008 Sergio Cicatelli